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Universit degli Studi di Padova

Dipartimento di Studi Linguistici e Letterari

Corso di Laurea Triennale in Lettere


Classe V

Tesina di Laurea

Le persistenze della lirica.


La vita in versi di Giovanni Giudici.

Relatore Laureando
Prof. Emanuele Zinato Anna Fortunato
n matr. 1044413/LT

Anno accademico 2014/2015


Indice

Introduzione 5

Capitolo 1
Dopo la lirica, ancora la lirica
1.1 La complessit di una creazione letterario: uno sguardo sulla prima met del Novecento 9
1.2 La citt della poesia moderna: la via della lirica 13

Capitolo 2

Gli anni Sessanta dal cuore del miracolo 17

Capitolo 3

Un io lirico mostruosamente normale

3.1 Unanalisi pragmatica 23

3.2 La vita in versi: dalla periferia al centro 30

3.3 Regime lirico in La vita in versi: le scelte formali e la postura dellio 36

Conclusione 49

Bibliografia 53

3
Introduzione

Il seguente lavoro presenta lopera di Giovanni Giudici La vita in versi


(1965) allinterno del pi complesso dibattito sul superamento o fine della
lirica, da alcuni studiosi collocabili nel cuore del Novecento. Esso
organizzato in tre capitoli, lultimo dei quali, dedicato allopera di Giudici,
illustra il rapporto di questultimo con la lirica attraverso una scelta di
campioni testuali.

Una delle voci pi significative allinterno di tale dibattito quella di


Enrico Testa, il quale nellantologia Dopo la lirica1 vede nel passaggio
cruciale della fine degli anni Cinquanta e inizio degli anni Sessanta il
momento di crisi e superamento della lirica per la messa in discussione della
dominanza del soggetto lirico. Questa messa in discussione avverrebbe
attraverso lapertura alla dialogicit e al parlato che infrangono non solo
lidea di canone lirico dal punto di vista linguistico ma anche quella di lirica
come dominio di un soggetto monologante, nonch attraverso ladozione di
un verso dallandamento prosastico che quasi sembra abbattere i confini tra
prosa e poesia.

Nel primo capitolo quindi, preso atto della complessit della ricerca di
ununivoca definizione di lirica e presentata la posizione di Testa, si procede
con lillustrare due studi a favore della tesi opposta e cio di una persistenza
della lirica al di l delle sperimentazione che hanno investito la struttura
metrica e il repertorio linguistico di questultima almeno dalla met
dellOttocento. Questi studi, assunti come strumenti di indagine al fine poi
di individuare una persistenza della lirica proprio nellopera giudiciana,
sono Sulla poesia moderna2 di Guido Mazzoni e Il testo lirico3di Giuseppe

1
E. Testa (a cura di), Dopo la lirica: poeti italiani 1960-2000, Einaudi, Torino,
2005
2
G. Mazzoni, Sulla poesia moderna, Il Mulino, Bologna, 2005
3
G. Bernardelli, Il testo lirico. Logica e forma di un tipo letterario, V&P
Universit, Milano, 2002

5
Bernardelli. Nel primo, come si vedr di seguito, la poesia moderna viene
definita attraverso una metafora concettuale dallefficacia iconica: Guido
Mazzoni parla della poesia moderna nei termini di una citt con un centro,
la lirica e due periferie rappresentate dalle sperimentazioni che dalla lirica si
allontanano ovvero i longs poems o pomes en prose che superano i limiti
della poesia soggettiva affrontando contenuti saggistici o narrativi e la
posie pure che si basa sullelaborazione del significante nel tentativo di
ridurre la poesia ad un puro gioco formale. Attraverso questa metafora
quindi quanto si allontana dallidea di lirica viene ricondotto non ad un suo
opposto ma ad una sua differente elaborazione. Lo studio di Giuseppe
Bernardelli individua invece quelle che possono considerarsi alcune
propriet pragmatiche della lirica, elementi che a prescindere dallepoca,
dalla corrente letteraria e quindi dallelaborazione formale e contenutistica
del testo possono essere individuati: secondo Bernardelli infatti un testo
lirico un discorso in presenza svolto assumendo che vi sia linterlocutore e
che questo condivida il medesimo contesto non solo storico e culturale ma
spesso anche fisico del poeta il quale vi si riferisce attraverso espressioni
indicali e nomi propri che hanno funzione deittica.

Nel secondo e nel terzo capitolo si considerano rispettivamente il


momento di pubblicazione dellopera di Giudici (1965) che rientra nel
periodo cruciale di cesura individuato da Testa e lopera La vita in versi
analizzata attraverso gli studi di Bernardelli e di Mazzoni. Attraverso la
metafora concettuale di Mazzoni si tenta una possibile interpretazione dei
maggiori fenomeni del periodo compreso tra la fine degli anni Cinquanta e
linizio del decennio successivo, i quali vengono ricondotti tutti nellalveo
della poesia moderna: anche per gli anni Sessanta si possono individuare
poeti che rispondono con i loro testi alle periferie del long poem e della
posie pure rispettivamente la produzione di Officina e della
Neoavanguardia- e poeti che invece sembrano mantenere un pi vivo
legame con la tradizione lirica, pur sottoponendola a significativi
cambiamenti che investono il repertorio linguistico e le scelte metriche.

E questo il caso di Giudici, cui il terzo capitolo dedicato nella sua


interezza. La raccolta La vita in versi (1965) viene analizzata sia alla luce

6
delle considerazioni circa la struttura pragmatica del testo lirico proposte da
Bernardelli, sia attraverso lormai nota al lettore metafora cittadina di
Mazzoni, grazie alla quale emerge il trattamento che Giudici riserva alla
lirica, non estraneo, tra laltro, a sperimentazioni che pi si avvicinano al
modello del long poem.

La persistenza del modello lirico in Giudici viene definita non solo in


base a scelte formali ma, in ultima istanza, in considerazione alla postura
dellio, cio alla presenza di un io lirico che di componimento in
componimento viene definendosi, il quale condivide con lautore non pochi
elementi biografici. Se una delle definizioni di lirica, quella che con ogni
probabilit pi appartiene alla sensibilit europea, quella di espressione del
soggetto, in Giudici questa nozione di espressivismo ancora ben presente.
Pur trattandosi di una soggettivit sempre minore, ironica sugli altri e su se
stessa, la cui postura stata ricondotta al dominio crepuscolare, c pur
sempre un soggetto che esprime la sua interiorit e che emerge a livello
macrotestuale, contribuendo alla costituzione di una struttura tematica
iterativa ben riconoscibile e di seguito analizzata.

7
Capitolo 1

Dopo la lirica, ancora la lirica

1.1 La complessit di una creazione letteraria: uno sguardo sulla prima


met del Novecento

Il termine lirica ha una storia plurisecolare che, se pu risultare


sufficientemente chiara in una sua ricostruzione storica4, lascia tuttavia
aperta la questione circa una sua definizione univoca5.
Nonostante lestensione del concetto, possibile constatare almeno tre
significati6: il termine pu indicare una categoria estetica, secondo la
celeberrima teorizzazione hegeliana in base alla quale la lirica d voce al
soggettivo, al mondo interno, allanimo che riflette [] e pu quindi
prendere come unica forma e meta ultima lesprimersi del soggetto7; in
secondo luogo pu designare un genere letterario, diversamente avvertito
nel corso delle epoche e a seconda delle tradizioni letterarie; pu, infine,
riferirsi ad un insieme di fatti linguistici e indicare specifici tratti della
lingua poetica8.
Tale tripartizione semantica risulta chiara almeno dal Romanticismo in
poi, momento in cui non solo la lirica va definendosi come genere letterario
in contrapposizione a quello epico e drammatico9, ma riconosce anche un

4
Cfr. L. Formisano, La lirica, Il Mulino, Bologna, 1990 offre una panoramica
storica dalle origini romanze, senza occuparsi delle ragioni teoriche che hanno
portato alla definizione del termine.
5
Cfr. C. Segre, Avviamento allanalisi del testo letterario, Einaudi, Torino, 1985,
p. 255, definisce la lirica come genere di pi difficile definizione
6
P. Zublena Dopo la lirica, in Giuseppe Antonelli, Matteo Motolese, Lorenzo
Tomasin (a cura di), Storia dellitaliano scritto. Poesia, Carocci, Roma, 2014, pp.
403 e segg.
7
Cfr. G. W. F Hegel, sthetik, Berlin, Aufbau Verlag, 1955; trad. it. Estetica,
Milano, Feltrinelli, 1978, sez III, cap. III, p. 1373
8
Per una panoramica dettagliata della lirica dal punto di vista linguistico si
consultino: S. Bozzola, La lirica: dalle origini a Leopardi, Il Mulino, Bologna,
2012 e A. Afribo, A. Soldani, La poesia moderna. Dal secondo Ottocento a oggi, Il
Mulino, Bologna, 2012
9
Lepica mette in rilievo loggettivo stesso nella sua oggettivit, mentre il
dramma sarebbe sintesi di oggettivo e soggettivo, ovvero una nuova totalit in cui
9
riscatto rispetto alle altre creazioni artistiche tale da comportarne
unidentificazione con lidea stessa di poesia. A questa sua graduale
affermazione come categoria estetica e genere letterario corrisponde, a
partire dalla met dellOttocento in poi, una progressiva crisi dellidea di
lirica come canone linguistico e stilistico: limitatamente al panorama
italiano, una cesura pu essere indicata da un lato dalle sperimentazioni
della Scapigliatura, per la quale il rifiuto dellordine esistente si esplicita
anche come dissidio con quella che rimaneva la lingua ufficiale della
poesia, in cui o contro cui riversa tutto un lessico prosaico e basso fino ad
allora estraneo al verso italiano10; dallaltro, dalle ben note sperimentazioni
metriche di Carducci, la cui metrica barbara, nel tentativo di ripristinare gli
schemi metrici degli antichi, rappresent in realt linizio dellinfrazione
dellisosillabismo e della rinuncia ad uno schema rimico e ritmico regolare,
unazione eversiva, questa, significativa perch autorizzata dal magistero
del poeta e di fatto accolta da Pascoli e DAnnunzio, che la portarono alle
sue estreme conseguenze.
Il mutamento del codice lirico in senso linguistico e stilistico, primo
lasciapassare per una rivoluzione anche del repertorio tematico, si esplicita
differentemente tra la fine dellOttocento e la prima met del Novecento: si
passa infatti dallaccensione sintattica e il lessico antitradizionale del
futurismo, allespressionismo, soprattutto a livello morfologico, dei
vociani, allelementarit metrico - sintattica e lestremismo figurale del
primo Ungaretti11, fino ad arrivare al purismo e al controllo metrico e
retorico esercitato dallErmetismo degli anni Trenta, che da un lato riprende
il classicismo promosso da La Rondaallinizio degli anni Venti, dallaltro
guarda alla ristrutturazione metrica e al recupero di un lessico alto operati
dal secondo Ungaretti di Sentimento del tempo. Queste, in breve, le sorti
altalenanti cui sottoposta la lirica come canone linguistico nei primi
decenni del Novecento, la quale, sebbene conosca un forte ampliamento
della gamma lessicale e sintattica, tuttavia non rinuncia ad unelaborazione
fonica e ritmica, n ad un impianto metaforico e metonimico: con

noi ci troviamo davanti sia uno svolgimento obiettivo che il suo originarsi
allinterno di individui, Cfr. G. W. F. Hegel, op cit., p. 1372
10
A. Girardi, Prosa in versi: da Pascoli a Giudici, Esedra, Padova, 2001, p. 8
11
P. Zublena, op cit, p. 408
10
Giovanardi possiamo dire che non di monolinguismo si dovrebbe
insomma parlare, bens di monostilismo, come risultato espressivo12 di
un codice che, pur nutrito da una matrice realista, non rinuncia ad una sua
separatezza. Pertanto, al di l delle sperimentazioni cui il codice lirico
sottoposto, la lirica persiste nella prima met del Novecento come polo
opposto rispetto a modalit del discorso letterario differenti ad esempio
quella narrativa e continua ad essere percepita come un genere e una
categoria estetica, sinonimi, residui di poeticit.
Se i poeti dellimmediato secondo dopoguerra continuano a frequentare,
nel loro complesso, le modalit di scrittura dellanteguerra13, dalla seconda
met degli anni Cinquanta che la contaminazione con la prosa e il recupero
di modelli dapprima ignorati, o quasi, come il Pavese di Lavorare stanca
(1936), nonch i capiscuola del verso lungo Walt Whitman e Gian Pietro
Lucini, si pongono alla base di una nuova ricerca, motivata da una diffusa
esigenza di adesione alla realt, che nellambiguit della lingua e della
sintassi lirica tradizionale pareva troppo spesso oscurata.
Il progressivo avvicinamento della lingua della poesia a quella della
prosa, lapertura al parlato e ad una dizione narrativa e dialogica hanno
determinato la crisi della lirica come canone linguistico e stilistico chiuso,
constatazione questultima che stata assunta da alcuni come pretesto per
parlare di fine della lirica14. Nellintroduzione allantologia Dopo la lirica15,
Enrico Testa ha messo in luce la componente linguistica come anello di
disgiunzione tra primo e secondo Novecento, affermando che

La coscienza dellesautorazione del valore trascendentale della poesia e del


suo statuto di elezione e separatezza [] tramuta la presa datto della crisi
della lirica e delle sue convenzioni sociali e formali in registrazione
dellestinzione della poesia tout court (Luperini)16.

