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CAPASSO E I CAPASSIANI
Matteo Veronesi
.
'
La definizione di
"poeta capassiano",
che
questa
indagine presuppone,
rischia
-
di
apparire
un
poco
riduttiva,
perch
riferita
ad autori
che, per quanto innegabil-
mente
"minori", "marginali",
un
poco appartati
rispetto agli
scenari
pi
vistosi del-
a letteratura italiana
del
Novecento, seppero comunque sviluppare
percorsi
crea-
tivi
diversificad,
almeno
in
parte
autonomi,
non del tutto
privi
di
spessore
e di ori-
ginalit.
Tuttavia,
tale
definizione
pu
essere
giustificata
dal considerevole ruolo di
teorico,
organizzatore
culturale e direttore
di riviste e di collane editoriali che Ca-
passo svolse,
riuscendo a
convogliare,
a
raccogliere
intorno a
s,
in certo modo an-
che a coordinare
e
orientare,
molte vive
energie
della
"giovane
poesia"
delineatasi
nel secondo
dopoguerra,
dopo
la crisi di
quel
movimento ermetico di cui
Capasso
:
appare
oggi
essere stato
prima
un
possibile
precursore
(basti
rileggere
i versi sola-
nani,
da Un
infinito
roco a Donna
e
pioggia,
che sembrano
immergere
nella tradi-
zione italiana le arditezze sintattiche
e le
vertiginose
condensazioni
analogiche
del
'
simbolismo e del
post-simbolismo
francesi,
da Mallarni
a
Valry),
poi
un risoluto
e militante avversario'.
-
Giova
ribadire,
preliminarmente,
l'importanza
che,
se non altro sul
piano
stori-
co e
documentario, pu
essere rivestita
dai
"minori", che,
sebbene,
e anzi forse
proprio perch
privi
di una
marcata e cristallina
originalit,
di una
genialit
scintil-
lante e
perentoria, possono pi
fedelmente
rispecchiare
i valori medi e le tendenze
predominanti
che connotano
un dato sistema letterario
e una determinata
tempe-
rie culturale. Come
stato
osservato,
proprio
nel
quadro
di una
poetica
e di un mo-
vimento ben definiti
-
quali
sono
appunto
quelli configurad
dal
Realismo
lirico,
l'indirizzo letterario teorizzato e
propugnato,
come si
vedr,
da
Capasso
-
la
pro-
duzione dei
"minori",
le loro scelte estetiche ed
espressive possono
acquisire
un va-
lore e un
significato
particolari.
Come ha scritto
Rosario
Assunto,
proprio
nell'ope-
ra dei cosiddetti minori [J
le idee
estetiche storicamente manifestantisi
come
-
determinazioni
interne della
categoria
di bellezza attestano il
loro
autoprogram-
marsi come
poetiche;
a
questo
interesse a livello
di storia delle
poetiche
e delle idee
95


a
'


c
l


f
l


, .
dendo
in esame singoli aspetti ed esempi della poesia
lirico-realistica,
la continuit
a cui si appena
accennato
risulta
ulteriormente confermata dal fatto di ritrovare,
nelle file del
Realismo lirico,
alcuni
poeti
(da
Fiumi a Jenco a Federico De Maria)
che erano
stati precedentemente legati all"'avanguardismo" e al "neo-liberismo"
.
teorizzati da Fiumi nella prefazione a Polline, e
perseguiti
dal cenacolo riunito
in-
torno alla
rivista La Diana7. Com' stato osservato, per il poeta di Roverchiara
l'a-
desione al
realismo lirico, alla medie/as di
un indirizzo letterario che voleva conci-
liare classicit e modernit, rappresentava la
coerente prosecuzione,
e
in certo mo-
do il compimento, delle scelte estetiche e militanti
precedentemente operate8. Non
-
a caso,
nel secondo dopoguerra Fiumi fu
tra gli animatori della rivista Realt, che
si affiancava all'organo maggiore del movimento,
la testata Realismo lirico, diretta
:
da Capasso ed edita presso Ceschina. Realt
era contraddistinta dall'intento di
-
creare una
letteratura capace di conciliare le esigenze dell'autonomia e della
purez-
:
za con una
partecipe adesione all'autenticit dell'esperienza e del vissuto dell'uo-
: mo e alla
complessit e alle inquietudini degli scenari sociali. Sempre sul piano
-
inevitabilmente non immune da qualche
compendioso schematismo - della sintesi
:
storiografica, si pu forse affermare che la
continuit fra l'antiavanguardismo, o al-
:
meno l'avanguardismo
disciplinato
e
addolcito con memorie classiche, del rappel

