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Poetae novi (o neteroi, alla greca) la sprezzante definizione usata da Cicerone per indicare le tendenze innovatrici, il moderno gusto

o poetico di una corrente che si sviluppa e si afferma nel primo secolo a.C., segnando una svolta decisiva nella storia della letteratura latina. Il fastidio di Cicerone per quelli che tuttinsieme chiamava poeti moderni (un Cicerone maturo, lontano ormai dagli esperimenti poetici giovanili di gusto ellenizzante) si manifesta anche in unaltra sua celebre definizione mirante a bollare i nuovi protagonisti del panorama letterario, il loro irriverente rifiuto della tradizione nazionale, personificata da Ennio, per seguire un ideale poetico davanguardia: cantores Euphorionis, dal nome del poeta Euforione di Calcide (III secolo), celebre per la ricercata densit e la preziosa erudizione dei suoi versi, assunto a emblema della famigerata poetica alessandrina (lo divulg verso la met del I secolo a.C. Partenio di Nicea, il profeta della scuola callimachea a Roma). Il processo di rinnovamento del gusto letterario promosso dai poetae novi non che un aspetto del generale fenomeno di ellenizzazione dei costumi, di trasformazione dei modi di vita conseguente alle grandi conquiste del II secolo a.C. che avevano aperto alla potenza romana lo scenario dellarea orientale del Mediterraneo e messo a contatto larcaica societ di contadinisoldati con popolazioni abituate a forme di vita pi raffinate. Questo enorme e complesso fenomeno di civilizzazione - che incontra a Roma la tenace ostilit dei cultori della tradizione, del partito catoniano - manifesta la sua influenza, com ovvio, anche nel campo specificamente letterario, dove si assiste a un lento ma progressivo indebolimento dei valori e delle forme della tradizione (di generi letterari politicamente e moralmente impegnati, come lepica e soprattutto il teatro), e allemergere di esigenze nuove, dettate dallaffinarsi del gusto e della sensibilit. Queste istanze di rinnovamento (in campo sia etico che estetico), di un atteggiamento pi aperto verso la cultura greca, avevano trovato espressione soprattutto nella cerchia scipionica; e, sul piano letterario, si erano fatte avvertire ad esempio nellelaborazione di nuove forme poetiche da parte di un poeta come Lucilio, per altri versi caratterizzato dai tratti arcaici della tradizione nazionale. Una manifestazione pi vistosa dellattenzione rivolta alla cultura greca per soddisfare le esigenze di un gusto pi raffinato nella comparsa, fra llite colta romana, di un nuovo tipo di

poesia, di tono leggero e dimensioni brevi (come ad esempio lepigramma), destinata al consumo privato e dedicata allespressione dei sentimenti personali (ma gi Lucilio aveva introdotto nelle sue satire lautobiografia, la vita vissuta). Il carattere ludico di tali componimenti era implicito nello stesso termine greco che li designava, pignia (scherzi); i latini le chiamarono nugae, bagattelle, per indicarne appunto la natura disimpegnata, di semplice intrattenimento, e la mancanza di pretese. La nascita a Roma, negli ultimi decenni del II secolo a.C., nella cerchia intellettuale facente capo a Q. Lutazio Ctulo, di questa poesia nugatoria la spia pi evidente dei fermenti in atto, e un preludio della rivoluzione neoterica: essa infatti frutto dellotium, dello spazio sottratto agli impegni civili e dedicato alla lettura e alla conversazione dotta; la rivendicazione delle esigenze individuali accanto agli obblighi sociali si manifesta anche nellinteresse per i sentimenti privati, come lamore; e soprattutto, la ricerca di elaborazione formale (lessico, metrica, impianto compositivo, ecc.) rivela un gusto educato dal contatto con la cultura e la poesia alessandrina. Nonostante gli elementi di continuit fra la poesia nugatoria e quella propriamente neoterica, ben maggiore comunque la consapevolezza che questultima possiede, e assai pi netto lo scarto che essa introduce rispetto alla tradizione letteraria latina. Leleganza spesso manierata, lartificioso sperimentalismo praticato sui modelli greci dai letterati della cerchia di Lutazio Ctulo, lasciano il posto a un tipo di poesia che allotium e ai suoi piaceri non concede solo uno spazio limitato (ritagliato ai margini di un sistema, come deroga occasionale a una condotta di vita incentrata ancora sui doveri del civis: non a caso lo stesso Lutazio Ctulo scrittore anche di opere storiche), ma li colloca al centro dellesistenza, ne fa i valori assoluti, le ragioni esclusive, come accadr in Catullo. La poesia neoterica segna il culmine, sul piano letterario, di una tendenza da tempo sensibile nella cultura latina: da una parte, il crescente disinteresse per la vita attiva spesa al servizio dello stato, per i valori venerandi della tradizione, per il ruolo insomma del civis romano; dallaltra il contemporaneo affermarsi del gusto dellotium, del tempo libero dedicato alle lettere e ai piaceri, alla soddisfazione dei bisogni individuali e privati. La rivoluzione del gusto letterario accompagnata cio da una pi generale rivolta di carattere etico che la sostanzia, e mostra la crisi dei valori del mos maiorum. Il rifiuto della vita impegnata al servizio della comunit, del modello del cittadino-soldato, si riflette (e insieme se ne alimenta) nel diffondersi dellepicureismo, di una filosofia