12
M. Cucchi e S. Giovanardi (a cura di), Poeti italiani del secondo Novecento
1945-1995, Mondadori, Milano, 1996, p. XV
13
M. Cucchi e S. Giovanardi, op. cit. p. XVII
14
Oltre al libro di Testa, di cui si discute diffusamente, si ricorda A. Berardinelli,
La poesia verso la prosa. Controversie sulla lirica moderna, Bollati Boringhieri,
Torino, 1994
15
E. Testa (a cura di), Dopo la lirica: poeti italiani 1960-2000, Einaudi, Torino,
2005
16
E. Testa, op. cit., p. VIII
11
E ancora

Linsistenza su modalit narrative e teatrali, accomunate dalla categoria del


personaggio [] sottopone lantico schema del lirismo ad una sorta di
dilatazione su pi registri e movenze; la quale , a sua volta, connessa alla
messa in questione delle pretese assolutistiche di una soggettivit chiusa in
se stessa17.

Enrico Testa quindi conduce lanalisi della poesia del secondo Novecento
allinsegna del ridimensionamento della soggettivit e della centralit nel
testo dellio empirico di ascendenza romantica, ridimensionamento cui si
accompagna labbassamento del tono e del registro lessicale e stilistico. Su
tali aspetti Enrico Testa ritorna anche in Per interposta persona, in cui
sostiene che, nella poesia del secondo Novecento, si verificherebbe una
sorta di congedo dalle ipostasi che fondano questo tipo di scrittura
monologica, quali la mitografia della figura dellautore, unimpostazione
della voce del testo obbediente ai parametri della confessione personale;
la sottolineatura del linguaggio della poesia come episodio differenziale []
rispetto alla lingua media o comune18.

La frattura che si verifica nella poesia degli anni Sessanta, come egli
stesso afferma allinterno dellintroduzione allantologia, testimoniata
anche dalla profetica riflessione di Montale sulla poesia inclusiva:

Fino ad una ventina danni or sono la poesia si distingueva dalla prosa per
limpiego di un linguaggio poetico [], per luso di strutture metriche
visibili a occhio nudo (il verso, la strofa, il polimetro) ed anche per
lesclusione di contenuti che si ritenevano pi adatti al trattamento
prosastico. La lirica escludeva la prosa proprio per questo: eleggendo
contenuti privilegiati [] e tentando di renderli personali19.

17
E. Testa, op. cit., p. XI
18
E. Testa, Per interposta persona. Lingua e poesia nel secondo Novecento,
Bulzoni, Roma, 1999, p. 12
19
E. Montale, Poesia inclusiva, Corriere della Sera, 21 giugno 1964, ora in Id.,
Sulla poesia, a cura di G. Zampa, Mondadori, Milano, 1997, pp. 146- 148
12
Ma lessere poeti inclusivi, il trasportare nellambito del verso o del
quasi verso tutto il carrozzone dei contenuti che da qualche secolo nerano
stati esclusi20, pare delineare un fenomeno che riguarda non tanto una
piena uscita dai territori della lirica, quanto pi una perdita di specificit, un
contatto, uno scambio proficuo che la lirica intrattiene con istanze diverse
da essa ma, pur sempre, allinterno del pi vasto contesto della poesia
moderna.

Con Piccini possiamo dire che

Pi che di fine totale della lirica sembrerebbe trattarsi [] di una sua


rimodulazione estrema, di una sua espansivit e inclusivit a comprendere
altro da s per continuare a essere, a darsi nel solo modo possibile21.

1.2 La citt della poesia moderna: la via della lirica

Si concluso il paragrafo precedente facendo riferimento al contesto


della poesia moderna: un efficace strumento di indagine in tale ambito il
saggio di Guido Mazzoni Sulla poesia moderna22, nel quale lautore, dopo
un lavoro di ricerca decennale, arrivato a definire tale spazio letterario
ovvero dal Romanticismo in poi come un centro con due periferie: il
centro rappresentato da componimenti brevi o di media lunghezza, quasi
sempre in versi, che parlano di temi personali in uno stile considerato
personale, ovvero dai testi comunemente definiti lirici; le due periferie,
invece, sono da un lato i long poems in italiano poemetti - opere in versi
che talvolta superano i limiti della poesia soggettiva affrontando contenuti
narrativi o saggistici, e che in ogni caso rinunciano alla forma
tendenzialmente breve; dallaltro quelle che potremo definire poesie pure
in riferimento alla definizione mallarmeana posie pure-, in quanto testi
che hanno la pretesa di abolire la prima persona, di eliminare ogni contenuto

20
E. Montale, op. cit.
21
D. Piccini, Letteratura come desiderio: studi sulla tradizione della poesia
italiana, Moretti e Vitali, Bergamo, 2008, p. 123
22
G. Mazzoni, Sulla poesia moderna, Il Mulino, Bologna, 2005
13
manifesto e di ridurre la poesia a un gioco di pure suggestioni formali23.
Alla luce di tali considerazioni, quindi, allinterno dello spazio letterario
della poesia del Novecento, i momenti di maggiore sperimentazione non
hanno decretato un superamento della lirica, bens, restando allinterno della
metafora di Mazzoni, unestensione delle periferie rispetto al centro: tanto le
prime, quanto il secondo, sono del resto accomunati da un medesimo
elemento espressivo, ovvero da una certa opacit soggettiva24.
La ricostruzione di Mazzoni non la sola a sostenere un percorso di
continuit dellarchetipo lirico romantico pur declinato in maniere
differenti-: proposte teoriche che permettano di parlare di persistenza della
lirica sono presentate anche da Giuseppe Bernardelli in Il testo lirico.
Logica e forma di un tipo letterario25, in cui, oltre ad offrire unesauriente
ricostruzione storica sulle variazioni dellidea di lirica dallAntichit al
Novecento, egli propone anche interessanti spunti di riflessione. Si rileva
infatti che la lirica consta di due livelli di analisi: in primo luogo il grado di
elaborazione del discorso, ovvero linsieme dei tratti elocutivi o di
superficie [] semplicemente indotti quali unelaborazione della
struttura sonora, [] un tasso di metaforicit e di figuralit nettamente
superiori alla media, lessere tendenzialmente breve e il presentarsi
come un discorso della prima persona26, per fare alcuni esempi. Si tratta
di aspetti che si possono ricondurre allidea di lirismo in generale perch
ricorrono anche in testi che propriamente lirici non sono, caratteristiche, del
resto, che rappresentano a tutti gli effetti elementi fondanti della lirica cos
come comunemente percepita e per tradizione inventariata. Il secondo
livello di analisi riguarda la presenza di tratti pragmatici ossia concernenti
la particolare relazione locutore interlocutore (o autore - destinatario)
suggerita dallimpostazione del testo, che sono: in primo luogo la
contestualit supposta o discorso in presenza, ovvero il presentarsi
come un discorso svolto con il destinatario fisicamente presente, quando
questo, invece, si trova, con ogni evidenza, distante; in secondo luogo

23
G. Mazzoni, op. cit., pp. 37-40
24
G. Mazzoni, op cit., p. 203
25
G. Bernardelli, Il testo lirico. Logica e forma di un tipo letterario, V&P
Universit, Milano, 2002
26
G. Bernardelli, op. cit., pp. 201-203
14
lapertura o indeterminazione, o eteronomia della struttura logico
semantica del testo stesso27 ossia uninsufficiente grado di determinazione
delle componenti del testo che sono invece alla base di una corretta e chiara
comunicazione. I primi elementi in cui si rilevano i tratti pragmatici del
discorso lirico sono la presenza di deittici o di espressioni che collocano il
discorso in una dimensione spazio temporale pi o meno definita e la
struttura apostrofale del testo; seguono la frequente brevit, di cui si detto
sopra, da cui la tendenziale riduzione della materia verbale che comporta,
come anticipato, un certo tasso di metaforicit e figuralit. Secondo la
proposta teorica di Bernardelli, quindi, la modalit discorsiva pragmatica
del testo lirico che comporta la serie di tratti elocutivi, che sono stati
ricondotti allidea di lirismo.
Tanto il quadro offerto da Mazzoni, quanto i livelli di analisi presentati
da Bernardelli, pertanto, si pongono come chiavi di lettura a favore di
unidea di persistenza della lirica al di l delle differenti elaborazioni
formali e contenutistiche cui stata sottoposta, soprattutto nel corso del
Novecento.

27
G. Bernardelli, op. cit., p. 203
15
Capitolo 2

Gli anni Sessanta dal cuore del miracolo

Il titolo del capitolo tratto dallomonima poesia di Giovanni Giudici


contenuta nella terza sezione di La vita in versi: tale scelta introduce non
solo una delle tematiche maggiormente ricorrenti allinterno dellopera, di
cui si vedr in seguito, ma allude, in primo luogo, ad una stagione, quella
che va dal 1956 al 1971, ricca di dibattiti in merito al rapporto tra industria e
cultura, sorprendentemente produttiva dopo linquietudine e lincertezza
del decennio 1945-195428.

Limportanza del 1956 come data topica ormai sottolineata da studi


consolidati29: risalgono a tale anno luscita di due opere antitetiche e
significative come Laborintus di Sanguineti - una delle opere che per prima
ha proposto una linea sperimentale frequentata poi negli anni Sessanta- e La
bufera e altro di Montale, ultimo esempio possibile di un moderno
umanesimo tragico30, nonch la fondazione della rivista Il Verri che fu il
terreno di incubazione della poetica neoavanguardistica. Il 1971 si considera
invece il limite del periodo preso in esame, data significativa non solo
perch rappresenta il momento di rottura del silenzio poetico di Montale che
pubblica Satura inaugurando una fase nuova della sua poesia in cui poco
resta del preziosismo formale delle altre raccolte, ma anche perch, ormai,
lesperienza della Neoavanguardia, insieme al fermento culturale che con
essa si era diffuso, risultano esauriti.

Il quindicennio tra la fine degli anni Cinquanta e linizio degli anni


Settanta si presenta dunque come uno dei periodi pi vivaci del Dopoguerra:
si assiste infatti, per fare alcuni esempi, allapogeo e declino di esperienze
significative come Officina(1955-1956), Menabche nasce dalle ceneri

28
M. Cucchi e S. Giovanardi, op. cit., p. XXI
29
Si vedano: R. Luperini, P. Cataldi, F. DAmely (a cura di)Poeti italiani: il
Novecento, Palumbo, Palermo, 2009 e P. V. Mengaldo, Poeti italiani del
Novecento, Mondadori, Milano, 2003
30
G. Simonetti, Dopo Montale. Le Occasioni e la poesia italiana del Novecento,
Pacini Fazzi, Lucca, 2002, p. 17
17
della rivista bolognese ed pubblicata fino alla morte di Vittorini (1966) e
alla parabola della Neoavanguardia che occupa nella sua interezza il
decennio (1961-1969), dando vita anchessa ad una rivista, Quindici
(1965-1969).