lordre e
la scelta antiermetica del Realismo lirico corre parallela, pur se su un
ver-
sante di
polemica opposizione, a quella che esiste, in certo modo (basti pensare
al
Bo di Bilancio
dei surrealismo o al Bigongiari di Poesia francese dei Novecento),
fra
.
l'avanguardia
storica
(in
particolare taluni esiti pi lirici, moderati, sfumati, dei sur-
,
realismo
francese, da certo
Eluard a
un Reverdy e ad uno Char) e l'ermetismo - cer-
to,
a
paragone delle teorie del Breton, governato da
una
pi vigile ed assorta
co-
.
scienza
critica, da un pi profondo, e quasi religioso,
senso
del Verbo
poetico, del-
la parola
pura, assoluta, "scavata come un abisso",
pregna
di risonanze
metafisiche
e di aperture conoscitive, ma ugualmente
attento ai bagliori e agli echi che affiora-
- vano dalla vasta notte dei prerazionale e
dei preconscio.
E ormai tempo
di prendere
in mano
il manifesto di poetica che segn l'inizio
pi
chiaro e
pi decisivo del movimento capassiano, cio la piuttosto malnota
Lettera
aperta ai
poeti italiani sul realismo nella lirica, pubblicata
nell'agosto
del 1949
sulla
rivista
romana Pagine nuove, che annoverava
tra i suoi collaboratori diversi lettera-
T
ti
(dal
Cardarelli al Villaroel) di
"retroguardia", o comunque in varo modo inten-
ti alla salvaguardia e all'ascolto della voce
della tradizione e della lezione dei
classi-
ci, e successivamente
riprodotta, in un opuscolo autonomo, da Alberto Macchia,
uno dei
firmatari (originale e coraggioso
scrittore-editore, che avrebbe tra l'altro
dato alle stampe, nel '58, II
capassiano Dramma a Guayaqui)9. Quel testo non
na-
sceva dal nulla. Esso si
inseriva
nei
quadro
movimentato,
vivace,
per molti aspetti
confuso, e
oggi per larga parte dimenticato (sebbene all'epoca vi
rientrassero in va-
rio modo
letterati di assoluto rilievo, dal Luzi degli
interventi
raccolti in Tutto
in
97
questione
al
Macti di Realt
delsimbolo),
dei
dibattito post-ermetico10. Il manifesto
capassiano
-
sottoscritto,
oltre
che dal letterato
altarese,
anche da
Fiumi,
Eipidio
J enco, Giuseppe Germi,
e da
quattro
prosatori,
tra cu Amedeo
Ugolin, poeta
in
prosa
di formazione
froritespiziana,
e il
citato Alberto Macchia
-
esordiva con un
attacco
polemico
nei confronti di certe
poetiche
moderne
-
espressione ripetuta
pi
volte in
anafora, quasi
a
meglio
definire e rimarcare
l'oggetto
della contestazio-
ne
-
che insistevano su di una
"magica" imparagonabile
realt,
una
"magia"
compiutamente
diversa e
contrapponibile
alla realt
quotidiana,
e che
si traduce
in uno
sfrenato
analogismo,
tale da abolire la
logica
comune.
Appare
evidente che
nell'idolo
polemico
del Realismo lirico si fondono
elementi del simbolismo
pi
or-
fico e arduo
(la
magie
di
Mallarm,
la sorcellerie vocatoire di
Baudelaire)
e
del surrealismo
(i manifesti di
Breton),
sebbene il referente
pi
immediato sia co-
stituito,
com'
ovvio,
dalla
poetica
ermetica. A
questo atteggiamento
viene
contrap-
posto
-
con arditi ed eclettici richiami
agli
autori
pi
svariati,
da Saffo a Whitman
a Lee
Masters,
da Baudelaire a Esenin -il
realismo del
poeta
lirico,
che consiste
nel non
rompere
i
legami
sentimentali con l'uomo
comune,
e
per
ci stesso
rispec-
chiare
-
a suo modo
-
la realt
quotidiana.
La Lettera
aperta, oggi praticamente
di-
menticata,
non manc di
destare, nell'immediato,
echi
polemici
di un certo rilievo.
Basti ricordare il dibattito che si
svilupp
sulla rivista romana Idea: ad un articolo
di Guido
Mariani,
Ancora
un'offensiva antiermetica,
apparso
il 16 ottobre del
1949,
in cui la
poetica
ermetica era difesa
attraverso il richiamo all"assenza"
teorizzata
da Carlo
Bo,
rispondeva,
il
23
ottobre,
Giuseppe
Germi,
con un articolo sui Reali-
sti
lirici,
in
cui,
riprendendo parole
di
Ugolini,
definiva il realismo lirico
-
la "terza
corrente",
intermedia tra l'orfismo ermetico e il
crudo realismo di altre
proposte,
da esso
incarnata
-
come sintesi dolorosa
E.
.
.]
di
questo
nostro
periodo
storico,
colmo inusitatamente di sofferenze e
di
sogni.
Subentrava
Capasso
(Mancanze ed
equivoci
dei
difensori dell'ermetismo,
nel numero del 20 novembre
1949),
che addi-
tava certi esiti del
primo Ungaretti
e del
primo Montale,
Cardarelli e la
poesia
di
Betti e di Bacchelli come modelli del
Realismo lirico. Gi nel numero del
7-14
ago-
sto del
'49,
Capasso
aveva
pubblicato
su
un articolo dal titolo Realisti
lirici,
in
cui, gettando
un
ponte
fra le "arti
sorelle", quasi
a voler rivisitare il
topos
dell'ui'
pic-
turaposis,
accostava
l'esperienza poetica
della "terza corrente" al
movimento
figu-
rativo dei "Pittori Moderni
della
Realt",
il cui
manifesto,
apparso
nel
'47,
e firma-
to da Pietro
Annigoni
(risoluto
antiavanguardista lungo
tutto il corso
della sua for-
tunata
carriera,
in
particolar
modo di
ritrattista
ufficiale),
da
Gregorio
Sdiltian e dai
fratelli Antonio e Xavier
Bueno,
insisteva sulla necessit di
riguadagnare
alla
pittu-
ra una "moralit"
di
sguardo
e di
stile,
una
appassionata
adesione alla realt e alla
concretezza delle cose
e
dell'umano,
in antitesi alle forme
pure,
avulse,
chiuse nel-
la loro assolutezza ed
autoreferenzialit,
dell'astrattismo e della
"pittura
pura",
e a
quelle
deformate,
distorte, straniate,
del
cubismo e
dell'espressionismo;
un movi-
.
mento, questo dei " Pittori della Realt", che
diede luogo a un'arte popolata
di fi-
gure nette, solide, austere, a volte quasi ieratiche, di scenari dai contorni netti, mar-
cati, scabri, contraddistinta
(ecco
ancora il richiamo al "ritorno all'ordine") da un
:
primitivismo che pu far pensare tanto a un Modigliani quanto al gruppo di "Va-
.
lori plastici" . Anche le posizioni teoriche
capassiane appena ricordate,
poi, erano
gi prefigurate, a conferma della continuit, cui
si