cio che predica la rinuncia ai negotia politico-militari per una vita appartata e tranquilla, nellintima comunione con gli amici. La convergenza fra i principi dellepicureismo e le tendenze dei poeti neoterici evidente, ma va notata anche una differenza importante: per gli epicurei, il cui fine latarassia, il piacere senza turbamenti, leros una malattia insidiosa, da fuggire come fonte di angoscia e di dolore (basta pensare al quarto libro di Lucrezio), mentre per i neteroi - soprattutto per Catullo lamore il sentimento centrale della vita, quello che ne costituisce il fulcro e la ragione essenziale., Esso diventa, perci, anche il tema privilegiato della loro poesia, e concorre a dar forma a un nuovo stile di vita, ispirato appunto dal culto delleros e delle passioni e dalla dedizione alla poesia che di esse si alimenta. Laffinit di gusto che accomuna i vari poeti (che non compongono, comunque, un circolo o una scuola, non sono cio organicamente collegati in un programma complessivo; ma una ragione di vicinanza e amicizia sta gi nella provenienza della maggioranza di essi dalla Gallia Cisalpina) si traduce anche in contatti, incontri, discussioni e letture comuni, cio in unattivit critico-filologica che accompagna la pratica poetica vera e propria e le fa da supporto e verifica. Il travaglio della forma, la cura scrupolosa della composizione, il paziente lavoro di lima sono infatti il tratto distintivo primario della nuova poetica callimachea. Come Callimaco aveva aspramente polemizzato contro gli epigoni dellepos omerico, irridendo la sciatteria e la prolissit del lungo poema, e aveva propugnato un nuovo stile poetico, ispirato alla brevitas (il componimento di piccole dimensioni) e allars (il meticoloso lavoro di cesello), cos Catullo e i neteroi irridono gli stanchi imitatori di Ennio, i pomposi cultori dellepica tradizionale (Volusio, Suffeno, Ortensio), celebrativa delle glorie nazionali, estranea ormai al gusto attuale sia per la trascuratezza formale che per i contenuti antiquati. Saranno invece altri i generi privilegiati dalla poetica callimachea e adatti allaccurato lavoro di cesello, al labor limae: quelli brevi come ad esempio lepigramma, oppure quelli - come lepillio, il poema mitologico in miniatura - che danno modo al poeta di far sfoggio della propria preziosa erudizione (si tratta di antichi miti di soggetto erotico, vicini perci alla sensibilit moderna) e di attuare raffinate strategie compositive (racconti ad incastro, narrazioni cucite insieme che si rispecchiano lun laltra). I principi ispiratori della poetica di scuola callimachea (che lascia spazio comunque ad esperienze diversificate: si veda latteggiamento conciliativo di Furio Bibaculo e Varrone