Si considerino due esperienze agli antipodi almeno a prima vista


quali Officinae la Neoavanguardia, non solo dal punto di vista
cronologico perch poco dopo lesaurirsi delluna, si afferma la nascita
dellaltra - ma anche per la serrata polemica che oppose i membri de Il
Verrie quelli di Officina: una posizione che si pu trovare anche
allinterno dellIntroduzione a I Novissimi, antologia che segna la nascita del
movimento neoavanguardista, edita per la prima volta nel 1961 a cura di
Luciano Anceschi e Alfredo Giuliani, allinterno della quale lo stesso
Giuliani afferma che a differenza che per gli ideologici - cio gli scrittori
gravitanti intorno a Officina- la poesia per loro non un pretesto
subordinato allintenzione culturale, ma prima di tutto unarte31.

Stando alla metafora concettuale di Mazzoni circa lo spazio letterario


della poesia moderna, tanto in Officinaquanto nella Neoavanguardia,
possibile riconoscere laffermarsi delle due periferie della poesia moderna,
in quanto entrambe le esperienze nascono dalla volont di oltrepassare il
nucleo egocentrico della lirica32. Lantinovecentismo di Officina, vale a
dire una tenace volont di opporsi e contrapporsi agli ideali di
concentrazione lirica, di purezza, di superamento e annullamento
delloggetto nella pronuncia33, corrisponderebbe alla periferia del long
poem che agisce sul contenuto recuperando al testo poetico un andamento
narrativo, riflessivo, saggistico estraneo alla dimensione lirica
tradizionalmente intesa. Il gruppo della rivista, infatti, auspicava e praticava
una rottura proprio dal punto di vista contenutistico, trattando temi relativi
alla vita socio-politica, con riferimenti anche brutali allattualit, attraverso
strutture sintattiche e stilistiche che privilegiavano proprio la forma del
poemetto. Significativa a tal proposito laffermazione di Pasolini che, in La
libert stilistica, riconosceva che la lingua letteraria che era stata portata
31
Cfr. A. Giuliani, Introduzione, in A. Giuliani (a cura di), I Novissimi. Poesie per
gli anni 60, Einaudi Torino, 2003, pp. 18-19
32
G. Mazzoni, op. cit., p. 190
33
G. Raboni, La poesia che si fa, Garzanti, Milano, 2005, p. 221
18
tutta a livello della poesia dagli ermetici, tendeva allora ad essere
abbassata tutta a livello della prosa, ossia del razionale, del logico, dello
storico34. E stato tuttavia notato che il tentativo di raccontare lItalia
messo in atto dai poeti di Officina si sia inevitabilmente scontrato con
mezzi formali ancora inadeguati perch antiquati e ancorati ad una
dimensione classicistica: la novit del gruppo consisterebbe allora
nellimmettere nella poesia problematiche ignorate dagli ermetici, perch
appartenenti a quello che essi chiamavano, un po snobisticamente, il
tempo minore: ansie, fobie, senso di alienazione[]35.

La Neoavanguardia, invece, pur riconoscendo le differenze che


animarono il gruppo, la cui coesione fu solo apparente, sembrerebbe
incarnare la periferia antilirica della poesia pura. Sia il nucleo dei cinque
poeti dellantologia I Novissimi, sia quello che nascer di l a poco, ovvero
il Gruppo63, un movimento intellettuale destinato a riunirsi con cadenza
annuale e a dare vita allesperienza editoriale di Quindici, rivendicarono
la vitalit della lingua, lasintattismo, la riduzione dellio in favore della
disseminazione di un parola chiamata a illustrare, con visione appunto
schizomorfa, la violenza e la complicazione della societ del nuovo
benessere economico36. Insofferenti verso un linguaggio usurato, che non
riusciva a stare al passo con i mutamenti di una societ ormai in repentina
evoluzione, gli intellettuali che si riconobbero nella Neoavanguardia, si
proposero come ambito di sperimentazione privilegiato proprio il
linguaggio, lasciandosi al contempo alle spalle lintimismo e il lirismo del
poeta-soggetto chiuso nella contemplazione della sua interiorit. Lo stesso
Fortini, come ricorda Mazzoni37, aveva riconosciuto una continuit fra
loscurit come tenebra mallarmeana, il futurismo, il surrealismo e certi
esperimenti delle neoavanguardie38. Una scrittura impersonale ed estensiva

34
Cfr. P. P. Pasolini, La libert stilistica, Officina, 9-10 1957 ora in P. P.
Pasolini, Passione e ideologia, a cura di A. A. Rosa, Garzanti, Milano, 2009, p.
427
35
E. S. Nicolaccini, Verso la prosa. Da Lucini a Sanguineti, in G. Langella, E. Elli
(a cura di), Il canto strozzato. Poesia italiana del Novecento:saggi critici e
antologia di testi, Interlinea, Novara, 2011, p. 120
36
N. Lorenzini, Il presente della poesia. 1960-1990, Il Mulino, Bologna, 1991, p.
45
37
G. Mazzoni, op. cit., p. 199
38
Cfr. F. Fortini, Oscurit e difficolt, Lasino doro, II, 1991, n. 3, p. 88
19
e una poesia che elabora tecniche eversive che investano soprattutto il
piano del significante: questi sono, almeno a livello programmatico, alcuni
dei punti fermi del movimento, che non rest immune allinflusso delle
teorie elaborate in quegli anni nellambito della semiologia, dello
strutturalismo, della linguistica e della teoria della comunicazione da autori
come Lvi Strauss, De Saussure e Barthes.

Come le due periferie della poesia moderna, allinterno del quadro


generale descritto da Mazzoni, non rappresentano raggruppamenti chiusi in
se stessi ma realt in contatto che possono pur sempre confluire le une nelle
altre, cos, Officina e la Neoavanguardia non rappresentarono due
dimensioni del tutto distanti luna dallaltra: entrambe infatti operarono in
un clima postermetico e di superamento di questultimo ed entrambe furono
accomunate da unapertura alla realt extraletteraria e sperimentarono forme
inconsuete e pluristilistiche. Valga come esempio del contatto tra i due
movimenti la figura di Elio Pagliarani che collabor con Officina e il suo
famoso poemetto La ragazza Carla (1957) testimonianza della vicinanza a
questultima- e fu poi tra i cinque poeti raccolti allinterno dellantologia I
Novissimi.

Negli stessi anni Sessanta lalternativa ad Officina, alla


Neoavanguardia e alle esperienze ad essa limitrofe rappresentata da un
gruppo di poeti della terza generazione39, come Sereni, Caproni,
Bertolucci e Luzi e dai pi giovani Giudici e Raboni, tra gli esponenti della
cosiddetta generazione del 4540. Nelle loro diversificate esperienze pare

39
La generazione letteraria un criterio storiografico di raggruppamento degli
autori introdotto in Italia da Oreste Macr:esso si fonda, in primo luogo, su basi
anagrafiche ma occorre che sussistano, tra intellettuali anagraficamente vicini,
legami culturali profondi, nonch la condivisione di idee e orientamenti.[] In Le
generazioni nella poesia italiana del Novecento, articolo del 1953, Macr ha
individuato tre generazioni letterarie: la prima comprende i nati fra il 1883 e il
1890, la seconda quella tra il 1894 e il 1901, la terza quelli tra il 1906 e il 1914 .
Tratto da G. Langella, P. Frare, P. Gresti, U. Motta (a cura di), Letteratura.it.
Storia e testi della letteratura italiana, Mondadori, Milano, 2012, vol 3b, p M88
40
Intendo con ci riferirmi sulla scorta di una suggestione lanciata da un grande
critico francese, Albert Thibaudet, il quale ha applicato tale criterio nella sua
mirabile Storia della letteratura francese dal 1789 ai giorni nostri-, non agli anni
di nascita, bens agli anni di formazione e di esordio. Si tratta, cio, dei poeti nati
fra il 1920 e il 1924. Tratto da G. Raboni, op. cit., pp. 193-197
20
infatti possibile riconoscere il centro del campo di forze della poesia
moderna, la lirica:

Questi autori [] praticano in genere una sperimentazione silenziosa, poco


appariscente: una sperimentazione imperniata, si direbbe, sullambizioso
progetto di ricostruire un tessuto unitario per il linguaggio poetico, partendo
per questa volta dal basso, dal dichiaratamente prosastico []
riconvertendo in positivo il patrimonio genetico della linea sperimentale, e
forzandolo ad una funzione pienamente comunicativa41.

Anche la Neoavanguardia, infatti, si era appropriata del parlato, ma con


lintento di smantellare il canone novecentista, procedendo ad una critica,
sia della lingua delle comunicazioni istituzionali che del codice letterario e
mirando cos ad accelerare la dissoluzione del discorso lirico. Questi autori,
invece, sembrano intessere un dialogo a distanza con il Romanticismo
lirico42: tuttavia, se in questultimo si raccontava con assoluta seriet
lesperienza di un individuo empirico, questi poeti saccontentano di
partecipare unesperienza43, praticano cio una poesia di tipo esistenziale
che si presenta come

una prosecuzione del Romanticismo con altri mezzi, in unepoca nella quale
la centralit dellio non si concilia pi con il rispetto delle norme tramandate
e del modo comune di rappresentare le cose attraverso il linguaggio44.

E un percorso altrettanto forte questo, differente rispetto a quello dello


sperimentalismo di Officinae della Neoavanguardia, ma al tempo stesso
nuovo nel linguaggio e attento alla realt sociale e quotidiana.

Lesperienza di Giudici con La vita in versi, quindi, si scopre tuttaltro


che isolata in questo panorama, non solo perch ha osato mettere davvero,
senza pudore, la propria vita in versi45che corrisponde a quella di un

41
M. Cucchi e S. Giovanardi, op. cit., pp. XXXVI-XXXVII
42
G. Mazzoni, op. cit., p 178
43
P. V. Mengaldo, Grande stile e lirica moderna, Appunti tipologici, in Id., La
tradizione del Novecento, Nuova serie, Bollati Boringhieri, Torino, 2000, p 24
44
G. Mazzoni, op. cit., p. 185
45
A. Berardinelli, op. cit., p. 139
21
quasitutti46, ma anche perch opera secondo quel procedimento
accomulativo che, individuato da Montale per gli Strumenti Umani di
Vittorio Sereni, agisce inglobando e stratificando paesaggi e fatti reali,
private inquietudini e minimi fatti quotidiani47. Per Giudici, quindi, che nel
1965 si impone allinteresse della critica con la raccolta La vita in versi, si
pu parlare di persistenza della lirica, non pi nutrita da una concezione
ipertrofica dellio, ma pur sempre come espressione del soggetto,
rappresentato, mutatis mutandis, da un uomo medio pateticamente e
mostruosamente normale48.

46
A. Zanzotto, Luomo impiegatizio e Giudici, Corriere della sera, 28 aprile
1977, ora in A. Zanzotto, Aure e disincanti del Novecento italiano, a cura di Gian
Mario Villalta, Mondadori, Milano, 2001, p. 132
47
E. Montale, Strumenti Umani, Corriere della Sera, 24 ottobre 1954, ora in Id.,
op. cit., p. 331
48
A. Berardinelli, op. cit., p. 97
22
Capitolo 3

Un io-lirico mostruosamente normale

Nella conclusione del capitolo precedente si detto che, stando alla


metafora concettuale di Mazzoni, la poesia di La vita in versi pu rientrare
nello spazio letterario della poesia moderna nel solco segnato dal centro
originario, la lirica romantica. Si intende di seguito illustrare quali elementi
permettano di collocare lopera di Giudici in linea di continuit con alcune
istanze liriche, procedendo dapprima con unanalisi di tipo pragmatico,
secondo la suggestiva proposta di Bernardelli e successivamente con
considerazioni di tipo formale, riguardanti il convergere, allinterno di La
vita in versi, di modelli periferici, quali sono stati descritti da Mazzoni.

3.1 Unanalisi pragmatica

Il presentarsi come un discorso svolto supponendo la presenza del


proprio interlocutore/destinatario e lapertura o eteronomia della struttura
logico semantica sono state indicate come le linee guida della proposta
teorica di Bernardelli per lindividuazione di un regime lirico.

Da queste supposizioni discende, in primo luogo, lorganizzazione del


discorso in forma di apostrofe: il poeta infatti parla come se avesse un
interlocutore che gli sta davanti, il quale partecipe del medesimo contesto
di locuzione, che pu investire elementi spaziali e temporali concreti o
riguardare un contesto informativo condiviso.