ripetutamente accennato,
ri-
spetto alla
cultura del rappel l'ordre, dagli
interventi che Fiumi e Capasso, tra gli
Armi Trenta
e i primi Anni Quaranta, avevano
pubblicato sul Corriere
padano, la
.
cui terza pagina
rappresent uno spazio
importante per quella cultura. Capasso, fin
. dal numero del 17 settembre del '32, insisteva sui Limiti della poesia, sui margini,
sui confini, sui precisi contorni e le nitide coordinate che dovevano, classicamente,
:: in antitesi al panismo di D'Annunzio, del primo Ungaretti, ma anche di certo Mon-
,
tale, circoscrivere con precisione il principium individualionis
della soggettivit
lin-
ca; e Fiumi, recensendo, il 9 febbraio del '43,
Ed subito nera di Quasimodo,
gi
ne lamentava - pur apprezzando la solida
e classica fattura di certi endecasillabi -
taluni eccessi
di oscurit e
talune contorsioni sintattiche, e il 3 giugno dello stesso
:
anno notava, in Vita d'un uomo, una certa attitudine a restare all'orlo della poe-
sia, a tricher aujeu, pago di limitarsi
all'immediatezza del frammento".
Co-
.,
me si vede, autori e testi che, pur non potendo
essere ascritti all'ermetismo
vero e
: proprio, inteso stricto sensu, furono peraltro
considerati dai teorici e dagli
esponen-
ti di quel movimento come modelli ed archeripi illuminanti, a quelli
che
sarebbero
poi stati gli ispiratori e i maestri del Realismo lirico appaiono invece come i cam-
pioni di una modernit con cui ci si doveva inevitabilmente misurare, nia i cui ri-
svolti pi estremi e pi arditi dovevano essere
ridimensionati, e come raddolciti,
at-
traverso il richiamo alla limpidezza, all'equilibrio,
al franco ma sobrio confronto
!
con la realt e la concretezza dell'umanit
e del vissuto, che contraddistinguevano
la classicit
e la
tradizione. Non vorrei, ora, invadere un terreno trattato da altri in
- questo stesso volume, e con competenze certo superiori alle mie; ma mi pare inte-
ressante sottolineare che, nell'estetica del
Realismo lirico, quel saldo
legame
tra
creazione poetica e consapevolezza critica
che caratterizza, in antitesi alla crociana
sintesi di intuizione ed espressione, il pensiero
estetico di Capasso, da Saper distin-
guere a Dottrinarisino
a
Ricerche,
distinzion
discussioni, finalizzata al consegui-
mento di una peculiare "purezza" lirica, intesa non gi, secondo il canone ermeti-
co, come condensazione semantica, occultamento o
soppressione dei nessi
logici,
accentuazione delle valenze suggestive ed
evocative perseguita e protesa
fino alle
soglie dell'obscu risme, ma piuttosto
come limpidezza, chiarezza, nettezza di tratto
e di
segno,
trasparenza
di idee, sentimenti, resa verbale. Non a caso, Lionello Fiu-
m,
in Parnaso
amico,
mettendo a fuoco, in
veste di simpatetico interprete, i Signi-
-
ficati di Aldo Capasso, definiva - con un giudizio
che sottintendeva una poetica, e
che pareva anch'esso preludere alla Lettera
aperta - la natura di un'arte in cui, co-
99
me in quella di Valery, il calcolo - il vagliare, il pesare, il misurare - ossia il secon-
do
stadio
della creazione - ha importanza per lo meno equivalente
all'ispirazione,
e tende non gi
alla complessit, alla voluta oscurit, alla studiata sovrapposizione
di significati ulteriori e celati, ma, piuttosto, alla semplificazione e alla