Atacino, autori anche di opere di carattere pi tradizionale, di fronte al callimachismo pi coerente di Catullo e dei suoi amici Cinna e Calvo) danno luogo allelaborazione di un nuovo linguaggio poetico e segnano pi in generale una svolta decisiva nella storia del gusto letterario a Roma. Il neoterismo costituir dora in poi come una barriera di modernit, che proietta nel passato la letteratura precedente: non potranno non tener conto degli imperativi del nuovo gusto nemmeno i cultori delle forme pi tradizionali. 1. I poeti preneoterici Una figura di spicco del panorama culturale che si delinea nellarco di tempo che va dai Gracchi a Silla Q. Lutazio Ctulo. Nato attorno al 150 a.C., di famiglia nobile, fu console collega di Mario nel 102 (e con lui vincitore dei Cimbri nel 101); cadde poi vittima della persecuzione mariana e fu costretto al suicidio (87 a. C.). Oltre che autore di opere di carattere storico e autobiografico (De consulatu et de rebus gestis suis), fu oratore elegante e di dizione raffinata (Cicerone lo celebrer nel De oratore), in linea con gli ideali del gusto scipionico di cui pu essere considerato erede. Di cultura ampia, aperto alla filosofia, fu soprattutto poeta, e introdusse nella poesia latina epigrammi di stampo greco, adattandoli dai modelli ellenistici (ce ne restano un paio). Attorno a lui si raccolse un gruppo di letterati accomunati da questo nuovo gusto per la poesia leggera, dintrattenimento: quello che comunemente si dice circolo di Lutazio Ctulo. probabile per che non si trattasse di un circolo vero e proprio, caratterizzato da coerenza di atteggiamento e organicit di funzioni (si troppo insistito anche sul carattere democratico, sullimpegno di opposizione antinobiliare, di questa cerchia di letterati diversi fra loro per estrazione sociale e tendenza politica): a collegare i vari componenti doveva essere solo una comunanza di gusti e orientamenti letterari. Ne dovevano far parte i poeti Valerio Edituo e Porcio Licino, che sperimentarono - come il loro amico e protettore - la nuova forma poetica. Di Valerio Edituo abbiamo due epigrammi damore, di manierata fattura alessandrina; uno ce ne resta di Porcio Licino, del quale leggiamo anche due frammenti di un interessante componimento di soggetto storico-letterario (in settenari trocaici) sulle origini della poesia latina e sui rapporti di Terenzio con gli Scipioni. Il filone della critica letteraria in

versi, genere coltivato dalla cultura alessandrina, doveva avere un suo spazio anche in unopera come il De poetis di Volcacio Sedigito, un cui frammento in senari giambici ci fornisce il canone dei migliori commediografi latini (primo Cecilio Stazio, secondo Plauto, terzo Nevio, solo sesto Terenzio). Lo stesso gusto per la poesia leggera, e uno ancora pi sviluppato per lo sperimentalismo linguistico e metrico, mostra un poeta vissuto probabilmente al principio del I secolo a.C., Levio. Scrisse unopera di sei o pi libri, Erotopaegnia (scherzi damore) - ce ne restano circa 25 frammenti e una cinquantina di versi - che trattava i miti della tradizione epica e tragica, rielaborati talora dalla poesia alessandrina (Adone, Elena, Ettore, le Sirene, Circe, Protesilao e Laodamia, ecc.). Il carattere lusivo implicito nella nuova poesia nugatoria in Levio si accentua, la grazia diventa artificio, ricercatezza leziosa (con tratti talora di morbida sensualit). Il lusus evidente nella fantasiosa ricerca di nuove e audaci forme espressive, nelluso capriccioso dei metri pi disparati, nellesibizione di preziose rarit lessicali, nellescogitazione di composti bizzarri (anche nei titoli: Protesilaudamia, Sirenocirca). In questo clima di sperimentalismo letterario e linguistico si collocano due contemporanei di Levio (anche se la loro cronologia in parte controversa), Mazio e Sueio. Mazio scrisse una traduzione in esametri dellIliade, di cui ci restano alcuni frammenti, peraltro di non grande valore letterario. Lo stesso Mazio si ciment in un genere letterario nuovo per i Latini, quello dei mimiambi (mimi composti in metri giambici, per la precisione in coliambi), che nella letteratura greca era stato praticato in et ellenistica da Eroda. A differenza dei mimi di Laberio e di Siro, i mimiambi di Mazio erano destinati alla sola lettura, non alla rappresentazione. Ce ne rimangono alcuni versi, di contenuto vivace e leggero: un tale si lamenta perch gli hanno rotto un orcio per lacqua, un venditore di fichi vanta la sua merc (in tante migliaia di fichi non ne troverete uno sterile...), due innamorati si baciano unendo le labbra columbulatim, come due teneri colombi: e qui si riaffaccia lo sperimentalismo linguistico che era stato di Levio e che sar dei neteroi. Sueio autore di un Moretum (La focaccia: lo stesso titolo avr un componimento dellAppendix Vergiliana) che Macrobio definisce idillio. Dai pochi versi (esametri) che lo stesso Macrobio riporta si ricava, pi che limmagine di un precursore del genere bucolico, limpressione di un pedante erudito che, seguendo in ci modelli alessandrini, disserta spiegando i nomi