Questi aspetti sono evidenti in Versi per un interlocutore, poesia posta a


conclusione della prima sezione dellopera, nella quale, fin dalla titolazione,
vi un esplicito richiamo ad un interlocutore che, nella prima edizione, era
identificato in calce al titolo con Franco Fortini. Con questultimo il poeta
condivide il contesto storico-culturale: come ricorda lo stesso Fortini in una
recensione di commento allopera poco dopo la sua uscita, questa poesia
pi tormentata e complessa, nomina i simboli dellEuropa 1958: folle

23
travolte dal benessere; Lukks a Budapest, a Francoforte la ragazza
Rosemarie; Gomulka, Pasternak49.

Linterlocutore, il pi delle volte, pu essere lindeterminato lettore: il


caso, per esempio di Mi chiedi cosa vuol dire, in cui il poeta assume una
postura lirico- didascalica, ambisce cio ad avere una reale funzione
educativa, per definire una delle parole pi usate in quegli anni

Mi chiedi cosa vuol dire


la parola alienazione:
da quando nasci morire
per vivere in un padrone

che ti vende consegnare 5


ci che porti forza, amore,
odio intero per trovare
sesso, vino, crepacuore.

Oltre allindeterminato lettore, in linea con la tradizione lirica, lio


dialoga ancora con un tu femminile che, lungi dal rivestire una funzione
salvifica come nei pi importanti modelli giudiciani, quali Dante e Montale,
totalmente calato nel mondo prosaico: la figura della moglie, infatti,
compare, nel corso della raccolta, con una certa insistenza come co-
protagonista, partecipe di quella medesima quotidianit che viene
delineandosi di componimento in componimento. E insomma anche lei
inserita in una realt ripetitiva qual quella che, gi dalla poesia
precedentemente presa in esame, ha iniziato a profilarsi. Il tema

F. Fortini, Una nota su Giudici, in Il Contemporaneo (supplemento di


49

Rinascita), luglio 1965; ora in G. Giudici, Poesie (1953- 1990), Garzanti,


Milano, 1991, p. 453.
La situazione polacca, come scriveva lo stesso Giudici, rappresent, con la
svolta del 56, uno stimolante invito per losservatore italiano e in modo
particolare per il cattolico che non rinuncia a pensare e a sperare anche in una
dimensione socialista. La Polonia si presentava infatti come lesempio tipico se
non unico della coesistenza di due forze ideologiche determinanti nella storia del
mondo. Tratto da Polonia: la verit difficile, Comunit, XIII, 73, ottobre 1959,
pp. 83-7. Ora in G. Giudici, I versi della vita, a cura di R. Zucco, C. Ossola, C.
dAlesio, Mondadori, Milano, 2000, p. 1377.
24
dellalienazione e dellinsensata ciclicit dei gesti di ogni giorno dominano
lorizzonte di Le ore migliori, per esempio, in cui le tre sezioni della poesia
scandiscono le parti (mattina e pranzo, pomeriggio e cena, ore del
dopocena) del Giorno di una coppia (impiegato e casalinga con figli) nel
tempo del neocapitalismo50: la moglie infatti impegnata nella faccende
domestiche e tu riassetti, rigoverni, spolveri sola v. 23-, mentre il
compagno lavora, nellattesa che giunga la sera,/per godermi la luce
residua e, di me/stesso padrone, qualche ora davanzo vv. 38-40. La
struttura apostrofale della lirica sembra essere, in questo componimento, in
parte incrinata: se infatti la lirica un discorso rivolto ad un tu, in questo
caso rappresentato dalla moglie che dovrebbe essere una delle persone pi
vicine al poeta, questultimo, tuttavia, si trova in una condizione di
solitudine, perch la moglie, di fatto, non lo ascolta, sembra vivere in una
dimensione parallela, scandita dai suoi ritmi e dalle sue incombenze:

Nessuno ci corre dietro. Ma tu


macchinalmente solitaria persisti 50
nel ritmo ordinario in cui ogni ora
ha la sua norma []

Ma, nonostante la condizione di prigionia solitaria in cui lio lirico si


ritrova, esso non rinuncia a rivolgersi ad interlocutori altri, quasi
irraggiungibili, in cerca di risposte: il caso di Versi di una domenica di
Pentecoste e di elezioni che, proprio nello sviluppare uno dei motivi centrali
della raccolta51, si svolge come apostrofe rivolta al Signore. In questo
contesto andr infatti letto il motivo dellattesa di una rivelazione (v 7.
Aspetto che ti scateni; v. 29 bench mi pesi ad aspettarti) con cui si

50
R. Zucco, Note al testo, in G. Giudici, op. cit., p. 1389
51
Da diversi critici stato notato come un nucleo fondamentale dellopera sia
rappresentato da una continua lacerazione che percorre lio lirico, unanima divisa
dunque, e come sottilmente lacerata dalla coscienza della sua contraddizione: tra
Marx e Cristo, tra sociologia ed escatologia, tra il disordine dellhic et nunc e la
risurrezione della carne, allucinante e quasi inconfessabile speranza di chi
perpetuamente tentato dal dubbio []. A. Frattini, La vita in versi di Giudici,
Il Fuoco, XIV, 6, novembre-dicembre 1966, p. 37; poi in Poesia nuova in Italia.
Tra ermetismo e neoavanguardia, Istituto di Propaganda Libraria, Milano, 1967, p.
96
25
conclude la poesia: Ma lo spazio duna vita non basta / a rivelartivv. 30-
31.

La struttura dellapostrofe dominante nellepistola in versi che occupa


per intero la quarta sezione dellopera, Quindici stanze per un setter, un
componimento che rimanda a Montale non soltanto per la struttura
epistolare mutuata da Botta e risposta, ma anche per il titolo, tematico e
rematico insieme, che parodia di Nuove stanze delle Occasioni52. Come
nel modello montaliano, la lunga epistola una risposta alla
domanda/provocazione del corrispondente (A Milano un setter non pu
vivere recita il primo verso), di cui si offre una parziale trascrizione nella
stanza desordio del componimento. Il poeta si rivolge quindi ad un amico,
nello specifico Lorenzo Sbragi e svolge una lunga riflessione sulla vita
cittadina del nuovo cane, resoconto che diviene occasione per riflettere sulla
routine cittadina nel suo insieme: anche il cane, come il suo padrone,
costretto ai ritmi della vita moderna

II
Nel prossimo mese di luglio ai bagni
di mare lo mander e in agosto in campagna
[]
Poi nel mese di settembre
progetto di affidarlo a un cacciatore
(tramite amici) lodigiano che
potr insegnargli larte.
Propizio al matrimonio sar a settembre. 10

Loccasione di rispondere allamico assume i tratti di una situation


comedy, amara a graffiante, in cui lio proietta nel suo splendido cane le
proprie manie di grandezza ma anche le proprie deprimenti
commiserazione53: lio stesso vede nel setter uno specchio di morte (III,

52
D. Frasca, Posture dellio. Luzi Sereni Caproni Giudici Rosselli, Felici Editore,
Pisa, maggio 2014, p. 170
53
S. Morando, Vita con parole, Campanotto Editore, Prato, 2001, p. 42
26
v. 10), ovvero la riproduzione della propria condizione di non-vita54: per
questo, complici le esortazioni dei conoscenti (Ma il cane soffre mi
ripetono in molti / una follia tenerlo in casa II, vv. 21-22), la decisione
quella di disfarsi del cane, quasi ad allontanare non solo limmagine della
propria prigionia neocapitalistica, ma anche lidea del sopraggiungere della
vecchiaia e della morte55

III
Adesso giovane, ha otto mesi, io
ho il futile timore dei quaranta
anni: ma penso che effettivamente
(tra dieci il setter ne avr dieci e otto
mesi - e io il terrore dei cinquanta. 5

Talvolta linterlocutore pu essere ricondotto ad un tipo socialmente


connotato: il caso del trittico di ritratti femminili che comprende Tanto
giovane e Nel pomeriggio, in cui il poeta si rivolge e descrive tre figure
femminili o forse sempre la stessa donna - che svolgono il mestiere della
puttana (Tanto giovane e tanto puttana,v. 1 di Tanto giovane, evidente
variazione, in un certo modo parodistica, compiuta sul celebre verso
dantesco Tanto gentile e tanto onesta pare)56.

Lorganizzazione del discorso in forma di apostrofe dipende, come si


detto, dalla relazione di contestualit che caratterizza il discorso lirico,
contestualit di cui, la presenza di deittici, un chiaro indizio. Questi ultimi,

54
R. Zucco, Note al testo, in G. Giudici, op. cit., p. 1391
55
Interessante ci che ricorda lautore stesso circa la figura del cane: Ne ebbi uno
nel 1962, scrissi per lui una lunga poesia che alcuni continuano ad apprezzare e poi
(dato che per la sua esuberanza non si riusciva a tenerlo in casa) lo regalai ad un
cretino che me lo fece morire dopo sei mesi, sicch il suo ricordo continua a
tormentarmi, ho il rimorso non del tutto (ahim) infondato di averlo sfruttato
unicamente a fini di volgare letteratura. Che la poesia sia in grado di portare alla
luce le ragioni pi profonde dellio?
Tratto da G. Giudici, Lorenzo Antibo: quel che diventa la letteratura, in Id.,La
dama non cercata: poetica e letteratura 1968 1984, Mondadori, Milano, 1985, p.
111
56
Si tratta di uno di quei termini dellampio repertorio delle forme disfemiche
che Giudici impiega per comare il divario tra lingua scritta e lingua parlata. E.
Testa, Per interposta persona, op. cit., p. 112
27
infatti, insieme a nomi propri e presentativi, collocano latto locutivo nello
spazio e nel tempo, lasciando tuttavia trasparire un certo margine di
indefinitezza dovuto alla supposta presenza del proprio interlocutore.

Caratteristiche simili presentano Una casa a Milano e Tornando a Roma,


due componimenti consecutivi della seconda sezione dellopera. Il primo,
strutturato ancora una volta in forma di apostrofe alla moglie, allude a pi
riprese allatmosfera cittadina, alla sua casa, alle strade milanesi: qui
probabilmente morir57(I, v. 24), tutta la vita in sto buco di casa (I, v.
31), Via Lorenteggio (II, v. 33), i terroni di Baggio dove escludi /
vivere (II, vv. 43-44). Nel secondo componimento lidea di apertura del
testo, in cui le espressioni indicali rinviano al contesto in maniera
immediata, ben esemplificata: se non fosse per il titolo, infatti, uno di quei
fattori di testualizzazione che Bernardelli indica come il pi immediato e
vistoso orientamento offerto al lettore lontano per la ricostruzione (o meglio,
la costruzione) del senso di un testo58, sarebbe difficile, anzi impossibile,
per il lettore capire la realt cui il poeta si sta riferendo

Molte case nuove, i mattoni divorano laria:


qui erano villini impiegatizi, maltenuti
[]
Un tempo conoscevo dagli alberi queste strade 5
[]
Qui era la sezione, ma c un negozio
di tessuti [] 10

Se fossi rimasto qui dove il pianto mi stringe

Il tema della casa, con i riferimenti spazio-temporali che esso comporta,


ritorna in Se sia opportuno trasferirsi in campagna59. Come Una casa a

57
Il corsivo del testo
58
G. Bernardelli, op. cit., p. 284
59
Loccasione biografica data dal succedersi reale come ad esempio in Lasciando un luogo di
residenza o Una casa a Milano, o ipotetico (Se sia opportuno trasferirsi in campagna) delle
situazioni abitative uno dei reagenti privilegiati nellanalisi individuale e politica delle prime
sezioni del libro. R. Zucco, Note al testo, in G. Giudici, op. cit., p. 1372
28
Milano, il componimento, piuttosto lungo, strutturato in quartine e
presenta unevidente impostazione allocutiva io/tu: in questo caso, tuttavia,
il passaggio dalla prima alla seconda persona, con il scivolamento alla prima
plurale (spesso pensiamo al v. 10, per esempio), pare essere inteso come
una dialettizzazione della medesima soggettivit. Lio-locutore, infatti, sta
parlando a se stesso, anzi sta parlando di se stesso, come ha gi avuto modo
di dichiarare in un componimento di poche pagine precedenti: Io che parlo
del popolo (fu poco / lo spazio per decidere) di me / che parlo
consapevole (Autocritica, vv. 41-43). Se lopposizione io/tu e io/noi pare
collocarsi in regime di soliloquio, per cui lio del testo finisce con
lautoapostrofarsi60, anche la dialettica tra una citt (Milano) e la
campagna finisce con lesaurirsi. La citt, cui rimandano i deittici (non qui,
ma altrove v. 5) e una serie di luoghi che la contraddistinguono (la
cuccagna / delle vetrine addobbate, dei cinema aperti,/ dello stadio, dei
dancing, dellippodromo vv. 12-14) non dista poi cos tanto dalla
campagna, una realt limitrofa designata attraverso precise localit
(Brianza, v. 21; Desio, Saregno v. 28; Inverigo v. 29; Bosisio v.
54; rive del lago Eupili v. 55). Il contesto cittadino e quello campestre
risultano, ancora una volta, ben noti allio-locutore e al suo, o meglio i suoi
interlocutori: per questo che, con un tono sufficientemente assertorio,
linchiesta sulla possibile convenienza del trasferimento in campagna si
risolve negativamente. La campagna, infatti, si rivela una prosecuzione della
prigionia cittadina, una mera illusione di libert: Qui di me si perdeva la
miglior parte61 recita uno degli ultimi versi (v. 86), in cui il deittico allude
proprio alla campagna del riposo domenicale (v. 85).

