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Corso di Laurea Magistrale in Lettere Moderne

VIVIAN LAMARQUE:
LE RACCOLTE IN VERSI

Relatrice:
Chia.ma Prof. Giuliana Nuvoli

Tesi di laurea di:


Maria Verza
Matr. 769589

Anno Accademico 2011 - 2012

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Introduzione

In questo mio lavoro prenderò in esame la produzione in versi di Vivian


Lamarque pubblicata fra il 1981 e il 2009. Poesia esplicitamente
autobiografica, richiede la contestualizzare il personaggio nel momento
storico-letterario a lei contemporaneo e un fitto e costante riferimento al
vissuto. Utilizzando alcuni componimenti dell’autrice ho così individuato le
linee principali della sua esperienza di vita, soffermandomi soprattutto sui
momenti che più hanno influenzato la sua poesia: l’adozione e la scoperta di
avere due madri, la morte del padre Dante, il matrimonio col marito Paolo, la
nascita della figlia Miryam, il lungo percorso di analisi intrapreso col Dottor
B.M., oltre all’ossessiva dichiarazione della necessità di scrivere, fin da
bambina.
Un posto importante nell’opera della Lamarque occupa però anche la
letteratura per l’infanzia, così come il lavoro al “Corriere della Sera” e quello
di traduttrice, soprattutto di storie per bambini. Per questo nel capitolo
introduttivo ho dedicato un paragrafo ad ognuno di questi ambiti, delineando
così un quadro complessivo e il più possibile rappresentativo della poetessa.
Il corpo principale della tesi è costituito dall’analisi delle sue raccolte
poetiche, partendo da Teresino, vincitrice nel 1981 del Premio Viareggio Opera
Prima, per poi affrontare le tre opere successive: la trilogia psicanalitica
dedicata al proprio terapeuta, il Dottor B.M., nei confronti del quale l’autrice
visse un forte transfert, narrato appunto ne Il signore d’oro, ne Il signore degli
spaventati e in Poesie dando del Lei. Segue la raccolta Una quieta polvere, dal
titolo di dickinsoniana memoria, nella quale la Lamarque oltre alle sue usuali
tematiche si occupa anche di temi naturalisti e umanitari.
E’ del 2002 la riedizione di tutte le precedenti opere poetiche, realizzata
dalla casa editrice Mondadori col volume intitolato Poesie 1972-2002, nel
quale viene inserita una sezione di inediti che continuano gli argomenti più
universali trattati nel precedente lavoro poetico col poemetto L’albero e la

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sezione Poesie dedicate. Il tema della morte, affrontato in questi nuovi
componimenti, percorre in modo più o meno evidente tutta la produzione della
Lamarque, diventando più invadente soprattutto dal 1996. E’ centrale anche nei
dialoghi col suo gatto Ignazio, protagonista e committente della raccolta del
2007, Poesie per un gatto. Analizzo infine una raccolta apparentemente
distonica rispetto alle pubblicazioni precedenti: le poesie in dialetto milanese.
In ognuno di questi capitoli, dopo un’introduzione nella quale presento la
storia editoriale della raccolta e quella biografica dell’autrice, ne espongo la
struttura interna e gli eventuali apparati testuali che la accompagnano.
Un’ampia parte è dedicata all’analisi delle tematiche e dei contenuti che
accomunano le poesie della raccolta presa in considerazione, per poi passare
all’individuazione dei caratteri del narratore e dei personaggi, figure spesso
coincidenti, essendo la poesia della Lamarque una poesia autobiografica. Dopo
aver considerato l’aspetto metrico e strutturale dei testi, concludo l’analisi
ricercando i principali modelli di scrittura oltre che i testi associabili per
affinità alla poesia dell’autrice, primi tra tutti Penna, Pascoli e Dickinson, oltre
ovviamente alla tradizione della fiaba.
Nell’ultimo capitolo affronto infine l’aspetto linguistico della poesia della
Lamarque, caratterizzata della scelta di una lingua semplice e colloquiale,
infantile e, per alcuni aspetti, fiabesca.

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CAPITOLO I

LA VITA, LE OPERE

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1. L’ambito culturale

Nella seconda metà del secolo la poesia appare in una condizione di crisi,
determinata dalla spettacolarizzazione della cultura e dal trionfo dei mass-
media. Gli scrittori reagiscono ora in modo restaurativo e tradizionalistico, ora
con rinnovate istanze sperimentali. Il movimento della Neoavanguardia occupa
tutti gli anni Sessanta e si estingue all’inizio dei Settanta. La sua parabola è
parallela a quella della contestazione studentesca e operaia che ebbe il suo
epicentro nel 1968 facendo così corrispondere rivolta sociale e fenomeni di
radicale rinnovamento letterario e artistico.
In Italia il panorama appare assai frastagliato. La linea ermetica è
originalmente proseguita, con molti aggiornamenti, dai poeti della così detta
“linea lombarda”, i cui caratteri consistono in una poetica delle cose connotata
da un senso civile e razionale di tipo illuministico, e tuttavia malinconicamente
lirica e “novecentesca”. Punti di riferimento di questi poeti, nati attorno al
1920, sono il più anziano Vittorio Sereni, e alcuni maestri del Novecento come
Montale e Rebora. Alla linea lombrada possono essere ascritti soprattutto
Bartolo Cattafi, Luciano Erba, Giorgio Orelli, Nelo Risi; alcuni tratti in
comune con essa hanno anche Elio Pagliarani, ai suoi esordi, e soprattutto il
più giovane Giudici, che punta sui temi quotidiani e autobiografici, fino a
fornire una specie di diario dell’alienazione negli anni del miracolo economico.
Si può parlare per questi poeti di un secondo tempo della linea lombarda, in
quanto avente il suo momento di massimo sviluppo nel decennio tra 1965 e
1975, così come il primo tempo si definisce particolare nel decennio tra il 1955
e il 1965. Al secondo tempo della linea lombarda sono riconducibili anche
Giorgio Cesarano, Giancarlo Majorino, Giovanni Raboni e Tiziano Rossi.
Un diverso superamento dell’Ermetismo si registra in Andrea Zanzotto, che
affida a un crescente sperimentalismo formale la propria ricerca sul linguaggio,
inteso quale deposito della storia e dell’esperienza psichica. Contro il
Neorealismo e contro l’Ermetismo si muovono i poeti della rivista bolognese
Officina, che propongono una scrittura narrativa e civilmente impegnata. Tra di
essi spiccano Pier Paolo Pasolini, Paolo Volponi e Franco Leonetti. Una forma

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diversa di sperimentalismo, che rifiuta l’impegno e intende piuttosto registrare
l’alienazione sociale e denunciare l’inautenticità dei linguaggi (poesia
compresa), è praticata dai poeti “novissimi” (Alfredo Giuliani, Antonio Porta,
Nanni Balestrini, Elio Pagliarani, Edoardo Sanguineti), poi riuniti nel gruppo
63. Alla Neoavanguardia è in qualche modo riconducibile anche la poesia
emozionale di Amelia Rosselli. Viene anche ripresa la poesia in dialetto, lingua
vista come veicolo per una ricerca di autenticità espressiva, insieme con la
coscienza della marginalità culturale. Scrivono in dialetto Pasolini e Zanzotto;
ma i maggiori poeti dialettali sono Albino Pierro e Franco Loi.
Il periodo successivo, che si apre alla metà degli anni Settanta, è quello del
riflusso e del ritorno al privato. Venute meno le utopie e le speranze di
cambiamento, in campo letterario prevale una prospettiva di disimpegno, ora
intimistica e neoromantica, ora ludica e postmoderna.
I nuovi poeti che si affermano nel quindicennio che va dal 1970 alla fine degli
anni Ottanta vengono talvolta definiti “poeti innamorati” in quanto appaiono
insieme in un’antologia intitolata appunto La parola innamorata, che uscì nel
1978 a cura di Pontiggia e Di Mauro. Essi propongono un ritorno al
soggettivismo lirico, alla concezione orfica della poesia e alla linea della
tradizione simbolista. La centralità della bellezza affermata da questi poeti
sconta in partenza un rifiuto di misurarsi con tematiche storico-sociali forti: la
poesia è coltivata al di fuori del mondo e magari contro di esso, quale
alternativa radicale o quale residuo momento di verità e di autenticità in un
mondo inautentico. Il successo di questa tendenza negli anni Settanta e Ottanta
dipende in egual misura, oltre che dalla immediata spettacolarizzazione di
massa (fino ai festival di poesia), dalla delusione generazionale dinanzi alla
riorganizzazione del neocapitalismo dopo la contestazione degli anni Settanta,
con il conseguente ritorno consolatorio al privato, e dalla disponibilità a
ricaricare un’istituzione come la poesia di aspettative consolatorie non prive di
ingenuità. E’ d’altra parte con questa nuova generazione di poeti che si passa
dai poeti-intellettuali che dominano fino agli anni Cinquanta e Sessanta ( come
Luzi, Fortini, Zanzotto, Pasolini, Sanguineti e molti altri) ai poeti-poeti che
dominano i due decenni seguenti, spesso rivendicando la superiorità della

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propria purezza, tra cui Milo de Angelis, Giuseppe Conte, Maurizio Cucchi,
Cesare Viani.
Dei molti altri poeti legati alla dominante tendenza neo-orfica, Dario
Bellezza intreccia nella sua poesia grazia e scandalo, armonia e orrore,
ricollegandosi alla lezione di Penna e di Pasolini (cui lo legano anche le
tematiche omosessuali), mentre la romana Biancamaria Frabotta sullo sfondo
di una ricerca femminista colloca lo scontro fra lingua letteraria e
rivendicazione di un nuovo orizzonte espressivo. Valerio Manganelli, nella cui
poesia al centro sta il soggetto, risulta tuttavia interessato a ragionare sulle
condizioni (e i limiti) della conoscenza e dell’espressione.
Appartata si è svolta fin dagli anni Cinquanta la poesia di Alda Merini, nata a
Milano nel 1931, la cui ispirazione si è fatta nuovamente notare dopo un
ventennio di silenzio trascorso per lo più nella cura di una grave crisi psichica,
a partire dagli anni Ottanta. Continuano d’altra parte ad essere attivi in questo
periodo molti dei poeti più anziani (persino Montale, che muore nel 1981),
mentre non pochi nuovi poeti proseguono consapevolmente la traccia della
Neoavanguardia, mentre altri tentano percorsi alternativi che rifiutano però
l’antisperimentalismo regressivo dei poeti innamorati. Tra questi Gianfranco
Ciabatti, impegnato nelle lotte della contestazione poi si dedica alla poesia
come attività secondaria, in cerca non di illuminazioni ma di verifiche teoriche
ed esistenziali.
Nuove esperienze contrapposte al neo-orfismo si affacciano con forza e
consapevolezza teorica a partire soprattutto dalla fine degli anni Ottanta. Esse
sono rappresentate dai nati tra il 1955 e il 1965 che rifiutano ogni qualifica
generazionale e si ricollegano invece esplicitamente ai maestri dello
sperimentalismo degli anni Cinquanta e Sessanta, non senza essere talvolta
sostenuti da alcuni vecchi esponenti della Neoavanguardia. Hanno in qualche
modo introiettato il nuovo contesto culturale e sociale del Postmoderno, e
rivendicano tuttavia, in modi diversi, la necessità di vivere quel clima senza
adeguarvisi ideologicamente e anzi in modo critico. La loro poesia si fonda
dunque sulla commistione dei generi e dei linguaggi, sul riuso di modelli
metrici e stilistici del passato, sulla citazione e sul montaggio, nell’intento di

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denunciare l’orizzonte del presente facendone esplodere i conflitti e
mettendone in mostra le interne tensioni irrisolte. I poeti riconducibili a questa
sorta di post-modernismo critico sono legati ad alcuni gruppi e riviste attivi
soprattutto a Genova e a Milano. Genovesi sono Marco Berisso, Marcello
Frixione e Paolo Gentiluomo; di Napoli ma legati alla rivista milanese
“Baldus” sono Mariano Baino, Biagio Cepollaro, Lello Voce, mentre ai
margini si colloca Gabriele Frasca. Tutti questi poeti si sono riconosciuti nei
loro intenti tra la fine degli anni Ottanta e lo scioglimento annunciato nel 1993
del gruppo ‘93, nato nel 1990 in assonanza con il movimento di trent’anni
prima, in una prospettiva di proseguimento e aggiornamento dell’esperienza
della Neoavanguardia.

1.1 Poesia al femminile

Negli anni Cinquanta, apparentemente poco propizi alla poesia, percorsi


come sono da una prepotente esigenza rappresentativa di timbro neorealista,
fanno il loro esordio alcune delle voci poetiche più autorevoli e forti del
Novecento: Alda Merini, Cristina Campo, Maria Luisa Spaziani, Rossana
Ombres, Amelia Rosselli.
La debuttante più giovane è Alda Merini, che nel 1953, poco più che
ventenne, pubblica La presenza di Orfeo. Aveva conosciuto a Milano Giorgio
Manganelli, Salvatore Quasimodo, Davide Maria Turoldo, Maria Corti: ma già
all’altezza dell’esordio poetico si stavano manifestando i primi segni della
malattia mentale, che scandirà dolorosamente la sua vita, tenendola internata
dal 1965 al 1972 nel manicomio di Milano e poi ancora negli anni Ottanta
nell’ospedale psichiatrico di Taranto. Ritorna l’immagine di Orfeo in Vuoto
d’amore, del 1991, dove amore passionale e furore mistico di nuovo si
congiungono con esiti di straordinaria potenza espressiva.
Cristina Campo, pseudonimo di Vittoria Guerrini, traduttrice e saggista
esordisce con Passo d’addio nel 1956. E’ la sua passione per la bellezza e per

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la perfezione la nota dominante della sua scrittura e di tutta la sua produzione
poetica, costituita da pochi componimenti di assoluta luminosità.
Al 1954 data l’esordio di Maria Luisa Spaziani, con Le acque del Sabato.
Risultano già evidenti i suoi temi più cari: la solitudine e la distanza, il
luminoso ricordo di una pienezza vitale promessa e non goduta. Comporre
poesia è per lei il modo per annullare silenzi e distanze, stando vigili, pronti a
cogliere l’occasione.
Tra la poesia e la narrativa si colloca Rossana Ombres, autrice di alcune
opere dal gusto surreale passa dai paesaggio della prima raccolta del 1956,
Orizzonte anche tu, alle figure mitiche protagoniste di Bestiario animale del
1974 nel quale raffigura un universo agli albori della creazione. Il suo
linguaggio poetico, sa essere morboso e cantabile fino alla filastrocca,
all’espressione dialettale ma anche subdolo e spiazzante non sempre di facile
comprensione.
Anche le poesie di Amelia Rosselli spesso tramano ai danni
dell’intelligibilità, intessute come sono di lapsus, di scambi, di intrecci
plurilinguistici. I primi esperimenti degli anni Cinquanta, pubblicati solo nel
1980, sono effettuati nelle tre lingue conosciute: francese, inglese e italiano, ma
è nelle poesie di Variazioni belliche che la Rosselli esprime a pieno la sua
poesia. Il linguaggio è una partitura fortemente ritmata, intessuta di richiami
poetici tra cui Campana, Montale, Rimbaud, i surrealisti, combinati e
incrociati con vari effetti di assonanza e di distorsione, fino quasi alla
dissolvenza del nucleo logico.
Più di ogni altra poetessa è Rosselli ad essere letta e avidamente commentata
dalle autrici che s’affacciano negli anni Settanta e le sue poesie vengono
raccolte delle antologie: Donne in poesia del 1976 e in Poesia femminista
italiana del 1978. Proprio in questi anni, infatti, risuona forte anche nella poesia
la dolente e irata voce della donna, attraverso un tipo di poesia definita da
Mariella Gramaglia, una delle sue teorizzatrici, “poesia non letteraria, ma
culturale nel senso antropologico della parola, poesia che ti definisce e ti
esprime”.

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Dacia Maraini partendo dalle poesie cupamente e furiosamente viscerali di
Donne mie, del 1974, e di Mangiami pure, del 1978, approda nel 1991 ai
quadretti di viaggi reali e immaginari composti con desiderio di fiaba e
leggerezza, con Viaggiando con passo di volpe. Nel 1977 esordisce Bianca
Maria Frabotta, studiosa del movimento femminista e della letteratura
femminile, ma è con le raccolte Appunti di volo del 1985 e Viandanza del 1995
che esprime appieno una combattiva vitalità che sfugge ai confini e alla insidie
della vita sedentaria, con versi percorsi da un ritmo inquieto e in fuga perenne.
Lampi di colore e di disperazione, resi in un linguaggio frantumato, percorrono
le poesie di Nadia Campana, pubblicate postume nel 1990, mentre la
quotidianità è il luogo in cui si svolgono le poesie di Dacia Maraini, che aveva
esordito negli anni Sessanta, e quelle di Vivian Lamarque, di un’ironia
apparentemente scherzosa e giocosa. Non conosce ironia la furente Jolanda
Insana, che può ricordare, per certe sue passionali intemperanze, il timbro
espressivo di Silvana Grasso: entrambe siciliane, esperte officianti di un
linguaggio allucinato. Nelle forme delle terzine è invece ordinata la voce di
Patrizia Valduga, che nelle sue poesie compone cataloghi di accoppiamenti, di
deformazioni e malattie, con forti effetti finali. Lea Canducci mostra un
autentico e ricco mondo di sentimenti mascherati con motivi forti e parole
tecniche con un lavoro simbolico, sempre attenta al rapporto tra vita psichica
ed esperienza del mondo. Recupera un lessico tradizionale Maria De Lorenzo
le cui pagine addensano in dissapori e i contrasti del mondo, con la tacita
certezza che l’utopia sia parte della donna e che la parola ne sia strumento
imprescindibile. Va infine ricordata l’opera poetica di Anna Maria Ortese che,
pur nata nell’arco di un cinquantennio, tra il 1930 e il 1980, solo tra il 1996 e il
1998 viene pubblicata in due raccolte, Il mio paese è la notte e La luna che
trascorre, con echi leopardiani e talora di un’apparente semplicità. In realtà
questi strumenti senza tempo si prestano a raccontare l’infelicità e la solitudine,
la memoria e la sofferenza, l’attesa e la disillusione con un’energia visionaria, a
volte quasi mistica o affabulatoria.

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2. Biografia

Sono nata a Tesero in Trentino nel 1946, e queste quattro cifre contengono anche il
mio giorno natale, 19, e il mese, 4. Non sono un mio postero e non conosco la statura
della mia poesia. Di certo comunque io, Vivian, metri 1.59, non sono alla sua altezza
(cioè della poesia), non sono nemmeno come lei leggera, 60 Kg, non so nemmeno
come lei parlare (la poesia). Lei trova con naturalezza le parole, io a voce no.1

Aprile dal bel nome


quando sono nata
io stessa con nomi curiosi
di bei significati
per dire che ero pratolina
e questo e quest’altro
e che dovevo vivere
(da una parte o dall’altra)
per dire donata
(o donanda)

insomma sono nata d’aprile


in montagna.2

Vivian Lamarque nasce il 19 aprile 1946 a Tesero, paesino con meno di 3.000
abitanti in val di Fiemme, provincia di Trento, ma cresce e vive a Milano.

Mia madre naturale era figlia di un moderatore Valdese, pastore Valdese, il nonno
Ernesto Comba ( autore di un’importante Storia dei Valdesi nel 1935), professore di
teologia, e essendo nata io illegittima, non stava bene che un pastore avesse una figlia
con una figlia illegittima. E’ come nelle telenovele:mi hanno abbandonato i ricchi e
colti e sono stata adottata dai semplici. Come nelle telenovele. Tutto il contrario. Un
feuilleton.3

Valdesina trascinata per una mano


giù fino a Milano
appena appena finito Natale
zitta guardava attorno
il nuovo presepe
la nuova mamma.4

1
S.Soldini, Quattro giorni con Vivian, in Gente di Milano, Associazione Locus, Milano 2008
2
V.Lamarque, Aprile dal bel nome, in Teresino, Società di Poesia & Guanda, Milano 1981, p.9
3
S.Soldini, Quattro giorni con Vivian, cit.
4
V.L., Valdesina, in Teresino, cit., p.10

12
A nove mesi la frattura/ la sostituzione il cambio di madre.5 Vivian viene data
in adozione a una giovane coppia di Milano, Maria Rosa Pellegrinelli e Dante
Provera, lei cassiera del cinema Ambasciatori in Corso Vittorio Emanuele, lui
vigile del fuoco.

Caro babbo II (ma primo)


che ti chiamavi Dante
che facevi il Campione d’Italia
di Sollevamento Pesi e il Vigile del Fuoco
che salvavi le persone
che hai fatto in tempo
a salvare anche me
prima di morire
a 34 anni.

Nel 1950 muore il padre adottivo di Vivian e la madre Rosy conclude da sola
le pratiche per l’adozione. Vivian si ritrova così ad avere tre cognomi, Comba
5
V.L., A nove mesi, ivi, p.9

13
Provera Pellegrinelli: avevo sette anni/ e a scuola mi chiedevano/ perché tanti
cognomi.6

Madre adottiva

Mi ricordo che era lunghissimo da dire: sono la figlia della cassiera dell’Ambasciatori.
E allora loro mi facevano passare, entravo. E spesso anche con compagni di scuola,
ero molto amata dalle compagne di scuola perché andavamo in corso Vittorio

6
V.L., Amavo il gesso, ivi, p.10

14
Emanuele in tutti i cinema gratis. E poi siccome la proprietaria del cinema, per
esempio del Garibaldi, non voleva che la cassiera si portasse la bambina al cinema ( i
biglietti avevano tanti colori diversi) e mi ricordo che stavo sotto la cassa nascosta a
giocare con questi biglietti, oppure entravo in sala e lì mi vedevo tre quattro volte la…
per questo mi è rimasto il desiderio quando vado al cinema di vederlo due volte di fila,
perché allora lo vedevo due o tre volte di fila.7

In via Castellino da Castelli frequenta la Scuola Elementare Rinnovata


Pizzignoni,

ogni classe aveva una porta-finestra sul giardino, avevamo orti da curare, animali da
cortile e persino due asinelli, ricordo centinaia di misteriosi bachi da seta, e le lezioni
di disegno sotto i ciliegi in fiore.8

Nel 1956 all’età di dieci anni Vivian scopre di essere stata adottata. Inizia così
a scrivere. La signora M. buona e La signora M. cattiva sono le sue prime
poesie, che parlano appunto delle sue due madri.

Ho scritto la mia prima poesia a dieci anni, quando, da documenti trovati in casa, ho
scoperto di avere due madri, che la madre con cui vivevo era la madre adottiva. Non
ho detto a nessuno di questa mia scoperta, ma forse era troppo grande per essere
taciuta: è finita, camuffata, obliqua, indiretta, nelle mie prime poesie.9
Scrivevo poesie perché non parlavo mai e perché “avevo un segreto”. Usavo qua e là
vocaboli difficili per imitare i grandi. Oggi non li imito più, per questo a volte portano
le mie poesie all’asilo.10

Bambina
Col punto erba
col punto croce
diligente si cuciva le labbra
faceva il nodo.11

Terminato il ciclo scolastico dell’obbligo, dal 1960 al 1965 Vivian frequenta il


liceo linguistico alla Civica Scuola Manzoni a Palazzo Dugnani, in via Manin,
dove impara il tedesco e il francese e nel frattempo prende lezioni private di
latino.

7
S.Soldini, Quattro giorni con Vivian, cit.
8
M.B.Tolusso, Intervista di Mary Barbara Tolusso a Vivian Lamarque, in V.L., La gentilèssa:
poesie in dialetto milanese, Stampa, Varese 2009, p.62
9
http://www.adolgiso.it
10
M.Marchi (a cura di), Vivian Lamarque, in Viva la poesia!, Vallecchi, Firenze 1985, p.187
11
V.L. Bambina, in Una quieta polvere, Mondadori, Milano 1996, p.20

15
Tutte le mattine salivo la bella scalinata di Palazzo Dugnani, sede della Civica Scuola
Manzoni, affacciata sui Giardini Pubblici di Porta Venezia e sullo Zoo. Durante le
lezioni ridevamo delle estroverse chiacchierate delle foche, nelle interrogazioni mi
suggeriva Gianna Tanini ( che mi suggerisce tuttora come fare la dichiarazione dei

16
redditi e altre diavolerie), nell’ora di educazione fisica ci portavano a correre intorno
alla fontana e per i vialetti dei Giardini.12

Conoscendo a 19 anni la madre


Ecco il privilegio:
ha conosciuto sua madre volendo
(quale bambino?)
e fresca di parrucchiere
con una camicia azzurra e una gonna grigia
alle cinque o sei
era in ritardo
credo d’inverno
aveva la pelliccia.
[…]13

A 19 anni il primo incontro con la madre naturale. Successivamente conoscerà


anche i suoi tre fratellastri trasferitisi a Firenze: Marzio, Fabrizio e Orietta. In
un’intervista parlando del suo esordio poetico a dieci anni, dice: da allora non
ho più interrotto questa vita parallela, di carta, che accompagna, come una
stampella, l’altra14. E infatti come quando scoprì di avere due madri come
reazione scrisse, anche per tutti questi incontri Vivian compone delle poesie:
Conoscendo un fratello, dedicata a Marzio, Conoscendo l’altro fratello, a
Fabrizio (quei bambini in cortile/ potevo essere io) e per Orietta Cara sorella:

Cara sorella
oggi capisco
che ti eri spaventata
quando ero nata
avevi tredici anni
e anche tu l’infanzia
un po’ minata
ma credi non era colpa mia
se ero nata.15

Vivian ha 21 anni quando, interrompendo gli studi universitari da poco iniziati,


nel 1967 sposa Paolo Lamarque, il più pittore di tutti16, a cui dice di aver

12
M.B.Tolusso, Intervista di Mary Barbara Tolusso a Vivian Lamarque, in V.L., La
gentilèssa: poesie in dialetto milanese, cit., p.62
13
V.L., Conoscendo a 19 anni la madre, in Poesie 1972-2002, Mondadori, Milano 2002, p.7
14
http://www.adolgiso.it
15
V. L., Cara sorella, in Una quieta polvere, cit., p.29
16
V.L., L’amore mio è buonissimo, in Teresino, cit., p.13

17
rubato il cognome il giorno delle nozze, come ripeterà nella dedica alla raccolta
Una quieta polvere17: A Paolo, il mio cognome è suo.

Paolo
A Paolo Lamarque

Quel conoscerti tra il tavolo


e il mobile con lo specchio
tu parlavi in fretta dei quadri.
un’ora dopo
noi due andavamo già più avanti
dietro venivano gli altri
e ricordo benissimo che portavi i cappello
girando per via Lazzaretto.
Era dicembre.
In gennaio
a casa tua
mi salutava già la tua portiera.18

17
V.L., Una quieta polvere, Mondadori, Milano 1996
18
V.L., Paolo, ivi, p.34

18
L’anno dopo, nel 1968 nasce la figlia Miryam, per la quale scriverà le poesie
tra le più serene della sua produzione e alla quale dedicherà un’intera sezione
nella raccolta Teresino del 1981. Ho una bella bambina/ se mi date la Lidia
intera io non la do/ se mi date l’amabile… io non la do scrive, citando Saffo,
in epigrafe alla poesia Alla mia figlia gallinella:

Oggi torna dal mare la mia gallinella bianca


con le sue due ali che non sanno volare
e le piume leggere e spettinate
e i due occhi attenti
a dove meglio beccare.19

E in Febbre scrive:

Miryam bella già di nuovo la febbre


le guancine rosse
stai sotto sotto
adesso vengo anch’io a nanna
che sono la tua mamma.20

Dal 1971 si trasferisce nel quartiere QT8 di Milano col marito Paolo, la figlia
Miryam, degli amici al piano di sopra, per vent’anni, fino all’inizio degli anni
‘90. Nell’intervista con Silvio Soldini Vivian mostra con gioia il giardino, le
margherite pratoline che non erano mai abbastanza, parla con la vicina delle
primule che ha sul balcone, mostra l’edera e le piante che aveva piantato
quando viveva in quella casa […] ho imparato qui a zappare, a seminare,
continua a raccontare. La passione per il giardinaggio, la cura delle piante,
l’amore per i fiori si sono sviluppati proprio nel giardino della casa in via
Moretti, ai piedi del Monte Stella, nel silenzio e nel verde del QT8, con alberi
da frutta, giardino e orto attraversati da gatti e merli21, passioni che poi
ritorneranno oltre che nella poesia anche in molte sue fiabe, come la bambina
giardiniera di La bambina bella e il bambino bullo22, che grazie alla sua

19
V.L., Alla mia figlia gallinella, in Teresino, cit., p.45
20
V.L., Febbre, in Una quieta polvere, cit., p.36
21
M.B.Tolusso, Intervista di Mary Barbara Tolusso a Vivian Lamarque, in V.L., La
gentilèssa: poesie in dialetto milanese, cit., p.62
22
V.L., La bambina bella e il bambino bullo e altri bambini e bambine, Einaudi Ragazzi,
Milano 2008

19
passione per il giardinaggio riuscì a far diventar verde con piante e fiori una
città tutta grigia. E parlando di Milano oggi, dice: io d’estate vado in giro con
una bottiglietta d’acqua, appena vedo dei fiori aggiungo dell’acqua come un
tentativo di intervenire.23

23
Intervento di V.Lamarque al ciclo di incontri Città amica, città nemica, ass.culturale
Ambrosianeum, Milano 28 marzo 2012

20
Queste erano le case dei miei amici. Continua, mostrando a Soldini le
abitazioni intorno alla sua. Era bello parlarsi da una casa all’altra. Poi ci
scambiavamo le piantine24 con le vicine ricordate in Dediche senza poesie: A
Luisa, Marghe, Loredana, Danila, ai loro giardini tutti in fila […]25

Grazie al fratello di Paolo, Lucio Lamarque, e a Giovanni Raboni, Vivian


pubblica per la prima volta otto poesie sulla rivista Paragone nel 1972 e, nel
1978, la prima raccolta, L’amore mio è buonissimo, nei quaderni collettivi di
Guanda ideati da Raboni.

Sempre in via Manin, salivo un’altra scalinata […], quella del palazzo di fronte a
Palazzo Dugnani, dove aveva sede la Guanda, andavo e venivo per la pubblicazione
nei Quaderni della Fenice e per quella del mio primo libro, Teresino. Com’era vivo e
generoso con noi Giovanni Raboni, com’era giovane e ricco Maurizio Cucchi, Diego
Paolini e Marianto Prina preparavano bellissimi numeri dell’Illustrazione Italiana,
erano pallidi e seri, mi facevano soggezione, sulle scale incrociavo Franco Cordelli
alto e biondo, Roberto Rossi magro magro, di libri sapeva tutto, riconosceva dal
profumo la carta dell’editore.26

Gli anni vissuto nella casa del quartiere QT8, soprattutto tra il 1972 e il 1975,
sono gli anni più produttivi per la poetessa.

Qui ho scritto… forse gli anni in cui ho scritto più poesie in questa casa. Trecento
all’anno quasi. Negli anni ‘73… quando son venuta… qui son venuta nel ‘71, ecco
nel ’72-‘73 son stati gli anni… scrivevo continuamente. 27

Io senti ero tua moglie


il pianoforte nostro poi talmente lungo
che suonavamo insieme a dieci mani:
io e Tiziano un po’ male
il marito di Ornella benino
Irlando proprio bene
E tu così così.28

24
S.Soldini, Quattro giorni con Vivian, cit.
25
V.L., Dediche senza poesie, in Una quieta polvere, cit., p.132
26
M.B.Tolusso, Intervista di Mary Barbara Tolusso a Vivian Lamarque, in V.L., La
gentilèssa, cit., p.63
27
S.Soldini, Quattro giorni con Vivian, cit.
28
V.L., Io senti ero tua moglie, in Poesie 1972-2002, cit., p.47

21
… poi avevo preso un pianoforte, prendevo lezioni di pianoforte, un momento di vita,
per qualche tempo speciale, poi… son stati gli anni più disturbati, dal punto di vista
mentale. Infatti poi ho iniziato l’analisi.29

Risale a quegli anni la separazione dal marito Paolo, che però continuerà a
tornare nelle sue poesie, come nella raccolta Il tuo posto vuoto in Teresino:

Il tuo posto vuoto a tavola


parla racconta chiacchiera ride forte
non sta mai fermo si alza
ritorna mangia avanza sempre un boccone
ritaglia nel formaggio forme di animali
il tuo posto vuoto a tavola
a destra di Miryam
è di fronte a me.30

Separazione
Quando spegne la luce la sera
e si racchiude nella posizione fetale
il tepore materno paterno coniugale
le viene da uno scaldaletto metallico
contenente acqua calda.31

Dopo la separazione oltre a scrivere poesie inizia ad insegnare, prima


stenografia in tedesco, poi italiano agli stranieri e letteratura nei licei privati
fino al 1997, anno in cui chiude l’istituto dove insegna. Intensifica così la
collaborazione con il “Corriere della Sera”, cominciata già nel 1992, mentre
continua il suo lavoro di traduttrice di poesie e fiabe.