delle diverse variet di noci. Il solito compiacimento linguistico (neologismi, preziosit e artificiosit espressive) si ritrova nei frammenti dei Pulli (I pulcini), componimento in settenari trocaici. Piccoli frammenti di un Carmen epicum avvicinano Sueio a Mazio e mostrano come questi poeti (anticipando neoterici come Furio Bibaculo e Varrone Atacino) sentissero il genere epico non in contrasto con unattivit letteraria di tipo alessandrineggiante. 2. I poeti neoterici Pur coi suoi limiti di artificiosit, la poesia di Levio segna un progresso rispetto alla prima poesia nugatoria, ancora strettamente dipendente dai modelli ellenistici: egli elabora pi originalmente i suoi modelli, privilegiando quei soggetti eroticomitologici che avranno ampia fortuna nella futura letteratura latina, e sperimenta nuove possibilit espressive. In ci giusto considerarlo un anello intermedio, un precursore pi diretto della poesia neoterica vera e propria. Una figura di spicco, quasi un caposcuola, delle nuove tendenze poetiche Valerio Catone. Originario della Gallia Cisalpina (ci parla di lui Svetonio nel De grammaticis), nacque probabilmente agli inizi del I secolo a.C.: venne a Roma, dove visse come grammatico e maestro di poesia fino a una tarda vecchiaia funestata dalla povert. Lettore e critico temuto di poesia, nonch poeta egli stesso, rinnova a Roma la grande tradizione dei critici-filologi alessandrini (era accostato a Zenodoto e al pergamene Cratete). Un epigramma dedicategli nella sua cerchia (Cato grammaticus. Latina Siren, / qui solus legit ac facit poetas) rivela il prestigio di cui godette come letterato e severo maestro del gusto. Oltre a lavori filologici (forse cur unedizione di Lucilio), compose opere poetiche (forse epilli) molto celebrate dai contemporanei: si ricordano di lui una Dictynna (o Diana), sul mito cretese della dea, e una Lydia, che gi nel titolo rivelano il carattere alessandrineggiante della poesia di questo religioso cultore della forma. A Valerio Catone fu vicino M. Furio Bibaculo, da Cremona, nato probabilmente una decina danni dopo il suo amico e maestro e come lui vissuto a lungo. Tacito e Quintiliano lo ricordano per aver scritto, alla maniera neoterica, aspri epigrammi contro Augusto: a noi ne restano un paio, affettuosamente ironici, su Valerio Catone, e un tagliente frammento contro Orbilio, il manesco maestro di Orazio. Ben altro sar stato latteggiamento verso Cesare nel poema epico-storico (se