Una delle conseguenze strutturali pi evidenti del regime lirico come


discorso in presenza la dominanza proprio del tempo presente. Come
spiega Bernardelli

Chi parla in prima persona e in contesto tende a parlare al presente


semplicemente perch ha davanti o finge di avere davanti linterlocutore, e

60
G. Bernardelli, op. cit.,p. 221. Il corsivo del testo.
61
Come stato notato il verso riprende Ove il tempo mio primo / E di me si
spendea la miglior parte, vv. 17-8, da A Silvia. Cfr. R. Zucco, Note al testo, in G.
Giudici, op. cit., p. 1384
29
gli riesce difficile prescindere dal processo di comunicazione che sta
avvenendo e dal momento in cui esso si colloca. [] Per quanto la
morfologia possa rimandare al passato, la prima persona implica sempre e
comunque la dimensione dellattualit62.

A tal proposito una rapida verifica empirica rileva che, presi i


componimenti della prima sezione, per esempio, 8/10 esordiscono con un
tempo presente, privilegiando nettamente la categoria dellattualit63: cos
avviene in Sperimentale, unaggrovigliata fantasia di fisica e metafisica64,
che esordisce con il tricolon asindeticoIntuisce determina inventa (v. 1) e
nella conclusiva Versi per un interlocutore, di cui si detto sopra, con
Vive, un uomo di doppia verit (v.1).

3.2 La vita in versi: dalla periferia al centro

I componimenti di La vita in versi esemplificano la tensione che anima lo


spazio letterario65 della poesia degli anni Sessanta:sebbene la maggior parte
di essi possa essere ricondotta ad un regime lirico sia dal punto di vista
pragmatico come si cercato di dimostrare nel paragrafo precedente sia
dal punto di vista di alcuni aspetti formali come si vedr di seguito -, non
mancano nella raccolta componimenti vicini al modello periferico del long
poem narrativo, soprattutto tra quelli che rientrano nellultima sezione
dellopera e che sono cronologicamente pi recenti. Del resto, come ha
evidenziato lo stesso Mazzoni parlando del centro e delle periferie della
poesia moderna, si tratta di forme fluide che possono incrociarsi,
sovrapporsi e sfumare lentamente le une nelle altre, come fanno i quartieri
di una citt66.

Allaltezza della terza sezione, per esempio,Giustizia per Rebecca


Levanto! non un testo lungo (23 versi) ma presenta quella dizione pi

62
G. Bernardelli, op. cit.,pp. 231- 232
63
G. Bernardelli, op. cit., p. 230
64
A. Frattini, op. cit., p. 94
65
Chiamo spazio letterario linsieme delle opere che gli autori di una certa epoca
giudicano ragionevole scrivere e ritengono, per usare la metafora su cui si fonda
ogni forma di storicismo, allaltezza dei tempi. G. Mazzoni, op. cit., p. 9
66
G. Mazzoni, op. cit., p. 202. Il corsivo mio
30
chiara, trasparente e pubblica67 propria del long poem: il testo stato
definito infatti un divertissement su un fatto di cronaca68, in cui emerge
un recupero di oggettivit attraverso landamento giornalistico del testo
stesso, il quale riassume in maniera telegrafica la vita di una Sedicente
romena, nata a Zara (v. 1), di nome Rebecca Levanto, emigrata
clandestina in Canad (v. 8) con unidentit falsa.

Un andamento cronachistico presente anche in Viani, sociologia del


calcio: le cinque lasse che costituiscono il testo illustrano i ritmi serrati cui
sottoposta la vita del calciatore a cui sottratta la possibilit di
unautentica esperienza vitale69. Se in Giustizia per Rebecca Levanto! il
poeta fa riferimento alla realt giornalistica (Vedasi appunto il Corriere, /
cronaca di Milano dun ventiquattro maggio vv. 20 21), in Viani,
sociologia del calcio lepigrafe posta in calce al titolo rimanda ad unaltra
dimensione comunicativa differente da quella lirica, ovvero quella televisiva
(GipoViani ha detto alla televisione recita linizio). Dal punto di vista
formale la dizione pi discorsiva e lascia spazio allingresso di lessico
tecnico: general manager del Milan F.C. al v. 19; Foot-ball Corporation
al v. 20; ampex70 al v. 21; centromediano al v. 47. Del resto stato
notato che

Lannessione al discorso della poesia di svariati materiali linguistici


principio costante della scrittura di Giudici sin dalle sue origini. Questo
comporta una presenza senza pari nella nostra poesia novecentesca di
termini di estrazione settoriale e specialistica. [] La variet dei domin
settoriali e il basso indice di frequenza di ogni termine (che fa quasi sempre
una sola comparsa) indicano una fortissima escursione linguistica []; ma
questa onnivora predisposizione ai linguaggi e ai sottocodici si connette, a
sua volta, ad un altrettanto forte, ma segnata da unopposta tensione,
iterativit tematica71[]. Alla variazione di un nucleo ristretto di temi e alla
loro ricorsivit, che li tramuta in dati usuali e perfino familiari, corrisponde
cio unestrema variet lessicale72.

67
G. Mazzoni, op. cit., p. 40
68
R. Zucco, Note al testo, in G. Giudici, op. cit., p. 1387
69
R. Zucco, Note al testo, in G. Giudici, op. cit., p. 1402
70
Registratore magnetico di immagini su nastro, definizione tratta da
www.dizionari.repubblica.it
71
Il corsivo mio.
72
E. Testa, Per interposta persona, op. cit., pp. 118 - 119
31
Parlare dellesperienza alienante dei calciatori infatti un modo per
declinare diversamente un tema portante dellopera, quello della
condizione servile73 cui luomo della societ del benessere costretto.

Nellultima sezione di La vita in versi anche Les aides au camping, Port-


Royal e Lassideramento guardano al modello del long poem, che agisce pi
sulla forma che sul contenuto: se infatti nei primi due testi presi in
considerazione si assistito ad una sorta di eclissi della soggettivit per dare
spazio a voci differenti da quelle dellio (Rebecca Levanto e GipoViani), in
questi ultimi tre testi lio-lirico torna ad essere protagonista ma attraverso
soluzioni formali di impianto narrativo74. Questultimo si fonda in primis
sulla molteplice presenza di voci divaricate dal soggetto enunciante75 che
possono comparire nel testo attraverso modalit e risorse differenti: per
esempio i forestierismi e in generale le lingue straniere qui il francese - di
cui Giudici si avvale in questi ultimi testi per quanto comportano in termini
di esponenziale prospezione del dialogo e del rapporto con linterlocutore,
sono parte decisiva nella costruzione dei tanti discorsi diretti76 come in
Port-Royal:Non c nessuno? gridai Il ny a / personne? Nessuno in
luogo cos storico? (vv. 5-6).

Limpianto dialogico sottolineato anche da accorgimenti


punteggiatura e stacchi strofici che introducono frammenti di dialogo o lo
riportano in maniera indiretta

(ne doit tre anti rien sospir la pi dolce 20


e la pi racchia un socialista vero)
Les aides au camping

Ma luomo mi rispose, moglie e figliola guardando:

73
R. Zucco, Note al testo, in G. Giudici, op. cit., p. 1402
74
E giusto ricordare che in generale una vena narrativa attraversa tutta La vita in
versi, e si manifesta con esiti diversi a seconda dei singoli componimenti. Qui si
stanno prendendo in considerazione i testi in cui la narrativit acquista un peso
maggiore. D. Frasca, op. cit., p. 139.
75
P. Zublena, Frammenti di un romanzo inesistente, in G. Langella, E. Elli, op. cit.,
p. 256
76
E. Testa, Per interposta persona, op. cit., p. 120
32
Noi siamo qui per respirare aria pura,

di che rovine parla, forse ha capito male

Port-Royal

Tra i tre testi, queste soluzioni formali risultano essere decisive in


Lassideramento. Rispetto a Port- Royal, che una vera e propria
narrazione di impianto omodiegetico in cui lio riporta in uno stile comico
il resoconto di una visita nella localit francese, Lassideramento presenta
una separazione tra la figura del protagonista, di cui si parla in terza
persona e ilnarratore eterodiegetico77, il quale talvolta lascia emergere il
pensiero del protagonista stesso nella forma del monologo citato

Tanto valeva.

Ma come

comunque urgeva

- visto e considerato irresolubile

il caso la decisione.

[]

Invece Me ne vado per sempre!, grid 10

nellagone domestico brandita la valigia

Tale racconto in versi [] inaugura la serie tematica del suicidio in quel


registro comico che ne costituisce il tono stilistico prevalente78: il
protagonista del componimento, ci riporta il narratore, deciso a suicidarsi e
sta riflettendo su quale sia la maniera pi consona per farlo, ma, dopo una
serie di considerazioni che hanno delleffimero (circa, ad esempio, la
difficolt di ottenere la riparazione / dal pigro artigiano venuto - vv. 133-
134- per sistemare la porta del balcone, qualora la moglie la sfondasse per

77
D. Frasca, op cit., p. 139
78
R. Zucco, Note al testo, in G. Giudici, op. cit., p. 1408
33
raggiungerlo), decide di ripararsi al caldo infelice (v. 148). Lidentit del
piccolo borghese che viene qui delineandosi gestita da Giudici, come si
anticipato, con una certa (auto)ironia che emerge dalla trattazione del tema
della morte, almeno allaltezza di La vita in versi e nello specifico di questa
poesia, secondo tonalit semiserie.

Se vero che ladozione di tali risorse formali e cio la presenza di un


verso lungo costellato di avverbi e congiunzioni, la messa in scena di
discorsi di personaggi indipendenti da soggetto enunciante, la mimesi della
situazione dialogica, ben si conciliano, come ha evidenziato Frasca79, con la
formula di Testa secondo cui con Lassideramento siamo in presenza di
una vera torsione antilirica della poesia80, tuttavia innegabile il fatto che
il lettore si trovi di fronte ad uno di quei sosia di se stesso81 - cio di
Giudici - che condivide con lio che altrove si incontrato paure e
costrizioni sociali. Si aggiunga a questo che ipotizzare ironicamente il
proprio suicidio non significa affatto annullare lio, ma al contrario
affermarlo in una assoluta volont di sopravvivenza, fino ad allontanare lo
spettro della morte82, quasi ad affidare alla poesia una funzione
apotropaica.

