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LUDOVICO ARIOSTO - VITA ED OPERE MINORI

BIOGRAFIA
Ludovico Ariosto, autore del più celebre, fantasioso e avvincente poema cavalleresco del nostro
Cinquecento - l'Orlando Furioso - ebbe una vita tutt’altro che avventurosa, caratterizzata per lo più da
problemi economici e di sussistenza.

Ludovico nasce a Reggio Emilia l’8 settembre del 1474, primo figlio di Niccolò Ariosto, militare al servizio
degli Estensi e governatore della stessa città di Reggio Emilia. Il piccolo si trova quindi, fin dalla più tenera
età, a respirare il clima della corte estense intorno a cui suo padre opera, passando un’infanzia e una
giovinezza spensierate, senza subire direttamente l’influenza dei regnanti. Studia prima giurisprudenza a
Ferrara, poi abbandona la facoltà di Legge per passare alle Lettere e comincia a comporre le sue prime
poesie.

La morte del padre

Alla morte del padre però, nel 1497, Ludovico Ariosto sente forti le pressioni economiche, e per
mantenere se stesso e la famiglia deve seguire l’esempio paterno e mettersi alle dirette dipendenze della
casata d’Este, alternando gli incarichi imposti alle sue produzioni poetiche.

Il rapporto con Ippolito d'Este

Diventa un uomo di corte a tutti gli effetti sotto il cardinale Ippolito d’Este da cui ebbe diversi benefici e
per cui svolse numerosi incarichi, forse troppi e troppo impegnativi, ma sempre riuscì a dedicarsi alle
lettere e a portare a compimento il suo capolavoro, l’Orlando Furioso. Ludovico Ariosto lamenta spesso i
compiti difficili e impegnativi che Ippolito d’Este gli impone, soprattutto quelli che lo portano a Roma per
placare le tensioni che insorgevano spesso fra il cardinale Ippolito e papa Giulio II. Quando il cardinale,
nel 1517, si reca in Ungheria per reggere un vescovato di cui era titolare, Ludovico si rifiuta di seguirlo:
per lui adesso è troppo e non può più sopportare tutti questi incarichi. Fra il cardinale e Ariosto si
rompono quindi i legami ma Ludovico resta comunque dipendente della corte estense, anche se con
Alfonso I, il duca, i rapporti sono molto più freddi di quanto non succedeva con Ippolito.

Gli ultimi anni, libero dagli incarichi

Dal 1522 al 1525 Ludovico Ariosto è governatore della Garfagnana, una nuova regione appena annessa ai
domini degli Este, desolata e semiselvaggia, che tenta di reggere con estremo rigore.

Finalmente, dopo questo incarico, può godersi la vita desiderata. Sciolto dagli impegni diplomatici e dalle
mansioni pratiche della corte, Ludovico Ariosto si ritira dopo il periodo in Garfagnana, a vita privata,
vivendo con la sua donna, Alessandra Benucci, figlia di un ricco mercante, e lavorando alla terza e ultima
edizione dell'Orlando Furioso, edita nel 1532. L’anno dopo Ludovico Ariosto muore.

LUDOVICO ARIOSTO: LE OPERE


Come abbiamo avuto modo di comprendere dalla biografia di Ludovico Ariosto, il poeta non ebbe il
tempo che desiderava per dedicarsi alla scrittura e, quando poteva farlo, il suo primo interesse e polo
gravitazionale di tutte le sue fatiche, era l'Orlando Furioso. Esiste tuttavia una produzione minore di
Ludovico Ariosto che analizzeremo rapidamente prima di concentrarci sul poema cavalleresco.

Le opere minori: le liriche sul modello del petrarchismo

Ludovico Ariosto, fin da giovane, ha composto svariate liriche, cioè componimenti poetici incentrati sulla
resa di sentimenti ed emozioni individuali del poeta che si immedesima direttamente nei versi per dare
sfogo ai moti del suo animo. Queste liriche si dividono in due gruppi: molte sono in latino, un gruppo
meno sostanzioso è in volgare. Senza addentrarci nell’analisi di queste opere uno è il dato importante
che va tenuto in gran considerazione quando si pensa alla produzione lirica di Ludovico Ariosto. Le sue
poesie si inseriscono in quella tendenza poetica che era il petrarchismo, appena riportato alla ribalta da
Pietro Bembo, amico di Ariosto, e pioniere della riforma linguistica cinquecentesca. Questo significa che
Ludovico Ariosto si inserisce nel pieno clima del dibattito linguistico del suo tempo sposando quella che
sarà l’idea vincente: utilizzare Petrarca, e in particolare il Canzoniere, come un modello di stile nella
stesura di ogni nuovo componimento lirico. Ludovico Ariosto integra però l’esempio di Petrarca con
l’esempio degli antichi autori latini, dando come risultato delle poesie classicheggianti, pregne di un
linguaggio aulico e ricercato, in piena armonia con le tendente Umanistiche che proprio ai classici
facevano puntuale riferimento.

Altro gruppo di componimenti minori ma di maggiore interesse sono poi le Satire, composte fra il 1517 e
il 1525, modellate sulla satira classica di Orazio e molto apprezzate sia dagli studiosi che dai
contemporanei di Ariosto. Le Satire sono scritte infatti in un periodo in cui in Italia è vivo il dibattito sul
sistema dei generi letterari: si cercano cioè modelli, classici o contemporanei, a cui rifarsi per comporre
opere, di volta in parte, appartenenti ad un determinato genere. Ludovico Ariosto diventa con questi
componimenti un modello per la stesura delle satire successive.

Quando parliamo di Satire di Ludovico Ariosto parliamo di sette componimenti di natura autobiografica
in cui l’autore immagina di dialogare, polemizzando, con esponenti della sua cerchia sociale e culturale.
Scrive ai suoi fratelli, immaginando con loro appunto uno scambio di idee, scrive a Pietro Bembo e al
segretario del duca Alfonso I d’Este per cui, come abbiamo visto, Ludovico Ariosto di trovò a lavorare. I
temi più scottanti e divertenti di queste satire sono quello del matrimonio, della vita ecclesiastica dei
suoi contemporanei, della stanchezza per i troppi lavori che gli Este commissionavano ad Ariosto.

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