Dopo di te
sposerò il mio pennino
e nessun altro
e nessun altro
il mio pennino
d’acciaio affilato
per sempre l’ho sposato.32

29
S.Soldini, Quattro giorni con Vivian, cit.
30
V.L., Il tuo posto vuoto, in Teresino, cit., p.37
31
V.L., Separazione, ivi, p.37
32
V.L., Pennino (I), in Una quieta polvere, cit., p.45

22
Nel 1984 comincia un percorso terapeutico di circa vent’anni con l’analista
junghiano Dottor B.M., per il quale proverà un transfert gigantesco33 e al quale
dedicherà tre raccolte poetiche: Il Signor d’oro nel 1986, Poesie dando del Lei
nel 1989 e nel 1992 Il Signore degli spaventati, più la sezione Poesie dando del
Lei (altre) nella raccolta Una quieta polvere del 1996.

Un altro indirizzo caro è via Comerio, per più di vent’anni al n.3 sono andata nello
studio del Dott.B.M., […] con lui l’analisi junghiana è stata fertilissima di risultati. E a
pochi metri dallo studio c’era il Liceo Beccaria frequentato da mia figlia Miryam, la
sua adolescenza con il Rocci in spalla.34

E poi dopo un po’ di anni gli amici sono andati via, il marito pure e son
rimasta io con mia figlia e gatto e cane…35 Vivian scrive anche dei suoi
animali domestici: al gatto Ignazio, che la seguirà anche nell’appartamento di
via Arimondi, dedicherà la raccolta del 2007, Poesie per un gatto mentre per
l’amato cane Brigante, sepolto nel giardino di via T.Moretti scrive una poesia
con in epigrafe gli affettuosi versi: dei cani un po’ brutti/ eri il più bello di
tutti.36

Io in tutte le case più di quattro cinque anni non resisto.37 Così si trasferisce, e
anche del cambio di casa parla nelle sue poesie, nella sezione Cercasi: poesie
per un trasloco della raccolta Una quieta polvere. Vive per circa cinque anni
nella casa in via Arimondi, dalla quale si vede la caserma dei soldati della
poesia Condòmino e di Finestra, poesia dedicata proprio a questa via:

Quanto cara mi è questa finestra


che mi separa e unisce a Milano.
ma questa caserma coi soldatini
di stagno e questo castellino finto
o che sia vero? qual è il giusto tempo?
cosa quel RAI lassù, a mezzo cielo?
e da piazza Firenze […]

33
L.Sica, Mio caro dottore abusi pure di me, Rebubblica, 30 gennaio 1993
34
M.B.Tolusso, Intervista di Mary Barbara Tolusso a Vivian Lamarque, in V.L., La
gentilèssa, cit., p.63
35
S.Soldini, Quattro giorni con Vivian, cit.
36
V.L., Al mio cane Brigante, in Una quieta polvere, cit., p.55
37
S.Soldini, Quattro giorni con Vivian, cit.

23
Poi un nuovo trasloco in viale Certosa.

Ora abito in una casa su 8 (otto!) corsie di auto, alle stanze che danno su strada posso
cambiare aria solo di notte. Male per i miei polmoni, ma bene per la mia fame di
rumore dei vivi, in casa non mi dispiace la solitudine, ma fuori dalle finestre ho
bisogno di vedere che tutto si muove. Di vedere passanti, gente che sale sul tram o più
spesso l’aspetta, che entra in un negozio, che compra il giornale, di vedere automobili,
più spesso auto immobili, in coda. Grazie a un cavalcavia vedo auto persino a
mezz’aria come uccelli in cielo.38

Quasi tutti gli amici che ho sono amici di balcone … no, in viale Certosa no, perché se
andiamo a parlare sul balcone non ci sentiamo. Metter fuori le teste poi ognuno come
delle tartarughe, mettiamo fuori la testa, io almeno, metto fuori la testa come la
tartaruga un attimo, poi… poi basta, torno nel mio guscio.
Ma tra un po’ cambierò casa di nuovo, è bello cambiar casa, no?39

Anche il matrimonio della figlia Miryam con Giorgio, nel 1996, è ricordato con
una poesia: Per le nozze di Miryam e Giorgio (sei sei del novantasei)40, così
come la nascita della loro prima figlia:

A Micòl
Buongiorno vita, vita
nuova nata. Il latte
è pronto e un padre e quasi
tutto il resto. Brindo con i gerani e con la clivia
in fiore. Dose d’acqua
doppia a tutti oggi!41

Nasce Micòl, prima nipotina di Vivian, e poi Davide. Ai due nipoti l’autrice
dedica la maggior parte delle fiabe pubblicate dopo il 2000.

Prima del 2000 ho vissuto dando la precedenza soprattutto alla poesia, il mondo non lo
vedevo, … mentre da quando nel 2000 sono diventata nonna, ma non è solo la
nonnità, ho proprio come modificato l’impostazione, per cui do la precedenza … cerco
di accontentare chi ha bisogno di me diciamo. Che sia mia madre, che sia mia figlia,
che siano i bambini.42 Come scrive anche in epigrafe a una poesia: le poesie
possono aspettare/ non possono aspettare le persone care.43

38
M.B.Tolusso, Intervista di Mary Barbara Tolusso a Vivian Lamarque, in V.L., La
gentilèssa, cit., p.62
39
S.Soldini, Quattro giorni con Vivian, cit.
40
V.L., Per le nozze di Miryam e Giorgio, in Poesie 1972-2002, cit. p.240
41
V.L., A Micòl, ivi, p.241
42
S.Soldini, Quattro giorni con Vivian, cit.
43
V.L., Preghiera delle mamme, in Una quieta polvere, cit. p.39

24
Attualmente Vivian Lamarque vive a Milano, collabora col Corriere della Sera
e continua a comporre poesie e fiabe.

3. Produzione poetica

Tenevo le poesie per me, le leggevo solo a pochi amici, non pensavo alla
pubblicazione. Invece mio marito Paolo Lamarque, grande appassionato di poesia, le
fece leggere a suo fratello Lucio Lamarque che lavorava alla Garzanti e che le fece
leggere a Giovanni Raboni. Raboni le fece uscire prima su “Paragone”, poi su “Nuovi
argomenti”. Scrisse che componevo poesie “come se questo non avesse a che fare con
la letteratura” ed era esattamente così. 44

Grazie all’aiuto di Raboni, nel dicembre 1972 Vivian pubblica otto poesie sul
numero 274 della rivista Paragone: Sognando la famiglia d’origine45; Quel
gesto46; Amore; Sai la parola mai?47; Sempre più mi sembri48; Il giorno 28;
Non è accaduto; Ne è da poco passata la morte49. Una breve nota introduttiva
di Giovanni Raboni accompagna l’esordio dell’autrice:

Vivian Lamarque […] ha ventisei anni. Non credo che, prima d’ora, abbia mai
pubblicato poesie. Questi suoi versi, e altri di lei che ho avuto modo di leggere, mi
sembrano decisamente fuori dell’ordinario per la precisione (insieme curata e
rabbiosa) dei sentimenti, e più ancora per una trasparenza, una lievità linguistica che è
anche nello stesso tempo, senso concreto, pesante, addirittura doloroso della parola
comune, inghiottita e barattata giorno dopo giorno, e capacità di coglierne il ritmo
implicito, lo spontaneo disporsi in sospensioni, clausole, figure. […] di assolutamente
suo la Lamarque ha questa grazia, questa ingenuità di scrivere poesie come se si
trattasse di compiere un gesto che non ha nulla a che fare con la letteratura.50

L’anno successivo, il 1973, l’autrice pubblica altre otto poesie su “Nuovi


argomenti” n.32 di marzo-aprile, come racconta in un componimento
pubblicato qualche anno dopo:

44
http://www.adolgiso.it
45
Poi in L’amore mio è buonissimo, in Quaderni della fenice 30, Guanda, Milano 1978, p.61
46
Poi in ivi, p.60; e in Teresino, Società di Poesia & Guanda, Milano 1981, p.33
47
Poi in Teresino, cit., p.25
48
Poi in L’amore mio è buonissimo, cit., p.58; e in Teresino, cit., p.27
49
Poi in L’amore mio èbuinissimo, cit, p.60
50
G.Raboni, Otto poesie, in “Paragone”, n. 274, dicembre 1972, pp.42-43

25
l’amore mio una volta l’ho incontrato
che tornava dalla spesa con due sacchetti
e siccome io guidavo la macchina lui mi ha detto accosta
allora io mi sono molto emozionata
e ho scritto quella poesia che c’è su Nuovi argomenti n.32.51

La piccola sezione poetica proposta dalla Lamarque sulla rivista letteraria


prende il titolo di Era detto aquilone52, come la prima delle otto poesie lì
pubblicate, i cui altri titoli sono: Felice; Levati bambina53; Chiedere dove il
tempo; Ho ventisei anni54; Devastata da un suo guardare55; Credere di
proporre; Ecco, li presentano56.
Nel 1976 l’antologia Donne in poesia57 ripropone tre poesie dell’autrice, che
nell’introduzione complessiva all’opera sono dette brevi aforismi58. Una breve
nota biografica indica la prima pubblicazione di ognuno dei testi poetici
raccolti in quest’opera: “Sempre più mi sembri” è tratta da Paragone,
dicembre 1972, n.274; “Chiedere dove il tempo” e “Levati bambina” da
Nuovi argomenti, marzo-aprile 1973, n.32.
Più articolata è l’opera pubblicata nel 1978 con la casa editrice Guanda nel
secondo quaderno collettivo, collana ideata da Giovanni Raboni. Prima opera
organica dell’autrice, la piccola raccolta di sessantatre poesie si intitola
L’amore mio è buonissimo, realizzato sotto la supervisione redazionale di
Maurizio Cucchi. Oltre alle poesie della Lamarque, il Quaderno raccoglie
Ornitologia semplice di Piero Draghi, Il Mattino di Angelo Fiocchi, Un altro
po’ di diluvio di Luisito Pellisari, Muro della notte di Giovanni Ramella
Bagneri e La lepre nei campi di Francesco Serrao.
Anticipa di un anno la pubblicazione della prima raccolta a solo dell’autrice, la
rivista Prato pagano, che nel 1980, sul n.2 pubblica il poemetto Teresino,
poesia che chiude la raccolta omonima edita nel 1981 dalla Società di Poesia &

51
V.L., L’amore mio una volta l’ho incontrato, in Teresino, cit., p.13
52
Poi in L’amore mio è buonissimo, cit., p.52; e in Teresino, cit., p.26
53
Ibidem; e in Teresino, cit., p.29
54
Poi in L’amore mio è buonissimo, cit., p.52
55
Poi in Teresino, cit., p.29
56
Poi in L’amore mio è buonissimo, cit., p.53; e in Teresino, cit., p.25
57
B.Frabotta (a cura di), Donne in poesia, Savelli, Roma 1976, pp.73-74
58
B.Frabotta (a cura di), Donne in poesia, ivi, p.23

26
Guanda. Con questa raccolta Vivian Lamarque vince il Premio Viareggio
Opera Prima con la seguente motivazione:

l’incanto della fiaba e le spine della realtà, riscontrandosi in una forma artistica di rara
grazia e limpidezza, concorrono ad attuare un risultato di notevole rilevanza critica e
una poesia intimamente giovane, accattivante, aperta a molteplici livelli di lettura, che
autorizza a guardare con sicura fiducia alle future prove dell’autrice.59

Nel 1984 Vivian inizia il percorso analitico col Dottor B.M. e nel 1986,
pubblica in anteprima sull’antologia Poesie d’amore cinque brevi
componimenti con un titolo che si ripete: Il signore sognato; Il signore
dispettoso; Il signore accarezzabile; Il signore lontano; Il signore tesoro. Nello
stesso anno, presso la casa editrice Crocetti, esce Il signore d’oro, raccolta
composta dai “signori” già pubblicati nell’antologia e di altri settantaquattro
inediti. Nel 1989 esce Poesie dando del Lei, nuova opera edita da Garzanti e
anch’essa dedicata al percorso psicanalitico dell’autrice. Lo stesso argomento è
trattato dall’opera successiva della poetessa, Il signore degli spaventati,
pubblicata nel 1992 dalla casa editrice toscana Pegaso, insignita in quell’anno
del Premio Montale.
Un altro premio, il Premio Pen Club, viene vinto dalla Lamarque per Una
quieta polvere, edita nel 1996 da Mondadori. Sempre la casa editrice milanese
allestisce un opera che comprensiva di tutte le raccolte precedentemente
pubblicate dall’autrice, in occasione dei trent’anni dall’esordio poetico della
Lamarque nel 1972 su Paragone, con l’aggiunta di trentatre testi inediti.
Intitolato Poesie 1972-2002, la raccolta nello stesso anno vince il Premio
speciale Camajore.
L’autrice, che alla scrittura poetica da sempre affianca la produzione di
letteratura per l’infanzia, nel 2004 si cimenta in un’opera poetica per il suo
giovane pubblico, Poesie di ghiaccio, pubblicata nella collana Pesci d’argento
da Einaudi Ragazzi, con illustrazioni di Alessandro Sanna.
Nel 2005 Vivian Lamarque vince il Premio Elsa Morante come Figura
Femminile Internazionale per l’opera poetica e l’anno successivo, nel 2006, le
viene assegnato il Premio Cardarelli-Traquinia per la sezione Poesia. Riprende
59
F.Bogliari (a cura di), Premio Viareggio 1976-1985, Diapress, Milano 1987, p.93

27
il sodalizio con la casa editrice Mondadori nel 2007, con la pubblicazione di
Poesie per un gatto, duetti fra l’autrice e il suo gatto Ignazio.
Nel 2009 escono due volumi di poesie della Lamarque: il volume di poesia in
dialetto milanese a cura di La gentilèssa, pubblicato per la casa editrice
Stampa di Varese ne La collana curata da Maurizio Cucchi, e una seconda
raccolta per bambini Poesie della notte realizzata per Rizzoli sulle musiche di
Chopin con illustrazioni di Sophie Fatus.
Sempre per l’infanzia è la raccolta Poesie di dicembre, edita da Emme
Edizione nel 2010 e ripubblicata nel 2011 dalle triestine Edizioni EL,
modificandone il titolo in Neve neve dove sei? ma mantenendo le illustrazioni
di Alessandro Sanna.

4. Letteratura per l’infanzia

Vivian Lamarque oltre ad essere conosciuta e prolifica poetessa, è nota e


apprezzata scrittrice per bambini sempre illustrati con belle immagini di
disegnatori60 sia per i libretti che per gli albi illustrati.
Proprio nel 1981, lo stesso dell’uscita della sua prima raccolta poetica, l’autrice
esordisce anche nelle letteratura per l’infanzia, con un piccolo libro composto
da cinque fiabe intitolato La bambina di ghiaccio e altri racconti di Natale,
edito dalle Edizioni EL, pubblicato nel 1992 anche a Parigi, tradotto in francese
dall’autrice stessa61.
E’ del 1984 la seconda opera per l’infanzia della Lamarque. La storia intitolata
La bambina che erano due, viene pubblicata sulla rivista Psychopatologia, n.2,
del dicembre 1984, con testo a fronte tradotto in inglese da Egidia d’Errico:
The little girl who was two.

60
Maria Battaglia, Alessandro Sanna, Nicoletta Costa, Pia Valentinis, Angelo Ruta, Giulia
Orecchia, Donata Montanari, Manuela Santini, Anna Curti e altri .
61
V.L., La petite fille de glace, Ipomé-Albin Michel, Paris 1992

28
Per le edizioni Paoline nel 1989 esce Il libro delle ninne nanne, che l’autrice in
un’intervista62 racconta di aver scritto per la figlia, che alla pubblicazione del
testo ha ormai ventun anni.
Seguono nel 1991 La bambina e la montagna63, racconto scritto per una
raccolta regionale Rusconi e nello stesso anno un piccolo libro per bambini
piccolissimi, L’orsalfabeto spiritoso, edito da Nuova Edibimbi.
Nel 1992 la casa editrice Mursia pubblica la fiaba La bambina che mangiava i
lupi, alla quale segue La bambina senza nome nel 1993, per la stessa casa
editrice. Spiega l’autrice in un’intervista:

Per anni ho scritto poesie e fiabe unicamente perché dentro avevo poesie e fiabe che
volevano essere scritte. Basta leggere i titoli delle mie prime fiabe per rendersene

62
G.Borghese, Vivian Lamarque: le fiabe dell’infanzia e l’amore di oggi in un breve respiro,
in “Corriere della Sera”, 19 marzo 1989
63
V.L, La bambina e la montagna, in Bella Italia perché le leghe? Uno scrittore per ogni
regione d’Italia, a cura di M. Costanzo, Rusconi, Milano 1991, pp. 42-7

29
conto: “La bambina senza nome”, “La bambina di ghiaccio”, “La bambina che
mangiava i lupi”…64

L’interesse per il mondo esterno che l’autrice mostra nel 1996 con la raccolta
poetica Una quieta polvere, si ritrova già nell’anno precedente anche nella
letteratura per l’infanzia, con la pubblicazione del racconto sull’antisemitismo
durante la seconda guerra mondiale, Arte della libertà : il sogno di Sara65. Del
1996 è invece la fiaba Il Bambino che lavava i vetri, per le Edizioni C’era una
volta, con la quale Vivian Lamarque ottiene il Premio Rodari.
Continua la serie delle bambine con La bambina che non voleva andare a
scuola del 1997 e Cioccolatina la bambina che mangiava sempre, del 1998,
entrambe storie con finalità educative: l’importanza e la bellezza dell’imparare
è raccontata nella prima fiaba, edita da La Coccinella, mentre invita ad avere
una corretta e sana alimentazione il libretto Bompiani. Nel 1999 escono tre
libri per bambini della Lamarque che continuano il filone educativo della
produzione favolistica dell’autrice: UNIK, storia di un bambino unico, per
Bompiani; Coloriamo i diritti dei bambini e il racconto La bambina Non-Mi-
Ricordo, pubblicato in Il tempo dei diritti, entrambi editi dalla casa editrice
Fabbri.
Ritornano sui toni delle prime favole sulle bambine La minuscola bambina B66
e La pesciolina innamorata67, usciti nel 2000, come anche La bambina Quasi
Maghina del 2001 per la casa editrice Fabbri. Nello stesso anno esce a Torino,
presso Castalia, La luna con le orecchie, mentre a Trieste la Emme Edizioni
pubblica Piccoli cittadini del mondo, fiaba che ripropone la tematica educativa
interrotta nelle ultime edizioni.
Nel 2003 escono Fiaba di neve68 e La Timida Timmi69, mentra l’anno
successivo la Fabbri pubblica La gallinella disperata, mentre Emme Edizioni
con Stella dei Pirenei ripropone una storia che ricorda le montagne e la neve,
tanto care all’autrice originaria del trentino. La stessa tematica torna con le Tre

64
http://www.adolgiso.it
65
V.L., Arte della libertà. Il sogno di Sara, Mazzotta, Milano 1995
66
V.L, La minuscola bambina B, Feltrinelli, Milano 2000
67
V.L., La pesciolina innamorata, Colors Edizioni, Genova 2000
68
V.L., Fiaba di neve, Castalia Casa Editrice, Torino 2003
69
V.L., La Timida Timmi, Piemme junior, Milano 2003

30
storie di neve che l’autrice pubblica nel 2006 con la casa editrice Fabbri, e
dello stesso anno è l’ambientalista Storie di animali per bambini senza animali,
pubblicato per Einaudi Ragazzi. Per questa casa editrice la Lamarque scrive
altre tre raccolte di brevi e divertenti racconti: Mettete subito in disordine!
Storielle al contrario nel 2007, La bambina bella e il bambino bullo e altri
bambini e bambine nel 2008 e I bambini li salveranno (Chi? Gli animali) nel
2010.
Ripropone la fantastica storia di una bambina con una qualità speciale la fiaba
de La bambina sulle punte, uscita nel 2009 per la Mondadori, mentre di un
mondo immerso nella neve tanto amata da Vivian scrive nelle poche parole
dell’albo illustrato Nel bianco, pubblicato nel 2010 dalla casa editrice La
Margherita.
Dal 1999 al 2007 l’autrice intraprende per le edizioni Fabbri un lavoro di
ritrascrizione di opere musicali in cave fiabesca, cominciando con Il flauto
magico. Dell’opera di Wolfgang Amadeus Mozart, col quale vince nel 2000 il
Premio Andersen. Seguono al fortunato esordio, nel 2001 Petruska. Dall’opera
di Igor Stravinskij, nel 2002 Il lago dei cigni di Cajkovskij, l’anno successivo
escono Pierino e il lupo. Dalla favola musicale di Sergej Prokofiev e Lo
schiaccianoci e il Re dei topi, di E.T.A. Hoffmann. Nel 2007 la raccolta di brevi
racconti Pezzetti d’infanzia. Dalle Kinderszenen di Robert Schumann conclude
la serie di fiabe della Lamarque ispirate alle grandi opere musicali.
I racconti e le storie che l’autrice scrive, sono dolci e leggeri, ma anche ironici
e ambigui, proponendo spesso quei giochi di parole tanto cari alla poetessa. Se
già nella poesia è il mondo dell’infanzia e della fantasia ad essere protagonista,
a maggior ragione nei suoi testi di letteratura per bambini può accadere di tutto,
nonostante permanga un senso di quotidianità che attualizza ogni sua
narrazione ricollegandola al mondo degli adulti pieno di impegnato e sempre di
fretta e che spesso ha da imparare dai bambini.

Fiabe giuste per i bambini e per i bambini invecchiati che noi siamo, ancora
disponibili a godere di ciò che, non funzionale e non incombente, gli sciocchi
chiamano futile, e che dura ben oltre le meste necessità del vivere.[…] Aver
conservato nella epifania della parola la chiara naturalezza del suo nascere, è ciò che

31
fa il miracolo della poesia, la sua capacità di comunicarsi in stupore e incanto in chi le
si avvicina. Per questo le fiabe dovrebbero scriverle i poeti.70

5. Le traduzioni

La produzione di fiabe dell’autrice non si compone solo di suoi testi, ma anche


di numerose traduzioni da autori contemporanei e classici di letteratura per
l’infanzia, soprattutto francesi e tedeschi. Nel 1983 pubblica per le edizioni
Guanda Sole di notte di Jacques Prevert, riedito poi nel 1998 dalla casa editrice
TEA con introduzione di Giovanni Raboni, mentre sempre per Guanda sono gli
Scritti sull’arte di Paul Valéry, usciti nel 1984. L’ultima traduzione poetica
dell’autrice è del 1987 con il lavoro per la casa editrice SE su Baudelaire
intitolato Lo spleen di Parigi: piccoli poemi di prosa. Dopo questa
pubblicazione, l’autrice inizia una prolifica attività di traduzioni di libri per
bambini.
Proprio in francese è la prima prova di trascrizione di una fiaba La petite fille
de glace dall’italiano al francese, traduzione del suo libretto di racconti La
bambina di ghiaccio e altri racconti di Natale per la pubblicazione parigina del
1992 con la casa editrice Ipomé-Albin Michel,mentre nel 1996 Vivian
Lamarque collaborando con la De Agostini pubblica la sua prima fiaba tradotta
in italiano: L’intrepido sartino, dei fratelli Grimm.
Nel 1997 con Pit, il piccolo pinguino di Marcus Pfister l’autrice inizia a
collaborare con la casa editrice di Pordenone Nord-Sud per la pubblicazione di
una serie di fiabe di autori tedeschi contemporanei. Del 1997 infatti sono anche
Miu, gattino di mare: storia di una vacanza di Wolfram Hanel e Tutti lo
chiamavano Pomodoro di Ursel Scheffler, e mentre per la Rizzoli traduce
Storia del piccolo Mouck, di L.F.Céline, nello stesso anno, il 1998, continua la
collaborazione con la casa editrice Nord-Sud tornando a lavorare sui libri di
Marcus Pfister con Nuovi amici per Pit. Nel 1999 pubblica la versione italiana
di Pit e Pat e Ciao ciao, Pit!, concludendo il ciclo di quattro racconti
dell’autore svizzero dedicati al personaggio del pinguino Pit. Sempre nel 1999,

70
G.Lagorio, Così dalle poesie nascono le fiabe, in “Corriere della Sera”, 23 dicembre 1990

32
e sempre per la Nord-Sud, Vivian Lamarque traduce Il topo di campagna e il
topo di città di Bernadette Watts, mentre del 2000 sono il racconto di Coby Hol
Come è nata la luna e la storia di Aurora di Binette Schroeder. Ma nel 2000
l’autrice collabora anche con la Fabbri Editori pubblicando un classico della
letteratura per l’infanzia, Il principe felice di Oscar Wilde.
Continua il lavoro per la Nord-Sud, con la traduzione nel 2001 di due libri per
bambini dall’inglese: Il viaggio senza fine di Fulvio Testa e Per chi è il
mondo? di Tom Pow. Nello stesso anno riprende però a lavorare sugli autori
tedeschi, scrivendo la versione in italiano di La piccola indiana Foglia
Danzante: una storia di Geraldine Elschner. Nel 2002, dopo la pubblicazione
di Sei malato, Berto? di Katja Reider e di Fino ai confini del mare di Hermann
Moers, la Lamarque traduce, per la stessa casa editrice, due racconti dal
francese: Rosso Timido di Gilles Tibo e Fratellino lupo di Danièle Ball-
Simon. Sempre nel 2002, per la casa editrice Fabbri per la quale aveva già
tradotto Wilde, traduce un classico della letteratura per l’infanzia russa:
L’uccello di fuoco. Una fiaba russa, come un altro classico pubblice nel 2004
sempre per la Fabbri: L’usignolo dell’imperatore. Dalla fiaba di
H.C.Andersen.

6. Corriere della Sera

Vivian Lamarque inizia la sua collaborazione al “Corriere della Sera” nel 1992
vivendo il cambio di direzione della testata giornalistica da Ugo Stille a Paolo
Mieli. Il 23 aprile 1997 Mieli viene nominato Direttore editoriale del Gruppo
RCS e lascia la direzione a Ferruccio de Bortoli, nello stesso anno l’autrice
intensifica la collaborazione al giornale, successivamente alla chiusura
dell’istituto privato in cui insegnava.
Oltre che sul Corriere l’autrice scrive sui suoi inserti, tra cui IoDonna e
TvSette, su quest’ultimo settimanale tiene una rubrica fissa, Gentilmente i cui
articoli pubblica nel 1998 raccogliendoli nel volume Gentilmente: (cari giudici,

33
gentili gerani), edito da Rizzoli. Sono lettere da lei indirizzate per quasi un
anno, a persone e cose, dalle pagine del settimanale "Sette",

brevi messaggi che spesso vanno a finire in versi, si rivolgono a conosciuti e


sconosciuti, umili e potenti, ma anche a fiori, a case, a paesaggi o animali. Sono
proteste e lodi, interrogazioni, invocazioni e ringraziamenti. […] brevi scritti, tutti
beneducati, tutti gentilissimi, ma pieni fino all'orlo di fuoco. Fuoco che s'indirizza
certo contro sbadataggini, cretinate, follie e ingiustizie del mondo, ma anche,
semplicemente, contro tutto quello che va storto alla stessa autrice, contromano e
contropelo alle convinzioni e ai pensieri suoi. Voce d'insieme che e' il suo messaggio
di sempre, che ritroviamo in tutta la sua opera, nei libri per bambini come nelle poesie
per adulti, e che si ostina a rivendicare per noi il diritto all'umanità, sia pure inquinata,
assediata e semisommersa.71

Proprio questo concetto ribadisce l’autrice in un intervista, a proposito del suo


lavoro per la testata giornalistica:

Scrivo molto anche per i giornali e lì, sotto sotto, senti una patetica donchisciottesca
testardaggine da aspirante strampalata “miglioratrice di almeno qualche millimetro
di mondo”.72

Durante una conferenza del marzo 2012 l’autrice, in uno scambio di battute col
direttore de Bortoli racconta:

Anche il Corriere della Sera mi ha accolto a braccia aperte, non a nove mesi… però da
una ventina d’anni circa scrivo un po’ sulle pagine degli animali, un po’ su quelle
culturali che fa rima con animali, e soprattutto sulle pagine di Milano questa rubrica:
Gentilmente.73

71
I.Bossi Fedrigotti, Vivian Lamarque, diario di un anno in forma di poesia, in “Corriere della
Sera”, 11 giugno 1998
72
http://www.adolgiso.it
73
Intervento di V.Lamarque al ciclo di incontri Città amica, città nemica, ass.culturale
Ambrosianeum, Milano 28 marzo 2012

34
CAPITOLO II

TERESINO

35
1. Genesi e Storia

Teresino uscì a Milano presso l’editore Guanda, per la Società di Poesia, nel
1981. Prima raccolta autonoma di Vivian Lamarque dopo le pubblicazioni su
riviste e sui Quaderni Guanda 74, viene riedita poi nel 2002, nell’opera omnia
uscita per i tipi della Mondadori.
Vivian da Tesero si trasferisce a Milano, ma il ricordo della città natale non
sparisce del tutto, sembra anzi ritornare proprio nel titolo della raccolta
Teresino, quasi anagramma di Tesero. Nell’edizione 2002 Rossana Dedola
segnala, però, che il titolo dell’opera richiama alla memoria anche Terezin75,
il campo di concentramento nazista riservato ai bambini.

74
Prima del 1981 Vivian Lamarque ha pubblicato poesie su Paragone (1972), Nuovi argomenti
(1973), nell’antologia Donne in poesia (1976), nel secondo quaderno collettivo di Guanda
(1978), su Quinta generazione (1980) e su Prato pagano n.2 (1980).
75
Il ghetto di Terezin ( Theresienstadt) si trova a circa 60 chilometri da Praga. Edificato nel
1780 da Giuseppe II come complesso fortificato, fu così chiamato in onore della madre Maria
Teresa. Dal 24 novembre 1941 fino alla liberazione, l’8 luglio 1945, i tedeschi lo utilizzarono
come ghetto speciale, dove raccogliere gli ebrei non subito destinati allo sterminio. Da qui
partirono circa 35.000 detenuti verso i vicini campi di Auschwitz e Treblinka. Passarono per
Terezin 150.000 ebrei, la popolazione media era di 30.000. Molti abitanti del ghetto di Terezin
erano bambini, circa 15.000. Dopo la guerra non ne ritornò nemmeno un centinaio e di questi
nessuno aveva meno di quattordici anni. Oltre alle condizioni igieniche e abitative e il
problema della fame, un’altra fonte di sofferenze per i bambini era il distacco dalle loro
famiglie e dalla loro madre. Per un certo periodo i prigionieri adulti riuscirono ad alleviare le
condizioni di vita dei ragazzi facendo sì che vivessero insieme nel collettivo infantile (case per
bambini), che aiutava specialmente sotto l’aspetto psichico. Nelle case operarono educatori e
insegnanti prigionieri che riuscirono ad organizzare per i bambini una vita giornaliera e
l’insegnamento clandestino: fondarono circoli di recitazione e di canto, facevano teatro per
bambini, scrivevano poesie. Molti dei disegni dei bambini rappresentavano prati pieni di fiori
e farfalle in volo, motivi di fiaba, giochi, ma su altri ritraevano motivi del ghetto di Terezin, la
cruda realtà in cui i bambini erano costretti a vivere, le caserme e le baracche di Terzin, i
guardiani, i malati, l’ospedale, il trasporto, i funerali e le esecuzione. Nonostante tutto però i
piccoli di Terezin credevano in un futuro migliore. Espressero questa speranza in alcuni disegni
in cui hanno raffigurato il ritorno a casa, anche se la stragrande maggioranza dei bambini di
Terzin morì. Il 23 giugno 1944, alcuni ispettori della Croce Rossa Internazionale visitarono una
parte del ghetto. Precedentemente alla visita, i nazisti si adoperarono per dare ad alcune sue
parti un aspetto dignitoso in modo che facesse da “vetrina”. Fu girato addirittura un film di
propaganda per ordine di Himmler. Per l’occasione fu organizzata una rappresentazione
dell’operina per ragazzi e orchestra di Hans Kràsa, Brundibàr. Oggi l’opera è diventata il
simbolo della sofferenza dei bambini nel ghetto di Terezin. (www.lager.it/ghettoterezin.html)

36
Accanto ad ogni poesia viene riportato tra parentesi un numero, che indica
l’ordine cronologico di scrittura dei testi, composti tra il 1972 e il 1980. Circa
l’origine e le date di stesura, il volumetto reca in chiusura la nota:

Il numero che accompagna le poesie indica in l’ordine cronologico di composizione.


La struttura del libro ha determinato una successione diversa.