Circa il rapporto tra io-lirico e controfigura dellio che si visto essere


alla base, per esempio, del precedente componimento, significativa
unosservazione di Enrico Testa, il quale afferma che nella poesia del
secondo Novecento

Sia pur con vari travestimenti e riduzioni tonali, il discorso poetico pare
quello disegnato da un soggetto che non abdica allostensione del suo ruolo
egemonico e ordinatore e che continua [] a riproporre [] quel tenore
espressivo83 della poesia84

79
D. Frasca, op. cit., p. 141
80
Cfr. E. Testa, Lingua e poesia negli anni sessanta, in AA.VV, Gli anni 60 e 70
in Italia. Due decenni di ricerca poetica, San marco dei Giustiniani, Genova, 2003,
p. 34
81
G. Raboni, op. cit., p. 318
82
R. Zucco, Note al testo, in G. Giudici, op. cit., p. 1408
83
Il corsivo mio.
34
In termini simili quanto a tenore espressivo della poesia si pronuncia
Guido Mazzoni, il quale afferma che tale aspetto si pu riconoscere come
proprio della lirica, dalla sua elaborazione romantica in poi. Lio lirico,
pertanto, anche nelle sue forme deboli e cio anche quando si avvale di
controfigure, quando adotta un linguaggio medio-basso, quando arriva a
perdere una funzione sociale ed privato della propria aurole, non rinuncia
ad esprimere se stesso. Come ha affermato anche Niva Lorenzini proprio in
riferimento alla poesia degli anni Sessanta, si tratta di

una liricit che assume a propria materia la riflessione razionale e dal


momento ideologico trae la propria ragione poetica, oscillando per anche,
contraddittoriamente, tra sensualit e manierismo85.

Di espressionismo parla Mazzoni, di manierismo, come si visto,


Lorenzini: sebbene si tratti di due nozioni polisemiche e molto sfruttate,
tuttavia sono quelle che meglio descrivono lo straniamento soggettivo
attraverso cui la lirica, come genere egocentrico86, si presenta.

In che termini, quindi, i componimenti di La vita in versi si coniugano


con il centro della poesia moderna la lirica-? Ci avviene in una duplice
direzione, sia da un punto di vista formale per la particolare organizzazione
di superficie che molti testi presentano, sia per la presenza di un soggetto
lirico dai tratti ben definiti, nel quale confluiscono non pochi elementi
biografici dellautore. Pur rimanendo consapevoli del fatto che limmagine
del testo (lio lirico con i suoi sentimenti e i suoi atteggiamenti) non pu
essere considerata unicona fedele ed esauriente dellautore, appunto perch
pur sempre unimmagine87, lo stesso Giudici a suggerire limportanza
dellartifex cos definisce il poeta e della sua contestualit storico-
esistenziale come momento pre-linguistico, pre-fasico, pre-letterario del

84
E. Testa, Per interposta persona. Lingua e poesia nel secondo Novecento, op.
cit., p. 11
85
N. Lorenzini, La poesia italiana del Novecento, Il Mulino, Bologna, 2005, p. 141
86
G. Mazzoni, op. cit., p.203
87
G. Bernardelli, op. cit., p. 182
35
poema88, come a dire che i dati e le occasioni personali hanno un ruolo
quasi suscitatore e di primaria importanza.

3.3 Regime lirico in La vita in versi: le scelte formali e la postura dellio

Da un punto di vista formale possibile riscontrare in La vita in versi


linsieme, in buona parte dei componimenti, di quei tratti elocutivi / indotti,
individuati da Bernardelli come aspetti [] descritti infinite volte sotto
linsegna pi o meno appropriata di poetico89, primo fra tutti la
tendenziale brevit del testo90. Nellimmaginario e nella sensibilit comune
che trovano riscontro, ovviamente, in buona parte della tradizione una
lirica un testo, in genere, breve: una rapida verifica limitata alle sole prime
tre sezioni dellopera che nel loro insieme contano circa met dei
componimenti dellintera raccolta evidenzia che la misura media dei 25
30 versi la maggiormente frequentata (5/10 componimenti nella I sezione,
9/12 nella II, 10/12 nella III). Dalle misure brevi nasce una poesia
epigrammatica nutrita e arricchita da una vena moraleggiante pensosa e
sottile91, come quella del gi citato trittico di ritratti femminili Tanto
giovane, testo composto da due quartine a rima incrociata e Nel pomeriggio,
composto da due sestine distinte, la prima delle quali a schema metrico
AABCCB: sono ritratti morali in cui la brevit del testo inversamente
proporzionale alla densit e problematicit delle tematiche che sono evocate
come il degrado del sentimento amoroso, la mercificazione del corpo, il
tradimento extraconiugale. Altro significativo esempio di testo breve a
carattere epigrammatico Il benessere che in maniera concisa riassume uno
dei temi nevralgici di La vita in versi, ovvero il rapporto contraddittorio con
il mito del neocapitalismo nella floridezza economica finalmente raggiunta

88
G. Giudici, La dama non cercata: poetica e letteratura 1968 1984, Mondadori,
Milano, 1985, p. 27
89
G. Bernardelli, op. cit., p. 201
90
Come riporta Bernardelli facendo riferimento a M. Gasparov, Storia del verso
europeo, Il Mulino, Bologna, 1993, pp. 39-56 la misura media dei 25-30 versi e
delle 300 sillabe circa sembra essere effettivamente, in termini di pura quantit, il
punto di risoluzione e di equilibrio del testo lirico. G. Bernardelli, op. cit., p. 195
91
G. Ferretti, Dal cuore del miracolo, in Id., La letteratura del rifiuto e altri scritti,
Mursia, Milano, 1981, p. 244
36
Quanti hanno avuto ci che non avevano:

un lavoro, una casa ma poi

che lebbero ottenuto vi si chiusero.

Ancora per poco sar tra voi92.

I componimenti brevi sono spesso strutturati, come si visto per Tanto


giovane ad esempio, in uno schema bipartito che stato ricondotto a quello
del mottetto montaliano: Giudici, diversamente da altri epigoni, lo sottrae
alla dittatura della tematica amorosa93 per riflettere, ad esempio, ancora una
volta, sulle costrizioni della vita nellera del neocapitalismo

Parlo di me, dal cuore del miracolo:

la mia colpa sociale di non ridere

di non commuovermi al momento giusto.

E intanto muoio, per aspettare a vivere.

Il rancore di chi non ha speranza 5

Dunque piet di me che mi fa credere

essere altrove una vita pi vera?

Gi piegato, presumo di non cedere.

Alla brevit del testo la tradizione lirica ha il pi delle volte accostato


unorganizzazione metrica e strofica: come si gi avuto modo di rilevare
negli esempi precedentemente citati, ne La vita in versi Giovanni Giudici
predilige come soluzioni formali la quartina e la sestina. Rispetto alla libert
novecentesca, pertanto, come se Giudici preferisse mantenere un legame
pi solido con la tradizione: come ricorda egli stesso in un intervento del

92
Unamara ironia nasce dallimpiego della citazione evangelica (Giov. 13.33), che
nel testo allude alla non-vita della dellinferno del neocapitalismo
93
G. Simonetti, op. cit.
37
1984, ora raccolto in Per forza e per amore, da La vita in versi in poi ho
sempre fatto un largo ricorso alla rima [], cos come la mia tendenza
allorganizzazione strofica presente in tutta la mia opera94. Questa una
considerazione che nasce dopo decenni di attivit poetica ma, ai suoi esordi,
il rapporto con le forme della tradizione pare essere pi complesso di quello
che sembra. Giudici, proprio allaltezza della scrittura di La vita in Versi, in
un intervento uscito su Quaderni piacentininellottobre 1964 intitolato La
gestione ironica, affermava infatti che al poeta dinanzi allarretratezza
della forma istituzionale linguistica o metrico prosodica rispetto alla realt
del suo proprio fare non gli resta che esercitare latto innovatore in altra
direzione, rovesciandolo, pi precisamente agire innovando

Non la forma istituzionale, ma il suo proprio atteggiamento nei riguardi della


medesima, attribuendogli un ossequio, un riconoscimento, tanto chiaramente
formale da apparir menzognero, ossia ironico []. E questo il caso in cui lo
scrittore di versi moderno pu non preoccuparsi di innovare la forma
istituzionale linguistico letteraria o metrico prosodica []. Un
atteggiamento siffatto si vuole intendere per gestione ironica della forma
istituzionale []: il progetto non rischia di alienarsi (o rischia molto meno)
nei suoi strumenti che vengono assunti a un grado neutro95.

Un rapporto complesso quello con le forme della tradizione lirica, scisso


tra ironia e necessit, ma che Giudici tiene sempre ben presente.
Significativo a tal riguardo quanto si legge in unintervista rilasciata a
Ferdinando Camon: certe volte ho bisogno delle strofe []. Ho bisogno di
una regola fissa, anche per trasgredirla. Questo io lo chiamerei un effetto di
catechismo. Ho bisogno di regole da rispettare, per poterle far fesse, to cheat
them, come si dice in inglese96.

E stato notato che se ladozione di un preciso schema strofico pu essere


ricondotta a un certo desiderio di regolarit, di normalit di

94
G. Giudici,Unofficina di traduzioni, in Id.Per forza e per amore, Garzanti,
Milano, 1996, p. 32
95
G. Giudici, La gestione ironica, in G. Giudici, Un poeta del golfo: versi e prose
di Giovanni Giudici, a cura di Carlo dAlesio, Longanesi, Milano, 1994, pp. 197-
198
96
Cfr. F. Camon, Il mestiere di poeta, Garanti, Milano, 1982, p. 154
38
rispettabilit che investirebbe quindi anche laspetto esteriore, grafico,
della poesia, fino a rendere necessaria quella che egli stesso definisce
gabbia formale97, ci avviene proprio con lintenzione, pare, di far
emergere a livello formale la regolarit di quel civico decoro98 cittadino,
sotto il quale in realt si nasconde tanta ipocrisia e opportunismo: da qui
quindi deriverebbe una certa gestione ironica dello strumento formale,
come esplicitazione proprio di quella contraddizione .

Il principio dellisostrofismo si pone quindi come limite e al tempo stesso


legame con la tradizione99: si tratta di un aspetto che acquisisce un certo
rilievo non solo alla luce delle affermazioni dellautore che sono state
riportate, ma anche in relazione ai componimenti che a tale principio si
adeguano, i quali risultano tra i pi significativi.

Per esempio Anchio, poesia della prima sezione, presenta sei quartine e
versi tradizionali che oscillano tra il quinario e lendecasillabo: interessante
per quanto afferma il poeta riguardo la stesura della poesia stessa, quando
in occasione di unintervista ricorda A Torino ho scritto la prima poesia
che riconosco come totalmente mia, e che ha dato importanza ad una delle
linee portanti del mio lavoro; sintitolava Anchio100. Che laffermazione
una delle linee portanti del mio lavoro si riferisca ad un nucleo tematico
lo stesso autore a riconoscerlo, poich nella poesia instaura un parallelo tra
la figura del padre e la propria persona allinsegna del fallimento,
dellimpotenza e della mediocrit, tema che ritorna anche in altre poesie
(Anchio con quattro amici/scassati, generoso/fuori tempo, carogna / per
al momento giusto per averne/il danno e la vergogna recitano i versi 21-
25): ma non da sottovalutare il fatto che tale nucleo tematico portante si

97
M. Cucchi, Ritratti critici di contemporanei: Giovanni Giudici, in Belfagor,
1976, p. 549
98
Se sia opportuno trasferirsi in campagna / spesso pensiamo:: qui ci tiene il
lavoro / che non manca, il civico decoro / di cui partecipiamo, la cuccagna Se sia
opportuno trasferirsi in campagna, vv. 9-13; questo giovane padre fossi io / []
mediatore di risse, accetto al dio / del presente del civico decoro Imposture, vv.
2-7
99
Come ricorda Rodolfo Zucco, riportando unosservazione di Pier Vincenzo
Mengaldo, il principio dellisostrofismo si pone come ultimo baluardo contro la
dissoluzione della metricit classica. R. Zucco, Fonti metriche della tradizione
nella poesia di Giovanni Giudici,Studi Novecenteschi, 1993, p. 171
100
R. Zucco, Note al testo, in G. Giudici, op. cit., p. 1375
39
sviluppi in una forma tra le pi conservative e vicine ad una forma lirica,
meno sperimentale quindi, anche dal punto di vista degli espedienti retorici:
frequenti sono infatti le rime (interesse:stesse vv. 4-5; vera:sera vv. 9-
10; grilletto: moschetto vv. 14-15; andr:et vv. 18-19;
carogna:vergogna vv. 23-25), le assonanze, le allitterazioni, lanafora
(Anchio ricorre tre volte in apertura di periodo, al v. 1, al v. 17, al v.21).
Lo stesso Giudici, infatti, ammette un qualche debole per procedimenti
retorici come lallitterazione, la litote, lanastrofe, il chiasmo []: a patto
per che vengan fuori quasi da s, emergendo dal pozzo di miniera della
lingua101.