Anche negli interventi che potrebbero apparire pi connotati e pi compromessi
sul
piano ideologico
(penso ad articoli come Poesia "arcanista e modernit, in
Re-
gime fascista
del 4 aprile 1939, o Conclusionisull'arcanis;no. Precisazioni, apparso
sulla stessa testata il 21 luglio dello stesso
anno),
le ragioni dell'antiermetismo ca-
passiano sono anche e prima di tutto letterarie, riconducibili alla volont di riget-
tare - cos si legge nel primo dei due articoli appena citati - il compiacimento, an-
ticlassico e tecnicistico, dell'oscurit permanente e sistematica.
Alla Lettera aperta non mancarono echi e adesioni - peraltro, come nota Barbe-
ri Squarotti nella
"voce" citata,
da parte di autori rimasti ai margini, forse proprio
a causa del loro
rispetto di certi valori tradizionali,
del dibattito letterario del do-
poguerra. Tramite
gli interventi pubblicati
sulla
rivista
Trpode (in particolare nel
numero 7, del novembre 1949, e nel numero 8, dell'aprile dell'anno
successivo),
di-
retta da Carlo De Franchis, che al movimento dedic anche un'importante antolo-
gia di tendenza", aderirono al programma letterario della "terza corrente" vari
scrittori, dal Cardarelli al Titta Rosa, dall'Arfelli al Borgese (l'opera poetica del
quale ultimo,
pur se innegabilmente marginale
rispetto
a quella del critico e del
narratore, per interessante per il verso e per il tono distesi, discorsivi, prossimi
alla prosa). Singolare, per contro, che al movimento si opponesse, in polemica con
Fiumi, un critico come Giuseppe Ravegnani (alludo all'articolo Giurmerie della
"terza
corrente", in Milano sera
del 15 dicembre 1950),
precedentemente favore-
vole ai "poeti di Verona e di Ferrara" ,
tra cui lo stesso Fiumi, e solidale
con l"'Or-
fismo della Parola" teorizzato,
su
basi
concettuali riconducibili, nella
sostanza, al-
l'estetica romantica, dall'antiermetico Francesco Flora.
E ora tempo, fatte queste premesse, di avvicinarsi ad un esame pi dettagliato,
per esempi,
figure, testi in vario modo emblematici, della poesia espressa dal "capas-
sismo". E
opportuno soffermarsi, in primo luogo, sulla raccolta di Luigi Fiorentino
Scalata al
cielo, pubblicata nel '48 dalla casa editrice Ausonia di Siena, la cui prefa-
zione, scritta da Capasso, appare quasi come una sorta di
"manifesto tecnico del
Realismo lirico". Ed interessante accennare anche all'attivit culturale
ed
editoria-
le del Fiorentino, che fond e diresse la rivista Ausonia, il cui
programma era im-
prontato anch'esso ad una sintesi di classicit e modernit, e intorno alla quale si rac-
colse il cenacolo dei "Poeti di Ausonia", che diede vita a diverse antologie. Moder-
nit,
scriveva Capasso,

l'amare sobriet e concisione, cercare l'essenzialit,
ma non cercare
E...]
il concettismo, l'analogia
troppo sforzata per vanit dell'the-
dito, e l'oscurit sistematica. L"Ausonismo"
del Fiorentino e il "Realismo lirico"
di Capasso sono accomunati proprio dal rifiuto, o almeno dal disciplinamento,
dal-

,
.
la
razionalizzazione, dall'illimpidimento, dell'analogismo,
del "demone dell'analo-
gia"
che
permeano
la
poesia
moderna.
Capasso,
dovendo offrire un
esempio
concre-
to di
analogia limpida
e
misurata,
citava il testo
eponimo
della
raccolta,
incardinato
proprio
sul nesso associativo
suggerito
dai fiori che brillano
nella celeste volta
.
dei
cielo,
e che in realt
sono
mondi,
e sul riverbero della voce
del
poeta,
che si
perde
sola, senz'eco,
nei
profondi
silenzi della
notte,
i
quali
segnano
cos il li-
mite invalicabile di fronte
a cu devono arrestarsi
1'estasi cosmica dei
poeta,
l'af-
flato
panico
del
soggetto
lirico. Ci si
pu
soffermare
poi
su un altro testo del Fioren-
tino,
per
l'esattezza
Sicilia,
scritto nel '45 nel
lager
di
Witzendorf,
ove l'autore era
:
stato internato
per
aver combattuto contro
i tedeschi
dopo
l'Otto
settembre,
e con-
fluito nella raccolta
Basalto,
edita,
sempre presso
Maia,
nel '53. Si tratta di una
lin-
ca stesa in versi liberi inframmezzati
con numerosi
endecasillabi,
e tutta
pervasa
da
.
-
riferimenti storici e
geografici
insieme
precisi
e
suggestivi
(i
mandorli che creano
-
sogni
bianchi
specchiandosi
nei
fiumi,
la locusta
che trilla tra
sparsi templi),
e
culminante
in
un'analogia
densissima
(Tutta
la terra musica che
vive),
ma
pre-
.
parata,
e
pertanto chiarificata,
dall'articolato
discorso lirico che la
precede
e
che,
in
qualche
modo,
in essa si
placa
e si risolve.
:
Proprio
il testo del
Fiorentino su cui ci si
appena
soffermati mostra in modo
evidente un'altra caratteristica
del movimento
capassiano,
vale a dire il costante ni-
chiamo al mondo
classico,
alle radici
storiche, all'antiqua
mater incarnata dalle ori-
.
gini
culturali ed etniche:
non una
quasimodiana
terra
impareggiabile
il cu ricor-
do,
come in Vento a
Tindari,
porta
la
soggettivit
del
poeta quasi
a
dissolversi,
a va-
:
nire
rapita
dall'onda delle
reminiscenze e delle
evocazioni,
o un
ungarettiano
"pae-
se innocente" in cui
"smemorarsi",
ma
piuttosto
un'identit
culturale,
un
profon-
:
do sostrato di radici
e di ascendenze storicamente
circostanziati e
definiti,
da recu-
. .
perare
e rivivere nelle
loro testimonianze e
nelle loro voci
plastiche,
nette,
nitida-
mente
scolpite.
Proprio
in
questa
luce andr
vista
l'importanza
che
nel movimento
assume l'esercizio della traduzione:
non
gi,
come nelle
versioni,
o
meglio
nelle
emulazioni,
nelle creazioni di secondo
grado, eseguite
dai "lirici nuovi" a
partire
dalle
pagine
dei
poeti
antichi e
moderni,
il "frammento"
in cui cercare "essenziali-
i" e
"purezza"
sulla
base dell'incertezza
filologica,
dello
spazio
fluttuante
ed
opi-
nabile che lo
circondano; piuttosto,
traduzione
intesa come fedele
e
compiuto
re-
cupero
di una classicit
vista,
ai limiti
dell'accademismo,
come "nobile
semplicit",
come
limpido equilibrio
di
pensiero
e di forme.
Basti citare le traduzioni
teocritee
di
Elpidio Jenco,
edite
nel
'48
(che riflettono,
in una
partitura
versale ariosa e dis-
tesa,
la melodiosa solarit
dell'originale,
l'inestingubile
brama di canto che lo ani-
ma,
come
dimostra, pen
fare un solo
esempio,
la resa della Morte
di
Dafni: l,
ci-
pari
e
querce
fan
bosco;
/ fanno un anmonioso
ronzare
gli
sciami
pei bugni.
E..]
Vieni, Despota;
e
prendila
tu la mia fistola
bella,
/ stretta con
cera,
che ha fiato di
miele),
o
quelle
delle
Georgiche eseguite
da Giulio
Caprin
e
pubblicate,
due anni