In indice, per ogni sezione viene indicato l’arco temporale di composizione


delle poesie:

Conoscendo la madre (1972-79)


L’amore mio è buonissimo (1974-75)
Il primo mio amore erano due (1972-79)
Il tuo posto vuoto (1977-79)
Ho una bella bambina (1972-79)
Poeti (1977-80)
Teresino (1980)

Vivian Lamarque ha trentacinque anni quando pubblica la sua prima raccolta


Teresino, questo perché ha maturato a lungo la sua scelta. A lunghissimo.76
L’arco temporale di stesura delle poesie pubblicate va dal 1972 al 1980, ossia
dai ventisei ai trentaquattro anni d’età dell’autrice. Nell’intervista con Silvio
Soldini, l’autrice sfoglia il registro sul quale prendeva nota delle poesie scritte
ogni anno:

Nel ’64, trentotto, vedi che poche, poche. Ecco, ’72, che è l’anno in cui mi sono
trasferita in quella casa col giardino, 245, quasi una al giorno. Qua ci son tutti i titoli.
Nel 73, ecco, già il crollo, 58. Poi sempre meno. Nel ’76 due poesie solo, fossi una
ditta ci sarebbe il crollo in verticale.77

Dal 1971 Vivian vive nel quartiere QT8 a Milano, con il marito Paolo, la figlia
Myriam e alcuni amici. E’ un periodo che l’autrice ricorda come un momento
di vita, per qualche tempo speciale, poi… gli anni più disturbati, dal punto di
vista mentale (nel 1984 inizierà un percorso di analisi). E parlando di quegli
anni ricorda: scrivevo continuamente. E aggiunge:

76
G.Mozzato, Intervista a Vivian Lamarque, in Albatross,
http://digilander.libero.it/ccalbatross/poesia/lamarque.htm
77
S.Soldini, Quattro giorni con VIvian, in Gente di Milano, cit.

37
Adesso sento un po’ la nostalgia di poter lavorare come lavoravo una volta. Avevo
sempre lì il mio quaderno di poesie, stavo ore alle finestre, scrivevo, leggevo… ho un
po’ di nostalgia di quei tempo. Perché se tu sei… non fai nulla, sei seduto da solo in
casa, senti proprio le voci, senti la voce, senti i pensieri i versi. Se tu sei in mezzo…
sei circondato dal rumore (no dal rumore della strada quello va bene) delle persone,
delle richieste, delle… non senti più la voce. 78

Già nella raccolta L’amore mio è bellissimo parlando del periodo che stava
vivendo aveva scritto: di giorno dicono che non faccio niente/ ma lo nego.79
Questi sono gli anni vissuti con Paolo e con Myriam, la sua famiglia, come la
descrive in Io tra voi:

A letto, io tra voi come a volte


siamo scivolati nel sonno tutti e tre da una parte
e perciò vi sento respirare benissimo:
una come ancora giocando
e l’altro così familiare80.

Ma sono anche gli anni della separazione dal marito Paolo, del nuovo
abbandono che ritornano in tante poesie della raccolta.

Ridimensionare
Quest’operazione che la costringete sempre a fare
“ridimensionare”
Non è come stringere
un vestito
Non è indolore
Si taglia la pelle del cuore.81

Il 1972, in dicembre, è anche l’esordio poetico della Lamarque, che grazie a


Giovanni Raboni pubblica le Otto poesie su Paragone n.274. Da allora una
serie di pubblicazioni su riviste e antologie anticiperanno la pubblicazione di
Teresino del 1981, summa di tutto questo periodo poetico e di vita. Gli anni tra
il 1972 e il 1980 sono gli anni di presa di coscienza della propria vocazione
poetica e di uscita allo scoperto dell’autrice, che finalmente inizia a pubblicare

78
Ibidem
79
V.Lamarque, Ti scriverei, in L’amore mio è buonissimo, in Quaderni della Fenice 30,
Guanda, Milano 1978, p.59
80
V.L., Io tra voi, in Teresino, cit., p.46
81
V.L., Ridimensionare, ivi, p.63

38
entrando così nel panorama poetico del periodo. Infatti nel 1973 pubblica su
Nuovi argomenti, nell’antologia Donne in poesia nel 1976, nel secondo
quaderno collettivo di Guanda (L’amore mio è bellissimo del 1978), e infine
nel 1980 su Quinta generazione e su Prato pagano n.2.

1.1 Dalle poesie sparse alla raccolta

La raccolta Teresino ripropone testi precedentemente pubblicati nel 1972 su


Paragone e nel 1978 nei Quaderni della Fenice con L’amore mio è
buonissimo.
Vengono riprese nella raccolta del 1981 numerose poesie già pubblicate nel
1978 in L’amore mio è buonissimo per i Quaderni Guanda. Della prima sezione
del 1978, Pane e pesche, entrano nella raccolta Teresino quattro poesie: due
vengono inserite nella sezione Conoscendo la madre ( Aprile dal bel nome e
Amavo il gesso), mentre invece le ultime poesie della sezione, In mezzo a
indiani e Pinoli pinoli, nel 1981 sono nella sezione Ho una bella bambina. In
Aprile dal bel nome i vv. 9-10 Per dire donata/(o donanda) formavano un
unico verso nei Quaderni Guanda, e anche i vv. 2-3 e a scuola mi chiedevano/
perché di tanti nomi erano uniti nel 1978.
La sezione L’amore mio è buonissimo dell’edizione 1978, viene ripresa in
Teresino con lo stesso titolo e con la riproposta di dieci poesie82 delle diciotto
della sezione originaria. Ma nell’edizione 1981 le poesie vengono trascritte una
dopo l’altra, senza il titolo che invece avevano nei Quaderni Guanda. Inoltre le
due poesie L’amore mio che ha sonno e L’amore mio insonnolito non sono
riprese, ma la tematica viene rielaborata e riproposta nel 1981 in All’amore mio
si chiudono gli occhi dal sonno.

82
La sezione L’amore mio è buonissimo di Teresino, contiene le seguenti poesie già edite nel
1978 per i Quaderni Guanda: L’amore mio è buonissimo, L’amore mio quando era bambino,
L’amore mio la prima volta, L’amore mio dice che sono un po’ distratta, L’amore mio capisce
quasi tutto, L’amore mio chissà com’era, All’amore mio mi piacerebbe fare tanti piaceri,
All’amore mio, Chissà se l’amore mio ci sarà, L’amore mio è cattivo.

39
La raccolta del 1978 ha altre due sezioni: Levati bambina e Sogni. Quindici
poesie83 di queste sezioni vengono riproposte in Il primo mio amore erano due
di Teresino: dieci poesie di Levati bambina e cinque di Sogni. L’ordine con
cui vengono inserite nell’edizione del 1981 è completamente rivisto rispetto
all’edizione precedente. Resta invariato l’ordine di successione nelle due
raccolte solo per la poesia Era detto aquilone, che precede L’albero delle
ciliegie. In ordine inverso rispetto al 1978 risultano Prendimi a cuore e
Formica, nonché Senza occhiali intravedo, Lingua straniera (nel 1981 Di due
persone) e Così tante trame. Cambia il titolo di due poesie, che però restano
identiche per quanto riguarda il testo. Su non vedi che sono del 1978, in
Teresino diventa Formica, titolo che verrà mantenuto anche in Poesie 1972-
2002, mentre invece ritornerà il titolo Lingua straniera del 1978 anche
nell’edizione del 2002, che invece nel 1981 era stato modificato in Di due
persone.
Nel Teresino edito nel 2002 aggiunge al suo corpus due poesie di L’amore mio
è buonissimo che non erano state riprese nel 1981. Ne è da poco passata la
morte (già pubblicata su Paragone) viene inserita nel 2002 a conclusione della
sezione Il tuo posto vuoto, che invece nel 1981 si concludeva con la poesia
Fate piano, poesia che nel 2002 viene spostata al penultimo posto. Nella
sezione Poeti l’edizione 2002 inserisce anche Io senti ero tua moglie, già
pubblicata in L’amore mio è buonissimo nella sezione Sogni.
Dalle Otto poesie pubblicate su Paragone, la raccolta Teresino riprende le già
citate Quel gesto e Sempre più mi sembri oltre al componimento Sai la parola
mai?. Quest’ultima è riproposta con due variazioni: i vv.3-4 per esempio di
stare uno più avanti/ sulla sedia della versione di Paragone si uniscono a
formare il v.3 nelle edizioni successive con l’ellissi delle prime due parole del
verso, ottenendo: v.3 di stare uno più avanti sulla sedia; inoltre l’ultimo verso

83
Della sezione Levati bambina del 1978, l’edizione 1981 ripropone Levati bambina, Era detto
aquilone, L’albero delle ciliegie, Ecco li presentano, Su non vedi che sono, Prendimi a cuore,
Sempre più mi sembri (già pubblicata su Paragone nel 1972), Così tante trame, Lingua
straniera, Senza occhiali intravedo; dalla sezione Sogni invece l’edizione 1981 prende E’ ora
di dormire anima mia, Lo guardava, Quel gesto (già pubblicata su Paragone nel 1972), Eri la
mia vicina, Andavi in chiesa, Io naturalmente volavo.

40
della poesia in Teresino è posto tra parentesi, (sai la parola mai? fino in
fondo?).
Ulteriori varianti si riscontrano anche confrontando l’edizione di Teresino del
1981 con la versione pubblicata nella raccolta Poesie 1972-2002.
Il titolo del 1981 Conoscendo la madre si precisa nell’edizione 2002
diventando Conoscendo a 19 anni la madre, ma il testo poetico resta invariato.
I titoli delle tre poesie Vento I, Vento II, Vento III nell’edizione Mondadori
sono unite in un'unica poesia di tre strofe numerate coi numeri romani (I,II,III)
intitolata Vento. Si enfatizza ulteriormente il titolo dell’edizione Guanda di Il
primo mio amore con la ripetizione nell’edizione 2002 Il primo mio amore il
primo mio amore. In questo caso il gioco viene poi ripreso all’interno del testo,
sostituendo di nuovo il sintagma con la sua ripetizione : v.10 ma il primo mio
amore il primo mio amore/ erano due.
L’edizione Mondadori modifica il testo di altre poesie. In Sai la Rita viene
eliminata la parola smorfiettine che apriva il v.3. In Sole invernale si uniscono
i vv.1-2 Fa bene/ al mio male in un unico verso e nello stesso modo si opera
per i vv. 4-5 fa male/ al mio cuore. Al contrario in Tienimi nella versione del
2002 viene spezzato il v.2 del 1981 che diventa mangiami/ a Natale.
Viene decisamente ridotta la poesia Prendimi a cuore, che nel 1981 contava
dodici versi. L’autrice per Poesie 1972-2002 elimina la prima parte della
poesia lasciando solo gli ultimi cinque versi della versione Guanda: Prendimi a
cuore./ Dimmi di mangiare./ Potrei dimenticarmene/ o cadere dalla seggiola/
al primo segno di disinteresse.
Altra modifica evidente tra le due edizioni è la sostituzione della poesia Tu, che
concludeva la sezione Il primo mio amore erano due del 1981, con Caro nome
mio dell’edizione 2002.
Si aggiunge la dedica a Paolo e Miryam alla poesia Io tra voi a ulteriore
precisazione del soggetto della poesia nella raccolta del 2002 e anche la poesia
Regali di Natale si apre con una dedica, ma questa volta meno esplicita: a G.
Infine la disposizione sulla pagina. Apre la sezione Ho una bella bambina la
poesia Alla mia figlia gallinella, che nell’edizione 2002 viene lasciata come
unica poesia della pagina, cosa che non accade nel 1981. Situazione inversa per

41
le poesie Poesia illegittima e Poesia malata che solo nel 1981 vengono poste
sulla stessa pagina, mentre nell’edizione Mondadori oltre ad essere su due
pagine diverse sono anche seguite e precedute dalle altre poesie della sezione,
annullando così l’effetto di isolamento dell’impaginazione dell’edizione
Guanda.

gemelli

2. Struttura della raccolta

Nel 1981 in occasione dell’assegnazione del premio Viareggio opera prima a


Teresino di Vivian Lamarque, Vittorio Sereni così scriveva sul n.42
dell’Europeo:

[…] fondato sul recupero e un’accorta distribuzione di singoli “pezzi” sottratti alla
loro cronologia effettiva, finisce col farci partecipare a una storia personale magari
facilmente decifrabile nelle sue fasi. Ma non è una storia che si vesta o si camuffi con
dei versi: al contrario, nasce e piano piano si impone da una poesia all’altra, in una
successione che quasi non ammette una sosta su questo o quel testo da privilegiare

42
rispetto ad altri, sebbene sia poi inevitabile eleggere le proprie favorite come avviene
per tutti i “canzonieri”.84

Autobiografia in versi, feuilleton come lo definisce l’autrice, Teresino


seleziona e organizza a posteriori le parecchie centinaia di liriche prodotte da
Vivian Lamarque, strutturando così un’attività poetica non preordinata, ma
sollecitata da eventi quotidiani in qualche modo privilegiati: un libro, quindi,
organizzato a posteriori, con quel tanto di escatologico che un atto del genere
implica sempre.85A questo proposito si ricordi l’indicazione dell’autrice stessa
in chiusura del libro, dove appunto si ricorda che la successione delle poesie
raccolte non segue l’ordine cronologico di composizione dei testi.

Muovendo dall’adozione all’età di nove mesi, Teresino narra della vita di


Vivian con la nuova famiglia, dell’infanzia, degli anni della scuola,
dell’incontro con Paolo Lamarque, cui segue il matrimonio, la nascita della
figlia Miryam, poi la separazione dal marito e la vita senza lui. L’autrice è
sempre protagonista o voce narrante. Filo conduttore di tutta la raccolta è la
vita vista e sentita da lei, Vivian dai tre cognomi ma che preferisce farsi
chiamare con quello rubato al marito, e che racconta di lei, del suo vivere e del
suo sentire in queste poesie, delle quali Raboni dice:

C’è da restare a bocca aperta davanti alla misteriosa semplicità, all’eleganza


impalpabile e tuttavia quasi feroce di queste poesie.86

2.1 Sezioni poetiche

Teresino raccoglie 117 poesie organizzate in sette sezioni che scandiscono i


principali momenti della vita dell’autrice, più o meno esplicitamente:

84
V.Sereni, Cuore fa rima con intelligenza, in “Europeo”, n.42, 19 ottobre 1981, p.115
85
F.Zabagli, “Teresino” di Vivian Lamarque, in “Paragone”, n.382, dicembre 1981, p.79
86
G.Raboni in, R. Dedola, Dalla poesia innamorata all’elegia dell’albero, in Poesie 1970-
2002, cit., p.V

43
Conoscendo la madre, L’amore mio è buonissimo, Il primo mio amore erano
due, Il tuo posto vuoto, Ho una bella bambina, Poeti, Teresino.

Conoscendo la madre, prima breve sezione della raccolta, con sole sei poesie
sintetizza in modo chiaro ed efficace l’infanzia dell’autrice. Si inizia
dall’inizio, dalla nascita a Tesero con Aprile dal bel nome per poi ripercorrere a
passo cadenzato e sicuro i momenti determinanti dei primi anni di vita:
l’adozione, le origini valdesi. Un'unica poesia descrive le difficoltà
dell’infanzia a sette anni: le conseguenze dell’adozione, i tanti cognomi, la
difficoltà di esprimere ciò che provava, ma io parlavo poco./ […] Anche fuori
per via parlavo poco.87 Poi l’incontro con la madre naturale, a diciannove anni
(come specificherà nel titolo dell’edizione del 2002)88. La sezione si chiude
con Sarebbe stata, poesia al condizionale nella quale Vivian ripercorre la
propria infanzia.

La seconda sezione di Teresino riprende il titolo della raccolta del 1972,


L’amore mio è buonissimo. Alle dieci poesie dell’omonima sezione di quaderni
Guanda, l’autrice unisce altre diciotto brevi liriche. Le diciotto poesie sono
proposte una dopo l’altra, senza titoli, lettere maiuscole o segni di
punteggiatura. La sezione racconta l’amore-disamore per il marito Paolo,
L’amore mio. Tutte le liriche sono però percorse da un gioco di sottile ironia
che all’apertura innamorata della prima poesia, L’amore mio è buonissimo,
contrappone l’ultimo testo, che esprime esattamente il contrario dell’inizio:
L’amore mio è cattivo.
Facendo un passo indietro nel tempo , con la terza sezione Il primo mio amore
erano due, si ripercorrono le varie vicende e delusioni d’amore di Vivian. Le
poesie sono di nuovo proposte col titolo e il testo torna ad essere più lungo
rispetto alle liriche della seconda sezione. Così sebbene le poesie siano solo
ventitré, la sezione risulta più corposa della precedente. Di nuovo in apertura
una poesia dallo stesso titolo della sezione: Il primo mio amore erano due,
amore adolescenziale di Vivian per due fratelli gemelli (e nel 2002 una nota
87
V. L, Amavo il gesso, ivi, p.6
88
V.L, Conoscendo a 19 anni la madre, ivi, p.7

44
specifica: Jurgen e Bernd Becker, a Colonia, amore adolescenziale, ma qui si
allude anche alle due madri). Seguono le due poesie del matrimonio e del
viaggio di nozze con Paolo. Un ricordo porta indietro, al momento in cui Paolo
e Vivian erano stati presentati e poi al loro innamoramento. Ma la conclusione
amara del ricordo che ormai si sta perdendo viene subito ripreso dalla lirica
successiva, Sai la parola mai?. Tutta la sezione è percorsa da un senso di
sconforto sempre più forte, interrotto solo un attimo, sul nascere, con le due
poesie Era detto aquilone (che però parla di un uomo innamorato non di
Vivian ma di un’altra donna, Maria) e L’albero delle ciliegie dove di nuovo
torna un senso di irraggiungibilità dell’amore, che si può solo guardare. Col
componimento Devastata si esplicita la sensazione che ci si trascinava dalle
poesie precedenti e che continua nelle poesie successive. Nelle ultime poesie la
sezione cambia tono, Vivian sembra più descrivere i suoi sogni d’amore,
rappresentando situazioni oniriche piuttosto che realmente vissute. Infine due
poesie, Quel gesto, che richiama l’idea dell’affetto paterno e Eri la mia vicina
dove Vivian cerca un rapporto di amicizia. La sezione nell’edizione del 1981 si
conclude con la poesia Tu dove l’interlocutore, il tu a cui ci si rivolge, torna ad
essere l’amato. Nell’edizione 2002 la scelta è molto diversa. La poesia Tu è
sostituita da Caro nome mio, dove di nuovo l’autrice ripercorre tutta la sua vita
fino ad arrivare a prima dell’adozione, nel grembo materno per infine
concludere dicendo: non sono mai nata.

Il tuo posto vuoto si apre con la durezza della parola Separazione, prima
poesia della sezione. Il testo però non parla del concreto atto di separazione dal
marito, ma delle conseguenze dell’abbandono, di quel posto vuoto che intitola
la sezione. Il tepore materno paterno coniugale/ le viene da uno scaldaletto
metallico/contenente acqua calda, recita in conclusione la prima poesia. Il
gioco dell’omonimia, per il quale il titolo della sezione riprende il titolo di una
poesia, continua anche questa volta col secondo testo, appunto Il tuo posto
vuoto, che continua la tematica introdotta col testo precedente: la separazione
vissuta nella quotidianità. Tutte le poesie della raccolta evidenziano la
solitudine di Vivian, sempre più sola, sempre più isolata. La terza poesia è un

45
sogno Come ai tempi, ma nei testi successivi torna la difficoltà del vivere di
Vivian. Al mortificarsi perché incapace di vivere e di essere amata, passa a
rappresentarsi mentre parla solo con gli animali e le piantine, per poi intitolare
una poesia Non parla. Penultima lirica è Dell’intelligenza del cuore, quella
che Vittorio Sereni disse essere caratteristica innata di Vivian Lamarque.

Dell’intelligenza del cuore


vi interessa poco
nulla.
Io vi sono marziana.

Ma dopo questo sfogo, con Fate piano Vivian torna al suo posto, di nuovo
sola, ma questa volta finalmente addormentata, sta sognando di essere amata
La sezione Ho una bella bambina sospende il senso d’angoscia e di
frustrazione che Vivian nella sezione precedente era riuscita un poco a sfuggire
solo dormendo, in Fate piano. La breve quinta sezione è composta da otto
poesie dedicate alla figlia Miryam, come recita la lirica di apertura Alla mia
figlia gallinella. Compare l’immagine della famiglia al completo nella terza
poesia, Io tra voi, che nell’edizione del 2002 dedicherà al marito e alla figlia.
Nel resto della sezione l’autrice racconta i giochi di Miryam ai quali a volte
Vivian partecipa, altre volte si limita a osservare felice, anche se non può
trattenersi dall’osservare: mia figlia e i suoi amici/ hanno in corso l’infanzia/ e
come avvertirli? Tutto questo in un susseguirsi di giochi e momenti divertenti
(riflessi anche nei titoli come In mezzo a indiani o C’era un castello) per
concludersi però con la poesia Funghi , dove accanto ai funghi buoni spuntano
quelli velenosi.
Composta da trentanove liriche, Poeti è la sezione più lunga della raccolta e
anche la meno lineare nell’organizzazione interna. La poesia Sui vetri della
finestra apre la sezione con Vivian che legge dichiarazione di non amore.
Seguono due poesie che richiamano l’universo infantile della sezione
precedente, ma nel suo lato spaventoso come è venuto il babau e non s’è vista

46
più89 o in Lupo cattivo dove scrive Tutte se le sbranava/ ogni giorno un morso/
con impietosi denti affilatissimi.

89
V.L, Sai la Rita, in Teresino, cit., p.51

47
I toni si smorzano nelle poesie successive, dove Vivian sembra di nuovo
cercare di ricreare una relazione, riconquistare affetto. Ma il tentativo diventa
sempre più insistente ed infantile, come in Tienimi oppure in Posso? Alle
poesie di richieste continue di affetto si alternano poesie oniriche, dove
l’illusione sembra realizzarsi, ma si conclude inevitabilmente male,
scontrandosi col reale:

Sera è ora di andarcene a dormire io e te


di spogliarci accarezzarci
e se uno di noi due qui non c’è
allora vada solo l’altro a letto
che ore saranno senti piove di nuovo
aveva smesso.90

Il titolo della sezione viene ripreso anche questa volta, però modificato, con la
poesia Siamo due poeti, ma due poeti infreddoliti/raffreddati/ […] leggermente
malati. E al centro della sezione si trovano anche due poesie che parlano di
poesia, Poesia illegittima e Poesia malata. Così pure nella poesia successiva si
torna a ripetere il titolo della sezione nell’epigrafe: (non è la Musa della
Poesia/ è il tuo bel Muso di Poeta/ che mi ispira). Con questa poesia ritorna il
tono un po’ più giocoso e sognante, già incontrato precedentemente nella
sezione, in Pesce che vola, stemperato dalle tre poesie Vento I,II,III. Ritorna la
negatività delle prime poesie della sezione subito dopo con Precipizio.
Continuano così ad alternarsi illusione e disillusione nella continua ricerca
della condivisione di un affetto impossibile da ottenere.
Conclude la sezione la poesia In-fanzia (età del non parlare) dove Vivian si
scopre spaventata e sintetizza la sensazione provata e combattuta per tutta la
sezione che però si conclude sul verso tentare, propositivo e rappresentativo
di tutti i tentativi e i crolli della sezione, così altalenante nell’andamento
generale.
Un poemetto conclude la raccolta Teresino. Poesia lunghissima rispetto al
metro solito della Lamarque, raccontando “le avventure” di Teresino, riassume
e ripercorre tutto il percorso narrato nelle sezioni precedenti. L’ultima sezione,

90
V.L., Sera, ivi, p.53

48
omonima della raccolta, si compone così di un’unica poesia, lunga filastrocca
di piccole strofe giustapposte. Il tono già nelle altre sezioni spesso sognante e
infantile, qui si estremizza, proponendo un racconto tutto in chiave onirica. Vi
guarda dal basso come i bambini, diceva appunto nell’ultima poesia della
sezione precedente, anche se con la sua lunghezza e le molte cose che descrive
si pone come contrario di In-fanzia (età del non parlare).

Teresino è la più recente composizione della raccolta ed ha una funzione palesemente


sintetica rispetto alle poesie precedenti; insieme rivela, forse la promessa di una svolta.
Vivian Lamarque, abbandonando il riferimento ai dati biografici minimi e
l’organizzazione diaristica, punta a un processo astrattivo svolto in quella dimensione
di favola a lei congeniale da tempo[…].91

2.2 Le Petit Pouchet

Otto epigrafi tratte dalla fiaba di Charles Perrault Le Petit Pouchet fanno da
cornice e da trait d’union tra le sezioni della raccolta. La storia di Pollicino
accompagna così l’autobiografia poetica Teresino come una esemplare storia
parallela e filtra la storia personale dell’autrice a cui dà una voce e un punto
di vista.92
I frammenti di fiaba, proposti in lingua originale in apertura di ogni sezione,
seguono lo svolgersi cronologico della vicenda del protagonista della fiaba di
Perrault.
Nella prima sezione, in cui Vivian Lamarque parla della propria adozione, i
genitori abbandonano nel cuore della foresta Pollicino e i suoi fratelli che
disperati ils se mirent à crier et à pleurer de toute leur force. Ma lui non si
dispera, perché grazie ai sassolini lasciati cadere lungo la via potrà condurre i
fratelli a casa, recita l’epigrafe a L’amore mio è buonissimo. In Il tuo posto
vuoto i bambini si sono ormai persi, e più si va avanti più ci si perde nel
profondo della foresta, riflettendo la sensazione di smarrimento delle liriche

91
F.Zabagli, “Teresino” di Vivian Lamarque, in “Paragone”, n.382, dicembre 1981, p.81
92
Ibidem

49
della terza sezione. La foresta però concede une petite lueur: la figlia Miryam,
protagonista della sezione Ho una bella bambina . Con Poeti ritorna
l’atmosfera spaventata delle epigrafi precedenti. La citazione riporta infatti le
parole dell’Orchessa, che rivela ai poveri bambini spaventati che quella è la
casa di un Orco che mangia i bambini, non un luogo di salvezza, come
speravano. Così nella sezione anche le poesie soffrono della sofferenza
dell’autrice, si ammalano, muoiono. I bambini però riescono a fuggire proprio
grazie a Pollicino, come recita l’epigrafe alla sezione Teresino. La stessa
poesia Teresino sembra ridare speranza e voglia di vivere alla narrazione. Ma il
Teresino che chiude il poemetto è sparito, si rivela essere solo un sogno. Così
anche la citazione che chiude il libro non coincide con il lieto fine della fiaba di
Perrault. La Lamarque conclude prima il racconto:

“Ils coururent presque toute la nuit, toujours en tremblant et sans savoir où ils
allaient”, si riferisce al momento in cui Pollicino e i suoi fratelli si allontanano di corsa
dalla casa dell’Orco che ha appena tagliato la gola alle proprie figlie scambiandole per
i fratellini.

Non c’è un vero e proprio punto d’arrivo, la fuga continua, rimane sospesa. La
raccolta risulta così

racchiusa all’interno di una vicenda di abbandono e fuga da una casa che invece di
accogliere i bambini si è rivelata pericolosissima.93

2.3 Altre memorie

Altre citazioni, tratte questa volta dalla letteratura classica, vengono proposte
nelle sezioni Il tuo posto vuoto, Ho una bella bambina e Poeti.
Le prime due sezioni affiancano alla poesia d’apertura un breve frammento
della poesia di Saffo. Proprio il titolo della parte della raccolta dedicata alla
figlia Miryam è ripreso dai versi della poetessa greca posti accanto alla poesia
Alla mia figlia gallinella:

93
R.Dedola, Dalla poesia innamorata all’elegia dell’albero, in Poesie 1970-2002, cit., p.V

50
Ho una bella bambina

Se mi date la Lidia intera io non la do
se mi date l’amabile… io non la do.

La sezione Poeti, prestando fede all titolo, propone ben quattro citazioni dalla
letteratura antica: i poeti Asclepiade, Alceo, Orazio, e un frammento della
famosa fiaba di Fedro, Il lupo e l’agnello, che recita: superior stabat lupus.
Franco Zabagli, su Paragone, riguardo alle citazioni proposte dalla Lamarque
nel suo Teresino parlò di scelta –felicissima- di epigrafi davvero funzionali ai
testi, specie quelli dal Petit Pouchet […].

Va infine ricordata la citazione che apre tra parentesi la raccolta,


(curriculum/vitae cucù), tratta da una poesia di Tomaso Kemeny (anche lui
adottato, come Vivian Lamarque, e segnato dal confronto con due padri,
mentre l’autrice più volte parla delle sue due madri).

L'opera di Kemeny, è percorsa da un bisogno improrogabile di dar spazio al sogno,


alla fiaba mitologica, ai sogni ad occhi aperti per entrare in contatto con una
dimensione, quella del sogno e dell'inconscio, la sola che permetta di combattere
proprio quel "tradimento quotidiano" di fronte al quale i mezzi dell'avanguardia
appaiono al poeta troppo limitati.94

Con toni molto diversi dal poeta rumeno, anche Vivian Lamarque in Teresino
ci propone molte immagini oniriche e dell’inconscio, come fondamentale nel
suo stile è la dimensione della fiaba. E Rossana Dedola aggiunge:

Tutte le tappe della vita […] sono contrassegnate dalla perdita originaria che richiama
ancora a sé tutta l’energia vitale e che costringe a un feroce e ossessivamente ripetitivo
gioco del cucù per capire dalla reazione che si suscita negli altri se si esiste.[…] Il
plurale “mamme” (della poesia Levati bambina ) ribadisce la presenza di una pesante
doppia realtà che si ritrova anche nell’apparente più giocosa poesia della raccolta: “Il
primo mio amore il primo mio amore erano due”. 95

94
http://tomasolkemeny.blogspot.it
95
R.Dedola, Dalla poesia innamorata all’elegia dell’albero, in Poesie 1970-2002, cit.,p.VI

51
2.4 L’ abbandono

A dieci anni la scoperta di avere due madri le fa scrivere le prime due poesie:
La signora M. buona e La signora M. cattiva e proprio dall’evento traumatico
dell’adozione parte la raccolta del 1981.
Tutte le tappe della vita, l’innamoramento, il matrimonio, la maternità sono
contrassegnate dalla perdita originaria (cui si aggiunge, già tre anni dopo, la
morte improvvisa del giovane padre adottivo). Teresino è racchiusa all’interno
di una vicenda di abbandono e fuga da una casa che invece di accogliere i
bambini si è rivelata pericolosissima, la fiaba di Perrault Le Petit Pouchet.
Inoltre il titolo della raccolta ricorda il nome del paese natale dell’autrice,
ricordo indelebile, nonostante dopo quei primi nove mesi l’autrice abbia
sempre vissuto a Milano. Così il tema dell’abbandono apre la raccolta con
l’adozione. Nella prima poesia si spiega il suo terzo nome Donata per dire
donata/ (o donanda)96, nella poesia Nove mesi parla di frattura, e in Sarebbe
stata parlando in condizionale dice sarebbe stata davvero capace di essere
felice sottintendendo un se che evidentemente si riferisce alle vicissitudini della
vita, ma soprattutto all’adozione, che da valdesina l’ha fatta diventare
milanese (valdesina trascinata per una mano/ giù fino a Milano)97.
L’abbandono viene poi rivissuto nell’innamoramento, nel matrimonio, e
soprattutto nel suo fallimento. Già nella sezione L’amore mio è buonissimo
l’autrice scrive l’amore mio non lo sa come sono triste a stare sempre così/
senza l’amore mio per poi arrivare a dire l’amore mio l’amore mio quale
amore mio?/ l’amore mio non c’è/ se no certo non mi lascerebbe qui così per
poi concludere con che bello se l’amore mio c’era invece non c’è. La seconda
sezione (che nel 2002 scrive caro nome mio mi lasci sola98) preannuncia il
dolore e il ripetersi dell’abbandono esplicitati poi in Il tuo posto vuoto, che si
apre coi versi di Saffo: io dormo sola. L’altro è assente, come “un posto
vuoto”(in questo caso il tuo posto vuoto, cioè del marito) che

96
V.L., Aprile dal bel nome, in Teresino, cit., p.9
97
V.L., Valdesina, ivi, p.10
98
V. L., Caro nome mio, in Poesie 1972-2002, cit., p.28

52
parla racconta chiacchiera ride forte
non sta mai fermo si alza
ritorna mangia avanza sempre un boccone
ritaglia nel formaggio forme di animali

ma non può non rimanere il tuo posto vuoto a tavola/ a destra di Miryam/ è di
fronte a me. E il senso di abbandono è sentito anche nell’indifferenza dell’altro
dal quale non si vorrebbe essere stati lasciati: chiedi come campa Vivian/
usando il verbo campare/ perché del suo vivere/ non ti importa nulla. In Io tra
voi Vivian mentre osservala figlia giocare con gli amici si lascia scappare
hanno in corso l’infanzia/ e come avvertirli? Insinuando così quel ricordo della
sofferenza della sua infanzia anche nella serena sezione Ho una bella bambina.
Continua la tematica dell’abbandono e della conseguente assenza in Poeti, ma
in modo più variegato. A volte viene riproposta in modo giocoso o di ripicca
infantile, come quando scrive sai la Rita quella che hai visto tu/ è venuto il
babau e non s’è vista più99 o chiudo gli occhi per vederti meglio100 o anche in
Rebus difficile (?,?,?,?), dove il gioco enigmistico parte appunto come un
gioco per risultare però qualcosa d’altro, non solo incomprensibile, ma anche
pericoloso e concludersi dicendo se almeno tu mi aiutassi a capirci qualcosa
invece di far finta di niente. Altre volte il tono ritorna quello della sezione
precedente, E se uno di noi due qui non c’è scrive in Sera o in Vento I e III che
si aprono entrambi col verso non sei venuto questa sera all’appuntamento.
La raccolta si conclude con un altro abbandono, replica e sintesi di tutti i
precedenti, quello di Teresino, dove per quattro volte Vivian ripete Teresino
Teresino sparito.