lattribuzione sicura) Pragmatici belli Gallici, di cui abbiamo pochi versi, uno dei quali irriso da Orazio per la sua goffa pomposit. A un altro poema, Etiopice, accennerebbe criticamente lo stesso Orazio (egli parla di un Furius Alpinus, che potrebbe essere epiteto satirico relativo al verso accennato poco fa; ma restano dubbi sullidentificazione del poeta): largomento, di carattere mitologico, si rifaceva alla tradizione del ciclo troiano. Pi in linea col gusto neoterico (ma il poema epico-storico viene ripreso anche da Varrone Atacino) doveva essere unaltra opera, in prosa, le Lucubrationes (Veglie), argutamente erudite. Qualche analogia con la contraddittoria figura del poeta cremonese mostra P. Terenzio Varrone Atacino (cio di Atax, nella Gallia Narbonese, dove sarebbe nato nell82 a.C.). Egli continu infatti la poesia di stampo enniano, componendo un poema storico, il Bellum Sequanicum (sulla campagna di Cesare contro Ariovisto, del 58 a.C.); ma ader al nuovo gusto poetico in unopera intitolata Leucadia, dal nome della donna amata, che i poeti elegiaci indicheranno fra gli incunaboli della poesia erotica latina. Avrebbe scritto inoltre satire (ne parla, in maniera critica, Orazio) e componimenti di poesia didascalica: evidente anche in ci linflusso della tradizione enniana e luciliana. Sappiamo di una sua Chorogrphia, opera geografica, e di unEphmeris - ma anche il titolo incerto - sui pronostici, al modo di Arato. Ma di lui va soprattutto ricordato il poema epico Argonautae, libera traduzione in esametri latini (o forse piuttosto un rifacimento) delle Argonautiche di Apollonio Rodio: egli prosegue cos la tradizione dei poeti-traduttori, funzionale allesigenza di elaborare - sulla scorta dei grandi modelli greci un nuovo linguaggio poetico latino, e insieme manifesta la preferenza per un tipo di epica che faceva largo spazio alleros e alle sue complicazioni psicologiche, e avrebbe perci attratto linteresse dei poeti nuovi. Due altri poeti di rilievo della cerchia neoterica, a noi noti soprattutto grazie alla poesia del loro amico Catullo, sono Cinna e Calvo (che formano con lui quasi un gruppo nel gruppo, pi omogeneo per rigore di scelte poetiche). C. Elvio Cinna, originario anchegli della Gallia Cisalpina (Brescia), partecip con Catullo alla spedizione in Bitinia del 57 a.C.; c chi identifica con lui il Cinna che avrebbe portato a Roma al suo seguito, come liberto, il poeta Partenio di Nicea (il quale per pi probabilmente era stato condotto a Roma gi nel 73 a.C.). Indipendentemente da tale identificazione, certo linflusso esercitato anche su Elvio Cinna dal poeta greco, la cui

presenza a Roma funse da stimolo e punto di riferimento per la poesia neoterica. La sua convinta adesione ai principi del nuovo gusto, dottrina e meticoloso labor limae, traspare anche nellepigramma di dedica che accompagna il poema di Arato (scelta anchessa significativa) portato in dono a un amico dalla Bitinia, e ispira la sua opera pi nota, la Zmyrna (quasi del tutto perduta). Il poemetto, che narrava - con tipico gusto alessandrino - lincestuoso amore di Mirra per il padre Cniro, fu celebrato da Catullo (e. 95) alla sua pubblicazione dopo nove anni di paziente lavoro di cesello: la brevitas dello stile e la densit di dottrina, che gli valsero la fama di impenetrabile oscurit, dovevano fare di questo componimento quasi un modello esemplare della poetica di ascendenza callimachea. E se lintento artistico di Cinna era di emulare, in erudizione preziosa e stile difficile, lapprezzatissimo Euforione (certo il pi callimacheo e il pi astruso dei poeti dotti cari ai neteroi), si pu credere che egli riusc nellintento: sappiamo da Svetonio (Gramm. 18) che la Zmyrna ebbe bisogno del commento esegetico di un grammatico; daltronde la forma stessa del titolo Zmyrna, in luogo dellusuale Myrrha, il primo segno di questa ricerca di preziosit. Cinna scrisse inoltre epigrammi e un Propempticon (carme augurale per un viaggio) rivolto ad Asinio Pollione, nel 56. Licinio Calvo (82 - ca.47 a. C.), nato a Roma da illustre famiglia plebea (era figlio dello storico Licinio Macro), fu oratore famoso (celebri le sue orazioni contro il cesariano Vatinio: uneco scherzosa nel carme 53 di Catullo) seguace dellindirizzo atticista, quello che perseguendo un ideale di nitida, concisa asciuttezza, contrario allenfasi e alla prolissit, meglio si conciliava col gusto neoterico. Ma fu soprattutto poeta, fra i maggiori del nuovo corso (anche di lui ci restano pochissimi versi): oltre a epigrammi di invettiva politica (come Catullo, come Bibaculo) scrisse epitalami e altri componimenti di soggetto amoroso, fra i quali un dolente epicedio per limmatura morte della moglie Quintilia. Scrisse anche lui un epillio, intitolato Io, dal nome delleroina amata da Giove e perseguitata da Giunone (notevole la presenza del tema della metamorfosi, caro alla letteratura alessandrina).

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