dopo, con il corredo iconografico delle acqueforti dei
Manz'4:
versioni stese in
esametri
perfetti, pieni, torniti,
di fattura carducciana, lontani dagli esametri sba-
gliati,
dai
movimenti
larghi di
ritmo,
dalla misura spezzata e ricostituita mes-
si in opera, sia
nella traduzione che
nella poesia originale, dall'ultimo Quasimodo,
e da lui teorizzati nel Discorso sulla
poesia posto in appendice a
Ilfalso e il vero ver-
de per essere
rifuso in Ilpoeta e
ilpoligico, il volume saggistico del '60. Ci che os-
servava Manara Valgimigli sul
Quasimodo traduttore, e pi in generale sui "lirici
nuovi" interpreti e ricreatori di poesia greca
(cio
che il
poetare
si rifletteva sul tra-
durre molto pi di quanto il tradurre non si riflettesse sul poetare, il tutto a part-
re dal casuale stato frammentario e quindi, in certo senso,
alogico,
anticontenuti-
sta, antisintattico [. .
.]
di certa poesia lirica
gr1),
nei caso dei Realisti lirici de-
ve essere
ritoccato,
se non proprio invertito. Si pu citare, al riguardo, Elena Bono,
autrice vivente
e tuttora attiva,
pur se ai margini dell'establishment La
traduttrice di Sofocle (si fa riferimento
alla versione re
a Colono apparsa nel 1982
presso Garzanti) affiora e fa
sentire
la pro-
pria voce anche nei versi originali: i caduti
della Resistenza, a cui
dedicato un
te-
sto dei Galli
notturni-
raccolta, anch'essa garzantiana, dei '52 -, sono morti per
ubbidire ad
una legge I che non
fu mai scritta, morti secondo il proprio cuore
-
immolatisi a quegli stessi aghrapta
nomima, a quelle stesse leggi non
scritte
che
esistono da sempre e per sempre
(aei po/e), invocate da Antigone al cospetto di
Creonte
(quelle leggi
non scritte e indistruttibili, traduce la Bono, che vivono
non soltanto da oggi n da ieri I ma
da sempre, e nessuno sa da quando sono
apparse). Proprio il richiamo alla
classicit traspone e trasfigura il referente stori-
co e ideologico, traslandolo su di un
piano di assolutezza metatemporale, riscattan-
dolo dalla crudezza rappresentativa, dall'unilateralit ideologica, dall'acre, e a voi-
te greve, espressionismo linguistico che hanno spesso contraddistinto la visione
neorealista della tematica resistenziale.
Non per nulla,
lo
spirito neo-umanistico
che animava i Realisti lirici li indusse
a prendere pi volte le distanze, sulle colon-
ne della loro rivista, tanto dal
neorealismo quanto dai suoi modelli d'oltreoceano,
a cui veniva contrapposta la lezione di Amedeo
Ugolini, e che erano tacciati, l'uno
e gli altri, di insistere eccessivamente sugli
aspetti pi vili e deteriori delia condizio-
ne
umana.
Come
detto,
il tradurre
si riflette sul poetare. La poesia dei Realisti lirici tutta
intrisa di
reminiscenze
classiche, a partire da una delle prove pi impegnative del
loro maestro Capasso, vale a dire
l'Ultimo canto di Sa/fo
(in
Per non morire, l'am-
biziosa raccolta edita da Berben di
Modena nel '47), tutto pervaso da una fitta rap-
sodia (esemplata forse su certi
procedimenti del Pascoli conviviale) di contamina-
zioni e di emulazioni plasmate con i frammenti della
poetessa di
Lesho. E si
pu al-
lora ricordare, per l'affinit dello spirito e del tema,
Sa/fo di
Giuseppe Germi,
un
altro firmatario della Lettera
aperta (in Dentro celeste
sponda,
raccolta edita nel
'49
102
-
presso Maia, e corredata di una prefazione di Capasso che ne elogiava la vena
par-
ca d'immagini, ma penetrante, nel tono,
con singolare virt): Fatemi dormire,
stelle di febbraio, I in codesto alto letto viola
f come una di voi
E. . .]
I Letto viola
:
alle mie chiome
viola.
Versi, questi, in cu
viene ripresa ed amplificata, con inten-
so
ma leggibile analogismo, l'immagine alcaica (fr. 63 D.) di Saffo loplokos e mdli-
chomeidos, dal crine di viola e dolce ridente. Peraltro, come dimostra, ad
esempio, un altro testo di Dentro celeste sponda, Melodie,
il Germi era forse, insie-
'
me al Jenco di Essenze, il pi vicino, fra i poeti del
Realismo lirico, a movenze e re-
gistri ermetici, pur se rivisitati alla luce della
nuova poetica: Melodie di chiare pra-
:
terie I con pause d'ombra d'alberi distanti.
II Io tendo a quella chioma che pi den-
sa I cerchia sul verde: e mi conduce I il limpido
fluire I di questa sponda irrigua I
; dove tu pure, o Sognata, I muovi leggiadra
i piedi
(versi
da confrontare con l'Un-
' -
garetti di Isola o, per l'arditezza sinestetica, con il Quasimodo di Oboe sommerso,
o
infine, per la simbologia della danza, con il Luzi di Tango, ma sottolineando sem-
:
pre, rispetto a questi referenti, la maggiore chiarezza del dettato, la pi netta evi-
denza della rappresentazione, il diretto richiamo
alla tradizione, in questo caso,
:
per l'esattezza, alla figura dantesca di Matelda).
Emblematico, sotto questo aspet-
' to, un testo di un esponente
minore del movimento, Cesare Ottaviano Cochetti,
.
Poi vidi un fauno, incluso da De Franchis nella sua antologia: una poesia che rivi-
sita il motivo panico legato (dall'Mugo del Satyre al Gurin del Centaure al Mal-