99
V. L., Sai la Rita, in Teresino, cit., p.51
100
V. L., Nel bosco, ivi, p.54

53
2.5 La ricerca d’amore

Ritornando al legame tra la cornice e la vicenda autobiografica narrata nelle


liriche, Vilma de Gasperin evidenzia il fatto che la fiaba francese Le Petit
Pouchet agisce nella costruzione del testo scandendone i diversi momenti, tutti
legati alla dimensione affettiva.

Nella sezione “L’amore mio è buonissimo” l’illusione di poter cancellare la ferita del
passato costringe la persona adulta nella condizione impotente della bambina che
chiede di essere amata; da questa dimensione infantile vengono le richieste, gli appelli,
un bisogno d’amore e di attenzione insaziabili. Nell’altro viene ricercata una
rispondenza assoluta, all’amore mio è demandata una funzione materna di nutrimento
e di accadimento che l’io non è in grado di assumere su di sé. Il tuo posto vuoto rivela
la difficoltà di questo tentativo segnando un’ulteriore esperienza di separazione. La
sezione Poeti coincide con l’arrivo di Pollicino nella casa dell’Orco; qui l’amore è
vissuto come totale dipendenza e sottomissione, come condizione non libera da cui
può nascere solo una “poesia illegittima”.101

Zabagli, a tale riguardo sottolinea come Vivian Lamarque, dando alle varie
sezioni titoli come Conoscendo la madre, Ho una bella bambina o Il tuo posto
vuoto evidenzi da subito la condizione essenziale e necessaria alla sua poesia:
la presenza, l’assenza, comunque la ricerca, di un oggetto d’amore.102
Dimostra quindi come la tematica dell’abbandono sia fortemente legata
all’affannosa e mai sazia ricerca di affetto della protagonista.
Nella prima sezione della raccolta per quanto riguarda la tematica adozione-
abbandono, questo aspetto è visibilissimo in A nove mesi e nell’amarezza di
Sarebbe stata. Nei versi apparentemente più sereni di Aprile dal bel nome,
Vivian cerca di farsi una ragione della propria sorte investigando il significato
del proprio nome (io stessa con nomi curiosi/ di bei significati): il nome Vivian
starebbe quindi a significare che dovevo vivere/ (da una parte o dall’altra),
mentre il nome Donata viene letto come chiaro segnale di adozione. Così anche
nelle poesie la sostanza biografica ritorna nei moduli di una tipologia ricorrente
che evidenzia ulteriormente la dipendenza e la correlazione delle due
tematiche: l’urgenza di un amore fermo e assoluto non viene realizzato, causa

101
V. De Gasperin, in R. Dedola, Dalla poesia innamorata all’elegia dell’albero, in Poesie
1970-2002, cit., p.VI
102
F.Zabagli, “Teresino” di Vivian Lamarque, in “Paragone”, n.382, dicembre 1981, p.79

54
la mancata rispondenza dell’altro, segue quindi immancabilmente l’inevitabile
trauma della separazione.
Lo schema è visibile soprattutto negli effetti adulti , in L’amore mio è
buonissimo, Il primo mio amore erano due e in Poeti,dove l’amore passa dalla
tenere effusioni alla dipendenza assoluta. Ti sono affidata fino alla maggiore
età/ […] dimmi di mangiare scrive in Prendimi a cuore, titolo che già esplicita
la richiesta di affettiva, in Formica mendica briciole, ovvero parole buone da
mettere via per l’inverno, sensazione che ritroviamo in Eri la mia vicina dove
si legge io alzavo gli occhi dal libro/ e poiché sorridevi/ giravo la testa e
dicevo/ guardi i pomodori che belli/ e domani il tempo chi sa, quasi la reazione
di Vivian fosse dovuta solo a un compiacere l’altro per l’attenzione
dimostratale.
Ma questa dipendenza affettiva equivale inevitabilmente all’essere preda,
concetto che si concretizza soprattutto nella sezione Poeti. Aspetto la tua
zampata scrive in Muso di volpe, poesia che fino a quest’ultimo verso
sembrerebbe solo un’amorevole descrizione, sensazione molto più forte e
spaventata in Rebus facile ( 9,10) e in Rebus difficile (?,?,?,?). Una figura
china a mettere tagliole:/ RE L’AZIONE PERICOLOSA scrive nella prima
poesia, per continuare nella successiva coi versi più confusi e allarmati:

Si vede un pollaio con dentro una gallina che ha paura


[…] una donna con un fucile
[…] non si capisce chi è in pericolo
se la gallina (le ali sbattono forte ha molta paura)
o la vecchia volpe (ha gli occhi furbi ma sta guardando il fucile),

per poi concludere con un o sconsolato se almeno tu mi aiutassi a capirci


qualcosa invece di far finta di niente.
Nelle poesie non sparisce nemmeno la consapevolezza che l’altro vive di una
vita inaccessibile ed è quindi superior e quindi lupus, come recita l’epigrafe di
Sui vetri della finestra. E’ la sezione Il tuo posto vuoto a raccogliere le poesie
della massima debilitazione, dell’amore assente o concluso. Si pensi
all’esplicito titolo della prima poesia Separazione, e al testo della lirica, dove
gli affetti traditi (il tepore materno paterno coniugale) sono ricercati in

55
surrogati risibili, uno scaldaletto metallico/ contenente acqua calda, o come in
Fate piano, dove Vivian finalmente si addormenta, sognando di essere amata,
dolcemente cullata non dalla madre, bensì dalla televisione. Altre volte implora
attenzioni minime, sempre nel tentativo di conquistarsi quell’affetto, oggetto di
desiderio irraggiungibile, o comunque mai duraturo. Non lasciate che si isoli
così103 implora descrivendo la propria solitudine, Fate piano si è
addormentata104 bisbiglia al lettore quasi fosse madre di se stessa.

2.6 L’infanzia

L’infanzia unisce le due tematiche della ricerca d’affetto e dell’adozione:

In-fanzia (età del non parlare)


Spaventata le sta succedendo
di avanzare giorno per giorno indietro nel tempo
adulta sta toccando il traguardo/ di un letto a forma di culla
dal basso vi guarda le ombre
giganti passate muovete le labbra le bocche
lei non comprende la lingua
spaventata vi guarda che andate di là
piange vi vuole lì accanto
toccarvi mettervi in bocca
incantata vi guarda dal basso le ombre le bocche
vuole scoprire decifrare la lingua
vi chinate le date un gioco di gomma
andate di là lei non riesce a parlare
nel silenzio la sentite fare piccoli versi
tentare.

Vivian Lamarque attraverso la paziente ricostruzione di una plausibile


sensibilità infantile, filtra ogni esperienza adulta , rendendola conforme a

una sorta di manicheismo elementare fatto di bambini persi, anzi abbandonati nel
bosco e di invisibili lupi in agguato.105

103
V.L., Quasi San Francesco, in Teresino, cit., p.40
104
V.L., Fate piano, ivi, p.41
105
F.Zabagli, “Teresino” di Vivian Lamarque, in Paragone, n.382, dicembre 1981, p.80

56
I gesti degli adulti sembrano compiuti da giganti, come i gesti dell’Orco per
Pollicino e i suoi fratelli. Proprio questo senso di inadeguatezza porta la donna
adulta ad affiancarsi ai veri bambini reclamando, fuori luogo e fuori tempo,
attenzione e quindi amore.
Già Vilma De Gasperin aveva sottolineato come nella sezione L’amore mio è
buonissimo l’autrice, persona adulta, venga costretta dalla sua stessa illusione,
nella condizione impotente della bambina che chiede di essere amata,106 di
poter in questo modo cancellare la ferita del passato. Tutte le richieste di affetto
e di attenzione derivano proprio da questa dimensione infantile. Vivian
bambina ha un bisogno d’amore e di attenzione insaziabili. Da qui la
sensazione di continuo fallimento affettivo e di abbandono e indifferenza delle
persone amate troppo. E’ il troppo amore (dato e desiderato) a portare la
protagonista a cercare nell’altro una rispondenza assoluta, che proprio per la
sua caratteristica di assolutezza appare già a priori impossibile da realizzarsi,
fallimentare.

All’amore mio è demandata una funzione materna di nutrimento e di accadimento che


l’io non è in grado di assumere su di sé.107

Così in tutta la sezione, Vivian cerca di catturare l’attenzione dell’amato con


regali, piccole attenzioni, bigliettini:

l’amore mio non ha una poltrona molto comoda


se l’amore mio era mio gliela compravo

all’amore mio malato mi piacerebbe fare una sorpresa


per esempio comprargli un libro che voleva lui

io un giorno ho messo sotto il tergicristallo dell’amore mio un bigliettino

all’amore mio mi piacerebbe fare tanti piaceri


per esempio commissioni in centro
o battere a macchina
o delle cose anche un po’ noiose
come per esempio fare le code.

106
V. De Gasperin, in R. Dedola, Dalla poesia innamorata all’elegia dell’albero, in Poesie
1970-2002, cit., p.VI
107
Ibidem

57
Tutte le sue attenzioni però non vengono apprezzate come vorrebbe, così che
lei stessa è costretta a concludere l’amore mio purtroppo non vuole niente da
me. Di infantile però rimane l’insistenza, basti pensare che la constatazione del
disinteresse dell’altro è la quarta delle ventotto brevi liriche della sezione. E
così continua ad alternarsi all’illusione la disillusione, che porta ad amare
constatazioni, come di sicuro allora me lo sono sognata/ che bello se l’amore
mio c’era invece non c’è, disillusione che però non riesce a fermare il continuo
meccanismo di tentativo di conquistare il rassicurante (ma irraggiungibile)
affetto dell’altro.
La dipendenza affettiva dalla figura dell’amato investito della funzione
materna che nutre e accudisce continua nella sezione, Il primo mio amore
erano due, come Vivian esplicita chiaramente in Prendimi a cuore. Va inoltre
notato che con l’edizione 2002, che taglia i primi versi del componimento, si
acuisce l’effetto di disarmata dipendenza affettiva e vitale della protagonista
dall’amato, sensazione che nel 1981 era alleviata dal più consapevole e
realistico ( quindi anche più adulto) inizio: avere ancora quell’età/ che a
chieder certe cose/ non ti guarda nessuno in modo strano, anche se dopo le due
poesie successive, la Lamarque utilizza l’ambiguo levati bambina, riferibile a
sé stessa come alla figlia (o forse a entrambe).
La disillusione torna anche nei sogni, come in Quel gesto, dove l’affetto di un
gesto paterno de la mano sulla testa è fatto sul capo della piccola Vivian, solo
che avevo la testa molto più riccia/ -cioè io non sono riccia affatto, quindi non
era lei la destinataria dell’affetto sognato, di nuovo una delusione. In E’ ora di
dormire anima mia cerca di essere madre per se stessa, di cullarsi e consolarsi
da sola: perché non dormi? vengono i pensieri?/ Fa’ così con la mano che
vanno via. In Fate piano della sezione Il tuo posto vuoto la lirica si apre con
Vivian in posizione fetale108.
Nella sezione Poeti l’amore è vissuto come totale dipendenza e sottomissione,
condizione non libera da cui non può nascere altre se non una Poesia
illegittima frutto di un amore mentale e segreto del quale l’amato non sospetta
niente di niente. Continua però la richiesta di aiuto e di amore dalla prospettiva

108
V.L., Separazione, in Teresino, cit., p.37

58
della bambina Vivian che dice tienimi ancora un po’preziosa/mangiami a
Natale109o che dall’esterno constata

Le sue ali infantili


spiccano ogni volta felici il volo
incontro a chi spara110.

Ritorna anche l’insistente tentativo di guadagnarsi l’amore dell’altro (come già


nella sezione L’amore mio è buonissimo)dove si dimostra l’amore per l’altro
con tanti regalini, senza riuscire ad ottenere l’affetto sperato, come accade in
Regali di Natale. La richiesta si fa a volte ancora più esplicita. Si pensi alla
lirica Posso? nella quale si succedono una dopo l’altra domande senza risposta,
che non desistono però dal continuare a chiedere:

Posso saltarti al collo?


fare un sogno di te?
guardarti e toccarti?
assaggiarti un pezzettino?
farmi i codini fischiare?
giocare al lupo avere paura?
mangiarmi tutta con la tua bocca? Sì?

Insomma, sia dalla scelta delle epigrafi, che dai testi poetici si può concludere
che ci si trova davanti a una storia di “grandi” riportata al livello puerile.
Sintesi e affinamento di quanto finora descritto è l’ultima sezione, Teresino,
dove la precarietà dell’unione e il male del distacco si risolvono in puri
simboli fiabeschi,

la lusinga e il rifiuto dell’altro diminuiscono nella fisionomia evanescente di un


bambino fantastico che accetta di fare ai balocchi per dopo sparire a metà gioco.111

Proprio la prospettiva della fiaba si accosta al mondo infantile e giocoso della


raccolta Teresino, elaborazione fiabesca del dato quotidiano. Così nel poemetto
conclusivo l’autrice scrive senti ascolta questa fa/ vola che ti racconto vicino
al tuo letto/ di c’era una volta in una città lon/ tana lon tana, per poi
109
V.L., Tienimi, ivi, p.58
110
V.L., Le sue ali infantili, ivi, p.55
111
F.Zabagli, “Teresino” di Vivian Lamarque, cit., p.81

59
concludere con c’era una volta il tempo/ passato c’era teresino/ ma poi è
volato […] avevo sognato un bambino/ a forma di teresino.

2.7 Il tema del doppio

Altro tematica incisiva nell’opera di Vivian Lamarque è il doppio.


La perdita e il ritrovamento, la serietà e il gioco, il desiderio e la realtà si
accompagnano ripetutamente nelle poesie di Teresino, tensione degli opposti
uniti e inconciliabili.
Fin dalle origini l’amore è duplice, ambivalente. Sdoppiamenti, reciprocità,
dualismi sono ricorsivi. Si pensi alla poesia Il primo mio amore erano due:

Il primo mio amore il primo mio amore


erano due.
Perché lui aveva un gemello/ e io amavo anche quello.
Il primo mio amore erano uguali/ ma uno più allegro dell’altro
e l’altro più serio a guardarmi/ vicina al fratello.
Alla finestra di sera stavo sempre con quello
ma il primo mio amore il primo mio amore erano due
lui e il suo fratello gemello.

Il testo è tutto giocato sulla sua doppiezza, non solo tematica, ma anche nella
struttura sintattica e semantica. Simili-diversi oggetti d’amore, l’uno allegro e
l’altro serio. I due rivali in amore sono l’uno l’immagine speculare dell’altro,
fratelli gemelli, che non possono non richiamare alla mente l’immagine l’uno
dell’altro. E a questo gioco di specchi va aggiunta la nota in calce all’edizione
2002 che avverte di come l’allusione all’amore adolescenziale per i due
gemelli, alluda anche alle due madri. Due madri che ritornano nella poesia
Levati bambina, gioca più in là a mamma sempre di Il primo mio amore erano
due, sezione che già nel titolo stigmatizza l’importanza del tema nella biografia
dell’autrice. Il gioco dello sdoppiamento continua con Sempre più mi sembri,
dove Vivian si contrappone con un’altra donna (reale o fittizia), di cui l’amato
è innamorato. Qui, come nelle altre poesie, il gioco della ripetizione ritorna
anche nel testo, in questo caso con e so che con me questo non ha a che vedere/

60
e so che con me questo non ha a che vedere. Confronta l’identica immagine
dell’amato guardato indossando gli occhiali o senza in Senza occhiali
intravedo. Nonostante lui resti sempre lo stesso, le due percezioni sono
completamente diverse, quasi si trattasse di due persone e due situazioni: senza
occhiali intravedo/ che quasi quasi mi vuoi bene/ […] ma con gli occhiali non
si scherza/ metto a fuoco perfettamente[…].
In Quel gesto alla bambina riccia del sogno si affianca la bambina Vivian,coi
capelli ricci, quindi non lei, eppure la poesia recita: quel gesto esatto/ m’è stato
fatto[...] e sempre di sogno sembra si tratti nella poesia Andavi in chiesa, dove
Vivian è sia sposa che invitata, quindi causa di confusione ed equivoco:

Andavi in chiesa per sposarti un’altra volta.


Con la stessa persona di prima.
Io stavo in mezzo agli invitati
ma anch’io ero vestita da sposa.
Certi si confondevano e fotografavano me
ma tu chiarivi immediatamente l’equivoco.

Molto più esplicitamente le due mamme vengono nominate nella prima sezione
della raccolta, parlando dell’adozione. Della confusione e del disorientamento
determinato da questo cambio di madre si legge in A nove mesi, dove Vivian
dice di vedere solo copie e di non trovare l’originale: ogni volto ogni affetto/ le
sembrano copie cerca l’originale/ in ogni cassetto affannosamente. Così in
Valdesina si parla del nuovo presepe e della nuova mamma, mentre in Sarebbe
stata oltre alle due madri, compaiono anche i padri, che sparivano uno a uno.
Il tema del doppio e il gioco degli opposti ritorna anche ne L’amore mio è
buonissimo, quando scrive una cosa per subito affermarne il contrario. Così
avviene in L’amore mio certe volte mi fa piangere così tanto/ che non so più
come fare/ […] appena penso all’amore mio mi viene subito da sorridere,
oppure in l’amore mio l’amore mio non esiste dove nel verso di apertura si
riprende anche il gioco della ripetizione di il primo mio amore il primo mio
amore/erano due. In questo caso il componimento proporre anche il tema dello
sdoppiamento nei contrari, mostrando anche la sensazione di confusione e
dolore legata a questa sensazione che dall’età di nove mesi sembra
accompagnare Vivian:

61
l’amore mio l’amore mio non esiste
cioè esiste
ma non è come lo penso io è abbastanza diverso
non che sia peggiore ma comunque è un altro
solo che io me lo dimentico
e dopo quando me ne accorgo
ogni volta è una tragedia.

Portatrice di una simile contraddizione è la stessa sezione , che si apre con


l’amore mio è buonissimo per concludersi con l’amore mio è cattivo.
In Poeti una poesia si intitola Destra o sinistra, mentre nelle tre poesie
intitolate Vento si alternano la presenza e l’assenza dell’amato
all’appuntamento con Vivian. Proprio nell’ultima parte della sezione sembra
Vivian si stia innamorando di un altro uomo, o forse dello stesso, amore
immaginato o forse solo ricordato: lo si ritrova in tutte le poesie, da Previsioni
del tempo fino a Reperto meraviglioso. Così di nuovo, seppur in veste diverse
si ripropone il tema dello sdoppiamento, che sempre crea confusione e
disorientamento.

2.8 Chi è Teresino?

Proprio Teresino diventa massima espressione di quel gioco di rimandi, di


travestimenti, di sdoppiamenti che hanno già percorso tutta la raccolta.
La storia di Pollicino, che filtra la storia personale dell’autrice a cui dà voce e
un punto di vista, nei suoi versi interferisce a tal punto da far sì che lo stesso
Pollicino, divenga l’ubiquitario polimorfo Teresino dell’ultimo conponimento.
Teresino minuscolino […] teresino filo di voce vocina scrive l’autrice,
richiamando sì l’immagine di Pollicino, ma soprattutto la più generica idea del
mondo dei bambini, dei piccoli, quel mondo infantile che tanto influenza la sua
poetica. Il personaggio Teresino non è quindi solo replica del piccolissimo
protagonista della fiaba di Perrault, ma anche sé e un altro sé, l’altro, il vicino-
lontano. Di nuovo quindi torna il gioco degli opposti che genera confusione e
ambiguità. Ambiguità che questa volta Vivian Lamarque porta agli esiti

62
estremi in questa figura che riassume, riproponendo in sintesi astratta e
fantastica tutti il percorso biografico incontrato nelle precedenti sezioni.

All’inizio del libro di Lamarque si allude a un trauma, si parla di una frattura, di un


cambio di madre e di un’esperienza di abbandono ripetuto da parte dei genitori.
L’abbandono, l’indole contemplativa e silenziosa del sé, attento alle piccole cose del
mondo catturate dalla lente d’ingrandimento dell’infanzia (mosche piume foglie), sono
requisiti di Pollicino. Diversi i richiami alla fiaba, oltre agli esergo: “nel bosco nel
cuore del cuore del bosco/ gli occhi dei lupi ti sbranavano poverino”, o “teresino che
hai perso la strada prova/ a incamminarti di lì anzi/ no prova anzi teresino”. Teresino è
il sé dell’autrice e un altro sé, l’altro vicino-lontano, perché è interno ed esterno, nel
tempo e senza tempo, passato e presente, vegetale animale e umano, malattia
convalescenza guarigione, adulto e bambino, padre e figlio, destra e sinistra, amante e
amore, medico e paziente, sogno e realtà, simulacro e cosa vera, assenza e presenza,
sparizione orma residuo: segnale. Teresino non ha età poiché ha tutte le età.112

Come nota Caddeo, proprio all’inizio del poemetto Teresino viene definito
bambino e piantina rara per poi definirlo senza età, o con tutte le età, vecchio
e bambino. Al v.6 quanti anni hai teresino tre quattro[…] e Vivian deve
accompagnarlo per mostragli a destra e/ sinistra della primavera, ma al v.9
Teresino è già vecchio, quanti anni hai teresino novantanove cento. Così
anche il teresino teresino malato del v.30 diventa subito dopo, al v.33, il
dottore di Vivian: anch’io mi sono malata/ visitami sto qui buona buona
sdraiata. Al v.138 Vivian scrive non andavi via per sempre la fine/ non era
ancora finita/durava tanto la vita, eppure alla fine Teresino sparisce, se ne va
via e quella narrata si rivela non essere nemmeno stata vita, come l’aveva
definito prima, bensì sogno, o vita sognata. Così la conclusione nega ciò che i
v.138-140 avevano precedentemente affermato: avevo fatto un bel sogno avevo
sognato un bambino/ a forma di teresino.
E sempre riguardo a Teresino e alla sua ambiguità Caddeo continua:

Grazie a lui e con lui gli opposti si invertono, le antitesi collimano, l’intero si
suddivide e moltiplica (“ti seminavo spuntavano/tanti teresini”, “eravamo bianchi
leggeri/ nevicavamo teresino”), l’uno nel molteplice il molteplice nell’uno, la morte
partecipe della vita e viceversa, le palpitazioni della paura infantile del buio si
intersecano e fanno gruppo con l’eros, il desiderio abbraccia il rimpianto. Teresino è
poeta e poesia.

112
R.Caddeo, Contro mostri e draghi l’arma della scrittura, in “Concertino”, n.14-15, Milano,
novembre 1995, p.23

63
Interessante è anche il suggerimento che da questa affermazione ne consegue.
Se Teresino è sia poeta che Pollicino, allora anche i sassolini bianchi che
Pollicino aveva lasciato sul suo cammino per rintracciare la strada di casa,
possono essere considerati le poesie stesse che di questo amore ci parlano.
Entrambi sono mezzo per superare le insidie e le sofferenze legate a
un’esperienza di amore trovato e perduto, presente-assente, insistentemente
ricercato, ma non per questo raggiunto. A questo proposito si ricordi la
decisione dell’autrice di eliminare il lieto fine della fiaba di Perrault, facendo
così coincidere il non raggiungimento dei genitori di Pollicino con la non
realizzazione della ricerca d’affetto di Vivian. Eppure non tutto è perduto,
perché ci sono le poesie che come i sassolini di Pollicino, consentono il ritorno,
o una sorta di ritorno, perché raffigurano un percorso compiuto. Risvegliano la
memoria e la orientano. Ma queste poesie non sono solo come i bianchi
sassolini del primo ritorno di Pollicino, ma anche come le briciole del secondo
abbandono, sono deperibili. Una poesia della sezione Poeti si intitola Poesia
malata, e si è ammalata proprio per il disinteresse dimostrato dal destinatario,
che non le ha prestato l’attenzione dovuta:

appena tu l’hai letta distaccatamente


senza fermarti e senza dirle niente
si è sentita girare un po’ la testa si è appoggiata
si è svestita si è messa a letto
dice che è malata[…]
come Mimì finge di dormire
per poter con te sola restare.

E in L’amore mio è cattivo leggiamo anche che

le poesie
si sono malate
ecco
e poi sono morte
sono morte tutte e quattrocento
e quel che adesso scrivo già non c’è più
a meno che nel vento.

64
2.9 Il tema dello sguardo

Nelle sue poesie Vivian spesso si descrive nell’atto di guardare, e la maggior


parte delle volte è proprio il verbo guardare il vocabolo prescelto, che solo
raramente è sostituito da sinonimi. Interessante è anche notare che nella
maggior parte dei componimenti il “guardare” sia legato a due situazioni: il
guardare l’amato o il guardare dalla finestra.
Per quanto riguarda il secondo caso, l’intervista di Silvio Soldini conferma
questo aspetto del modo di vedere (o guardare) dell’autrice. Raccontando al
regista di quando viveva al QT8 Vivian Lamarque dice: “E io stavo delle ore a
guardare dalla finestra”, lo stesso ripete guardando fuori dalla finestra di casa
sua: “Io starei tutto il giorno qua”, per infine concludere, proprio di fronte alla
finestra di casa:

”Tu prova a pensare di star sempre in casa, sempre da sola. Se guardasse su un interno
mi intristirebbe, ma io qui, per esempio al mattino c’è sempre una ventina di persone
che aspettano l’autobus, anche trenta. Diventan come dei parenti, li vedi tutte le
mattine, sono lì che aspettano che… quello che mi manca appunto, non c’è una bella
famiglia da guardare, di fronte. C’è l’ufficio e poi vedi, tutte finestre buie, lavorano
tutti. E’ tutto spento, poi alla sera vedi la lucina azzurrina della televisione e basta.
Non vedi le… da certe case invece vedi gli interni familiari. Da qua no. Nemmeno a
andare in via Arimondi vedevi la caserma. Non vedo mai gli interni familiari.”

Aggiunge poi divertita :

“Guarda i piedi di quel signore sul tram, sul 14, vedi questi piedi qua? Sembra un
signore senza testa, solo coi piedi. Che bei piedi. Ecco, tac si è alzato. Ecco”.

Una poesia della sezione Il tuo posto vuoto recita:

sta dietro i vetri


un po’ più del normale
intendo i vetri di casa
se fossero vetrine
allora sì che direste che è normale.113

113
V.L., Sta dietro ai vetri, in Teresino, cit., p.40

65
Io sono il re del balcone che resta a guardare si legge nella sezione Ho una
bella bambina, ma questa volta il guardare passa all’atto concreto nel
componimento successivo, C’era un castello, dove Vivian gioca con la figlia in
giardino. La finestra, come prima il balcone, ritorna in un’altra poesia per la
figlia, La finestra delle farfalle, in cui Vivian mostra con allegro stupore le
piccole bellezze del loro giardino. Invita anche l’amato a guardare fuori dalla
finestra in I mattini ghiro mio, dicendo che la mattina è bello svegliarsi se

quando apri le finestre


subito hai lì alberi perfetti
immobili ma a guardar bene
con anche un punto dove le foglie tremano
per un uccello appena volato via
al rumore della finestra.

In poesie più sofferenti le finestre tornano quasi come una barriera di vetro, che
impedisce il contatto con il mondo esterno. Ora davvero sembra ci si possa solo
limitare a guardare. In Levati bambina Vivian scrive disperata m’attacco al
vetro/ che tra un minuto casco e nella poesia d’apertura alla sezione Poeti con
dolore legge dichiarazioni di non amore scritte dall’amato proprio sui vetri
della finestra/ […] con un pennarello rosso. Eppure è proprio quella finestra ad
alleviare un po’ la sofferenza di lei, che tra un articolo e un sostantivo scorge
formine di cielo.114
Amaramente in L’amore mio è buonissimo scrive: l’amore mio non ha finestre
sulla strada/ l’amore mio poverino gode di una brutta vista. Il non vedere bene
e il non avere finestre da cui poter guardare rivelano ciò che più chiaramente si
esprime in l’amore mio non c’è, ossia il non amore dell’Amore mio.
Il guardarsi è proprio di ogni innamorato, ma nelle poesie di Vivian Lamarque
nessuno si guarda reciprocamente115. E’ sempre solo uno dei due che guarda
l’altro, molto spesso lei, qualche volta lui.
In Il primo mio amore Vivian e il gemello di cui si era innamorata stavano alla
finestra la sera, ma l’altro più serio scrive che stava a guardarmi/ vicina al
fratello, continuando il gioco di rimandi e sdoppiamenti. Il marito Paolo è

114
V. L., Sui vetri della finestra, ivi, p.51
115
V.L., Di due persone, ivi, p.30

66
descritto guardare la moglie nella poesia che descrive il loro viaggio di nozze.
Compiaciuta Vivian si scopre a ripeter per ben due volte ti fermi la guardi che
mangia la neve/ ti fermi la guardi che mangia la neve.
L’immagine di un altro uomo innamorato ritorna con Era detto aquilone,
soprannome dato all’innamorato di Maria, che quando la vedeva pareva
innalzarsi/ portato dal vento e dall’emozione. L’idea del volo nella raccolta
rappresenta, insieme al guardare, l’innamoramento.

Io naturalmente volavo
Sono passata dalla tua finestra che lavoravi
con la testa piegata così
io naturalmente volavo
felice come chissà chi.

Nella sezione L’amore mio è buonissimo Vivian innamorata racconta: lo


guardavo tanto senza dire niente e in Lo guardava lei rimane impietrita per
sempre/ in quella posizione proprio per uno sguardo del marito, che la guardò
così profondamente solo un attimo, poco prima di mostrarle un dipinto.
L’amore è irraggiungibile ne L’albero delle ciliegie, dove di nuovo lei si limita
a guardarlo e a guardarlo/ a guardarlo lei perde colore. L’impossibilità di
questo amore ormai solo sognato apre la poesia Nel bosco col verso chiudo gli
occhi per vederti meglio; Posso/ guardarti e toccarti? chiede Vivian
nell’insistente serie di domande all’amato e nel sognante Tu conclude
scrivendo io ti guardo trasognata/ mentre mi usi le gentilezze le più svariate.
Nel contesto onirico del poemetto conclusivo, il verbo guardare torna nel testo
per ben sette volte. Ti voglio guar dare vieni, lo invita Vivian all’inizio della
lirica; alla fine però non solo Teresino non guarderà Vivan, ma nemmeno lei
potrà più vederlo,dato che era solo un sogno. Con l’affermazione Teresino
teresino sparito si ripropone così il tema dell’abbandono e dell’impossibilità
del raggiungimento di una relazione reciproca.
Il verbo guardare torna anche nelle poesie che narrano dell’infanzia di Vivian e
della sua adozione. In-fanzia (età del non parlare) intitola una sua poesia, e a
questo non parlare corrisponde un continuo guardare. Il “guardare” sembra
un’azione che le appartiene fin da piccola, quando dalla culla[…]/ se ne stava

67
ore e ore zitta e sorridente/ a giocare con le sue mani a guardare/ una mosca
che volava; dell’adozione ricorda: zitta guardava attorno/ il nuovo presepe/ la
nuova mamma.

2.10 La morte

Il ricatto affettivo che la bambina Vivian cerca di compiere ai danni della


persona a cui chiede insistentemente affetto si estremizza a conclusione delle
sezioni poetiche, introducendo la possibilità della morte. A questo proposito
chiarissimo appare questo tentativo nella sezione L’amore mio è buonissimo in
cui la persona adulta è costretta nella condizione della bambina impotente
proprio nell’intento di conquistare l’amore assoluto dell’amato, cercando di
cancellare le ferite e le delusioni affettive dei passati abbandoni. Derivano
proprio da questa dimensione infantile le continue e insaziabili richieste
d’amore e di attenzioni. Nessuno però sembra rispondere alle domande di
Vivian, così ecco l’ultimo tentativo: mettere l’amato di fronte alla possibilità
della morte, come per ricordargli che scaduto il tempo della vita non sarà più
possibile per loro due stare insieme.

Chissà se l’amore mio ci sarà


quando sarò in punto di morte
mi piacerebbe tanto di sì
e che mi stesse vicino vicino
tanto è l’ultima volta
e che mi dicesse delle cose commoventi
per esempio mi spiace molto che tu muoia.

Ma di nuovo Vivian è da sola nel suo immaginare il futuro, e così la possibilità


della morte è più che altro un ulteriore arrovellarsi e girare su se stessa, senza
nulla ottenere dall’interlocutore assente:

L’amore mio se morirà prima lui non creda!


perché anch’io morirò immediatamente
e così dopo due giorni riceverà una lettera
con dentro l’ultima poesia
e anche con spiegato come sono morta.

68
In il tuo posto vuoto le riflessioni sugli effetti che la propria morte potrebbero
produrre sull’amato sono più cupi e sofferenti, il suo viso già sfuma nella tua
memoria scrive in Ne è da poco passata la morte. Con questo testo l’autrice fa
un passo ulteriore, immaginando il proprio annullamento con la morte,

del resto sarà all’incirca così là sotto


dove di lei saranno sfumate ormai
con la miopia
la vulnerabilità, e le unghie.