Lisostrofismo, unito allimpiego della rima secondo uno schema preciso


ritorna in Mi chiedi cosa vuol dire, di cui si gi precedentemente rilevata
limportanza circa la struttura apostrofale e lallocuzione allindeterminato
lettore. Il componimento costituito da cinque quartine di ottonari a rima
alternata: come ha sottolineato Raboni laspetto pi significativo del testo
sta nellimmissione di contenuti di tipo ideologico in uno spazio
stilistico riservato a tuttaltri temi102, per cui, se lio poetante sta cercando
di spiegare al proprio interlocutore il significato del termine alienazione,
lidea non non appartenenza, di fuori di te/gi essere mentre credi/in te
abitare (vv. 9-11) emerge gi dalla trattazione di un tema in una forma che
ad esso estranea.

Il componimento pluristrofico a versificazione libera, con tutte le strofe


dello stesso numero di versi103 presente con una certa ricorrenza ne La
vita in versi, anche in testi che talvolta si pongono al di l di quella che si
detto essere la misura media di 25 30 versi di un testo lirico. Poesie come
La mia compagna di lavoro e Una sera come tante che esulano da questa
soglia con 42 versi il primo e 49 il secondo,esibiscono una certa regolarit
grazie allartificio di origine provenzale delle coblas capcaudatas che
prevedono la ripetizione al primo verso dogni strofa dellultima rima della

101
G. Giudici, Andare in Cina a piedi: racconto sulla poesia, E/O Editore, Roma,
1992, p. 52
102
G. Raboni, La vita in versi, Paragone, ottobre 1965, ora in Id., Poesia degli
anni Sessanta, Editori riuniti, Roma, 1976, p. 115
103
R. Zucco, Fonti metriche della tradizione nella poesia di Giovanni Giudici, op.
cit., p. 173
40
precedente. Un certo ordine, ne La mia compagna di lavoro, traspare anche
dal fatto che le rime interne alla prima strofa sono ripetute nel finale della
poesia, quasi ad aggiungere, oltre al legame tra le singole strofe dato dalla
ripetizione della rima di cui si detto, una sorta di circolarit e chiusura del
testo. In Una sera come tante invece lanafora del sintagma del titolo a
fungere da elemento simmetrico allinterno della poesia, accorgimento,
questultimo, che stato interpretato come immagine formale di quella
ciclicit dei gesti e delle azioni che significa assenza di un vero progresso
vitale ed esclusione dalla storia104. Come la gabbia formale
dellisostrofismo pu essere in un certo senso interpretata come
esplicitazione su quello stesso piano dellinganno / di chi ci ha fatti a
servire vv. 71-72 (Le ore migliori), ovvero del ripiegamento al civico
decoro della societ del benessere, parallelismi rimici o verbali come in La
mia compagna di lavoro, cos come lanafora in Una sera come tante si
fanno veicolo di quellidea di ciclicit e ripetitivit dellambiente lavorativo
e della realt domestica, cui i ritmi di questa stessa societ costringono.

Le liriche pluristrofiche pi lunghe sono architettonicamente strutturate


attraverso limpiego di formule gnomiche poste in passaggi rilevanti,
allinizio o a conclusione del testo. Si detto in precedenza come una
tendenza alla brevitas di tipo epigrammatico sia presente in diversi testi
della raccolta, soprattutto in quelli a struttura bipartita: nei componimenti
pi lunghi invece la sentenziosit propria di questi testi emerge in
espressioni isolate dal sapore gnomico. Una casa a Milano, per esempio, in
cui la rima ha funzione strutturante fino alla met della seconda sequenza su
tre di cui composto il testo, ricorre a formule gnomiche in versi come
Debito e vita, tutto pagheremo, / passano presto gli anni (vv. 83-84) e
La propriet fa liberi Ma no: / impossibile salvarsi da soli (vv. 93-
94), verso, questultimo, posto a conclusione del testo; ne Il ventre della
lucertola una sentenza presente, invece, in apertura Per non bruciare
luomo deve scegliere (v. 1), mentre Una sera come tante si chiude con la
formula C pi onore in tradire che in esser fedeli a met (v. 49).

104
R. Zucco, Note al testo, in G. Giudici, op. cit., p. 1388
41
E questo uno dei modi in cui la lingua trita e logora della quotidianit
assunta in poesia non viene esclusa da un improvviso e sublime
innalzamento del tono e della pronuncia105, sintomo di quel particolare
rapporto che Giudici intesse con lo strumento linguistico. In qualit di
traduttore106 oltre che di poeta, scrittore giornalistico e copywriter,
professione che svolge per conto della Olivetti, Giudici riflette non rare
volte intorno alla lingua poetica che

Non soltanto, rispetto alla normale lingua di comunicazione basata


principalmente sul lessico e sulla sintassi, un qualcosa di pi ricco (un
sistema cio di ritmi e suoni e procedimenti che interagiscono fra loro dando
luogo a una varia complessit di effetti) ma anche un qualcosa di strano,
di inusitato rispetto al quotidiano scrivere e parlare. Insomma una poesia
una poesia in quanto riesce a fare di una lingua, la nostra, che ogni giorno
abbiamo sotto gli occhi o negli orecchi, quasi una lingua straniera, o almeno
con qualcosa di nuovo rispetto allabitudine107.

Sebbene in Giudici sia vivo il desiderio di colmare il divario tra lingua


scritta e lingua parlata108 attraverso ladozione di un lessico impoetico,
estraneo al canone lirico e di un sermo humilis109, tuttavia egli ben
consapevole dello statuto altro della lingua della poesia, anzi, fare i conti
con la lingua sar in primis prendere coscienza del ricco e polivalente
strumento di cui disponiamo []. Dominare la lingua dominare, nei limiti
della nostra finitezza, il reale110.

Da questa scelta di dominare il reale attraverso la lingua nasce una poesia


sempre pi tesa a farsi comunicativa: la vita trascritta da Giudici quella
dellitaliano suo contemporaneo, inteso sia come oggetto linguistico, sia

105
R. Pagnanelli, Giudici o della sottrazione, Lengua, 7, 1987, pp. 54-62, ora in
Id., Studi critici. Poesia e poeti italiani del secondo Novecento, Mursia, Milano,
1991, p. 113
106
La pi importante traduzione di tutte resta Eugenio Onieghin di Aleksandr S.
Pukin,romanzo in versi russo che equivale ad una vera e propria epopea nazionale.
107
G. Giudici, Un paese di dialettanti, in Id. La dama non cercata, op. cit., p.117
108
E. Testa, Per interposta persona, op. cit.,p. 112
109
E. Testa, Giovanni Giudici, in Id., Dopo la lirica, op. cit., p. 144
110
G. Giudici, Lingua, appunti 1988, in Id. Andare in Cina a piedi, op cit., p. 23-
24. I corsivi sono miei.
42
come soggetto agente. Il vissuto delluomo impiegatizio111 non potrebbe
sussistere ed emergere allinterno della raccolta se non fossero assunti nella
lingua della poesia elementi attinti a zone diverse112, cos come la
presenza di tali elementi non si spiegherebbe senza riconoscere che la
raccolta animata da un imperativo

Metti in versi la vita, trascrivi

fedelmente, senza tacere

particolare alcuno, levidenza dei vivi.

La vita in versi, testo eponimo della raccolta, conferma quindi la volont


di mettere in versi lesistenza pi semplice e dimessa: la perdita di
specificit del canone lirico dal punto di vista linguistico e, talvolta, anche
dal punto di vista formale, funzionale allenunciazione dellio lirico,
ovvero alla postura dellio113.

Questultimo allinterno della raccolta ricondotto da Giudici


allimmagine di un io lirico tipizzato114, per il quale la dimensione sociale
della vita quotidiana , al tempo stesso, lo spazio esistenziale e letterario in
cui muoversi. Si crea una sorta di cortocircuito tra il personaggio e lautore,
il quale

Affronta e trasfigura la cronaca con una lingua poetica tuttaltro che


convenzionalmente prosastica, desunta anzi per esperienza dotta dai margini
delliter Gozzano-Montale-Luzi []. Per cui si dovrebbe concludere che
egli non ci offre nulla di sostanziale che contraddica alla lirica del
Novecento o la assuma come oggetto di polemica, ma piuttosto ancora un

111
A. Zanzotto, op. cit., p. 130
112
G. Giudici, La gestione ironica, op. cit., p. 197
113
Luso e laccezione di questa espressione tratta dallopera di D. Frasca,
precedentemente citata.
114
D. Frasca, op. cit., p. 24
43
caso, estremo, del processo di modificazione115e corruzione subito dalla
lirica116.

Nellacuta osservazione di Sergio Antonelli compare il nome di


Gozzano: il primo a rilevare un legame tra Giudici e il massimo esponente
del crepuscolarismo fu Franco Fortini quando afferm che lio della raccolta
giudicianacinquantanni fa sarebbe stato una figura dellinternazionale
crepuscolare, esponente dun ceto minoritario, quello piccolo borghese. Ma
oggi larco della sua vita corrisponde da noi a quello di una
maggioranza117, ovvero a quello della middle class. La tesi di un legame
tra i due autori e in sostanza di una frequentazione delle tonalit
crepuscolari da parte di Giudici ribadita anche un decennio dopo nel suo I
poeti del Novecento, antologia in cui Fortini riconobbe a Giudici laver
avuto il coraggio di riprendere il discorso poetico, deliberatamente, dove
Gozzano lo aveva lasciato118. Come Gozzano quindi Giudici avrebbe dato
voce alla condizione di emarginazione del poeta, con un certo gusto per
lautocommiserazione e, prestando attenzione alle banalit del quotidiano,
avrebbe denunciato con ironia la degradazione delle concezioni del
mondo, avvalendosi di moduli verbali logori, di tradizione aulica o
novecentesca e moltiplicando rime e assonanze volutamente sciatte, per
sostenere i mezzi toni del discorso119.

Lipotesi di un io lirico crepuscolare almeno per quanto riguarda una


prima fase della produzione poetica di Giudici stata oggetto di
interpretazioni controverse. Lo stesso Mengaldo, in un primo momento,
accolse linterpretazione di Fortini circa un recupero del crepuscolarismo
storico da un punto di vista formale e tematico, riconoscendo una
cosiddetta linea crepuscolare ancora attiva in Giudici per non dire
nellultimo Montale120. Ma, alcuni anni dopo, Mengaldo ritorn sulla
questione per riformularla diversamente, affermando che la poetica di
115
Il corsivo mio.
116
S. Antonelli, I versi e la vita, Aut Aut, XV, 91, gennaio 1966, ora in Id.,
Letteratura del disagio, Edizioni di comunit, Milano, 1984, p. 234
117
F. Fortini, Una nota su Giudici, op. cit., p. 454
118
F. Fortini, I poeti del Novecento, Laterza, Roma, 1977, pp. 194-195
119
F. Fortini, Una nota su Giudici, op. cit., p. 454-455
120
P. V. Mengaldo, La tradizione del Novecento. Nuova serie, op. cit., p. 380
44
Giudici nulla ha a che fare con quella di crepuscolari e derivati []. I
crepuscolari, si sa, fanno cozzare laulico col prosaico, con effetti di messa a
nuovo di entrambi; in Giudici laulico (poco) semplicemente immerso
nello stesso terreno di coltura del prosaico121.