larm dell'Aprs-midid'un/aune)
alla figura dei fauno, e in pari tempo l'atmosfera
di egloga evanescente e straniata che
incontriamo nella tradizione simbolista e post-
simbolista, dal Mallarm, gi ricordato,
dell'Aprs-nidi all'Ungaretti della gi cita-
ta Isola.
Una lirica, questa del Cochetti, che si apre con l'immagine della ninfa
:
Deiopea, ombra bianca che va errando nei
tempi,
e si conclude con la
visione
, -
del fauno che si denuda l'anima I tra la marina e i pmpini e le case I contro
un
mostro d'acciaio, per morire: ove evidente,
ancora una volta, come il Realismo
: lirico si accosti a motivi e immagini cari alla
sensibilit simbolista ed ermetica per
tradurli in figurazioni
pi nette e concrete.
E ancora il richiamo alla classicit rappresenta
un aspetto rilevante nella prima
stagione di un'altra autrice ancor oggi attiva,
Maria Grazia Lenisa, secondo Squa-
rotti forse il temperamento pi
autenticamente lirico di tutto il 7
L'ampio saggio introduttivo di
Capasso all'Uccello nell'inverno, la raccolta che la
Lenisa pubblic nel '58 presso la casa
editrice Liguria, si apre e si chiude con il ri-
fiuto di ogni
decadentismo, ermetico, o surrealisteggiante, o vagamente espressio-
nista (e si ricordi, per questa accezione estensiva
di un "decadentismo" identifica-
to tout court con la modernit novecentesca,
il celebre saggio di Norberto Bobbio
- sulla Filosofia del decadentismo, che, apparso
presso Chintore di Torino nel
1944,
poteva gi lasciar presagire,
con la sua condanna del
ripiegamento irrevocabile
dell'uomo su se
stesso segnato dalla sensibilit
contemporanea, lo spirito della
3
reazione lirico-realista). A Capasso, di rimando, l'autrice ha dedicato quello che re-
sta forse il pi ampio e il pi
appassionato studio d'insieme sui poeta di Altare; un
libro in cui la Lenisa insiste, tra le molte
altre cose, sulla
struttura logica
che - in
antitesi all''immaginazione senza fili"
che accomuna, fino a un certo segno, i futu-
risti al primo Ungaretti - contraddistingue i suoi versi, interagendo fecondamente
con il nutrimento, primo e imprescindibile, dell'spirazion&'. J sede di poetica an-
dra ricordato, della Lenisa, il Documento deigiovani, apparso su Realismo lirico,
in diverse tranches, nelle annate fra il '56
e il '59: pagine lucide, ferme, coerenti, in
cui alla poetica dell'allusione e della
suggestione era opposta una classica vis sen-
tenliae, una precisa e potente
corrispondenza tra res e verba. Coerenti con questa
poetica appaiono i versi della prima produzione lirica lenisiana, caratterizzati da as-
sorte memorie classiche restituite in un severo e composto "stile da traduzione",
pervaso da risonanze epiche
e liriche: O fossi io la sicula fanciulla I dal pi dan-
zante, fiore dell'Ortigia,
I che
alle
correnti d'Aretusa I affida le bianche mem-
bra ......
(Ultima Aretina). E torna, anche nella Lenisa (per l'esattezza nella Lette-
ra diSaffo da Mitilene), l'immagine di
Saffo, poetessa richiamata nella Lettera aper-
ta: Il pianto mi strugge I per te, Mitilene,
I
per
te dalle palpebre viola, I molli di
sonno,
I sotto le vive notti di
luna
(si notino le affinit, specie cromatiche, con i
versi del Germi).
Si
gi accennato al problema dei "limiti della poesia", all'intento, da parte dei ca-
passiani, di definire in modo chiaro e solido
i contorni e le prerogative del soggetto
lirico. Ci non toglie che proprio la visione del cosmo, dell'Infinito, dell'Assoluto
rappresenti uno dei temi chiave del movimento. Ma si potrebbe dire che, come per
il Leopardi lettore di Burke, cos anche
per questi poeti il confronto con l'infinito, lo
smisurato, il sublime occasione per
ribadire e per rafforzare l'identit e la solidit
dell'io lirico. Qualcosa di diverso accade,
invece, nei modelli e nei testi guida dell'er-
metismo, in cui spesso il soggetto tende a sfaldarsi, a diluirsi, a risolversi in una so-
stanza fluida, instabile, cangiante. Un oboe gelido risillaba gioia di foglie perenni
non mie, e smemora, dicono versi
celebri di Quasimodo; e basterebbe l'uso asso-
luto, indeterminato, senza espansioni,
dique1 verbo, smemorare, per rendere l'idea
di un'identit avulsa e straniata. Ma si
pu prendere ad esempio anche un testo, an-
ch'esso celebre, di Luzi, L'alta, la cupa
fiamma, in Quaderno gotico:
Io
mi levo, mi li-
bro e mi tormento a far di me un Mario irraggiungibile
da me
stesso.
Assai indicativa , in questo senso, l'opera del gi ricordato
Federico De Maria,
che sul terreno della poetica
aveva espresso, fin dal volume del '36 Rinnovamento
e
tradizione,
posizioni di
modernit attenuata e conciliata con lo spirito classico,
non dissimili da quelle del Realismo
lirico. S consideri, ad esempio, Infinito: Io
sono un abitante del chiaro mondo aperto
a
ogni
mio senso.
[.1
La notte mi
sommerge nel tremendo suo buio - brulicante
d'infiammati universi.
[.1
E in
quell'attimo
anch'io sono infinito. Come si vede, il "naufragio" nell'immensit del