Non solo sparirà dalla mente dell’amato il ricordo di lei, ma anche lei
scomparirà dal mondo, e questo aspetto non le era pervenuto nel gioco di ricatti
della seconda sezione. Ci si trova quindi nella situazione inversa rispetto a
Caro nome mio, dove la conclusione era non sono mai nata, eppure il risultato
finale è lo stesso: l’annullamento di sé stessa, la sparizione ( come il Teresino
sparito che chiude la raccolta). Di nuovo l’autrice chiama in causa la morte,
questa volta in tono più scherzoso, quando nel poemetto teresino insite sul
desiderio di non essere cancellati dalla memoria di chi si ama una volta morti: i
morti vogliono essere ricordàti leggere/ il giornale mangiare i gelati.
La mancata rispondenza dell’amore cercato causa dolore e tanta sofferenza
unita alle mancate cure richieste con altrettanta insistenza porta infine alla
morte. Questo iter tragico viene presentato in L’amore mio è buonissimo,
quando nell’ultimo testo scrive:

L’amore mio è cattivo


infatti non legge mai le mie poesie
e allora si sono malate
ecco
e poi sono morte
sono morte tutte e quattrocento
e quello che adesso scrivo già non c’è più
a meno che ne vento.

L’ultimo riferimento a un orizzonte di morte è proprio la citazione di Le Petit


Pouchet con cui si chiude il libro. Il frammento proposto narra della fuga dei
fratelli dalla casa dell’Orco il quale, con l’intenzione di uccidere i bambini, ha

69
invece appena tagliato la gola alle proprie figlie, scambiandole nel buio per i
fratellini. La fiaba che finisce male, dopo tanti momenti che facevano sperare
in un lieto fine è il modo personalissimo e struggente che ha Vivian Lamarque
per parlare di sé116, come già evocando la propria morte si erano concluse le
sezioni L’amore mio è buonissimo, Il primo mio amore erano due e Il tuo posto
vuoto.

3. Narratore, personaggio e interlocutore

Narratore e personaggio - Vivian Lamarque, e Vivian - molto spesso


coincidono: dipende quindi dall’intenzione della voce narrante la possibilità o
meno di distinguere tra le due Vivian (anche qui si ripropone il gioco, o la
confusione, dello sdoppiamento).
Con l’eccezione della sezione Ho una bella bambina, dove la terza persona di
cui si parla è dichiaratamente la figlia, nella raccolta oltre alla prima persona
singolare, anche la terza persona femminile è quasi sempre Vivian, come
risulta evidente in Chiedi come campa Vivian, che utilizza il nome dell’autrice,
o meglio, esplicita il nome del personaggio Vivian, svelandone l’identità (e in
molti altri componimenti di Teresino).
Questo accade, in particolare, in Il tuo posto vuoto, sezione che raccoglie le
poesie della massima debilitazione per l’amore assente o concluso, come un
personaggio delle fiabe parla di sé in terza persona, nel tentativo forse di
distaccarsi e di elaborare le proprie angosce, o come se fossero gli altri a
bisbigliare di lei, di quanto sta male, poverina, per il nuovo lutto della
separazione dal marito, in cui cercava padre e madre.
Anche nelle sezioni precedenti e successive a Il tuo posto vuoto l’autrice ci
propone liriche in terza persona, sebbene non con una così alta frequenza. La
prima sezione si conclude con Conoscendo la madre e Sarebbe stata, entrambe
alla terza persona. Così anche in Il primo mio amore erano due troviamo Ecco
li presentano, 6 maggio 1967 viaggio di nozze e Così tante trame, tre

116
R.Bagneri, Santagosti e Vivian Lamarque, in “Uomini e libri”, n.85, 1981, p.40

70
componimenti nei quali Vivian si nasconde dietro la terza persona. In Poeti
torna a proporsi più spesso la terza persona singolare nei componimenti forse
più sofferenti, come in Sui vetri della finestra, dolorosa ouverture che richiama
il clima della sezione Il tuo posto vuoto, come anche Le sue ali infantili,
Ridimensionare, Declinazione, 19 aprile e In-fanzia (età del non parlare).
Curioso gioco viene proposto in Pesce che vola, nella cui fantasiosa
descrizione enciclopedica Vivian si identifica nell’animale.

E’ il Tu dell’amato di Il tuo posto vuoto, Ho disegnato, Posso?, Tu, Nel bosco


e di moltissime altre poesie della raccolta uno dei principali interlocutori delle
poesie dell’autrice: Comincio a conoscerti mascherina117; Per Natale ti faccio i
seguenti regali118; Poverino/ che ti hanno fatto ammalare119; Tienimi ancora
un po’ preziosa/ mangiami a Natale120; Senza occhiali intravedo che quasi
quasi mi vuoi bene121. In alcuni testi però Vivian interloquisce con un voi
imprecisato, quasi volesse coinvolgere il lettore. Fate piano si è addormentata
bisbiglia in chiusura della sezione Il tuo posto vuoto, subito dopo aver
perentoriamente accusato “gli altri” di estraneità nei suoi confronti in
Dell’intelligenza del cuore:

Dell’intelligenza del cuore


vi interessa poco
nulla.
Io vi sono marziana,

mentre già aveva chiesto Non lasciate che si isoli così, una supplica in Quasi
San Francesco. Tornano questi “altri” nell’ultimo componimento di Poeti,
quando bambina spaventata dal basso vi guarda che andate di là/ piange vi
vuole là accanto/ toccarvi mettervi in bocca/ incantata vi guarda dal
basso[…]122. L’autrice utilizza il pronome anche nella sezione Ho una bella
bambina, nella poesia che nel 2002 dedica al marito e alla figlia. La lirica Io

117
V.L., Mascherina, in Teresino, cit., p.62
118
V.L, Regali di Natale, ivi, p.59
119
V.L, Poverino, ivi, p.61
120
V.L, Tienimi, ivi, p.58
121
V.L, Senza occhiali intravedo, ivi, p.30
122
V.L, In-fanzia (età del non parlare), ivi, p.71

71
tra voi propone quindi un “voi” d’eccezione, il voi degli affetti vicini, della
famiglia unita, un voi che compone il noi.
Il pronome noi torna di rado nella raccolta, che narra appunto di una storia di
continui abbandoni e solitudine. In Sera il noi è preceduto da io e te entità
separate quindi, così come a conclusione del testo poetico, dove Vivian si
scopre a parlare con un tu assente, impossibile noi, come già aveva anticipato
in Sempre più mi sembri scrivendo per ben due volte e so che con me questo
non ha a che vedere, concetto ripetuto anche in Lingua straniera. Persino nei
componimenti che narrano del viaggio di nozze e dell’innamoramento l’autrice
sceglie di non usare il pronome noi. Siamo due poeti infreddoliti123 scrive nella
sezione Poeti e poco dopo in Io senti ero tua moglie aggiunge il pianoforte
nostro poi talmente lungo/ che suonavamo insieme a dieci mani, noi che oltre a
Vivian e il marito questa volta conta anche gli amici Tiziano, il marito di
Ornella e Irlando. E noi eccezionale appare anche il noi-voi di Io tra voi,
componimento sereno non a caso posto nel petit leur della sezione Ho una
bella bambina: tutti e tre da una parte/ […] siamo scivolati nel sonno racconta
felice Vivian.
Va infine citata la confusione di interlocutori dell’onirica Andavi in chiesa,
dove il tu si rivolge chiaramente al marito, mentre la sposa è al tempo stesso io,
Vivian, e altro, il lei che più volte torna in Il tuo posto vuoto:

Andavi in chiesa per sposarti un’altra volta.


Con la stessa persona di prima.
Io stavo in mezzo agli invitati
ma anch’io ero vestita da sposa.
Certi si confondevano e fotografavano me
ma tu chiarivi immediatamente l’equivoco.

Anche nel poemetto Teresino Vivian si rivolge a Teresino direttamente, con


apostrofi e discorso diretto dandogli del tu: quanti anni hai teresino […] vieni /
che ti porto a vedere; teresino che ti fa male forte la testa ; senti ascolta questa
fa/ vola che ti racconto; mi scrivevi una lettera firmata teresino. Nell’ultimo
componimento della raccolta torna però la terza persona per rivolgersi

123
V.L, Siamo due poeti, ivi, p.54

72
all’amato, teresino che gioca e gioca, io guardo teresino che gioca e gioca, o
ancora, teresino che era una stella, anticipazione della conclusione finale, ossia
della sparizione di teresino, al quale quindi non si può più parlare direttamente,
usando cioè il tu. Questa distinzione tra seconda e terza persona, svela la
distinzione tra Vivian personaggio, che vive al presente insieme a Teresino le
“avventure”del loro immaginoso gioco della vita, e invece Vivian voce
narrante, che racconta dopo aver vissuto la sparizione di Teresino, narratore
onnisciente, sa già come si concluderà quel sogno che avevo sognato.

4. Metro

La poesia di Vivian Lamarque è una poesia di cose più che di parole, e la sua
scrittura si caratterizza per una levità che meglio si presta al tocco rapido.
Brevissimi sono alcuni componimenti della raccolta Teresino: soli due versi
conta la poesia Immobile, mentre di tre versi si compongono Tienimi (posta

73
immediatamente prima della brevissima poesia di un solo distico), Le sue ali
infantili e Non parla; gli altri testi poetici sono composti da non più di dieci
versi ciascuno.
Particolare la struttura della seconda sezione, dove quasi come una litania si
susseguono ventotto strofe libere (o lasse) composte da pochi ma lunghi versi,
che volentieri superano la misura dell’endecasillabo. Si può parlare di poesia in
prosa per lasse come:

l’amore mio quando era bambino era timidissimo con le bambine


anch’io quando ero bambina ero timidissima con i bambini
forse però l’amore mio un giorno mi avrebbe chiesto come mi chiamo
e dopo avrebbe giocato con me un po’ a palla.

Qui il testo si compone di soli quattro versi, rispettivamente di 22 , 19, 21 e


ancora 19 versi. Di bene 25 sillabe si compone il primo verso del distico

Io un giorno ho messo sotto il tergicristallo dell’amore mio un bigliettino


lui ha pensato a una multa invece no ero io.

Nella sezione però si inseriscono anche testi più corposi e rispettosi della
tradizione metrica, come chissà se l’amore mio ci sarà. I suoi sette versi si
compongono di un numero minore di sillabe, l’autrice utilizza novenari,
settenari, decasillabi con il verso più lungo di quattordici sillabe.
Più contenuta è la sintesi metrica delle liriche nella prima sezione e in Il primo
mio amore erano due, anche se già in quest’ultima sezione vengano proposto
tre poesie di soli quattro versi e altri tre composte da cinque versi. I
componimenti più brevi, escludendo l’eccezionalità della seconda sezione,
sono raccolti in Il tuo posto vuoto e Ho una bella bambina, due sezioni che si
contrappongono per la tematica trattata, sofferente la prima, confortante e
amorevole la seconda. In entrambi i casi però l’autrice utilizza il metro breve
per proporci con un sintetico schizzo, la densità delle sensazioni positive e
negative provate. Riguardo alla brevità e alla sintesi dei versi della Lamarque
Raboni scrisse:

74
I suoi versi mi sembrano decisamente fuori dell’ordinario per la precisione (insieme
cauta e rabbiosa) dei sentimenti, e più ancora per una trasparenza, una levità
linguistica che è anche, nello stesso tempo, senso concreto, pesante, addirittura
doloroso della parola comune, inghiottita e barattata giorno dopo giorno, e capacità di
coglierne il ritmo implicito, lo spontaneo disporsi in sospensioni, clausole, figure…124

Poeti è la sezione metricamente, e non solo, più varia, nella quale testi di
lunghezze diversissime si susseguono creando un ritmo mosso e irregolare.
Media lunghezza hanno i primi componimenti , come Sai la Rita, di nove versi,
I mattini ghiro mio, di undici versi, o Lettera dal balcone, con i suoi quattordici
versi. Ma già Siamo due poeti si compone di quattro versi e Le sue ali infantili
propone soli tre versi che precedono il primo lungo testo poetico della raccolta:
Pesce che vola. Altrettanti brevissimi testi poetici (Tienimi e Immobile)
seguono la lunga lirica, composta di cinque strofe ( di cui due distici) e da
trentacinque versi (e introdotta dalla citazione di Alceo). La poesia risulta così
posta in una cornice di brevi poesie con le quali contrasta. Seguono altri testi
più corposi, considerando l’esiguità usuale dell’autrice. Si pensi a Rebus
difficile (?,?,?,?) o a Poesia illegittima e a Poesia malata, che superano
ampiamente i dieci versi di lunghezza. Torna la misura lunga in Previsioni del
Tempo con 59 versi divisi in dieci strofe, a cui va aggiunta l’epigrafe di tre
versi. Anche la poesia successiva Vento può essere considerata eccezione alla
brevitas della Lamarque, essendo la poesia composta di tre sezioni,
semplicemente contrassegnate dalla cifra romana, che se considerate insieme
formano un testo di 25 versi.
Vera eccezione è però l’ultimo testo poetico della raccolta, che da solo ne
costituisce l’ultima sezione. Come in una lunga filastrocca, 212 versi divisi in
86 strofe danno forma al poemetto Teresino. Continuità rispetto al metro delle
sezioni precedenti, è però garantita dalla brevità delle strofe, molto spesso
distici, e mai composte da più di otto versi (misura solo della terza strofa). Il
testo, come già in Vento, è divisibile in cinque sezioni, di lunghezza molto
varia, introdotte da una brevissima strofa in corsivo (di uno o due versi):
Camminavi avevi/ il tuo pallone sotto il braccio; Ma poi la guerra guardavi i/

124
G. Raboni, in F.Cordelli, Schedario, in Il pubblico della poesia, di A.Berardinelli,
F.Cordelli, Lerici, Cosenza, 1975, p.291

75
voli delle bombe; Teresino squisito; Teresino teresino sparito. Anche in questo
caso il testo poetico è introdotto da un’epigrafe, che però, essendo ripresa con
lievi modifiche alla fine del testo, assurge al ruolo di refrain, proprio come
nelle filastrocche dei giochi dei bambini.

5. Fonti e modelli

L’abbandono vissuto al momento dell’adozione segna l’infanzia dell’autrice, e


con essa la sua poesia, luogo di rifugio per superare il dolore e la confusione,
conseguenza alla scoperta di avere due mamme. Ma in Teresino il ricordo
dell’infanzia non torna solo come una tra le principali tematiche, bensì permea
anche stilisticamente la raccolta, con forti richiami alla dimensione infantile. Si
potrebbero trovare collegamenti con la poetica del fanciullino di Pascoli125,
analogia che si potrebbe riscontrare anche nell’autobiografia dei due scrittori:

le poche liriche della prima sezione “Conoscendo la madre” centrano subito il dramma
della diserzione materna: evento forse meno mitizzabile di un padre ucciso mentre
tornava al suo nido, ma sufficiente a instaurare un definitivo sistema di passioni fatto
di passività verso le manovre dei grandi.126

Tralasciando il confronto tra l’infanzia di Pascoli e quello della Lamarque, è


invece interessante notare le numerose consonanze tra la poetica dell’autrice e
quella del Fanciullino. Presente potenzialmente in ogni uomo, solo il poeta è
però in grado di farlo rivivere e parlare dentro di sé, sapendo scorgere il
significato profondo delle piccole cose normalmente invece trascurate dagli
adulti. E proprio di piccole cose scrive Vivian Lamarque, come ne La finestra
delle farfalle quando chiama la figlia per ammirare la domestica natura del loro
giardino:

vieni corri a vedere


ce ne sono tre ce ne sono quattro ce ne sono cinque!
ancora una guarda!

125
R.Caddeo, Contro mostri e draghi l’arma della scrittura, in “Concertino”, n.14-15,
novembre 1995, p.23
126
F.Zabagli, “Teresino” di Vivian Lamarque, in “Paragone”, n.382, dicembre 1981, p.80

76
e sotto c’è un’ape e c’è una mosca127.

Anche l’abilità analogica dell’autrice, sottolineata da Sereni, è per Pascoli una


qualità del poeta, che riesce infatti ad individuare accordi segreti tra le cose
stabilendo legami nuovi e inconsueti tra di esse:

[…] si erano innamorate reciprocamente.


Hai pronunciato le due parole come fosse niente
[…] e però la forza di quel verbo e di quell’avverbio
usati vicini
mi ha fatto pensa girare la testa
[…] mi gira la testa pensa
resto lì incapace
stordita come un bambino da una lingua straniera.128

Il fanciullino, e quindi il poeta, riesce a creare questi legami analogici e nuovi


sottraendosi alla logica ordinaria, grazie alla propria capacità di fantasticare.
Ma proprio a causa di questa sua fervida immaginazione Vivan soffre
ulteriormente quando le si chiede di ridimensionare:

Quest’operazione che la costringete sempre a fare


“ridimensionare”
non è come stringere un vestito
non è indolore
si taglia la pelle del cuore.129

A due prospettive poetiche molto distanti una dall’altra è riconducibile tale


fantasia che caratterizza l’autrice: il reale mondo dei bambini cantato da Gianni
Rodari, e il sogno, la dimensione onirica rappresentata da Andrea Zanzotto. Per
quanto riguarda le filastrocche per l’infanzia, spesso la poesia della Lamarque è
tacciata di infantilismo o eeessiva semplicità e chiarezza, le mie poesie le hai
accompagnate di corsa all’asilo130, con il suo metro irregolare che però spesso
richiama le cantilene dei bambini e la dimensione della fiaba o delle
filastrocche:

127
V.L., La finestra delle farfalle, in Teresino, cit., p.45
128
V.L., Di due persone, ivi, p.30
129
V.L., Ridimensionare, ivi, p.63
130
V.L., Affinità elettive, ivi, p.70

77
C’era un castello
e avevo un manto
e sotto il manto avevo bambini.
C’era un castello con intorno giardini
volava il manto
volava il cielo
volava il verde di tutti i giardini.
C’era al castello un re molto bello
che in piedi nell’erba rideva forte.
E il cielo volava
e il sole volava
volava anche il manto con sotto i bambini.

Così come lo stesso ritmo ripetitivo viene riproposto nrl lungo poemetto
conclusivo, Teresino:

teresino che ti fa male forte la testa chi


è stato che ti ha bastonato
dimmelo di che colore erano gli occhi
che ti hanno guardato chi è
stato che ti ha stregato?131

Proprio in questo poemetto si fanno, però, spazio alcuni giochi di parole che
ricordano le ricerche linguistiche di Zanzotto: perché si don do la va su un
piede; senti ascolta questa fa/ vola […] di c’era una volta in una città lon/ tana
lon tana un bambino.132 Inoltre in molte poesie viene proposta, senza alcuna
didascalia, la descrizione di una situazione che evidentemente non può essere
altro che un sogno, ricreando ambientazioni indeterminate e sdoppiate,
proposte per primo da Poe, Volevo sognare il postino/ con una lettera in mano/
invece ho sognato il postino/ senza una mano133, ma riprese con

note che richiamano la levità cantilenante e surreale del primo Palazzeschi


(“passavano le suore cattive vestite di/ nero le suore buone vestite di/ bianco”p.77).134

Ricorda infine la levità penniana la delicatezza della maggior parte della poesia
dell’autrice:

131
V.L., Teresino, ivi, p.73
132
Ibidem
133
V.L., Volevo sognare il postino, ivi, p.55
134
R.Caddeo, Contro mostri e draghi l’arma della scrittura, in “Concertino”, cit., p.23

78
E’ ora di dormire anima mia
perché non dormi? vengono i pensieri?
Fa’ così con una mano che vanno via/
a’ presto fa’ presto anima mia.135

Siamo due poeti infreddoliti


Raffreddati
restiamo così sotto le coperte fino a domani
leggermente malati136

così come in Ho una bella bambina, raccontando della figlia, Vivian Lamarque
la veste con le “piume leggere” di un memorabile fanciullo penninano.137

135
V.L., E’ ora di dormire anima mia, in Teresino, cit., p.31
136
V.L., Siamo due poeti, ivi, p.54
137
F.Zabagli, “Teresino” di Vivian Lamarque, in “Paragone”, cit., p.81

79
CAPITOLO III

TRILOGIA PER B.M.

80
1. Genesi e storia

Una trilogia sul transfert (amoroso) in analisi,138 così Giuliana Petrucci


definisce le tre raccolte che Vivian Lamarque pubblicò tra gli anni ’80 e ’90,
dopo Teresino.
I testi prendono spunto dall’esperienza di analisi junghiana iniziata dall’autrice
nel 1984 e terminata dopo circa vent’anni. Racconta in un suo articolo:

Ho solo un rimpianto: di avere cominciato l'analisi tardi, a 38 anni. Era il 1984 e già
da decenni vivere mi era diventato difficile. Alcuni «colleghi poeti» mi suggerivano la
terapia di Lacan, altri la psicologia analitica di Jung, nel dubbio le affrontai tutte e due
contemporaneamente. Ma bastò il primo colloquio: i generosi 75 minuti concessi dallo
psicanalista junghiano contro gli scarsi 20 minuti del lacaniano. Ebbe così inizio il
viaggio più lungo della mia vita. E iniziò anche un nuovo libro. […] L' analisi non mi
ha allontanata dalla scrittura né dalla vita. Anzi, ha permesso la stipulazione di un
patto d' alleanza tra le due.139

Proprio all’analista della Lamarque, il dottor B.M., sono dedicate tutte le


poesie qui pubblicate. Tra l’84 e l’86, agli inizi della terapia analitica
junghiana, scrivevo ogni giorno al mio Dottore lunghissime lettere, racconta
nella Premessa alla raccolta edita nel 1992, a proposito dei testi poi raccolti
nella trilogia. Vivian Lamarque pone in primo piano il proprio rapporto con
l’analista, tentando di dare una forma poetica all’esperienza di traslazione
vissuta in terapia, ossia la relazione di transfert.

La prima raccolta della trilogia , Il signore d’oro, uscì nel 1986 per le edizioni
Crocetti. Sul frontespizio, sotto il titolo, è riportato il periodo di composizione
delle poesie pubblicate: 1984-1986.
Dell’anno 1989 è invece Poesie dando del Lei, edita da Garzanti. Come già per
la raccolta Teresino, l’autrice in calce al testo aggiunge una Nota, nella quale
informa il lettore riguardo all’ordine cronologico con il quale i testi furono
composti:
138
G.Petrucci, Il sonno di Alice: l’enunciazione del transfert nella poesia di Vivian Lamarque,
in “Italianistica”, n.1, gennaio aprile 1998, p.89
139
V. Lamarque, Grazie alla terapia, nei miei versi ho ritrovato la gioia di vivere, in “Corriere
della Sera”, 03 settembre 2005

81
il numero che accompagna le poesie indica […] l’ordine cronologico di composizione.
La struttura del libro ha determinato una successione diversa e l’esclusione della
maggior parte dei testi. Il percorso svolto, tra i tanti possibili, lascia inedite più di
mille poesie.

L’ultimo testo della trilogia ad essere pubblicato fu Il signore degli spaventati,


che uscì, per le edizioni Pegaso, nel 1992, vincendo il Premio Montale nello
stesso anno. Come già per Poesie dando del Lei, l’autrice in quest’ultima
raccolta dà un’indicazione temporale riguardo al periodo di stesura dei
componimenti pubblicati. Questa volta le informazioni sono poste in apertura
al libro, nella Premessa, dove l’autrice dichiara di avere scritto duecento
“signori” : ottanta sono ne “Il signore d’oro” […], ottanta li ho scartati,
quaranta eccoli qui ne “Il signore degli spaventati” .

L’edizione Mondadori Poesie 1972-2002 ripropone le tre raccolte in ordine


variato rispetto alla loro cronologia di pubblicazione. Nel 2002 infatti la
trilogia mantiene Il signore d’oro come prima opera del gruppo, mentre
inverte l’ordine delle altre due raccolte, ponendo prima Il signore degli
spaventati e concludendo la triade con Poesie dando del Lei. La scelta era già
stata anticipata dalla premessa all’edizione Pegaso 1992, dove si dichiarava che
i testi della prima e dell’ultima opera appartenevano allo stesso periodo
temporale. Modificando l’ordine nella raccolta del 2002 l’autrice ha infatti
voluto ristabilire la cronologia di composizione dei testi. Le due raccolte dei
Signori appartengono infatti al primo periodo dell’analisi, che va dal 1984 al
1986, mentre Poesie dando del Lei raccontano una fase successiva del percorso
analitico.

82
1.1 Le edizioni

La nuova edizione delle tre raccolte per la casa editrice Mondadori apporta
alcune modifiche ai testi, anche se gli interventi non sono stati tanti quanto per
Teresino, opera che apre la raccolta Poesie 1972-2002.
La scelta di invertire l’ordine sequenziale della trilogia, preferendo rispettare
l’ordine cronologico a quello di pubblicazione delle raccolte poetiche risulta
essere la modifica più evidente dell’edizione 2002, ma alcune piccole
correzioni vengono apportata anche ai testi di Il signore d’ore e di Poesie
dando del Lei. Ne Il signore degli spaventati, invece, unica modifica rispetto
all’edizione del 1992 è la soppressione dell’aggettivo nera che concludeva in
modo più cupo l’ultimo verso di La signora del bosco, diventando quindi
nell’edizione 2002: […] la notte stava per calarle addosso come una
montagna.

Per quanto riguarda la raccolta Poesie dando del Lei, la differenza è


sostanzialmente grafica: nel 2002 l’inizio delle sezioni viene inidicato con un
numero romano, e utilizzato il corsivo nel componimento introduttivo (come
già nell’edizione 1989). Per quanto riguarda i testi poetici della raccolta, le
modifiche consistono in alcune sostituzioni di vocaboli, ritenuti più adeguati al
contesto e al concetto da esprimere. Nella prima sezione, il componimento
Lontanissime vacanze al v.4 recitava vedevano i bellissimi mari nell’edizione
1989, mentre nel 2002 il verbo vedere è sostituito con guardavano, vocabolo
caratteristico della poetica dell’autrice. Un’altra piccola correzione è apportata
all’ultimo testo della raccolta, Le sue carezze. Questa volta però la scelta risulta
più significativa, in quanto pur esprimendo lo stesso concetto, nel 1989 il v.2
aggiungeva la negazione davanti ad un concetto espresso in positivo, non me le
concederà, mentre invece nella versione del 2002 si preferire inserire la
negazione direttamente nel verbo, così che il sintagma risulti più incisivo e
impossibilitante: me le negherà.

83
Infine la prima delle tre raccolte, Il signore d’oro, dove le differenze tra la
versione del 1986 e quella del 2002 sono in maggior numero, fatto
probabilmente dovuto anche alla pubblicazione molto vicina alla data di
composizione dei testi (1984-1986). Intervento più rilevante nell’edizione 2002
è la soppressione del testo La signora allagata presente invece nell’edizione
del 1989. Il signore degli orientamenti nell’edizione 1986 recitava: Gli
orientamenti futuri avrebbero dovuto propendere in direzione di maggiori
coccole?/ Oh naturalmente./ Maggiori coccole di maggiori baci?/ Oh sì.
Sempre maggiori sempre maggiori finché la quantità a suo tempo dovuta fosse
alfine raggiunta. Nell’edizione Mondadori il testo viene ridotto, con la
soppressione dei vv.2-3, mentre al vocabolo coccole si preferisce il meno
colloquiale affettuosità. Altre differenze intercorrono tra i componimenti delle
due edizioni, ma costituite solo da alcune sostituzioni di parole. Il signore delle
finestre nell’edizione Crocetti al verso conclusivo recita: I fiocchi stavano per
scendere dal cielo tantissimo. Per la pubblicazione del 2002 l’autrice preferire
sostituire l’aggettivo superlativo con il più enfatico a mille a mille. Sempre un
aggettivo superlativo coinvolge l’intervento di modifica che sostituisce
fievolissima a fiochissima. L’aggettivo ricorre nel testo per due volte, ed in
entrambi i casi è stato sostituito: a conclusione del v.1 a fievolissima voce
gridava e nel titolo del componimento, che così risulta diverso nelle due
edizioni. Minimi accorgimenti paiono le altre modifiche per l’edizione Poesie
1972-2002: l’aggiunta dell’accento alla parola marronblu di Il signore delle
barchette, l’aggiunta dell’avverbio di luogo lì nel componimento Il signore
infondo al mare al v.1 (diversissimi pesci lì passavano) ed infine lo
scioglimento della sigla P.S. dell’edizione 1986, che viene scritta per esteso.

84
2. La struttura

Dopo la pubblicazione di Teresino l’autrice continua a raccontare di sé nella


propria poesia. Cambiano però i modi. Più esplicita e articolata la vicenda
personale narrata nel 1981, nelle tre opere successive Vivian Lamarque si
focalizza su di un'unica esperienza, l’esperienza analitica. La dimensione
privata del setting analitico si precisa ed esplicita di raccolta in raccolta. Pochi i
riferimenti al contesto terapeutico ne Il signore d’oro, dove oltre alla dedica al
Dottor B.M., quindi molto generica, solo nell’ultimo componimento lascia
traccia di uno strano primo incontro tra la Signora e il Signore che a posteriori
è facile identificare come appuntamento dall’analista:

Erano un signore e una signora che si erano conosciuti lo stesso giorno.


Che ore erano?
Le dieci e trenta.
E dove erano?
Erano sotto il livello stradale di 4 o 5 gradini.
E come avvenne?
La signora suonò alla porta e il signore aprì.[…].

Anche Poesie dando del Lei è dedicata al Dottor B.M. la cui specializzazione
medica però resta ancora nel vago. Certo aumentano i riferimenti alla realtà
dello studio dell’analista, e in La sua porta sprangata compare anche il nome
di Jung, indirizzo psicoterapico dell’analista B.M. E’ con la pubblicazione del
1992 che la Lamarque dichiara apertamente che lo spunto per Il signore degli
spaventati, come anche per le due raccolte precedenti, è stato il suo percorso
analitico. A questo riguardo Giovanni Giudici scrive in prefazione alla
raccolta:

Nel chiedermi di premettere un paio di pagine al suo nuovo libro, Vivian Lamarque
tiene a precisarmi (così come, nella breve nota introduttiva fa sapere, direttamente,
anche al Lettore) che l’occasione di queste “poesie” è da riportarsi a un’esperienza di
terapia analitica junghiana. Esse sono, infatti, parte di una sezione inedita dei
“materiali” da lei elaborati e trascelti per dar corpo a un altro suo libro del 1986: Il
signore d’oro.140

140
G.Giudici, Un minuscolo puntino laggiù, in Il signore degli spaventati, Pegaso, Forte dei
Marmi 1992, p.11

85
Dalle parole di Giudici (e dalla Premessa dell’autrice) apprendiamo quindi che
i testi dell’edizione 1992 e 1986 appartengono allo stesso periodo. Il signor
d’oro e Il signore degli spaventati, oltre al periodo cronologico, sono
associabili per l’organizzazione dei testi al loro interno e per l’elaborazione del
materiale “poetico”, per non parlare dei titoli modello uno dell’altro dove a
cambiare è solo l’attributo riferito al signore, d’oro nella prima raccolta, degli
spaventati nell’ultima. Pur trattando la stessa tematica, Poesie dando del Lei si
distanzia invece dagli altri due testi, per stile, struttura oltre che per il titolo.
In tutte le raccolte viene così posto in primo piano il rapporto col proprio
analista, e di conseguenza assumono importanza anche le esperienze vissute da
Vivian nel presente dell’analisi e nell’attualità della propria storia personale,
filtrate dagli occhi della paziente del Dottor B.M.

2.1 Il signore d’oro

La raccolta del 1986, Il signore d’oro, raccoglie ottanta poesie e si divide in


tre parti disomogenee tra loro per quantità di componimenti contenuti. Il filo
conduttore che struttura invisibilmente tutta la raccolta è una persona di cui
Vivian Lamarque tace il nome ma scrive le iniziali (con dedica) nella prima
parte del volume: al Dottor B.M.
La prima parte de Il signore d’oro, nonché la più lunga, è dedicata al signore,
già nominato nel il titolo della raccolta, la seconda, più breve, parla della
signora per infine concludere con un’ultima brevissima parte riguardante
entrambi, il signore e la signora. L’opera risulta quindi suddivisa a seconda di
quale tra i due personaggi del signore e della signora è il protagonista dei
componimenti della sezione. Sebbene la maggior parte dei testi sia dedicata al
signore, anche se la signora, essendo sempre presente, è in realtà una co-

86
protagonista: è lei infatti ad essere innamorata del signore d’oro, a idealizzarlo,
a sognarlo, ad aspettarlo.
Il signore d’oro è anche il titolo di un componimento della raccolta:

Era un signore d’oro. Un signore d’oro fino, zecchino.


Per il suo carattere duttile e malleabile, per il suo caldo dorato colore, per il luccichio
dei suoi occhi, era un signore molto ricercato […].

87
Questo il personaggio maschile protagonista della raccolta alter ego
immaginato dell’analista Dottor B.M. Ma il signore d’oro è il Lontano, come
recita la raccolta in apertura col testo programmaticamente intitolato Il signore
mai: Era un signore bello e meraviglioso. Vicino a lui non si poteva stare
sempre sempre, bensì mai. Co-protagonista è una signora che voleva tanto
bene a un signore141 e che in tutta la raccolta fa di tutto per poter far si che il
suo amore per il signore venga ricambiato, senza però riuscirci.

