Ugo Foscolo nasce nel 1778 a Zante, un’isola del mar Ionio che apparteneva alla Repubblica
Veneta e oggi alla Grecia. Il padre era un medico veneziano e la madre era greca e questo spiega il
suo amore per il mondo classico. All'età di 10 anni, in seguito alla morte del padre, viene affidato
alle cure di una zia e solo nel 1793 può ricongiungersi alla madre e al fratello che si sono trasferiti a
Venezia. Qui nasce l'amore per la letteratura e frequenta molti salotti nobiliari. Conosce la
contessa Isabella Teotochi e ne diventa l'amante.
Nel 1796, quando Napoleone viene in Italia, egli sostiene la causa della Francia rivoluzionaria e
quando nel 1797 i francesi raggiungono Venezia si arruola con il grado di tenente nella
Repubblica Cispadana. Il 17 ottobre dello stesso anno però Napoleone firma il trattato di
Campoformio con cui cede Venezia all'Austria. Con questo atto politico Foscolo rimane
profondamente deluso, perché Zante, sua città natale, diventa possesso degli Austriaci, e ciò
costituisce anche uno dei motivi ispiratori dell'opera "Ultime lettere di Jacopo Ortis".
Nel 1797 dopo il trattato Campoformio si trasferisce a Milano dove conosce Monti e Parini e nel
1799 si arruola come volontario nella guardia nazionale per difendere Genova che era stata
assediata dagli Austro - Prussiani. Qui compone l’ode a Luigia Pallavicini caduta da cavallo.
Quest'ode racconta della caduta da cavallo di un'amica che si sfregiò il viso, trasfigurando così la
destinataria in un ideale di pura bellezza.
A Firenze nel 1801 stabilisce una relazione con Isabella Roncioni anche se intanto a Milano ha una
relazione con Antonietta Fagnani Arese per la quale scrive l’ode All'amica risanata in cui racconta
di questa donna, spesso malata, rivelando l'esistenza di una realtà fatta degli abiti e delle azioni
dell'amata, mediata dall'intervento del poeta che attraverso la bellezza della poesia fa
corrispondere quella della donna.
In questo periodo il fratello Giovanni muore suicida.
Nel 1802 compone gli ultimi sonetti ed esce la prima stampa integrale dell’Ortis.
Nel 1803-1804 esce l'edizione definitiva delle poesie comprendente 12 sonetti e 2 odi.
I sonetti possono essere distinti in due gruppi: i primi otto sonetti presentano temi amorosi,
politici - culturali, in cui è evidente il meccanismo della psicologia della poesia di Foscolo, dove l'io
del poeta è in guerra contro il mondo e se il mondo gli resiste dichiara guerra a se stesso. Questi
primi sonetti sono fortemente influenzati dalla lirica di Alfieri di cui riprendono l'atteggiamento
risentito e l'eroico senso della morte. Gli altri quattro sonetti, accanto a questi due temi,
accostano altri elementi profondi della sua personalità.
Nel sonetto Alla sera troviamo l'aspirazione all'equilibrio e il tempestoso spirito guerriero che si
placa solo con la sera che è l'immagine della morte e che porta anche tranquillità nell'animo
umano.
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UNITA’ 11 UGO FOSCOLO
Nel sonetto A Zacinto unisce elementi biografici quali l'esilio e la sventura a motivi mitici,
ricordando il fascino della propria isola natale e paragonando il proprio destino a quello di Ulisse.
Rievocando così il mondo classico che è l'espressione di armonia e perfezione.
Nel sonetto Alla Musa riflette su come le difficoltà della vita personale e della storia italiana
abbiano allontanato le prospettive di bellezza annunciate dalla poesia.
Infine, nel sonetto In morte del fratello Giovanni, fondato sul tema della patria, dell'esilio e della
tomba, stabilisce fra loro un legame basato sulla sventura e sulla necessità di trovare conforto
nella tomba.
Nel 1804 parte per la Francia per partecipare alla spedizione di Bonaparte in Inghilterra. Raggiunta
la costa della manica conosce una profuga inglese Sofia Hamilton dalla quale ha una figlia Floriana
che lo assisterà negli ultimi anni della sua vita. Sempre in questo periodo inizia la traduzione del
viaggio sentimentale di Sterne.
Nel 1807 torna in Italia, compone e pubblica il poemetto "Dei sepolcri" dedicato al poeta Ippolito
Pindemonte ed è proprio in questo periodo che a Venezia ristabilisce il legame con la contessa
Isabella Teotochi.
Nel 1808 è nominato professore di eloquenza all'università di Pavia, ma la cattedra viene dopo
un anno soppressa.
Nel 1811 scrive la tragedia Aiace che viene subito censurata poiché ritenuta anti napoleonica.