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)


Q
)


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Q
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Q
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Q
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Q
)


Q
)


navano
insieme,
con un brusio di fiume
E.
.
.].
Uguale
I
passava quel
suono di fiu-
me;
I
gli
stessi canti consolavano le stesse
cure;
I le stesse rozze dita smuovevano la
terra,
la mutavano f come viso materno che mentre I s
consuma,
s'ifiumina. E si
pu
citare ancora

(di cui,
tra
l'altro,
usciva nel
'32, presso
Emiliano
Degli
Orfini,
un'antologia
di
poesie
scelte da
Capasso), per
l'esattezza la lirica
Uomo,
nel-
la raccolta Cenere
azzurra:
Io lo so che
sorte ti
mena,
I
uomo,
effimero
grumo
di
pena.
E.
.
I
I E il
grumo
di
pena
si
scioglie
I in un mare di eterna dolcezza. I nu-
dei
concettuali
ungarettiani
dell'uomo di
pena
e del
grumo
di
sogni
sono
qui
diluiti e
dispiegati
nella
struttura,
pi
articolata e discorsiva
rispetto
ai
"versicoli"
dell'Allegria,
di due
quartine.
Dovendo additare II
significato
culturale e
ideologico
e la
posizione
storica del
movimento,
sar
possibile
ravvisare in
esso un tentativo
-
forse un
poco
attardato,
ma autenticamente e
profondamente
sentito
-
di venire incontro all'istanza di un
moderno neoumanesimo
avvertita,
negli
anni
dell'entre deux
guerres
e dell'imme-
diato secondo
dopoguerra,
in vari
orientamenti del
pensiero contemporaneo
(basti
pensare
all'umanesimo
testuale,
filologico,
"retorico" nel senso
pi
alto,
di certa
cultura
tedesca,
dal
Wilamowitz
ajaeger,
o al "neo-umanesimo" e
all"umanismo",
ben distinti dall'umanesimo
tradizionale,
e anzi ad esso antitetici
per
molti
risvolti,
della filosofia
dell'esistenza,
da
Jaspers
a
Sartre).
In tale
contesto,
le
aspirazioni,
se
non
proprio gli
esiti
espressivi,
del
Realismo lirico
vengono
a coincidere con
quel-
li che
caratterizzano,
nel
secondo
dopoguerra,
i
percorsi
di autori di radici e di
for-
mazione
ermetiche,
come
Quasimodo
e
Il
poeta
-
affermava
Quasimodo
nel famoso Discorso sulla
poesia
del
'54-
sa,
oggi,
che non
pu
scrivere idilli o oro-
scopi
lirici;
la ricerca di un nuovo
linguaggio
coincide
[.1
con una ricerca im-
periosa dell'uomo;
il
dialogo
dei
poeti
con
gli
uomini
necessario.
106
NOTE

Cfr., al riguardo, A, SCARSELLA, Parafrasiper un cigno,
in appendice alla pregevole ristampa di
A. CA-

Ilpasso del cigno, Verona, Novacharta,
2003,
pp.
153-165.