Composta da cinquantotto componimenti, la prima parte vede come


protagonista il signore. Ogni testo ripropone insistentemente il nome signore,
seguito da attributi caratterizzanti che lo raccontano nei modi più svariati e
contraddittori. Il signore mai del primo testo già nel terzo diventa Il signore
qui, per poi ritornare Il signore intoccabile, Il signore lontano, Il signore
andato via. La sezione non sembra seguire un vero e proprio ordine, quanto
piuttosto una serie di fantastiche evoluzioni e peripezie dell’immaginazione
dell’autrice che gioca ogni volta a porre il signore ovunque: sulla luna, in un
nido, su un treno, in una stanzetta o in una scatolina, in un cinema, in uno
studio pieno di verdi prati e ruscelli, tra le stelle e così via. L’autrice spiega la
natura dei propri componimenti proprio in un testo della raccolta, Il signore
sognato, dove chiarisce:

Splendidissima era la vita accanto a lui sognata.


Nel sogno tra tutte prediletta la chiamava.
E nella realtà?
La realtà non c’era, era abdicata.
Splendidissima regnava la vita immaginata.

Continua nella stessa direzione fantastica la seconda parte della raccolta.


Nessun titolo di sezione o spazio bianco indica l’inizio di una nuova parte, ma i
componimenti cambiano protagonista. Sono venti i componimenti ce hanno
come protagonista la signora, e che ci mostrano l’innamorata che nella prima
sezione guardava il signore amato, ovvero Vivian. La situazione non cambia, a

141
V.L., La signora della neve, in Il signore d’oro, Crocetti, Milano 1986, p.67

88
nulla servono le mille peripezie della signora per conquistare l’amore del
signore perché nonostante lei volesse tanto dargli dei baci, non dico troppi,
anche solo 7-8 (mila)/ invece non si poteva perciò non glieli dava anche se non
può non chiedere infastidita a cosa servono i baci se non si danno? Anche in
questo caso i titoli ai testi riportano appellativi diversissimi e immaginosi per
descrivere la signora: la signora mulinello, la signora passerotto, la signora
dei fiori, la signora fievolissima, la signora della neve, la signora della
valigetta e altre signore ancora.

Finalmente nella terza e ultima parte i due personaggi si ritrovano protagonisti


dello stesso testo, unico della sezione. Ma l’unione da Vivian tanto desiderata
si realizza solo nel titolo del componimento, Il signore e la signora, descrizione
di uno strano primo incontro, un appuntamento in un luogo sotto il livello
stradale di 4 o 5 gradini./ La signora suonò alla porta e il signore aprì./ E
dopo? chiede incuriosito l’interlocutore alla voce narrante. Ma la storia rimane
in sospeso, o forse riprende da capo, in modo circolare e indeterminato, come
appare la storia del signore e della signora narrata in quest’opera.

2.1.1 Post Scriptum

Segue l’ultimo componimento e conclude la raccolta un Post Scriptum, dove né


il signore né la signora sono più protagonisti. La poesia, intitolata Il bambino
delle cantine, ripropone un testo che sembra una reminescenza del mondo dei
bambini narrati in Teresino. Come in tutta la raccolta de Il signor d’oro, anche
quest’ultimo testo ripropone la tematica amorosa, ma in modo diverso, quasi
parodia della raccolta stessa. A differenza del signore intoccabile a cui è
proibito dare baci, questo bambino dava baci a tutte le bambine. Ma il
bambino avendo bevuto tanto vino, era un bambino ubriachino. La
conseguenza dell’essere ubriaco non è il barcollare, bensì proprio l’affettuosità
verso le altre bambine. Forse anche il Dottor B.M. se bevesse troppo vino
darebbe qualche bacio all’innamorata paziente? Certo è che questa ipotesi non

89
può eliminare il non innamoramento del dottore. La breve poesie
concludendosi con nelle cantine, propone un luogo che ricorda lo studio del
Dottor B.M., che proprio nel componimento conclusivo è detto essere sotto il
livello stradale di 4 o 5 gradini, come la cantine.

2.2 Poesie dando del Lei

Settantacinque brevi testi compongono la raccolta Poesie dando del Lei. La


scena, dove appunto il paziente e il dottore si danno del lei, è esplicitamente
una scena medica, se non ancora dichiaratamente analitica.
La raccolta è divisa dall’autrice in due sezioni che prendono il titolo dal
componimento proposto in apertura di ogni parte: Il mio Dottore è sparito e Il
mio Dottore è gentile.
Il libretto racconta la storia di una relazione impossibile di una donna
innamorata con un uomo che non ricambia il suo sentimento amoroso. La
tematica è quindi la stessa de Il signore d’oro, così come anche i personaggi
dei brevi testi continuano ad essere Vivian e il suo analista, a cui rivolgendosi
dà appunto del Lei. Ma in Poesie dando del Lei non si parla più in modo vago
di un signore e di una signora, come invece nella raccolta del 1986. Ora
ognuno viene nominato col suo nome: Vivian e Dottore. In più di un’occasione
nella raccolta ritorna il nome dell’autrice, oltre che alle frequenti allocuzioni al
Dottore. Lei con sapienza mi ha curata/ sono la Sua Vivian/ quasi risanata142
scrive l’autrice al suo caro Dottore con la lettera maiuscola, nome proprio
dell’analista nel gioco interlocutorio dei componimenti.
La storia appare più strutturata rispetto alla raccolta precedente, infatti i testi
non sono divisi a seconda del personaggio che agisce nel testo, ma seguono
l’evolversi della rielaborazione dell’innamoramento che Vivian vive in
conseguenza del transfert.

142
V.L, Per il suo compleanno, in Poesie dando del Lei, Garzanti, Milano 1989, p.35

90
Il mio Dottore è sparito/ tra Ponente e Levante/ io mi affaccio e lo cerco e lo
chiamo/ come un amante. Così si apre la prima sezione, mettendo da subito in
chiaro il tema della raccolta. Il Dottore è come un amante per Vivian, ma solo
nei suoi desideri, infatti non risponde alle sue parole di innamorata, e anzi, è da
subito definito assente, sparito. Nei cinquantasei componimenti di questa
prima parte si narra quindi dei tentativi, delle suppliche, degli espedienti che
Vivian cerca per far innamorare di sé il suo analista. La consapevolezza
dell’impossibilità della relazione non riesce a disilludere la paziente.
La seconda sezione della raccolta, molto più breve della precedente, si
compone di diciannove testi. Cambia l’atteggiamento dell’innamorata
protagonista, che ormai sembra intenzionata a farsi una ragione della situazione
impossibilitante in cui l’innamoramento ha avuto luogo: il setting analitico.
Questa impossibilità però non ristabilisce l’equilibrio sentimentale della
paziente, la quale ai continui slanci vitali della prima sezione fa seguire la
reazione esattamente antitetica: il tema della morte si insinua nella narrazione.
Il mio Dottore è gentile,/ ma io vorrei morire scrive la Lamarque nel breve
testo che introduce la seconda parte. La sezione però non risulta drammatica,
infatti continua la consapevole ironia che caratterizza tutta la raccolta.
Comunque i testi si velano di una sottile malinconia, creata appunto da
quell’impossibilità di realizzazione di un sentimento apparentemente così
sentito, se non fosse per la consapevolezza di stare vivendo il transfert d’amore
per il proprio psicanalista.
Tutti i testi dell’opera sono proposti senza titolo, ma conclude la raccolta un
testo che fa eccezione: Le sue carezze. Questo testo porta alle estreme
conseguenze la storia dell’impossibile amore tra Vivan e il Dottor B.M: Se il
tempo terrestre/ me lo negherà/ chiederò il favore alle mani/ dell’Eternità. La
paziente conclude così cercando di trovare un escamotage per riuscire a
superare l’impossibilità ultima, ossia la morte e ironizzando sembra quindi aver
trovato un modo, così che la raccolta può concludersi senza più tensioni.

91
2.2.1 Goethe

Apre Poesie dando del Lei una citazione del Faust di Goethe: Margherita…
Dov’è? L’ho udito chiamare! Che prelude all’ironia dei componimenti della
raccolta, che si apre proprio con la ricerca del Dottore: Il mio Dottore è
sparito143. Così con un generico paragone tra il rapporto di Faust e Margherita
l’autrice riesce a sintetizzare molti degli aspetti che caratterizzano la relazione
tra il Dottore e la paziente.
Il frammento riportato dalla Lamarque è tratto dall’Ester Teil, la prima parte
del Faust.144
Durante il periodo del patto con Mefistofele, Faust si avvale dell’aiuto di
questo per sedurre una ragazza bella e innocente, Margherita, la cui vita verrà
distrutta proprio dall’amore per Faust. Il dramma di Margherita inizia con la

143
V.L, Il mio Dottore è sparito, ivi, p.9
144
Il Faust fu scritto da Gothe in tre momenti successivi.
l'Urfaust, scritto tra il 1773 e il 1775, influenzato dalle rappresentazioni del Faust di
Christopher Marlowe, appartiene culturalmente alla corrente letteraria tedesca dello Sturm und
Drang e venne pubblicato, con alcune aggiunte, nel 1790 con il titolo di Faust. Ein Fragment.
Nel 1808 , nella corrente letteraria del classicismo, Goethe pubblicò l’Erster Teil, o Faust.
Prima parte. Nel prologo in cielo Mefistofele (un diavolo) vuole scommettere con Dio che
riuscirà a portare alla perdizione l'integerrimo medico-teologo Faust; Dio non accetta la
scommessa (essendo Dio, non si abbassa a scendere a patti né a scommettere con alcuno) ma
gli dà il permesso di tormentare Faust, così che il dottore non sia mai indotto a riposarsi o
arrendersi. Dio sa che Faust è un uomo buono ed è fiducioso che si salverà comunque. Così
Mefistofele appare a Faust promettendogli di fargli vivere un attimo di piacere tale da fargli
desiderare che quell'attimo non trascorra mai. In cambio avrebbe avuto la sua anima. Faust è
sicuro di sé: tale è la sua brama di piacere, azione e conoscenza, che è convinto che nulla mai
al mondo lo sazierà tanto da fargli desiderare di fermare quell'attimo. Mefistofele gli fa
conoscere la giovane Margarete (Margherita) - detta Gretelchen (Margheritina) e Gretchen
(Greta) - la quale si innamora perdutamente di Faust, inconsapevole del fatto che lo slancio (in
tedesco Streben) che ispira Faust è nient'altro che il dominio della materia e la ricerca del
piacere. La sorte di Margherita sarà tragica.
Del 1832 è infine il Faust. Zweiter Teil, o Faust. Seconda parte, nel quale si celebra l'unione
tra letteratura classicistica e mondo classico. Faust seduce e viene sedotto da Elena di Troia.
Hanno un figlio, Euforione (nel mito, figlio di Elena e Achille), destinato, però, a morire
giovinetto. In seguito, preso da nostalgia e rimpianti (ripensa a Margherita, Elena ed
Euforione) Faust si stabilisce in un appezzamento costiero, applicandosi costantemente per
bonificare la zona. È molto vecchio ormai, e l'Angoscia (un diavolo che personifica la
depressione) lo tenta continuamente, e per farlo cadere nello sconforto lo priva della vista. Ma
Faust non si abbatte neanche nella cecità. Immaginando un futuro roseo dove un popolo
laborioso e libero avrebbe realizzato grandi opere per la propria felicità, Faust afferma che, se
fosse vissuto tanto da vederlo, avrebbe desiderato che quell'attimo si fermasse. Mefistofele non
capisce, e crede che Faust stia davvero chiedendo a quell'attimo di fermarsi. Perciò, fa morire
Faust, convinto di aver vinto la scommessa. Mefistofele reclama la sua anima, che però sale al
cielo per il suo costante impegno a favore del bene e della società. Nel finale, un angelo spiega
il motivo per il quale Faust è stato salvato: la sua continua aspirazione all'infinito.

92
decisione della ragazza di darsi a Faust. Il mondo di Margherita è semplice e
idilliaco, stridente e incompatibile col mondo di Faust, il quale creerà la
distruzione di quella piccola società protettiva. Per permettere l’incontro
amoroso Faust le dà delle gocce da mettere nella bevanda della madre affinché
dorma, ma il narcotico troppo potente uccide la madre della ragazza. Anche
Valentino muore, il fratello maggiore di Margherita, ucciso da Faust perché
non svergogni pubblicamente la sorella. A causa dell’omicidio Faust è
costretto a fuggire dalla città e Margherita si ritrova sola, proprio a causa di
quell’amore che le aveva fatto superare tutte le barriere: la differenza sociale,
religiosa, il ritegno morale per una notte d'amore senza matrimonio.
La citazione che la Lamarque riporta in Poesie dando del Lei riguarda il
momento in cui Faust scopre che Margherita è in prigione e vuole farla fuggire.
Ormai il protagonista non è più innamorato della ragazza, da qui l’analogia con
la situazione tra l’autrice e il suo analista. E proprio come il Dottor B.M. Faust
salva la ragazza dal carcere, ma non per amore, bensì per il suo dovere di
uomo, oltre che per pietà. Come Margherita anche Vivian capisce che il suo
amore non è realizzabile e che l’amato non ricambia l’amore.
Ma il finale tragico di Margherita è ripreso con ironia dalla Lamarque. In
Margherita comincia ad affiorare il senso dell'errore commesso, perciò non
vorrà seguirlo e dichiarerà la sua volontà di espiazione, che le permetterà di
salvarsi dall’inferno. Ma quando vede Mefistofele alle spalle di Faust sente
che lui, l’uomo amato, è perduto, e l’invocazione finale "Heinrich, Heinrich!",
ossia il nome dell’amato Faust, è la promessa di un amore dopo la morte.
Con altri toni rispetto alla tragedia di Goethe, la Lamarque ripercorre le tappe
vissute da Margherita, dalla prima sezione dove l’amore potrebbe realizzarsi,
alla seconda, dove la mancanza dell’amato è anche vicinanza della morte per
infine concludersi con un personalissimo “Heinrich!Heinrich!”, Le sue carezze,
chiedendo così di potersi amare nell’Eternità.

93
2.3 Il signore degli spaventati

Edito nel 1992 dalla casa editrice Pegaso il sottile libretto si compone di
quarantuno brevi testi; l’opera raccoglie brani composti tra il 1984 e il 1986 e
rimasti inediti dopo la pubblicazione della raccolta del 1986. Il signore degli
spaventati forma così con Il signore d’oro un dittico coerente e conseguente,
nei cui testi si susseguono le peripezie della signora per conquistare
l’inconquistabile signore, e insieme con Poesie dando del Lei una trilogia
sull’esperienza di analisi e di transfert.
Come ne Il signore d’oro, anche nel 1992 la Lamarque mantiene la divisione
dei testi a seconda del protagonista, in modo tale da dividere la raccolta in due
parti, la prima dedicata al signore e la seconda alla signora. Rispetto alla prima
raccolta però, nei testi pubblicati nel 1992 il desiderio della signora di stare
accanto al signore è meno favoloso e più complesso e articolato, incupito dal
clima generale della raccolta degli spaventati.

Apre la raccolta la poesia I bambini persi, che riporta il lettore nel fitto del
bosco dove le stelle erano gli occhi dei lupi e la luna le fauci dei lupi, in boschi
bui e spaventosi come quello in cui i genitori avevano abbandonato Pollicino
della raccolta Teresino. I bambini persi erano spaventati? chiede
l’interlocutore alla voce narrante, riprendendo l’attributo spaventati che già
caratterizza il signore del titolo della raccolta, e a questa domanda il narratore
risponde affermativamente. Così fin dall’inizio della raccolta si ha la conferma
che Il signore degli spaventati sia quel signore che risponde alle richieste di
aiuto dei bambini, o dei pazienti, che persi chiamavano/ per essere trovati e
spaventati chiamavano tanto./ Svegliavano gli animali addormentati nel bosco.

Lo spunto alla composizione dei testi è ormai palese, rivelato dall’autrice nella
Premessa e dalla Prefazione di Giovanni Giudici. Così ancora più esplicito
appare il componimento Il signore di fronte che apre la prima sezione:

94
Era un signore seduto di fronte a una signora seduta di fronte a lui.
Alla loro destra-sinistra c’era una finestra, alla loro sinistra-destra c’era una porta.
Non c’erano specchi, eppure in quella stanza, profondamente, ci si specchiava.

Questo il primo dei ventuno testi che compongono la prima parte, in cui il
signore si ripropone per ventun volte in vesti diverse, anticipate dai sintetici
titoli: Il signore degli spaventati, il signore degli dei, il signore delle trappole,
il signore che faceva male, titoli molto più spaventati rispetto agli allegri e
luccicanti testi di Il signore d’oro, anche se in alcuni componimenti ritorna uno
scenario meno cupo, come in Il signore puntino, Il signore della lavanda, Il
signore del cuore. Ma è proprio la profondità del rispecchiamento raccontato
nel primo componimento a permettere che i sentimenti spaventati e inquieti di
Vivian trovino nello studio analitico il luogo riparato da cui affrontare il
difficile mondo. Di nuovo i testi si succedono senza un vero e proprio ordine
logico, ma piuttosto analogico. Così Il signore degli spaventati, che aveva una
stanza grande e una stanza piccola, introduce il testo successivo, Il signore
degli dei, dove l’autrice scrive più dettagliatamente di quella stanza piccola
introdotta nel testo precedente; su dati uditivi si fondano Il signore della
caravoce e Il signore delle aquile, dove alla bellezza della voce del signore del
primo testo si contrappone, nel secondo, il fragore spaventoso dei tuoni; Il
signore della lavanda racconta di due figlie del signore, e nel componimento
successivo la Lamarque scrive come avrebbe voluto essere nipote cugina
sorella figlia di quel signore145.
La sezione dedicata al signore si conclude con l’inserimento di un altro
personaggio, nuova proiezione di Vivian, una vecchina che aveva cento anni
ma non li dimostrava. Anche lei, come la signora, è innamorata del signore, ma
con più pudore nasconde il sentimento, data la sua età: la vecchina voleva
segretamente bene al signore della febbre ma, poiché aveva cento anni,
pudicamente non lo rivelava.146

145
V.L., Il signore non parente, in Il signore degli spaventati, Pegaso, Fonte dei marmi 1992,
p.25
146
V.L., Il signore della febbre, ivi, p.35

95
La sezione della signora, coi suoi diciassette testi, si apre con un’immagine già
di Teresino, il bosco. Sembrava un bosco facile ripete l’autrice, ma quella
signora non riusciva a uscirne più./ Il cuore le batteva a mille a mille, il
sentiero era finito su se stesso, la notte stava per calarle addosso come una
montagna nera.147 Per tutta la sezione a titoli come La signora del parasole, La
signora felice, La signora della primavera, La signora libera, si alternano titoli
più cupi e spaventosi, come già nella sezione precedente accadeva al signore.
Con La signora e l’inverno torna anche in questa sezione il personaggio della
vecchina che aveva già fatto il suo ingresso nella raccolta nella parte sui
signori.

Come nella raccolta del 1986, anche Il signore degli spaventati si conclude con
un testo in cui i due protagonisti si incontrano, Il signore e la signora stelle, ma
piccola variatio rispetto al modello de il signore d’oro, nel 1992 l’autrice pone
il componimento Il signore e la signora anche al termine della prima parte
della raccolta, che anticipa il componimento finale, concludendosi parlando di
stelle.

2.3.1 Dichiarazione setting analitico: Premessa e Prefazione

Decisa a trasformare la sua esperienza di dolore in metafora poetica, la Lamarque ha


insistito a raccontare in versi l’innamoramento per il suo terapeuta pubblicando di
recente da Pegaso Il signore degli spaventati, raccolta di poesie che completa una
trilogia psicoanalitica, dopo Il signore d’oro (Crocetti) e Poesie dando del Lei
(Garzanti)148,

si legge su La Repubblica in una recensione all’ultima pubblicazione della


trilogia.

Nonostante alcuni accenni all’esperienza di analisi junghiana vissuta


dall’autrice compaiano già ne Il signore d’oro e in Poesie dando del Lei, solo

147
V.L., La signora nel bosco, ivi, p.37
148
L.Sica, Mio caro dottore abusi pure di me, in “La Repubblica”, 30 gennaio 1993

96
con la pubblicazione de Il signore degli spaventati Vivian Lamarque dichiara
apertamente la reale fonte di ispirazione dei componimenti raccolti nei tre testi.
L’informazione al lettore è chiara e ribadita sia nella premessa che nella
prefazione.

Apre la raccolta la Premessa firmata con le iniziali dell’autrice. Parla


dell’analisi junghiana, indirizzo psicoterapico già accennato in Poesie dando
del Lei, cominciata tra il 1984 e il 1986, data che già aveva accompagnato il
titolo de Il signore d’oro come riferimento cronologico per la composizione dei
testi allora pubblicati. Nella breve introduzione la Lamarque parla anche del
suo dottore, il Dottor B.M. a cui la trilogia è dedicata, spiegando:

scrivevo ogni giorno al mio Dottore lunghissime lettere. Invitata a diminuirne il


numero, un po’ ubbidendo un po’ disubbidendo, scrissi duecento “signori” (con
qualche “signora” qua e là).

Inoltre dichiara anche la comune origine dei testi della prima e dell’ultima
raccolta pubblicate sul tema psicoanalitico: ottanta sono ne “Il signore d’oro”
(Crocetti 1986), ottanta li ho scartati, quaranta eccoli qui ne “Il signore degli
spaventati”.
Conclude il breve testo un ulteriore chiarimento, il senso della parola
spaventati posta accanto al signore, che tutt’altre caratteristiche pareva avere
nel titolo della prima raccolta su di lui, dove era detto d’oro. A questo riguardo
parlando dei brani che compongono l’ultima opera della trilogia scrive: lo so,
sono ossessivi, impauriti, un po’ infantili e assillanti come anch’io allora ero.
E conclude: per questo li dedico a tutti gli spaventati.

Firmata da Giovanni Giudice, la Prefazione a Il signore degli spaventati si


intitola un minuscolo puntino laggiù, richiamandosi all’ottavo brano della
raccolta della Lamarque, Il signore puntino, dove proprio gli ultimi versi
recitano:

il signore diventava sempre più piccolo, ormai era quasi del tutto irriconoscibile,
eppure lei lo riconosceva benissimo, anche sottoforma di puntino laggiù.

97
Nel componimento, parlando della brevità degli incontri tra il signore e la
signora, l’autrice si riferisce alle sedute col Dottor B.M. e così ecco che già dal
titolo Giovanni Giudici riprende il contesto analitico della raccolta. Anche
nella Prefazione fin da subito è messa in chiaro l’intenzione dell’autrice di
parlare apertamente del proprio percorso di analisi, spunto alla composizione
dei testi delle tre raccolte. Nel chiedermi di premettere un paio di paginette al
suo nuovo libro, scrive Giovanni Giudici,

Vivian Lamarque tiene a precisarmi (così come, nella breve nota introduttiva fa
sapere, direttamente, anche al Lettore) che l’occasione di queste “poesie” è da
riportarsi a un’esperienza di terapia analitica junghiana. Esse sono, infatti, parte di una
sezione inedita dei “materiali” da lei elaborati e trascelti per dare corpo a un altro suo
bel libro del 1986: Il signore d’oro.

2.4 Le dediche al Dottor B.M.

Tutte le opere della trilogia hanno uno stesso dedicatario, il Dottor B.M.,
psicanalista di Vivian Lamarque, dal 1984 per circa vent’anni. La raccolta del
1989 aggiunge anche la madre, ulteriore riferimento all’esperienza di transfert
vissuta e al ruolo che rivestì l’analista per l’autrice: il mio dottore ha
rappresentato tutte le madri e tutti i padri che avevo perso per strada149,
racconta infatti in un’intervista. Al dottor B.M. recita in apertura la raccolta Il
signore d’oro, con la dedica al dottor B.M. e a mia madre inizia Poesie dando
del Lei mentre al Dott. B.M. si ribadisce in Il signore degli spaventati con
un’aggiunta, un’ironico (ancora) consapevole dell’insistenza ossessiva dei
componimenti (come infatti l’autrice dichiara nella premessa al volumetto del
1992).

Il dottor B.M. analista junghiano, non gradiva che le poesie della sua paziente Vivian
Lamarque fossero puntualmente dedicate alla sua austera persona e date alla stampe.
La “materia analitica” ripeteva inutilmente,” dovrebbe sempre rimanere privata”. Ma
il dottor B.M., seppure a malincuore, col tempo ha dovuto rassegnarsi.150

149
Ibidem
150
Ibidem

98
Dedicatario e protagonista della raccolta, insieme a Vivian, il dottor B.M. è
così la fonte d’ispirazione per le tre raccolte, che narrano dell’impossibile
amore che la paziente provò durante l’analisi per il suo psicanalista vivendo un
“classico psicoanalitico”, il transfert. La trilogia sul transfert amoroso
dell’autrice non poteva che avere come dedicatario l’oggetto del proprio
transfert.

99
3. Contenuti

3.1 Il Transfert

L’esperienza analitica e la dimensione privata del setting analitico sono narrate


nelle tre raccolte che Giuliana Petrucci ha definito trilogia sul transfert
(amoroso) in analisi151. Il problema di fondo che esse affrontano è quello del
transfert, o traslazione analitica, a riguardo del quale Rossana Dedola spiega:

come risulta dal Glossario dei termini junghiani, per transfert e controtransfert si
intende la “particolare modalità di proiezione comunemente usata per descrivere il
legame emotivo inconscio che nasce tra due persone in una relazione analitica o
terapeutica”.152

Come si capisce dalla definizione, nella relazione di transfert il rapporto con


l’analista è in primo piano come di primaria importanza risultano anche le
esperienze che vengono vissute nel presente dell’analisi e nell’attualità della
propria storia personale, che vengono dal paziente proiettate nel contesto
analitico.

Anche l’esperienza terapeutica di Vivian Lamarque, narrata nelle tre raccolte


dedicatele, è giocata sul sentimento d’affetto e d’amore provato per l’analista e
sull’inevitabile frustrazione conseguente alla presa di coscienza
dell’impossibilità di quella relazione amorosa tanto desiderata.
Dell’impossibilità di questo amore si rende conto l’autrice stessa, che infatti dal
Il signore d’oro e Il signore degli spaventati a Poesie dando del Lei cambia
tono e modi di raccontare dell’innamoramento.
In quest’ultima raccolta, l’autrice tratta l’argomento in modo più diretto e
consapevole, oltre che con molta più ironia, arrivando in fine ad ammettere a se
stessa il perché del distacco del Dottor B.M., il signore mai, a cui non si poteva

151
G.Petrucci, Il sonno di Alice: l’enunciazione del transfert nella poesia di Vivian Lamarque,
in “Italianistica”, cit., p.89
152
R.Dedola, La poesia del transfert: la poesia innamorata di Vivian Lamarque, in “Studi
novecenteschi”, n.41, giugno 1991, p.225

100
stare sempre sempre153 vicini, e di cui nella prima raccolta scriveva nei sogni
baciabilissimo, intoccabile come un filo scoperto nella realtà, era quel
signore.154 Credevo non mi amasse/ perché è vietato/ forse invece non mi ama/
perché non è innamorato155 ammette lucidamente in Poesie dando del Lei, ma
prima di arrivare a questa ammissione, le altre due raccolte della trilogia
propongono un’alternanza continua tra l’illusione di poter realizzare il proprio
amore per il Dottore, e la delusione per la di lui distanza e “freddezza”
amorosa. Una signora si innamorava sempre di più e un signore si innamorava
sempre di meno./ Era tutto il contrario di un amore corrisposto, scrive in Il
signore della scaletta, dove proprio la scaletta dovrebbe essere l’escamotage
per raggiungere eventualmente l’altissimo letto del signore, permettendo così la
realizzazione di quell’amore irraggiungibile. Anche in il signore meno ammette
la distanza affettiva dell’analista amato:

Ognuno era più innamorato di lui.


Non sentiva la tua mancanza, non gli venivi mai in mente, non ti veniva a trovare, non
ti faceva mai una telefonatina, non ti scriveva da nessun luogo, non ti accarezzava
minimamente.
Almeno dava baci?
Mai. Nessuno era meno innamorato di lui.
Era il meno innamorato di tutti i signori del mondo.

Queste constatazioni della resistenza del Dottore ad amare la sua paziente non
frenano però Vivian nei suoi tentativi di conquistarlo con mille attenzioni,
regalini, bigliettini, poesie, ricordando l’ossessività fantasiosa di L’amore mio è
buonissimo della raccolta Teresino. Nel 1981 all’amore mio la Lamarque
scriveva di aver messo sotto il tergicristallo dell’amore mio un bigliettino156, di
volergli regale una poltrona, perché la sua non è molto comoda157, e poi anche
di potergli fare tanti piaceri/ per esempio commissioni in centro/ o battere a
macchina/ o delle altre cose anche se un po’ noiose/ come per esempio fare le
code158. Così anche nella trilogia Vivian porta al suo signore regali addirittura

153
V.L., Il signore mai, in Il signore d’oro, cit., p.9
154
V.L., Il signore intoccabile, ivi, p.20
155
V.L., Credevo non mi amasse, in Poesie dando del Lei, cit., p.54
156
V.L., Io un giorno ho messo, in Teresino, Società di Poesia & Guanda, Milano 1981, p.13
157
V.L., L’amore mio non ha una poltrona molto comoda, ivi, p.13
158
V.L., All’amore mio mi piacerebbe fare tanti piaceri, ivi, p.13

101
ne Il signore della lettera il regalo è Vivian stessa: a un signore per le vacanze
partito una signora inviò in fretta in fretta una lettera con dentro- se stessa.
Con l’esuberanza di una bambina felice la signora di lui innamorata esclama
Buonapasqua buonapasqua159 e in un altro componimento ammette che Gli
scriveva lunghi foglietti che il signore leggeva meticolosamente, prima di
accantonare.160 Anche in Poesie dando del Lei sono molti i regali che la
paziente fa al suo dottore, nel tentativo di conquistarne se non l’amore almeno
l’affetto: Millissimi uccellini/ io Le mando!161; Conoscessi il punto esatto/
dove comincia il cielo/ immediatamente mi ci recherei/ a prenderne un pezzetto
da recapitarLe –con fiocco162; Attraverso il suo finestrino abbassato/ un furtivo
sacchetto di pane fresco fresco/ ho infilato…163 Un intero testo è dedicato
all’elenco dei regali per l’amato (una simile lista compariva anche in Teresino,
nel testo dedicato a G. e intitolato emblematicamente Regali di Natale):

In dote io Le porto
foglioline di salvia
e di rosmarino
più mille poesie circa
più quello stralunato ritrattino
tutto qui?
no anche un fiore con dentro
un’ape in velo da sposa
più una goccia di miele
più una spina di rosa
tutto qui?
no anche il resto del modo
più un cielo gentile
più i colori che vuole
più il doppio della metà
di tutto il mio cuore.164

A proposito di questi continui piccoli regali e pensieri per il Dottor B.M.,


l’autrice in un’intervista racconta:

159
V.L., Il signore della Pasqua, in Il signore d’oro, cit., p.57
160
V.L., La signora dei foglietti, ivi, p.76
161
V.L., Millissimi uccellini, in Poesie dando del Lei, cit., p.15
162
V.L., Conoscessi il punto esatto, ivi, p.25
163
V.L., Sorpresa!, ivi, p.37
164
V.L., In dote Le porto, ivi, p.63

102
All’inizio lui, il mio analista, era la mamma e io- proprio come una bambina che vuole
disperatamente essere amata, gli portavo di tutto: fiori, rami, sassolini, pane, latte,
disegni, piantine, giocattoli dell’infanzia. E soprattutto lettere e poesie…165

La complessità dei sentimenti provati dalla Lamarque durante la terapia nei


confronti del proprio analista non si limitano così al solo innamoramento per il
Dottor B.M. Il mio Dottore ha rappresentato tutte le madri e tutti i padri che
avevo perso per strada. Una catena di separazioni, di lutti, che mi rendeva la
vita insopportabile166 dichiara l’autrice.

Spaventosissimi tuoni, ma sotto quel signore si stava quieti, bene, non c’erano paure.
Nessuna nessuna?
Nessuna. Come sotto le grandi ali delle aquile, gli aquilotti.167

Per quanto riguarda il ruolo materno assunto dall’analista durante la prima fase
della terapia, Rossana Dedola parla degli studi dello psicoanalista inglese
Donald W.Winnicott a proposito dell’importanza nell’infanzia di un oggetto
transazionale, un “oggetto non me” che permetta al bambino di imparare a
distinguere tra l’io ed il tu, oltre che affrontare positivamente l’esperienza
della solitudine conseguente al distacco dal forte legame che da neonato aveva
con la madre.
La figura del signore, ne Il signore d’oro e ne Il signore degli spaventati,
sembra avere proprio tale funzione, permette alla signora di esprimere i propri
desideri, le proprie angosce, le attese, le disillusioni in un dialogo con se stessa
oltre che con l’analista e anche di poter accettare le frustrazioni a cui si è
sottoposti dalla distanza obbligata del setting. Fra l’analista lontano e la signora
sola si apre uno spazio riempito dai foglietti di poesie che la voce innamorata,
parlando con se stessa, gli dedica. Così il tipo di rapporto che unisce il signore
alla signora è il “materno buono” che fornisce un adeguato oggetto
transizionale di Winnicott, con cui si cerca un contatto, attraverso gesti minimi,
regalini, pensierini come quelli dei bambini.