Fra il 1812 e il 1813 vive a Firenze trascorrendovi un anno molto sereno allietato anche dal nuovo
amore Quirina Mocenni che resterà con lui per tutta la vita. In questo periodo lavora al poema Le
Grazie che non finirà e pubblica la traduzione del viaggio sentimentale di Sterne con in appendice
La notizia intorno a Didimo Chierico. Attraverso quest'opera Foscolo dà al lettore un eccentrico
autoritratto che sostituisce o integra quello dell'Ortis. Didimo, che dal greco significa doppio
gemello, è l’alter ego di Foscolo. Egli è un intellettuale che rifiuta le mode in quanto ha imparato a
sue spese a tener chiuse le sue passioni. La rinuncia di Didimo è generata dalla sfiducia nella
realizzabilità dei valori in cui credeva in quanto tutto ormai rimane confinato nel regno della
probabilità e nulla ormai è certo.
Nel novembre 1813, dopo la sconfitta di napoleone a Lipsia, Foscolo torna a Milano per
difendere il regno d'Italia poiché Milano è caduta in mano agli austriaci.
Nel 1815 rifiuta le offerte austriache di collaborare e fugge in esilio prima in Svizzera, poi in
Germania e infine si stabilisce a Londra dove è costretto a vivere sotto falso nome e a scontare tre
settimane di carcere per debiti nel 1824. Foscolo mostra inoltre grande interesse per la letteratura
inglese la cui conoscenza è evidente nei Sepolcri.
Dal 1821 la figlia Floriana si trasferisce a vivere con lui. Nonostante le difficoltà economiche, gli
ultimi anni della sua vita sono caratterizzati da una grande operosità. Infatti in questo periodo dà
lezioni private, collabora con riviste pubblicando saggi sui classici della letteratura italiana come
Dante e Boccaccio, lavora all'edizione definitiva dell'Ortis e porta avanti le Grazie.
Tra il 1825 e il 1826 completa la Lettera apologetica ovvero un’appassionata difesa della propria
politica che uscirà postuma nel 1844.
Muore il 10 settembre 1827 all'età di 49 anni a Londra, ma poi i suoi resti nel 1871 vengono
trasferiti nella chiesa di Santa Croce a Firenze.
LA POETICA
Foscolo riprende dall'Illuminismo la visione laica della storia e il materialismo, ma dà più
importanza alla poesia e all'arte che non al pensiero scientifico. Egli ha molta sfiducia nel
progresso e valorizza la poesia all'interno di una concezione pessimistica della storia e della
società. Foscolo attribuisce alla poesia grande valore poiché essa permette di superare la
distinzione tra padroni e servi, sempre esistita. Inoltre, la poesia conferisce durata e universalità
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UNITA’ 11 UGO FOSCOLO
ai valori nobili espressi dalla classe dominante rendendoli validi anche per le classi a essa
soggette.
Foscolo attribuisce alla poesia tre importanti funzioni:
una funzione eternatrice: rende eterni i valori sui quali si basa la civiltà;
una funzione rasserenatrice: placa i tormenti dell'animo umano;
una funzione civilizzatrice: induce gli uomini a coltivare gli ideali più nobili.
Ugo Foscolo può essere considerato neoclassico per la ricerca continua della perfezione formale
della poesia che egli oppone al mondo brutale della storia. Inoltre, può essere considerato
preromantico per l’inquietudine che pervade il suo animo e che si trasporta nelle sue opere. Il
rapporto con la realtà non soddisfa le sue aspettative di grandezza.
I temi dei Sonetti sono soprattutto autobiografici: gli amori e le riflessioni esistenziali " Alla sera",
l'esilio " A Zacinto", i lutti familiari " In morte del fratello Giovanni". Tutte queste opere
rappresentano la tendenza del poeta all'autoritratto, alla descrizione di sé come individuo che
soffre e lotta per opporsi al "reo tempo" causato dalla delusione storica.
LE OPERE
L'epistolario di Foscolo è uno dei più ricchi della letteratura italiana. Benché molte lettere siano
andate smarrite, quelle rimaste ci permettono di ricostruire le vicende biografiche, psicologiche e
culturali del poeta. Ciò, però, non significa che si possa entrare a contatto in modo diretto con la
sua dimensione umana, in quanto egli non smette mai l'abito del letterato e parla di sé attraverso
vari personaggi come se avesse bisogno di un alter ego. Nell'epistolario prevalgono le lettere
d'amore, ma vi sono anche quelle rivolte ai familiari, agli amici, agli editori o quelli ispirate a
circostanze pubbliche e politiche. In tutte Foscolo sperimenta il rapporto artificiale tra vita e
scrittura.
LA VICENDA
Prima parte: dopo il trattato di Campoformio il giovane Jacopo Ortis animato da spirito patriottico
e deluso da Napoleone, si ritira in un podere sui colli Euganei, qui si innamora di Teresa ed è
corrisposto. Il padre della ragazza vuole però darla in moglie al ricco e mediocre Odoardo per
risollevare le difficili situazioni economiche della famiglia e Teresa è decisa a obbedire.