R. ASSUNTO, La testi,nonianza dei minori' e la atona dell'estetica e G. BAnnErn
SQUAROTI'I,
"Minon e
"minim?
nella storiografia letteraria del Novecento, in
Il "Minore nella storiografia letteraria, Ravenna,
Longo,
1984,
pp. 93 e 315-316.
,
TH. S. ELIOT, Checos? la poesia minore?, in Opere
1939-1962, Milano, Bompiani,
2003,
pp.
401 sgg.
: Cft, ad esempio, E. FALQUT, La giovanepoesia. Saggio
e repertorio, Roma, Colombo, 1956; A. GALLEn,
IlNovecento, Milano,
Vallardi, 1973
;
E. M. Fusco, Li lirica. Ottocento e Novecento, Milano, Vallardi, 1950;
: ID., Antologia della lirica contemporanea. Dal Carducci al 1950,
Torino, Societ Editrice
Internazionale,
1953; L. FIORENTiNO, Mezzo secolo dipoesia, Siena, Maia,
1951; L. FIORENTINO-O. LOCA1tLtj, II Teso ret-
to, Milano,
La
Prora, 1954; F. PEDRINA, Storia ed
antologia della letteratura italiana, vol. ifi, Milano, Tre-
visini, 1938; In,, La lirica Dal Pariniai rea/lati lirici, Milano, Trevisini, s. a.
(ma 1951).
Cit V. VAGNOLI,
Ii
ritorno all'ordine ne/la cultura dei primo Novecento, Padova, Liviana, 1985, e so-
prattutto lo studio imponente di D. BAItONCINI, Ungaretti
ed sentimento del classico, Bologna, II Muli-
no, 1999, che travalica largamente i limiti segnati dal
titolo, e arriva ad abbracciare, anche su di un pia-
no internazionale,
una vasta
temperie culturale ed artistica.
Cir., in particolare, per la nozione capassiana di 'lirica
pura", aliena dall'aseit e dall'autoreferenzialit
del segno ermetico, e la relativa polemica, L. PENNu'1G5,
I generi letterari nella critica italiana del primo No-
vecento, Firenze, Cesad, 1999,
pp.
308-315.
Cfr. La Diana, a cura di N. D'ANTUONO, Cava Dei
Tirreni, Avagliano, 1990; A. DEI, La Diana 1915-
1917. Saggio eaneologta, Roma, Bulzoni, 1981.
'Circa la continuit esistente, nel percorso creativo
di Fiumi, tra l'avanguardismo e l'adesione al Reali-
smo lirico, cfr. la
"voce"
di R. D'ANNA in Dizionario biografico degli italiani, vol.
XLVIII,
Roma, Istitu-
to dell'Enciclopedia Italiana, 1997.

Sul
realismo nella
lirica, a
cura di A. Macchia, Roma, Macchia, 1951.

Cir., per un quadro generale, A. FRATFINI, Collane
riviste convegniantologie: nel "fuoco" della giovane
poesia, in Novecento, vol. IX, a cura di G.
Git,NA, Milano, Marzorati, 1980,
pp.
8050-8057 (in cui, pe-
non viene preso in considerazione il ienomeno del capassismo); A.
PIGLrARU,
Introduzione al ciii-
: '
quantennio letterario, Ichnusa, II, 1950, 4, pp. 107-117 (con
riferimenti alla polemica fra Macri e Ca-
passo).
Per una visione d'insieme del movimento, preziosa la "voce" di G. BtatBmu SQUAROTTI, Reaiz
5mo lirico, in Dizionario mondiale della letteratura del
Novecento, a cura di F. L. Galati, Roma, Edizioni
Paoline, 1980,
pp.
2435-2436.
'
Gli articoli citati si leggono nell'utile Antologia del Corriere
Padano", a cura di A. FOLLI, Bologna, Pa-
tron, 1978.
'2L.
FRIMa, Significati
di Aldo Capasso,
in ID., Parnaso amico. Saggi su alcuni poeti italiani del secolo XX,
Genova, Degli Orfini, 1942,
pp.
495-533.
"I poeti del realismo lirico, a cura di C.
DE FRANcHIS, prefazione di A. CAPAS50, Roma, Edizioni del Tri-
pode, 1952.
TEOCRITO, Tre
idilli;
trad. di E. Rieti-Roma,
Edizioni del Girasole, 1948; VIRGILIO, Georgiche,
trad. di G. CAPRIN, Firenze, Vallecchi, 1950.
"M.
VALGThISGLI,
Poeti greci e
"lirici nuovi", in Deltradurre e alt ri saggi,
Milano-Napoli, Ricciardi, 1957.
Sulla lunga e vasta attivit dell'autrice, si veda ora
il numero monografico della Riviera ligure a lei
107
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