165
L.Sica, Mio caro dottore abusi pure di me, in “La Repubblica”, 30 gennaio 1993
166
Ibidem
167
V.L., Il signore delle aquile, in Il signore degli spaventati, cit., p.21

103
Esplicita diventa la funzione materna dell’analista nella raccolta Poesie dando
del Lei, dove appunto il testo si apre con la doppia dedica all’analista e alla
madre. Testo chiave per questo tipo di transfert è Amante Neonata dove la
Lamarque scrive succhia l’uomomamma perdutamente, dove l’uomomamma è
evidentemente il Dottor B.M. Attraverso il succhiare il latte l’oggetto buono
può finalmente essere incorporato: il transfert ha reso possibile vivere e
simbolizzare l’esperienza primaria.168
Il transfert materno è stato una fase della terapia della Lamarque, la quale
racconta che successivamente e lentamente il rapporto è mutato, il dottor B.M.
è diventato un padre onnipresente pronto ad aiutare e proteggere la bambina
Vivian. Proprio bambina si definisce in un testo de il signore d’oro, Il signore
e la bambina, dove il signore raccoglie da terra una microscopica bambina per
poi cullarla, come il vento una fogliolina. Ma l’affettuosità della figura paterna
subisce un ulteriore evoluzione per infine svilupparsi in un vero e proprio
transfert d’amore, che occupa la maggior parte dei testi delle tre raccolte.

Completamente inebriato, quel fiorellino annusava quel signore.


Era un signore profumato?
Sì, era un signore come un prato169

scrive l’innamorata signora che stava diventando gelosa ma non lo diventò se


non pochissimo170 di un’altra signora, la moglie dell’analista, che è detta beata
perché la notte di Natale stava sempre sempre con quel signore. Non non
primo quel signore era l’ultimo, suo amore ammette ne Il signore ultimo171 e
lei innamoratamente, mentre lui leggeva lo guardava.172
Infine in Poesie dando del Lei il transfert si è erotizzato, pur conservando tratti
infantili. -Non si spaventi immediatamente/ se ora Le dico/ Vivian La desidera
fisicamente/-Fisicamente?/ -Sì, il sangue mi è entrato nella mente dice
sfacciatamente al suo analista, chiedendogli ancora

168
R.Dedola, La poesia del transfert: la poesia innamorata di Vivian Lamarque, in “Studi
novecenteschi”, cit., p.238
169
V.L., Il signore profumato, in Il signore d’oro, cit., p.12
170
V.L., La signora non gelosa, ivi, p.69
171
V.L., Il signore del trono, ivi, p.61
172
V.L., Il signore naturale, ivi, p.47

104
Caro Dottore
basta distanza
varchiamo La prego
il confine della stanza.

3.2 Setting analitico junghiano

Il punto di riferimento teorico del Dottor B.M. è la psicologia analitica


junghiana,

la quale più che recuperare il passato nel presente cerca di cogliere l’orientamento
attuale della personalità, rifacendosi beninteso anche alla storia passata dell’individuo,
ma per inserirla in un prospettiva, in una direzione futura, secondo le indicazioni che
provengono dall’inconscio.173

Unico riferimento all’ indirizzo junghiano della terapia è in un componimento


di Poesie dando del Lei nel quale l’autrice descrivendo lo studio del dottor
B.M. nell’elenco degli oggetti raccolti nella stanza inserisce anche il nome di
Jung:

La sua porta sprangata


era spalancata,
il sole entrato
si guardava attorno:
piantine una
(l’altra trasferita)
finestre tre
(su una formica)
coccodrilli e draghi
(forse riprodotti)
simboli alchemici, Jung
forme di vita
il sole entrato
si guardava attorno:
piccoli dei, Mozart
mobili di navi
onde dolori amori

173
R.Dedola, La poesia del transfert: la poesia innamorata di Vivian Lamarque, in “Studi
novecenteschi”, cit., p.225

105
quasi vita.174

Poco nominata nei testi delle raccolte, la scuola junghiana è sempre


esplicitamente nominata nelle interviste, così come nella premessa al volume
del 1992, Il signore degli spaventati dove l’autrice dichiara la fonte di
ispirazione dei suoi testi, scritti durante la terapia analitica junghiana.175

Nelle tre raccolte della Lamarque è centrale il rapporto di Vivian, la paziente,


con il proprio analista, il Dottor B.M., a cui è infatti dedicata la trilogia.
L’importanza della loro relazione è evidente sin dal titolo che fa riferimento al
dottore nella prima raccolta , Il signore d’oro, e nell’ultima, Il signore degli
spaventati (seconda se considerata nelle intenzioni dell’autrice in Poesie 1972-
2002). In Poesie dando del Lei è palesata già nel titolo la distanza che il setting
analitico impone tra l’analista e il paziente, segnata dall’uso della forma di
cortesia. I testi della trilogia spostano la vicenda analitica da un piano
strettamente personale verso una dimensione più ampia

in cui il rapporto reale con l’analista viene a essere rivissuto in una sfera
completamente simbolica. Il transfert attiva una capacità di simbolizzazione che
trasporta il privato su un piano collettivo.176

Va infine notato che il signore (così come il dottore di Poesie dando del Lei)
pur essendo presentato in maniera molto fantasiosa, viene però definito in
modo poco caratterizzante. Nonostante il Dottor B.M. sia il protagonista delle
tre raccolte, di lui sappiamo davvero poco oltre all’appurato fatto che sia
analista junghiano e che è sposato, un signore aveva una prima moglie177 si
scopre dal secondo componimento di Il signore d’oro che è La signora beata
che ritorna nella parte finale della raccolta. Sempre nella prima raccolta
l’autrice scrive che il suo dottore portava un loden grigio, grigio il suo loden
lupo178, e che fumava la pipa, Il signore della pipa, immagine riproposta poi in

174
V.L., La sua porta sprangata, in Poesie dando del Lei, cit., p.62
175
V.L., Premessa a Il signore degli spaventati, cit., p.7
176
R.Dedola, La poesia del transfert: la poesia innamorata di Vivian Lamarque, in “Studi
novecenteschi”, cit., p.228
177
V.L., Il signore della scatolina, in Il signore d’oro, cit., p.10
178
V.L., Il signore loden, ivi, p.25

106
Il signore degli spaventati, avevo un golf d’argento e una pipa d’oro179. Certo
è che nemmeno questi pochi dati caratterizzanti possono essere considerati
attendibili, viste le continue diversissime e fantasiose descrizioni che la
Lamarque fa del suo Dottor B.M.
Questa vaghezza descrittiva, oltre ad essere una scelta dell’autrice, è un
ulteriore riferimento alla dimensione analitica della relazione tra i due
protagonisti. Rossana Dedola nota come

il fatto che del dottore si sappia così poco dipenda anche dalle scarse informazioni che
il paziente possiede riguardo al proprio analista (una delle regole del patto analitico):
proprio il saper poco permette alle proiezioni del paziente di avere uno spazio, un
luogo in cui possano compiersi ed essere analizzate.180

Al rapporto analista – paziente si fa invece più volte riferimento nelle tre


raccolte.
Ne Il signore d’oro, il testo finale racconta del primo incontro del signore e
della signora, un appuntamento bizzarro, oppure, come poi si constaterà grazie
alla premessa del 1992, un appuntamento in uno studio specialistico:

Erano un signore e una signora che si erano conosciuti lo stesso giorno.


Che ore erano?
Le dieci e trenta.
E dove erano?
Erano sotto il livello stradale di 4 o 5 gradini.
E come avvenne?
La signora suonò alla porta e il signore aprì.[…].181

Il signore degli spaventati si apre con la descrizione del setting analitico, con
l’analista e la paziente seduti uno di fronte all’altro: Era un signore seduto di
fronte a una signora seduta di fronte a lui./ Alla loro destra/ sinistra c’era una
finestra, alla loro sinistra/destra c’era una porta./ […].182 In Il signore
composto i due vengono rappresentati durante il dialogo della terapia: Mentre
composto le parlava […] “Guardi” disse, a lei che lo guardava. La situazione

179
V.L., Il signore composto, in Il signore degli spaventati, cit., p.19
180
R.Dedola, La poesia del transfert: la poesia innamorata di Vivian Lamarque, in “Studi
novecenteschi”, cit., p.226
181
V.L., Il signore e la signora, in Il signore d’oro, cit., p.87
182
V.L., Il signore di fronte, in Il signore degli spaventati, cit., p.15

107
dialogica tra paziente e dottore è invece mimata in Poesie dando del Lei dove
alla voce di Vivan e alle sue esuberanti proposte si alternano le sintetiche e
schive risposte del Dottor B.M. come

-Faccia un miracolo venga


L’aspetto sull’amaca sulla bicicletta/ partiamo?
-E le valigie?
-Le valigie non servono
non andiamo lontano
ci trasferiamo solo
su di un piano.

Come già nel componimento La Sua porta sprangata183, in cui compariva il


nome di Jung, sono molti i testi in cui l’autrice scrive proprio del luogo in cui
si svolge l’analisi, descrivendo lo studio del Dottor B.M, semplicemente
nominato in Il signore del ruscello184 (Nel mezzo dello studio di quel signore
[…]) e in Poesie dando del Lei all’inizio del componimento Oggi nel suo
studio. Mentre in questi due casi la narrazione devia poi in ambienti fantastici e
sognati, in altri testi la descrizione appare più realistica e accurata. Abitava in
una stanza un po’ sotto il livello stradale, scrive in Il signore della stufetta:

Le signore che venivano in visita si sedevano, si guardavano intorno, nel centro della
stanza c’era una stufetta.
La stufetta era color grigio chiaro, sopra c’era un pentolino minuscolo, pieno d’acqua
(forse per il tè).
In alto, un po’ a destra, c’era una finestrina dai vetri colorati (come quelli delle
chiese)[…]185.

Aprono la raccolta Il signore degli spaventati tre componimenti che


chiaramente si riferiscono al contesto analitico. Mentre il primo testo focalizza
la descrizione sui due protagonisti dell’analisi, Il signore di fronte, i due testi
successivi si collegano, descrivendo la stanza piccola dello studio:

Aveva una stanza grande e una stanza piccola.


Nella stanza piccola c’era un tavolino grande e nella stanza grande c’era un tavolino
piccolo e c’erano due poltrone.

183
V.L., La sua porta sprangata, in Poesie dando del Lei, cit., p.62
184
V.L., Il signore del ruscello, in Il signore d’oro, cit., p.56
185
V.L., Il signore della stufetta, ivi, cit., p.54

108
In una sedeva lui, nell’altra sedevano gli spaventati che lui, con sapienza,
rassicurava.186

Nella stanza piccola aveva libri paurosi con antichi animali e mostri.
Coloro che li sfogliavano si spaventavano, fuggivano nella stanza dove aveva libri
rasserenanti con figure chiare chiare di nuvole e dei.187

Ulteriore indizio della dimensione terapeutica degli incontri tra Vivian e il


Dottor B.M. sono anche gli orari degli appuntamenti per l’analisi, in giorni e
orari fissi, come per ogni studio medico: Alle ore venti ognuno tornava alla sua
casa./ Non avevano una stessa casa?/ No […]188; La mia settimana è un
settenario/ con gli accenti su martedì e venerdì/ al sabato il tono cala/ risale il
lunedì.189

3.3 Distanza, assenza, impossibilità di unione: amore non corrisposto

Conseguenza del transfert è l’impossibilità di realizzazione dell’amore della


signora per il signore, di Vivian per il Dottor B.M. E’ proprio la distanza
dell’amato ad aprire la raccolta Il signore d’oro, con Il signore mai, che già
nell’attributo mostra l’irrealizzabilità della relazione, in questo caso specifico
simboleggiato dalla lontananza fisica:

Era un signore bello e meraviglioso.


Vicino a lui non si poteva stare sempre, bensì mai.
Lui, il Lontano, viveva dispettoso, con la sua famiglia,
in un altro luogo.

Ritorna così la tematica della sezione Poeti della raccolta del 1981:
l’esclusione dalla vita della persona amata.

Il tema della lontananza e dell’assenza percorre tutta l’opera di Vivian


Lamarque e sembra giustificare alla paziente la refrattarietà all’amore del suo

186
V.L., Il signore degli spaventati, in Il signore degli spaventati, cit., p.16
187
V.L., Il signore degli dei, ivi, cit., p.17
188
V.L., Il signore nell’aria, in Il signore d’oro, cit., p.66
189
V.L., La mia settimana è un settenario, in Poesie dando del Lei, cit., p.40

109
dottore. Si potrebbe dire che la scrittura, nel momento in cui la scopre abbia la
funzione di esorcizzarla190, commenta Caddeo.

Proprio Il signore d’oro che dà il titolo alla raccolta non viene trovato perché in
un angolino di una casa lontano o perché si era un po’ allontanato come una
nave, ma un poco ancora si vedeva e la signora nel vederlo non può non
emozionarsi, come ne Il signore puntino:

Non potendo veder sempre, quando infine poteva vederlo lo guardava moltissimo, fino
all’ultimo minuto, fino all’ultimo secondo, e anche dopo si voltava indietro, si voltava
indietro.
Il signore diventava sempre più piccolo, ormai era quasi del tutto irriconoscibile,
eppure lei lo riconosceva benissimo, anche sotto forma di minuscolo puntino laggiù.

Sempre lontanissimo è Il signore del bastimento, che abitava su un bastimento


fermo in mezzo al mare./ Gli dicevano sempre torna a casa ma lui non ci
pensava affatto, e a tal proposito emblematico è il titolo del brano Il signore
del luogo lontano. In alcuni testi l’unione impossibile tra i due protagonisti
sembra legata a un fattore esterno, come la tela di un ragno191, il fatto di essere
alberi divisi lontani in quanto cresciuti in due luoghi diversi ai confini dei
prati192, mentre si tenta di far fronte ad impedimenti apparentemente
inesistenti, come un petalo/ della margherita193, o le lontanissime vacanze194
del dottore al quale Vivian prova a ordinare: Basta villeggiatura UBBIDISCA!
RITORNI!195. Magra consolazione all’insuperabile lontananza dall’amato è
l’illusoria vicinanza delle loro anime in Poesie dando del lei: La notte scende/
siamo lontani di cuscini/ ma di anime/ siamo vicini che non è che un tentativo
di negare il dolore causato dalla distanza dell’amato, come quando scrive
adesso io dico/ il male che io sento/ quando io a Lei lontano penso[…].

190
R.Caddeo, Contro mostri e draghi l’arma della scrittura, in “Concertino”, n.14-15,
novembre 1995, p.24
191
V.L., Assente il ragno dalla nostra tela, in Poesie dando del Lei, cit., p.24
192
V.L., Alberi divisi lontani, ivi, p.77
193
V.L., Sempre così, ivi, p.44
194
V.L., Lontanissime vacanze, ivi, p.26
195
V.L, Basta villeggiatura, ivi, p.27

110
La lontananza del signore in alcuni componimenti tende a diventare lontananza
assoluta, come per Il signore lontano, dove il confine tra lontananza e vera e
propria assenza si fa sottilissimo:

Era un signore che c’era e allora dov’era, perché non era lì dove si sarebbe desiderato
che fosse?
Era un signore lontano, oh così lontano che nessuno mai da lassù poteva avvistarlo e
gridare terra.

Il tema dell’assenza del signore ritorna in tutte e tre le raccolte della trilogia,
nelle quali Vivian continua inutilmente ad esprimere il proprio amore per Il
signore accarezzabile che però non si lascia accarezzare, infatti le carezze si
mettevano in cammino[…]/ Sbigottite lo cercavano ma il signore all’arrivo
non c’era, come anche per Il signore della nostalgia che era andato via. In
molti componimenti il signore è andato via: Era andato via?/ Sì, le strade
avevano rubato i suoi passi, messo le sue impronte in fila con le punte girate di
là e proprio Il signore andato via si intitola uno dei testi de Il signore d’oro.
Non solo andato via, ma addirittura non arrivato è Il signore che non arriva,
inutilmente aspettato alla finestra da una signora ignara del fatto che il signore
non sarebbe mai arrivato, essendo il signore che non arriva. L’assenza
dell’amato è riproposta con una negazione in Il signore non seduto, in cui il
signore oltre a non accanto a lei essere seduto, non dai finestrini indicava il
panorama[…]/ Non era stanco, non aveva fame, nessun pasto tra loro, nessuna
cura, insomma quel signore non c’è. Proprio per questa assenza La signora
mezzasera è triste, quando all’uscio della mente si avvicinavano gli assenti
passi di quel signore che non c’era. Inutilmente in Poesie dando del Lei
Vivian esclama Basta senza di Lei restare!, perché già il primo testo dell’opera
ci rivela che Il mio Dottore è sparito, come il polimorfo Teresino sparito della
prima raccolta dell’autrice.

In alcuni componimenti l’autrice però propone il vero motivo della lontananza


dell’amato, ossia la sua professionale volontà di non intraprendere una
relazione con le pazienti. La Lamarque in questi testi si mostra consapevole
del’impossibilità amorosa del transfert, sia evidenziando la refrattarietà del

111
dottore alle sue avances, sia ammettendo il divieto posto dal contesto analitico.
Il distacco dell’amato analista è simbolizzato spesso dalla porta chiusa,
chiusissima in Il signore della Pasqua,e si pensi alle signore chiuse a chiave
fuori dalle porte e dalle finestre della casa del dottore, che invece che con le
innamorate pazienti passa la notte di Natale con la moglie, la signora beata.
Emblematico dell’atteggiamento del Dottor B.M. è già dal titolo il
componimento Il signore sulle difensive che recita

Si era chiuso in una fortificata casa, era un signore sulle difensive.


Lei bussava molto alle sue porte e alle sue finestre, diceva apra subito, voglio entrare.
Ma lui no apriva.
La salutava da dietro i vetri come da un treno, come da un treno che tra poco parte.

Al divieto analitico si accenna in tutte le raccolte, in modo più sfuggevole nei


due Signori, mentre invece apertamente in Poesie dando del Lei. Così a Il
signore della reticella non si possono fare tante feste quando torna da un
viaggio, semplicemente perché era vietato, come era proibito a La signora dei
baci baciare il signore; nonostante il divieto La signora mulinello turbinò alla
di lui proibita casa, proprio per questa infrazione il vento[…] sempre più
lontano la portava. Per tentare di superare il divieto, in Poesie dando del Lei
Vivian si immagina ladra:

Desiderio improvviso
di vedere il Suo viso
e poi fuggire adagino
con negli occhi felici il bottino.

Basta distanze chiede la paziente al suo caro Dottore, ma la conclusione a cui è


costretta a giungere è di nuovo l’impossibilità della relazione d’amore tra
l’analista e la paziente, oltre che il reale non interesse del dottore, già sposato
con la signora beata:

Credevo non mi amasse


perché è vietato
forse invece non mi ama

112
perché non è innamorato.196

3.4 Lo scorrere del tempo e la morte

Il Dottore non si innamora, la distanza rimane e con essa l’attesa, ormai vana,
vista l’impossibilità di un ritorno del signore. La signora però continua ad
attendere una svolta, che non arriverà mai, e l’attesa implica il passare del
tempo, l’invecchiamento e infine la morte.
Vivian è consapevole di questo, infatti la tematica dello scorrere del tempo e
conseguentemente della morte, ritornano nella trilogia sempre più
insistentemente. Mentre nella prima raccolta si pone più l’accento sul passare
del tempo, alla morte si dedicano le parti conclusive delle due opere
successive. Gli ultimi sei componimenti de Il signore degli spaventati
chiudono la raccolta proprio su questa tematica, introdotta da il componimento
La signora e l’inverno, dove ritorna la vecchina segretamente innamorata del
signore d’oro, questa volta alle prese con l’inverno, metafora della fine della
vita, oltre che della vecchiaia stessa.
E’ in Poesie dando del Lei che la tematica della morte assume davvero rilievo,
alla quale è dedicata la seconda sezione che si apre con Il mio Dottore è
gentile/ ma io vorrei morire. Dei diciannove testi di cui si compone questa
seconda parte dell’opera, dieci sono dedicati al tema della morte in modo
esplicito, mentre gli altri ne trattano indirettamente o raccontando della
vecchiaia e dello scorrere del tempo, o in modo metaforico, parlando della
sera, della notte, del sonno, come mi arrendo mi addormento […] è Lei che tra
le Sue oscure braccia mi prende.
Va infine notato che nelle tre raccolte, la maggior parte dei testi su queste
tematiche riguardano la signora, è lei a morire, ad invecchiare, a non poter
coronare il suo sogno d’amore col signore.

196
V.L., Credevo non mi amasse, ivi, p.54

113
A ostacolare il rapporto quindi non è solo il divieto analitico, ma anche il
tempo che scorre senza che i due si siano avvicinati: […] E intanto la vita?/
Intanto la vita per sempre per sempre se ne andava, intanto la vita come una
bella vela quasi era sparita.197 La signora si accorge del passare del tempo,
Guardi: mi sfiorisce il corpo/ mi fiorisce la mente/ il Giardino dei Morti è
d’accordo/ attende paziente e sempre in Poesie dando del Lei ironizza sul
tempo che passa, senza che però si modifichi l’atteggiamento di distanza
dell’amato: Non mi sorrida pure/ tanto c’è tempo, vero?/ in vece Sua/ tra cento
o uno anni/ forse una gentile nuvola/ forse alla mia infantile polvere/ forse
sorriderà; Dice che l’uomo ha lunga vita/ me lo dimostri allora/ mi dimostri
che la mia vita/ non è quasi finita; Con impaziente impazienza/ io La amo./ -E
quando sarà finita?/ -Oh entri un secondo prima, La prego, nella mia vita.
Il tempo è visto come un problema per la signora de Il signore d’oro, che in
testi come appunto La signora in fretta cerca di utilizzare a proprio vantaggio il
fatto che il tempo sia così poco, per velocizzare, o almeno avviare, l’assente
relazione col signore.

Il per sempre era ormai cortissimo diventato.


Quanti Natali erano rimasti?
Una manciata.
Allora bisognava non sprecare nemmeno un minuto?
Sì, bisognava spicciarsi, per questo lei, in fretta, lo adorava.

Ma il dottore non dà cenni di interessamento, mentre Vivian non può far altro che
adorare più velocemente l’amato signore per cercare di sfruttare i cento o uno
anni che le rimangono:

Però gli anni non erano durati veramente un anno e i mesi non erano durati veramente
un mese.
Così i quarant’anni erano arrivati in due tre minuti, non era giusto, protestò la
signora.198

L’idea della distanza e dell’assenza dell’amato si estremizza con la morte,


ostacolo ineluttabile. Questa separazione, questa ferita del silenzio dell’amato,

197
V.L., Il signore gentile, in Il signore d’oro, cit., p.30
198
V.L., La signora di quarant’anni, ivi, p.79

114
che spesso nei componimenti della trilogia suona crudele e irreparabile, come
vero e proprio lutto, viene narrato negli ultimi testi di Il signore degli
spaventati e di Poesie dando del Lei, già anticipata, stemperando i toni luttuosi
con quelli della fiaba, da La signora dei fiori della prima raccolta del 1986:

Sulle mani un po’ presto aveva i fiori della morte.


Come i fiori della morte? Quei puntini che più si è vecchi più ce n’è.
Ne aveva tanti?
Ne aveva sette come i sette nani, sulle strade del bosco delle mani.

Molto più macabri i componimenti de Il signore degli spaventati, in generale


caratterizzato da contesti più cupi, come

L’acqua che saliva saliva voleva portarla là


Lei non voleva ma l’acqua imperiosamente la chiamava.
Mulinelli a mille a mille le dicevano vieni vieni scendi nel gorgo con noi, vedrai
quaggiù che nuovi liquidi mondi.199

La signora della terra un giorno cadde in un buco che qualcuno aveva scavato
davanti a casa sua, scoprendo però di essere caduta in una tomba ( forse la sua):

[...] Oscura terra, pallide larve la circondarono prima del tempo.


Con anticipo vide il buio di laggiù, sentì l’umido odore della terra, il silenzioso rumore
degli insetti.
Spaventata, precipitosamente si rialzò.
Con un balzo, quella volta, poté uscirne.

Ma se la signora della terra riesce a sfuggire dalla morte, non è così per le altre
signore, come La signora Libera che poteva pensarlo sempre, aveva tanto
tempo libero, era un signora morta che sembra aver risolto il problema che
invece angosciava la signora di fretta: c’era silenzioso tempo per tutto, nessuno
interferiva, nessuno mentre lo pensava disturbava. Anche La signora volata
trova ironicamente il lato positivo della propria situazione:

Volata in cielo, ombrosamente nei giorni di arsura, con tepore nei giorni di gelo, lo
vegliava.

199
V.L., La signora dell’acqua, in Il signore degli spaventati, cit., p.50

115
Lui non lo sapeva, ma qualche volta sentiva nell’aria intorno a sé qualcosa, come il
volare di una specie leggera di moschina.

In un altro componimento Vivian dice al dottore di partire lui per le vacanze al


suo posto, quando lei non potrà più per le mie palpebre addormentate200 e
giocando descrive la propria immagine da morta: tracce d’inchiostro sulle sue
dita/ morte e anche/ un azzurro alone sulle guance/ forse le guance appoggiò
alle dita/ pensando l’ultimo pensiero/ della vita.201
Ma la paziente non si arrende e facendo buon viso a cattiva sorte, trova un
modo per convincersi che non sarà la morte ostacolo per il loro amore, anzi,
potrebbe esserne finalmente il coronamento. Proprio con questa idea conclude
la raccolta Poesie dando del Lei con Le Sue carezze in cui scrive Se il tempo
terrestre/ me le negherà/ chiederò il favore alle mani/ dell’Eternità,
conclusione già anticipata nella penultima poesia della prima raccolta, La
signora della mano, che nonostante l’età ormai avanzata scrive Finisce così
male?/ Oh no, del tutto sconosciutissimo sarà il finale. E’ ne Il signore degli
spaventati che la Lamarque racconta dei due signori entrambi morti, finalmente
insieme, Vivevano fra loro lontani come stelle lontane fra loro./ Per tutta la
lunga eternità divisi come stelle divise, solitariamente nei loro singoli cieli,
divisi , luccicavano.202 Insomma non c’è nulla da fare, l’amore per il proprio
analista è davvero impossibile da realizzare, sembra dirci con più o meno
ironia l’autrice.

3.5 Sogni e realtà

Giuliana Petrucci, nel suo saggio dedicato all’analisi del transfert nella trilogia
della Lamarque, mette a confronto Vivian con l’Alice di Lewis Carroll citando
da Alice nel paese delle meraviglie: non svegliatela perché tutti noi siamo nel

200
V.L., La prima estate, in Poesie dando del Lei, cit., p.81
201
V.L., Tracce d’inchiostro sulle dita, ivi, p.80
202
V.L., Il signore e la signora stelle, in Il signore degli spaventati, cit., p.54

116
suo sogno e se la svegliate tutti noi scompariremo. Spiega che il paradosso
della teoria psicoanalitica consiste nel fatto che tutti gli oggetti del mondo
esterno, portati nel setting analitico durante il colloquio con il terapeuta, hanno
un significato solo all’interno della continuità psicologica del paziente. Il
compito dell’analista è così accostato a quello di sorvegliare il sonno di Alice,
tenendo sempre presente che per Alice-Vivian quel sogno è realtà. Nello
spazio-tempo della seduta analitica, possono passare contenuti dolorosi così
come gioiosi o ludici, ma quello che conta è che ne rimanga intatta la struttura
di contenitore che potenzia e oltrepassa la realtà effettuale. Grazie a questo
“meccanismo” della terapia Alice, e quindi la paziente Vivian, impara che il
suo sonno è un gioco. E’ con questa leggerezza che richiede all’ analista di
uscire dalla sfera della propria autorità e di confrontarsi con le leggi di un
fantastico mondo altro, dove questa volta è lei a dettare le regole.203

E’ stato proprio il confine tra fantasia e realtà che il dottor B.M. ha ricostruito nella
sua paziente. “Un confine- dice lei- che, prima dell’analisi, avevo completamente
smarrito. Dover accettare la realtà mi è servito moltissimo, e molto gradualmente
l’innamoramento per il mio analista si è trasformato in un sentimento di affetto, in
un’infinita gratitudine. Un po’ alla volta ho recuperato energie per me stessa, per il
mio lavoro, per la mia vita.”204

Questo confine tra realtà e finzione, fantasia o sogno che sia, viene apertamente
dichiarato in alcuni componimenti dell’autrice, fin dalla prima raccolta del
1986. Ne Il signore d’oro in due signori l’autrice spiega chiaramente il gioco
da lei giocato per i testi della trilogia: Bastava confondere un poco sogno e
realtà, cancellare con una bianca gomma l’inutile linea di confine.205 Stesso
metodo viene infatti ribadito già dal titolo di Il signore sognato: Splendidissima
era la vita accanto a lui sognata./ Nel sogno tra tutte prediletta la chiamava./
E nella realtà?/ La realtà non c’era, era abdicata./ Splendidissima regnava la
vita immaginata. Sempre in questa prima raccolta, l’autrice racconta di una
signora che dentro dentro nel centro della testa aveva un castello in aria,

203
G.Petrucci, Il sonno di Alice: l’enunciazione del transfert nella poesia di Vivian Lamarque,
in “Italianistica”, cit., p.97
204
L.Sica, Mio caro dottore abusi pure di me, in “La Repubblica”, 30 gennaio 1993
205
V.L., Il signore intoccabile, in Il signore d’oro, cit., p.20

117
castello in aria per nulla “campato in aria”, di quelli che si sognano una volta e
poi spariscono, bensì un castello con tanto di fondamenta di cemento armato.

Le fondamenta del castello erano il cervello della signora.


La signora e il castello in aria erano dunque una cosa sola?
Sì, la signora e il castello in aria erano dunque una cosa sola.206

Ancora più scoperto è il gioco onirico della paziente, nei brevi dialoghi col
Dottore di Poesie dando del Lei. In questa raccolta i testi si aprono proprio con
la dichiarazione di finzione della realtà lì rappresentata e raccontata: oggi ho
inventato/ che Lei era seduto con me in giardino; oggi ho inventato/ che Lei
era con me al mercato. Così come ne La notte di Natale rassicura il Dottor
B.M., dicendogli che lo andrà a trovare, ma per finta naturalmente/ visita della
mente/ e del cuore/ al mio Dottore. Sempre rivolgendosi a lui, gli propone un
altro gioco di finzione, per poter far finta di essere vicini anche quando sono
lontani: dalle nostre finestre/ vediamo una magnolia vero?/ Che sia per
entrambi la stessa, fingo.
L’esame di realtà, ossia la presa di coscienza dell’effettiva distanza dell’amato,
della conseguente impossibilità di un rapporto amoroso, oltre che della
presenza di un’altra famiglia e quindi di una vita privata del dottore da cui si
resta esclusi, non impedisce così al desiderio di Vivian di stare col suo amato
Dottore B.M. almeno nella fantasia, dato che intoccabile come un filo scoperto
nella realtà, era quel signore.207 L’invito rivolto all’analista è quello di stare al
gioco e seguire la fantasiosa paziente nel suo onirico mondo: Caro dottore/ che
mostri e draghi/ Le hanno affaticato gli occhi/ si riposi un po’ con Vivian/ nel
mondo dei balocchi.208 Lo studio dove Vivian e il terapeuta si incontrano, per
esempio, spesso viene stravolto dalla sua fantasia, come ne Il signore della
tendina209, in cui il signore abitava in un’automobile elegante, e per il poco
spazio rimasto a causa dei vari mobili, poteva ricevere solo signore piccole
piccole (una alla volta) le baciava molto (dietro la tendina specialmente). Una

206
V.L., La signora del castello, ivi., p.78
207
V.L., Il signore intoccabile, ivi, p.20
208
V.L., Caro Dottore, in Poesie dando del Lei, cit., p.61
209
V.L., Il signore della tendina, in Il signore d’oro, cit., p.23

118
vicinanza impossibile si immagina ne Il signore della poltrona210: […] non
stavano seduti su due poltrone, bensì su una./ Lì parlavano fitto fitto, a lungo,
capendosi alla perfezione; lo stesso ne Il signore della scaletta211: […] Nel
mezzo della stanza dove si incontravano c’era un letto grandissimo, dalle
lenzuola meravigliose./ Il letto era un po’ alto però./ Ma, per eventualmente
salire, vi era lì un’apposita scaletta; e nel mezzo dello studio di quel signore
c’era un piccolo verde prato, attraversato da un fresco ruscello./ A destra del
ruscello c’era un tavolino color mogano basso basso […] descrive in Il signore
del ruscello.212
In altri testi il carattere onirico è talmente accentuato, da essere difficilmente
riconducibili ad una situazione reale, essendo completamente assorbiti dalla
loro funzione simbolica: Un signore qualche volta andava in fondo al mare a
vedere i diversissimi pesci che lì passavano213; [...] Tra le sue lunghe ciglia di
alberelli vedeva nidi di famiglie cinguettanti e numerose, lì sui rami all’ora di
cena tutti insieme si mangiava214; Vicino al suo letto c’era un tavolino, sul
tavolino c’era un faunetto./[…]In punta di piedi di capra faceva tre giri
intorno alla stanza, poi si sedeva sul cuscino del signore […]215; Un signore
morto entrò in una fotografia./ Come mai?/ per essere visto da una signore che
non l’aveva mai visto./ Vi entrò col cappello?/ No, per fare la fotografia se lo
tolse, ma poi se lo rimise.216
I testi delle tre raccolte spostano così la vicenda da un piano strettamente
personale verso una dimensione più ampia in cui il rapporto reale con
l’analista viene a essere rivissuto in una sfera completamente simbolica.217 La
conclusione è però sempre la stessa, l’inevitabile sconfitta del tentativo di
conquistare l’amore del dottore. Così, frustrata, in Poesie dando del Lei Vivian
chiede almeno di essere sognata nei “reali sogni” dell’amato: mi arrendo mi
addormento/ senza di Lei accanto/ se non in sogno/ nei sogni è Lei che si
210
V.L., Il signore della poltrona, ivi, p.26
211
V.L., Il signore della scaletta, ivi, p.28
212
V.L., Il signore del ruscello, ivi, p.56
213
V.L., Il signore in fondo al mare, ivi, p.37
214
V.L., Il signore naturale, ivi, p.47
215
V.L., Il signore del faunetto, in Il signore degli spaventati, cit., p.29
216
V.L., Il signore della fotografia, ivi, p.31
217
R.Dedola, La poesia del transfert: la poesia innamorata di Vivian Lamarque, in “Studi
novecenteschi”, n.41, giugno 1991, p.228

119
arrende/ che tra le Sue oscure braccia mi prende; sono le sei la città dorme/ e
Lei?/ sogna?/ oh qualcuno sogni un sogno che mi comprenda/ non mi escluda
[…].