Una lettura moderata come quella di Maurizio Cucchi pu essere


unutile guida allinterno di questo controverso dibattito: per la poesia di La
vita in versi sarebbe utile parlare di

Un abbassamento di livello rispetto al crepuscolarismo autentico (o storico)


e quindi contemporaneamente una maggior presenza nella realt, una
maggior distanza dalla letteratura, una pi autentica compromissione,
totale suo malgrado, con i dati esterni relativi ad una condizione [] di
sofferta mediocrit122

Una maggiore presenza di realt, scrive Cucchi: , del resto, un altro


contesto quello in cui scrive Giudici tale che la sua poesia, lungi dal
ripiegarsi in maniera solipsistica su se stessa, si apre senza filtri alla dimessa
quotidianit. Non pi le buone cose di pessimo gusto (v. 2 Lamica di
nonna Speranza) ma la trita realt del cucciolo i cui escrementi / unaltra
volta nello studio abbiamo trovati (vv. 5-6 Una sera come tante), del
lavandino ove galleggiano sughi / affondano fili di pasta, bucce (vv. 34-
35 Le ore migliori), una dimensione in cui la Storia fa il suo ingresso con le
sue contraddizioni e ambiguit, in cui il singolo non pi semplicemente
scisso tra vocazione letteraria e vita ruvida concreta / del buon mercante
inteso alla moneta (vv.304-305 La signorina Felicita, ovvero la Felicit)

Anchio come un errore pago la verit:

amo due chiese che sono diverse

-e per luna mi condanna laltra o estraneo

121
P. V. Mengaldo, Per un saggio sulla poesia di Giudici, Hortus, 18, 1995, ora
in Id. La tradizione del Novecento. Quarta serie, op cit., p. 356
122
M. Cucchi, Ritratti critici di contemporanei: Giovanni Giudici, op. cit., p. 547
45
mi dimentica o mi soffre avverso

Giudici parla di socialismo (Il socialismo non inevitabile), di


Educazione cattolica123, di industrializzazione (Cambiare ditta): in questo
senso vi una maggiore distanza dalla letteratura, sia a livello di
strumenti formali e linguaggio adoperati, sia perch Giudici non fa della
riflessione sulla condizione postuma della letteratura, ciarpame / reietto,
cos caro alla mia Musa ( vv. 155-156 La signorina Felicita, ovvero la
Felicit), uno dei temi portanti dellopera, il quale emerge in maniera
parziale.

In che termini si pu allora affermare che Giudici riprende il discorso


poetico, deliberatamente, dove Gozzano lo aveva lasciato? Pi che
riprenderlo come mero epigono Giudici ne prolunga litinerario e ne amplia
lorizzonte, ponendo per al centro della raccolta, come il suo modello, un
io lirico in parte autobiografico connotato socialmente e colto nei suoi
limiti. E Giudici stesso, del resto, a fornire un identikit della figura che si
incontra nellopera: un poeta vestito di grigio, rasato, con i capelli a
spazzola, intento a perseguire concreti obiettivi di vita,a fare i conti, pagare
rate, portare i bambini al Lunapark, discorda effettivamente con quella
consegnata immagine tardo-romantica: sconcerta come un prete, in fondo,
che abbia moglie124.

Forte della lezione di Gozzano, lio lirico non esaltato: la ciclicit delle
azioni quasi lo annulla (Dopo cenato amare, poi dormire / questa la via
pi facile [] la sveglia sulle sette, un rutto, un goccettino / -e tutto
ricomincia amaro di caff vv. 1-2; vv. 7-8 Tempo libero) e, pur facendo
parte della nuova borghesia dellet del benessere, solo parzialmente riesce

123
Unintera sezione dellopera ha questo titolo: si tratta di una raccolta autonoma
uscita nel 1963 e poi inclusa ne La vita in versi con lievi modifiche. Giudici stesso,
in merito alla raccolta, afferma che essa non ideologicamente parlando, una
sequenza antireligiosa: liberatoria, semplicemente (Tratto da R. Zucco, Note al
testo, in G. Giudici, op. cit., p. 1392). La sequenza di 18 testi infatti si presenta
come un discorrere per exempla di una religiosit quotidiana, fatta di catechismo,
precetti, divieti attraverso le tappe di uneducazione che entrava / nella mia tenera
et (I), generando legittimi dubbi e perplessit.
124
Cfr. G. Giudici, Lo scrittore di versi come tipico umano, Aut Aut, 61-62,
1961, p. 169
46
a corrispondere ad un modello contraddittoriamente perseguito (Sa tanti
giuochi, ha le mani doro: questo giovane padre fossio [] vv. 1-2
Imposture).

Se vero che il cozzare di aulico e prosaico nei crepuscolari consisteva


nellintrecciarsi di un lessico parlato e di teatralit media con una
sintassi che rimaneva letteraria e che in Giudici, invece, anche la sintassi
appartiene allorbita del parlato125, tuttavia ci non sufficiente a
determinare lestraneit di Giudici dal crepuscolarismo. Giudici partecipe
di quella condizione crepuscolare, che una delle forme che attraversa
il Novecento e prospera quando gli uomini, come scrive Palazzeschi, non
chiedono pi nulla ai poeti126. Il crepuscolarismo in Giudici una
questione di postura dellio lirico tipizzato, che vive la propria confessione
come una colpa che suscita vergogna (non sempre esplicita in Giudici) ed
esige autoironia127 (molto pi consistente invece).

Nonostante la crisi dellindividualismo sicuro e misurato della grande


lirica romantica, fil rouge che da Gozzano arriva a Giudici e oltre, la
necessit di continuare a fare della propria esperienza testimonianza, una
sorta di patologia dellautoespressione128, persiste: se in La vita in versi
Giudici affermava

Inoltre metti in versi che morire

possibile a tutti pi che nascere

e in ogni caso lessere pi del dire

nel componimento posto a conclusione della raccolta (Finis Fabulae)


corregge il tiro sostenendo che

125
P. V. Mengaldo, Per un saggio sulla poesia di Giudici, op. cit., p. 358
126
G. Mazzoni op. cit., p. 187
127
Ibid.
128
Ibid.
47
Lessere pi del dire siamo daccordo.

Ma non dire talvolta anche non essere.

48
Conclusione

Restando pur sempre consapevoli della vastit e complessit delle


questioni sollevate, si cercato di fornire con il discorso fin qui svolto una
chiave di lettura di un periodo tanto controverso quanto quello dellavvio
della seconda met del Novecento. Lo si fatto, nello specifico, attraverso
lesperienza e le parole di un poeta tra i pi rappresentativi di questo periodo
e degli anni successivi, Giovanni Giudici, al quale un pregevole saggio di
Giulio Ferroni riconosce, accostandolo alla figura di Andrea Zanzotto,
leccezionalit di una condizione ultima, perch entrambi

Sono stati gli ultimi a vivere nella poesia un rapporto integrale con il mondo,
entro una coscienza culturale e critica di ampio respiro [] quando ancora la
percezione della modernit non comportava uninterruzione di continuit
con la tradizione, con la grande letteratura del passato129.

E lidea della continuit, infatti, quella su cui si posta lattenzione nelle


pagine precedenti, da un lato attraverso le proposte teoriche di Bernardelli
per unanalisi pragmatica del testo lirico, dallaltro attraverso la metafora
concettuale di Mazzoni della poesia moderna come una citt con un
centro e due periferie che rappresentano le forme poetiche pi eversive
rispetto al modello lirico: il motivo della continuit si posto quindi alla
base dellidea di persistenza della lirica al di l dei drastici cambiamenti che
essa ha subito a livello formale e contenutistico.

Se vero che intorno alla met di ogni secolo che si colloca il


discrimine fra un canone e laltro e che anche nel Novecento la met del
secolo segna un netto spartiacque ma meno agevole risulta in questo caso
[] individuare il canone che l si esaurisce130, la difficolt di questa
operazione andrebbe forse ricondotta al fatto che non di esaurimento di un

129
G. Ferroni, Gli ultimi poeti: Giovanni Giudici e Andrea Zanzotto, Il Saggiatore,
Milano, 2013, pp. 14-15
130
M. Cucchi e S. Giovanardi, op. cit. p. XI-XII
49
canone bisognerebbe parlare ma piuttosto di un suo mutamento nel segno
della continuit e della crisi del ruolo dellintellettuale al tempo stesso.

La vita in versi una raccolta che ben rappresenta lo stato di ambiguit


vissuto dallintellettuale, poeta e uomo a partire dalla seconda met del
Novecento. Una condizione di ambiguit emerge innanzitutto a livello di
strumenti formali e rapporto con la tradizione: come si gi detto, in
Giudici la consapevolezza dello statuto altro della lingua poetica 131 e la
necessit di adottare una certa regolarit lisostrofismo, per esempio -
anche per poi trasgredirla, sono costanti rilevanti che si affiancano ad
unapertura nei confronti dei modelli periferici della poesia moderna in
cui messa in atto, per esempio, una vera e propria drammatizzazione e in
cui lisostrofismo abbandonato a favore di unorganizzazione del testo che
ne mette in risalto la natura dialogica e narrativa. Loscillazione tra
componimenti che osservano una certa regolarit e questultimo modello
etichettato da Mazzoni long poem-, il quale allaltezza di La vita in versi
frequentato in maniera ridotta da Giudici, esplicita a livello formale quello
stato di ambiguit e tensione tra due opposti che si ritrova invece
lucidamente espresso a livello tematico e contenutistico. Come ha notato
Gian Carlo Ferretti

La raccolta La vita in versi ha come motivo ispiratore fondamentalmente


una continua lacerazione []: la religione cristiana e il marxismo; il legame
con gli antichi valori e la nuova tensione ideale; la ricerca di una verit in
interiore homine come negazione della storia collettiva e lesigenza di essere
in molti132.

Questo stato di scissione emerge infatti in diversi punti della raccolta, in


versi emblematici in cui ritornano i motivi del doppio, dellambiguit e della
necessit di fare una scelta: Anchio come un errore pago la verit: / amo

131
La poesia un processo di misteriosa transustazione che restituisce in qualche
modo la parola usuale e trita a una condizione di rinnovata immediatezza ed
efficacia. Con queste parole si pronuncia Giudici in Un paese di dialettanti, op.
cit., p. 117
132
G. Ferretti, op. cit., p. 243
50
due chiese che sono diverse (Come un errore, vv. 1-2); Vive, un uomo di
doppia verit (Versi per un interlocutore v. 1); tu sai soltanto che
ambiguo il mio cuore / ma non mente. Resistere difficile (Lintelligenza
col nemico vv. 32-33). Lidea di doppiezza poi al centro di Mimesi, una
poesia dellultima sezione della raccolta in cui lio ammette di aver passato
la vita a mascherarsi e di farlo tuttora con i suoi figli per gioco, con gli
adulti per compiacerli, perch solo cos possibile sopravvivere nella
societ contemporanea.

Un po meno per giuoco e utilmente 20

spesso per me, per smuovere un sorriso,

ho specchiato i pensieri della gente:

certo non senza ironia ma troppo

celata non serve ho parlato

di ordine col reazionario, 25

di borsa col possidente,

di calcio col tifoso e raramente

me stesso ho scoperto comero

nella dovuta misura

Sebbene il lettore si trovi dinanzi a una figura debole, a un personaggio-


tipo che condivide alcuni dati biografici dellautore ma che talvolta si
esprime anche diversamente da questultimo133, tuttavia lio lirico riesce a
far trapelare senza troppe pretese le proprie verit, assumendo una postura
che si voluta ricondurre, in ultima istanza, al crepuscolarismo. Lunit a
livello macrotestuale quindi garantita proprio dalla presenza di un io che

133
Proprio nellanalisi di Mimesi Frasca (Posture dellio, op cit.) ha individuato la
presenza di una controfigura dellautore, alla quale questultimo presta un suo
frammento biografico (il mascherarsi per scherzo con i figli) ma dalla quale dista
ideologicamente: Frasca parla di strategie di straniamento, intendendo con
queste un modo per mettere alla prova il lettore affinch possa scovare da s il fatto
che egli dissenta da questo atteggiamento proteiforme di chi adatta la propria
identit al contesto in cui si trova.
51
attraversa la raccolta nella sua integrit e che di componimento in
componimento viene caratterizzandosi, attraverso quelle soluzioni formali e
soprattutto quel linguaggio che infrange il canone lirico tradizionalmente
codificato.

Come ha osservato Damiano Frasca

La marginalit del personaggio lirico e il suo crepuscolarismo diventano cos


il lasciapassare per ribadire che non dire non essere,cio che, nonostante i
suoi limiti [] la poesia ancora uno strumento in mano alluomo per la
conoscenza della realt e di se stesso134.

Conoscere la realt e conoscere se stesso non sono altro che modalit con
cui, come una delle definizioni di lirica vuole, esprimere se stesso.

134
D. Frasca, Posture dellio, op. cit., p. 144
52
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