3.6 Doppio: contrari e complementari

Il tema del doppio, che già aveva caratterizzato molti dei componimenti di
Teresino, ritorna anche nella trilogia. Nel 1981 questa tematica era
fondamentale per la narrazione, rappresentando la sofferenza di Vivian divisa
tra due madri, due padri, due paesi, conseguenza della ferita ancora aperta
dell’adozione. Nelle tre raccolte per il Dottor B.M., il doppio si amalgama con
altri aspetti dei componimenti dell’autrice: la psicanalisi, l’onirismo e la
continua ricerca dell’amore dell’analista.

Rinaldo Caddeo, per quanto riguarda il tema dello sdoppiamento, afferma che
nelle tre opere l’autrice sia stata influenzata, consciamente o inconsciamente,
proprio dalla scuola junghiana del suo analista. A riprova di questa
affermazione porta la teoria dei contrari di Jung.

Draghi, mostri, simboli alchemici sono al centro dell’interesse delle indagini


sull’inconscio collettivo di Jung intorno ai miti e agli archetipi. Uno degli archetipi
esaminato da Jung è quello della lotta (in L’uomo e i suoi simboli) dell’io contro le
tendenze regressive. L’eroe si accorda con i poteri dell’ombra per vincere il drago
(mito biblico di Giona nella balena) e riscattarsi. Faust sfida Mefistofele, l’inconscio,
per assurgere alla vita e assimilarne pienamente i poteri […]Un’analoga polarità, vita-
morte, vicino-lontano, attraversa tutto il libro.218

Il doppio che Caddeo ritrova in questa parte della produzione della Lamarque
sarebbe quindi da ricollegarsi alla “lotta” tra entità diverse, o più
semplicemente, all’accostamento di opposti. Così il signore de Il signore d’oro
è un signore che partiva ma dopo ritornava./ Comunque partiva./ Comunque

218
R.Caddeo, Contro mostri e draghi l’erma della scrittura, in “Concertino”, n.14-15,
novembre 1995

120
ritornava219, e la signora di lui innamorata era una signora giovane e
220
vecchina che compiva gli anni vicino lontano da lui221 e che era felice
perché nella sua mente non c’era Nessuno, c’era Qualcuno222, ossia il suo
amato dottore. L’innamorato spesso fa male alla signora, ma lei sa che è un
male che fa bene, e così continua la terapia: E sia mi faccia pure così male/
tanto lo so che forse è a fin di bene.223 Allo stesso modo fa male un’altra
contraddittoria affermazione in Poesie dando del Lei, dovuta alla ritrosia del
signore, in cui la paziente stanca si lamenta per Questa convivenza/con la Sua
assenza e aggiunge la natura va contro natura (ritornando all’idea della lotta
nella teoria junghiana).

Molto più ricorrente nelle tre raccolte è il tentativo di Vivian di far innamorare
di sé il Dottore, o comunque di immaginarsi innamorati reciprocamente224,
come già diceva in Teresino. Di nuovo però questa reciprocità è impossibile da
raggiungere, soprattutto ora, essendo la relazione vietata dal contesto analitico.
La tematica del doppio viene rappresentata da un desiderio di unione, di
complementarietà tra il signore e la signora, sognando quell’unione che porti a
un cuore solo e un’anima sola: essendo un signore e una signora di forme
complementari, lì stavano perfettamente, come due contigui puzzles.225 Per il
signore notturno della prima raccolta l’autrice immagina una signora solare,
per poter soddisfatta dire che erano un signore e una signora proprio adatti,
portando anche una prova a questa sua affermazione: uniti producevano una
luce esatta e una fresca ombra, e inoltre di notte l’oscurità li avvolgeva e li
univa, come emisferi. Più confusa è invece la situazione proposta ne Il signore
degli spaventati, quando parlando de Il signore e la signora (già proposti
insieme nel titolo) la voce narrante sembra indecisa se seguire il proprio
immaginario, o la realtà:

219
V.L. Il signore che partiva, in Il signore d’oro, cit., p.25
220
V.L., La signora giovane e vecchina, ivi, p.82
221
V.L., La signora del compleanno, ivi, p.72
222
V.L., Il signore del trono, ivi, p.61
223
V.L., E sia mi faccia pure così male, in Poesie dando del Lei, cit., p.58
224
V.L., Di due persone, in Teresino, cit., p.30
225
V.L., Il signore della poltrona, in Il signore d’oro, cit., p.26

121
Sembravano due ma erano una cosa sola. Anzi sembravano una cosa sola ma erano
due. Anzi erano due e una cosa sola.
Allora quante poltrone ci volevano?
Due.
Quante seggiole?
Due.
Quanti tavoli?
Uno.
Quanti letti?
Uno.
Quanti soli?
Un sole e una luna.
Quante stelle?
Tutte tutte del firmamento le stelle disponibili (tranne quelle cadenti).

L’idea dello sdoppiamento ritorna anche con l’immagine dello specchio,


utilizzando questa immagine proprio per definire la dimensione analitica: non
c’erano specchi, eppure in quella stanza, profondamente, ci si specchiava.
Nello stesso componimento anche la descrizione dello studio dell’analista è
descritta “a specchio”, accostando continuamente le due prospettive, a seconda
che si prenda come riferimento uno o l’altro lato dello specchio (il signore o la
signora): era un signore seduto di fronte a una signora seduta di fronte a lui./
Alla loro destra-sinistra c’era una finestra, alla loro sinistra-destra c’era una
porta.226 Stesso metodo descrittivo è adottato per un’altra descrizione dello
studio analitico:

Aveva una stanza grande e una stanza piccola.


Nella stanza piccola c’era un tavolino grande e nella stanza grande c’era un tavolino
piccolo e c’erano due poltrone.[…]227

Il signore d’oro viene invece messo a confronto con altri signori, che però
brillavano poco, erano signori pallidi, opachi, non erano d’oro vero, erano
signori falsi./ […] E dov’era il signore d’oro vero?/ Lontano. All’originale si
accostano le copie, che però non riescono a riprodurne tutte le caratteristiche
che lo rendono unico, speciale. Lo stesso gioco tra originale e copia è
riproposto ne Il signore del cinema228 col paragone tra la vita e i film, o ne Il
signore della fotografia tra persona reale e foto, dove in questo caso il surplus
226
V.L., Il signore di fronte, in Il signore degli spaventati, cit., p.15
227
V.L., Il signore degli spaventati, ivi, p.16
228
V.L., Il signore del cinema, in Il signore d’oro, cit., p.59

122
è dato dal sorriso del signore: Sorrideva? Nella fotografia no, ma nella vita sì./
Era una fotografia a colori?/ No, era in bianco e nero.229 Nella realtà Vivian e
il Dottor B.M. non vivevano nella stessa casa, così in Il signore nell’aria, la
sognante paziente risolve il problema inventandosi una seconda casa, nell’aria
appunto,anzi a destra e a sinistra nel mezzo dell’aria,230 dove poter stare
insieme.

La dimensione onirica sviluppa il tema del doppio in Il signore della lavanda:

Un signore aveva due figlie di nome Chiara.


Sarebbe proibito dare nomi uguali, comunque quel signore le aveva chiamate così.
Quando le chiamava tutte e due alzavano gli occhi, ma lui ne guardava solo una (alla
volta).
La loro casa dava su un campo quadrato di lavanda.
Le diagonali del quadrato erano due sentieri bianchi, nel centro c’era un fontana.
Chiara e Chiara arrivavano dai due sentieri, si sedevano sull’orlo della fontana,
facevano piccoli mazzolini di lavanda.

Due figlie dallo stesso nome, che rispondono insieme quando il padre le
chiama, il campo di lavanda quadrato, che quindi ha tutti i lati uguali, due
sentieri bianchi uguali, perché formati dalle diagonali del quadrato, ma una
sola fontana al centro, dove le due sorelle omonime possono sedersi,
incontrarsi, specchiarsi. Oltre al doppio ritroviamo così il sogno, lo specchio e
la dimensione analitica. Il padre delle due Chiara è il signore de il signore degli
spaventati, il Dottor B.M., che come riceve una alla volta le sue pazienti così
guarda una alla volta le figlie: lui ne guardava una (alla volta). L’aggiunta tra
parentesi sembra voglia evitare fraintendimenti, il dottore non ha preferenze, o
forse sì? Una situazione simile viene proposta ne Il signore d’oro, dove non si
parla delle due figlie, ma delle due mogli. Anche in questo caso però la
situazione di uguaglianza è subito messa in dubbio, essendo la prima moglie
prima e vera moglie, mentre la seconda, segreta, molto piccola è in più e sta in
una scatolina. Nonostante l’iniziale differenza, il doppio torna ad essere
proposto come speculare nella conclusione: il signore voleva molto bene a tutte
e due le sue mogli e tutte e due le sue mogli volevano molto bene al signore.
229
V.L., Il signore della fotografia, in Il signore degli spaventati, cit., p.31
230
V.L., Il signore nell’aria, in Il signore d’oro, cit., p.66

123
Lieto fine immaginato, si può dire, come la stessa Vivian ammette di fare: la
notte sognava tale e quale, come fosse giorno, quindi era felice.231

4. Personaggi

I protagonisti delle tre raccolte sono due: Vivian e il Dottor B.M., come si
legge in Poesie dando del Lei, coincidenti con il signore e la signora di cui si
narra ne Il signore d’oro e Il signore degli spaventati.

Tanto il Dottor B.M., quanto il signore sono definito dall’autrice con attributi
ben poco caratterizzanti (bello e meraviglioso, accarezzabile, alato,
intoccabile, lontano, profumato, studioso, gentile, notturno). Questa
descrizione vaga e spesso fantastica è la conseguenza tangibile del fatto che le
situazioni sono immaginate da Vivian. Questo è anche dovuto al tipo di
rapporto analista-paziente, che non è alla pari: mentre il paziente di sé racconta
tutto, il medico rivela poco o nulla della sua vita privata, essendo questa una
delle regole del patto analitico. Questa vaghezza con cui il dottore si presenta
permette così di lasciare al paziente spazio per realizzare le proprie proiezioni
in modo da poterle poi analizzare insieme durante la terapia.232
Anche alla signora vengono attribuite caratteristiche fantasiose. In questo caso
però ogni attributo che le viene affidato è conseguenza dell’atteggiamento del
signore nei suoi confronti: è la signora della valigetta perché così può partire
con lui per le vacanze, è la signora del castello per via dei castelli in aria che
costruisce per poter immaginarsi col dottore, è la signora non gelosa quando
convince se stessa di non essere infastidita dalle attenzioni che l’analista
dimostrava ad altri. Soprattutto ne Il signore degli spaventati vengono però
riferite alla signora delle caratteristiche che più che il rapporto amoroso,
riguardano proprio la dimensione di terapia analitica. La prima signora della
raccolta è la signora nel bosco che si è persa nel bosco della sua mente,

231
V.L., La signora felice, in Il signore degli spaventati, cit., p.40
232
R.Dedola, La poesia del transfert: la poesia innamorata di Vivian Lamarque, in Studi
novecenteschi, n.41, giugno 1991, p.226

124
potremmo dire, che all’inizio sembrava un bosco facile, ma quella signora non
riusciva a uscirne più./ Il cuore le batteva a mille, il sentiero era finito su se
stesso, la notte stava per calarle addosso come una montagna. Così è per la
signora della paura che tanto era spaventata che la voce non le usciva più, la
signora spostatrice di montagne, dove il signore analista le dice dove metterle
e lei le metteva, la signora d’acciaio che deve essere forte per resistere al
dolore. Si note che in questa raccolta anche al signore viene attribuito
maggiormente il proprio ruolo analitico, si pensi al signore delle trappole, che
preparava trappole speciali a fin di bene, o al signore che faceva male, che
però rassicurava anche i suoi pazienti, essendo il signore degli spaventati.

In alcuni componimenti de Il signore d’oro e de il signore degli spaventati,


entra in scena un altro personaggio, la vecchina, protagonista di la signora
giovane e vecchina, de il signore della febbre e de la signora e l’inverno. Ma
questa vecchina altro non è che un’altra proiezione della protagonista Vivian
essendo infatti la signora, ma giovane e vecchia allo stesso tempo, aveva cento
anni ma non li dimostrava e voleva segretamente bene al signore, non lo
svelandolo solo per pudore, vista la differenza di età. Nella situazione inversa
ci si trova ne Il signore d’oro con il signore e la bambina, dove la
microscopica bambina che il dottore raccoglie è evidentemente Vivian.
Ognuna di queste proiezioni è conseguenza del transfert analitico, come si
dimostra nel più esplicito Poesie dando del Lei . Vivian qui si definisce amante
neonata/ succhia l’uomo mamma perdutamente/ ecco il latte buono, che come i
bambini va nel mondo dei balocchi e che chiede al suo dottore se
festeggeranno insieme quando finalmente avrà raggiunto la maturità.

La signora passerotto però, nonostante i sui 90 anni, non è la signora vecchina,


bensì la mamma del signore, passerotto nel senso di mamma resa piccola e
leggera dall’età, e che cammina piano sulle strade. Sempre ne Il signore d’oro
viene presentato un altro personaggio femminile rivale di Vivian per la
conquista dell’affetto del signore: la signora beata, ossia la moglie del Dottor
B.M., che era già stata presentata nel secondo componimento della raccolta,

125
come prima moglie del signore, mentre alla paziente toccava il ruolo di
seconda. Rivali presentati in modo più generico nei vari brani sono le altre
pazienti del Dottore, sono le altre signore, quelle signore piccole piccole che il
signore poteva ricevere solo una alla volta e che lui baciava molto (dietro la
tendina), specialmente una233 conclude Vivian rivendicando la propria
relazione col signore.

4.1 Narratore e interlocutore

Oltre che protagonista, Vivian è anche voce narrante delle tre raccolte, essendo
suo il punto di vista sulla dimensione analitica proposto al lettore. Tutta la
trilogia infatti mette in atto, sia pure in modi diversi,

una situazione comunicativa, tipica del setting analitico, in cui uno degli elementi
dell’enunciazione, e precisamente l’allocutore (medico) entra nell’enunciato del
locutore (paziente) come transfert.

E’ proprio il contesto in cui si genera il messaggio, però, ad essere d’ostacolo


alla realizzazione di un dialogo tra i due all’interno dei componimenti, essendo
il destinatario proposto come un oggetto impossibilitato, per suo statuto, a
raccogliere sul piano di realtà le richieste dell’altro.234 La parole di Vivian
fanno così parte di una comunicazione senza risposta, cercando di colloquiare
d’amore reciproco con chi non può e non vuole trovarsi in questa situazione.

Nonostante la solitudine della voce narrante alla terza persona di Il signore


d’oro e Il signore degli spaventati, Vivian inserisce numerose proposizioni
interrogative nei brani delle due raccolte: E la pioggia?/ La pioggia fuori
pioggerellava./ E dopo?/ Dopo non si sa, erano al prima235; E cosa diceva?
Diceva vieni vieni, vieni tra le mi braccia236; Almeno dava baci? Mai. Nessuno

233
V.L., Il signore della tendina, in Il signore d’oro, cit., p.23
234
G.Petrucci, Il sonno di Alice: l’enunciazione del transfert nella poesia di Vivian Lamarque,
in “Italianistica”, n.1, gennaio-aprile 1998, p.89
235
V.L., Il signore e la pioggia, in Il signore d’oro, cit., p.21
236
V.L., Il signore amato, ivi, p.29

126
era meno innamorato di lui237; E lì cosa faceva?/ Stava.238; Nessuna nessuna?/
Nessuna239; ecc. Viene così allo scoperto l’incessante bisogno di conferme, ma
soprattutto bisogno di dialogo di Vivian, a cui si cerca in questo modo di
sopperire, non essendo possibile uno scambio amoroso col signore.

Non si sa chi ponga le domande, ma dato il loro carattere di pseudo interrogative, la


loro funzione sembra non tanto quella di ottenere risposta, quanto di mantenere vivo il
dialogo, il legame che la comunicazione stabilisce con un tu, privilegiando dunque la
funzione fatica del discorso.240

Si viene così a creare una situazione comunicativa simile a quella dei bambini
quando, giocando da soli, si mettono a parlare a voce alta con l’amico
immaginario.

Attraverso tale espediente è possibile che la dimensione interiore si apra a un dialogo


con un tu che appartiene anch’esso all’interiorità e che acquista così capacità di parola.
E’ questo uno dei risultati del transfert, che rende possibile un dialogo interiore in
presenza di un forte legame affettivo.241

Ne il signore d’oro entra nel gioco dialogico tra il narratore l’interlocutore


anche il lettore. Il signore che non arrivava:

Alla finestra di una casa una signora aspettava sempre un signore che non arrivava.
E allora perché lo aspettava?
Perché la signora non lo sapeva che il signore non arrivava.
Questo lo sappiamo noi, non lei.

Il pronome noi unisce il sapere delle due voci che ammiccando al pubblico
rivelano l’onniscienza del narratore, introducono così nel testo un’altra
prospettiva, oltre a quella solita della voce narrante e del suo interrogatore. Un
caso simile, ma più sfumato, si può leggere nella conclusione de Il signore
della pioggia che alla domanda E dopo? risponde lasciando in sospeso la
curiosità dell’interlocutore, dopo non si sa, erano al prima, L’accostamento

237
V.L., Il signore meno, ivi, p.40
238
V.L., Il signore nel cuore, in Il signore degli spaventati, cit., p.18
239
V.L., Il signore delle aquile, ivi, p.21
240
R.Dedola, La poesia del transfert: la poesia innamorata di Vivian Lamarque, in “Studi
novecenteschi”, n.41, giugno 1991, p.229
241
Ibidem

127
dell’imperfetto al prima crea però confusione, un disordine temporale che
sembra un lapsus: ciò che la voce narrante racconta è già accaduto, e ciò che il
narratore ci racconta è a posteriori, lei sa già cosa è accaduto dopo.

Anche in Poesie dando del Lei , dove il Lei fa trasparire la consapevolezza che
l’io ha del proprio confine e ruolo nella relazione, ci viene proposto il dialogo.
Questa volta però la voce narrante non parla più in terza persona, ma dice io,
mentre si rivolge al tu del Dottore a cui dà appunto del Lei, com’è convenzione
nel contesto analitico per mantenere la distanza. Qui i dialoghi risultano più
reali, ci sono due interlocutori distinti, e questo è rimarcato anche graficamente
dalla lineetta che introduce la voce ora dell’uno ora dell’altro: -Oggi è la volta/
che Le voglio bene più di tutte./ -Altre volte me l’ha detto./ -Sì, ma questa è la
vera volta/ il vero oro dell’affetto; -Con impaziente pazienza io La amo./ -E
quando sarà finita?/ -Oh entri un secondo prima nella mia vita. Nella maggior
parte dei testi della raccolta è però la sola voce di Vivian ad essere in scena e le
poche domande che pone non creano il gioco dialogico con l’interlocutore
invisibile che invece avveniva nelle altre due opere della trilogia. In questo
caso le domande, si limitano a rimanere senza risposta, quando non sono
domande retoriche, alimentando la frustrazione dovuta alla situazione di
transfert in cui si trova la protagonista:

Sono le sei la città dorme


e Lei?
sogna?oh qualcuno sogni un sogno che mi comprenda
non mi escluda

Le voglio troppo bene


così non va?
semplice: toglierò subito il troppo.

128
5. La forma dei testi

L’esperienza del transfert consente alla paziente Vivian di intraprendere con se


stessa un dialogo, vissuto interiore, ma spesso nella narrazione esplicitato.
Questa modalità permette di ridimensionare il problema della perdita, della
separazione e della lontananza perché vissuti in rapporto con un tu, l’analista,
all’interno di una vicenda di innamoramento. Mentre in Teresino la poesia
della Lamarque era chiusa in se stessa, ora nasce dal rapporto con l’altro,
nasce dall’innamoramento per il signore d’oro, innamoramento vissuto con
slancio infantile in cui tuttavia non viene mai meno un certo distanziamento
ironico che con Poesie dando del Lei si fa più esplicito, giocando in modo più
diretto nel dialogo col dottore pur mediato dall’uso del formale Lei.
Quest’ultima raccolta, oltre a modificare i propri toni, propone anche una
modalità metrica che più facilmente è assimilabile alla poesia. I testi, che
continuano la caratteristica brevità dello scrivere di Vivian Lamarque, si
compongono di versi con un numero contenuto di sillabe, proponendo anche
delle rime, creando con le figure di suono uno schema ritmico che struttura,
seppur minimamente, il testo: Il mio Dottore è gentile,/ ma io vorrei morire;
Sa,/ il mio cane è vecchino/ finisce a fatica/ il giro del giardino; Appena
appena cominciata/ si è già disperata/ la mia giornata; Guardi, guardate:/ le
lumachine del mio giardino/ oggi si sono sposate!; caro Dottore/ dentro il Suo
cuore/ c’è una bacchetta/ mi porti lontano/ La prego Dottore/ anche solo
un’oretta/ poi ritorniamo.
Lunghissimi invece sono i “versi” de Il signore d’oro e Il signore degli
spaventati, tanto che i testi delle due raccolte risultare brevi componimenti in
prosa, piuttosto che poesia a schema libero. In questi due testi infatti alcuni
versi arrivano a occupare più righe della pagina su cui sono stampate,
ricordando la modalità compositiva de L’amore mio è buonissimo, ma portata
ad esiti molto più estremi. Si prenda come esempio questo verso: Le bussava ai
vetri, le faceva inchini di neve, le offriva ghiaccioli di zucchero, le suggeriva
nelle orecchie i nomi che la vecchina dimenticava, le usava attenzioni di ogni

129
genere242; o quest’altro: Se l’avesse saputo come si sarebbe indispettito, ma per
fortuna lo ignorava, guidava tranquillo senza lontanamente immaginare quello
che l’aspettava all’arrivo, all’atto dell’apertura dei bagagli.243 Molti
componimenti sebbene formati da due soli versi risultano così molto più lunghi
di quanto potrebbe essere un brano di poesia in metrica.

Nelle due raccolte sui signori, però, l’autrice inserisce due brevi poesie, che
ricordano i modi del poetare di Teresino. Ne Il signore d’oro il brano è
proposto come post scriptum, intitolato Il bambino delle cantine. Nonostante
due dei tre versi siano piuttosto lunghi, la punteggiatura e le rime suggeriscono
uno schema ritmico di due decasillabi per il primo verso, un settenario per il
secondo verso e, separando dal terzo verso la sillaba della negazione no, che la
virgola separa dal resto della frase, il verso si compone di un endecasillabo e
un decasillabo, quest’ultimo diviso dalla virgola in due pentametri: Avendo
bevuto tanto vino, era un bambino ubriachino./ Allora barcollava?/ No, ma
dava baci a tutte le bambine, dietro i barili, nelle cantine.
Apre il signore degli spaventati la lirica I bambini persi:

Nella notte nei boschi


i bambini persi chiamavano
per essere trovati.
Non c’erano le stelle?
Le stelle erano gli occhi dei lupi.
Non c’era la luna?
La luna era le fauci dei lupi.
I bambini persi erano spaventati?
Sì, chiamavano tanto.
Svegliavano gli animali addormentati.

Il testo, più corposo rispetto a quello proposto nella prima raccolta della
trilogia, si compone di dieci versi con l’ultimo verso della lirica, il più lungo
della poesia, di dodici sillabe, mentre un esametro è il v.6, il più breve. Le
rime perfette sono solo due: lupi e lupi ai vv. 4 e 6, spaventati e addormentati
ai vv.8 e 10 che però riprende il trovati che chiude il terzo verso. Ai v.4-6

242
V.L., La signora e l’inverno, in Il signore degli spaventati, cit., p.48
243
V.L., La signora della valigetta, in Il signore d’oro, cit., p.70

130
ricorre anche l’anafora: non c’erano le stelle?/ […] Non c’era la luna? che si
accosta alle figure di suono che ritornano anche nei componimenti delle due
raccolte, nonostante siano più associabili alla prosa che alla struttura poetica.

6. Fonti e modelli di scrittura

La trilogia è dedicata al Dottor B.M., l’analista junghiano di Vivian Lamarque, e pone


al centro l’esperienza analitica. Anche Il piccolo Berto (1929-31) di Umberto Saba ha
come dedicatario lo psicoanalista con cui il poeta si era sottoposto a un trattamento,
Edoardo Weiss. L’analisi ha permesso a Saba il recupero di un contenuto inconscio
rimosso, l’approdo al seno “di colei che Berto ancora/ mi chiama”; eliminando la
rimozione che impediva a tale contenuto di divenire conscio, ha rivelato il grande
dolore per la perdita di una figura materna molto amata, la balia, e insieme la perdita
di sé come bambino. Nel componimento Berto, la comparsa del bambino timido e
goffo è accompagnata da un ricordo preciso: il piccolo Berto “calze portava di color
celeste”. Più che recuperare ricordi dell’infanzia rimossi, la trilogia di Vivian
Lamarque affronta invece il problema del transfert.244

Le tre raccolte poetiche dedicate dalla Lamarque al Dottor B.M. raccontano


dell’amore per il proprio analista, ma così facendo ripropongono al lettore la
dimensione analitica nella quale tale relazione si sviluppa permettendo di
essere anche queste tre opere definite romanzo psicologico, denominazione che
lo stesso Saba aveva legittimato per il proprio Canzoniere. Con la sua trilogia
la Lamarque si inserisce nella dimensione psicoanalitica che con Saba e Svevo
aveva fatto per la prima volta il suo ingresso nella letteratura italiana. Va però
considerato il fatto che per Saba la poesia non ha scopo terapeutico, bensì
piuttosto consolatorio, in quanto strumento indiretto, incapace di realizzare a
pieno quella dimensione narrativa necessaria per ricostruire nella sua interezza
la vita e così facendo anche la dimensione psichica.
Attraverso il transfert la Lamarque ripercorre la propria esperienza, vedendo
nell’analista la madre, il padre e l’amato:

Amante neonata
succhia l’uomomamma perdutamente
ecco il latte buono viene -guardi-

244
R.Dedola, La poesia del transfert: la poesia innamorata di Vivian Lamarque, in “Studi
Novecenteschi”, n.41, giugno 1991

131
scorre come dalla montagna il fiume
naturalmente.245

Manca però nell’autrice la volontà di raccontare in modo ordinato e


cronologico il suo percorso, volontà che invece struttura tutto il Canzoniere di
Saba dando risalto all’aspetto narrativo dei testi che nel loro possono essere
considerati come una vera e propria storia, romanzo psicologico appunto. Le
poesie della Lamarque invece si susseguono nelle sue raccolte spesso con
collegamenti analogici, e a volte senza apparente connessione tra un brano e
l’altro. Attenzione è invece posta dall’autrice nell’ordinare le tre opere,
collocando nell’opera omnia Poesie 1972-2002 prima i due signori, Il signore
d’oro e Il signore degli spaventati, contenenti poesie dal 1984 al 1986, mentre
inserisce Poesie dando del Lei come terza opera, essendo in quest’ultima
vissuto più consapevolmente il transfert.
Nei piccoli componimenti, soprattutto in Il signore d’oro e in Il signore degli
spaventati, sono presenti i modi della poesia di Rodari: protagonisti della
narrazione sono un generico signore e una generica signora descritti in
situazioni surreali e fantasiose, come ne Il signore in fondo al mare:

Un signore qualche volta andava in fondo al mare a vedere i diversissimi pesci che lì
passavano.
I pesci si accorgevano?
Sì, i pesci guardavano il signore e anche dopo che era uscito dal mare
anche dopo tanti anni, se lo ricordavano.246

Tale ambientazione richiama anche i modi della poesia di Sandro Penna,


soprattutto quando nei testi della Lamarque, in una situazione apparentemente
serena, affiora improvviso un dolore profondo che vanifica il tentativo di
celarlo:

Un signore non accanto a lei era seduto.


Non dai finestrini indicava il panorama, guarda come è verde nessun colle.
Non era stanco, non aveva fame, nessun pasto tra loro, nessuna cura.
E allora?
Allora il dolore scendeva sopra il viaggio.247

245
V.L., Amante neonata, in Poesie dando del Lei, cit., p.23
246
V.L., Il signore in fondo al mare, in Il signore d’oro, cit., p.37

132
Luccicante di sole la strada lo portava.
Da lontano a Milano lo portava.
Tutte le forze di velocità giravano giravano le ruote affinché il signore lontano
diventasse un signore qui.248

La Lamarque è la conferma, come ha scritto Pasolini a proposito di Penna, che la


grazia nasce dal male ( e che lo stile della grazia è, in certi casi isolati, la
condensazione sublimata del male stesso con risultati struggenti di un gioco delle parti
che rovescia in stile una patologia, in malinconia sospesa una lacerazione vitale).249

Rossana Dedola aggiunge a questo aspetto un’altra somiglianza tra i due poeti
notando che, come Penna, anche la poetessa riesce a fare in modo che

una sensazione sottile di diversità impedisca al sentimento più semplice di cadere nel
luogo comune250:

Caro Dottore
dentro il suo cuore
c’è una barchetta
mi porti lontano
La prego Dottore
anche solo un’oretta
poi ritorniamo251.

Fantasiose e bizzarre appaiono anche le ambientazioni e le caratteristiche


attribuite ai personaggi della trilogia dall’autrice:

Storie bonsai, orologi di carta, bolle di sapone, che racchiudono l’esterno nell’interno,
il naturale nell’artificiale, suggeriscono ad angusti spazi domestici illusioni
ologrammatiche. Una Lilliput diversa da quella di Swift, metamorfica volubile
comicamente carrolliana, non senza passaggi e spunti beckettiani. Ai signori e alle
signore di Lilliput di Lamarque capita di tutto.252

Alcune delle modalità linguistiche adottate dalla Lamarque, sono invece


riconducibili agli usi propri della lingua inglese. Si noti per esempio la

247
V.L., il signore non seduto, ivi, p.49
248
V.L., Il signore qui, ivi, p.11
249
G.D’Elia, De Monticelli, Lamarque, Sica: tre signore itineranti sui sentieri della poesia, in
“Il Manifesto”, 5 febbraio 1993
250
R.Dedola, La poesia del transfert: la poesia innamorata di Vivian Lamarque, in “Studi
Novecenteschi”, cit., p.231
251
V.L., Caro Dottore, in Poesie dando del Lei, cit, p.18
252
R.Caddeo, Contro mostri e draghi l’arma della scrittura, in “Concertino”, cit., p.24

133
creazione di unità inusuali nella acaratterizzazione dei personaggi protagonisti,
ottenute associando al sostantivo un altro elemento chelo definisce e
caratterizza: il signore mai (neverman) o il signore non (no man). In altri
componimenti invece la narrazione è portata avanti dal continuo alternarsi di
negazione e affermazione, che crea un effetto di sdoppiamento della realtà:
Non non primo, quel signore era l’ultimo, suo/ amore.253; Perché nella sua
mente non c’era nessuno, c’era qualcuno.254 In tale modalità Marosia Castaldi
individua una somiglianza con alcune espressioni della poetessa americana
Gertrude Stein:

“Ida non aveva abitato ovunque, ma aveva abitato in molte case e in moltissimi
alberghi”, dove non c’è una negazione diretta, in quanto la negazione di “ovunque” è
“in nessun posto” (everywhere e nowhere), ma in quanto il procedere linguistico si dà
non direttamente affermando:”Ida aveva abitato in molte case e in moltissimi
alberghi”, ma parzialmente negando: “non