Parte seconda: Jacopo parte per un viaggio in Italia. A Milano incontra l'amico Parini, a Ventimiglia
medita pessimisticamente sulla storia e sulla società umana. Tornato sui colli Euganei, dopo aver
saputo che Teresa si è sposata, la incontra per l'ultima volta, le strappa un bacio e si pugnala al
cuore.
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UNITA’ 11 UGO FOSCOLO
I temi sono: quello politico che percorre l'intero romanzo. Di fronte a Napoleone che, postosi
come liberatore, non esita a infrangere ogni ideale per curare i soli interessi della Francia, l'unica
possibilità sarebbe la concordia dei patrioti italiani i quali dovrebbero mostrarsi uniti nella comune
lotta contro gli oppositori, ma poiché questo, vista la situazione politica e sociale della penisola è
impossibile, e poiché è anche inaccettabile sopportare l'infamia del dominio straniero, l'unica
alternativa è la morte.
L'altro tema dominante è l'amore, una forza positiva da cui scaturiscono la bellezza e l'arte, una
potenza rasserenatrice che placa negli esseri umani ogni dolore, ma poiché Teresa si è sposata con
un altro la morte diventa l'unico gesto di protesta.
Il romanzo procede per frammenti e per quadri staccati e la narrazione in prima persona rende
l'appassionato raccontarsi di Jacopo quasi forzato ed artificiale. La sintassi è percorsa dalle
emozioni del narratore ed è quindi ricca di continue esclamazioni, interrogazioni e incisi.
DEI SEPOLCRI
Il capolavoro di Foscolo è Dei sepolcri, un'opera scritta in versi nel 1807, il carme diversamente
dalle altre opere non fu più modificato dopo la prima edizione. Quest'opera fu scritta in occasione
dell'editto di Saint Cloud (1804), un documento che obbligava la sepoltura dei morti in cimiteri
pubblici fuori dalle mura cittadine e imponeva alcune regole per le iscrizioni sulle tombe. L'opera
è dedicata all'amico poeta Ippolito Pindemonte, infatti con lui Foscolo aveva discusso sul problema
delle sepolture e da questa discussione nacque l'idea del carme. Il carme è formato da 295
endecasillabi sciolti sul modello del giorno di Parini e delle tragedie di Alfieri. Da questi due poeti
egli riprende anche i temi civili. Il carme può essere diviso in 4 parti:
prima parte versi 1-90: spiega che le tombe sono utili anche se non ridanno la vita ai
defunti, i sepolcri permettono ai vivi di mantenere un contatto con i morti attraverso il
ricordo. I temi sono: sepolcro come strumento per mantenere un contatto con i defunti;
critica dell'editto di Saint Cloud;
seconda parte versi 91-150: presenta una descrizione dei vari modi di sepoltura. Egli
approva, criticando il modello cattolico medievale in cui la morte comunica terrore ai
superstiti, i cimiteri giardini inglesi, luoghi sereni di riflessione sulla morte. I temi sono:
sepolcro come simbolo di civiltà; descrizione dei vari usi funebri con esaltazione del
modello classico e critica di quello cattolico;
terza parte versi 151-212: spiega il rapporto tra il significato privato e il significato pubblico
della morte. Le tombe dei grandi uomini ricordano le nobili azioni che hanno compiuto e
sono quindi un modello da imitare. I temi sono: sepolcro come luogo che ispira le nobili
azioni; celebrazione del valore civile ed educativo delle tombe dei grandi personaggi sepolti
in Santa Croce e dei Greci caduti nella battaglia di Maratona.
Quarta parte versi 213-295: spiega che la morte fa giustizia, riconoscendo i meriti degli
uomini migliori. Nel mondo terreno la poesia permette di celebrare le qualità degli eroi e di
conservare il ricordo delle loro azioni. I temi sono: valore morale della morte che
ricompensa delle ingiustizie della vita; sepolcro come luogo che ispira la poesia; funzione
eternatrice della poesia che rende immortali le gesta degli eroi.
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UNITA’ 11 UGO FOSCOLO
Per quanto riguarda lo stile essa è un opera dalla difficile classificazione: definita carme nella
prima edizione soprattutto per dare solennità al componimento, nelle lettere foscoliane è
chiamata epistola per la presenza di un destinatario, ovvero Ippolito Pindemonte e per i suoi temi
filosofici trattati può essere considerata anche un poemetto filosofico. In ogni caso, lo stile
dell'opera è sempre denso ed elevato, capace di conferire compattezza agli argomenti affrontati.
Il lessico è ricercato e ricco di raffinate metafore tratte dalle immagini della classicità. Inoltre, Dei
sepolcri sono un esempio di poesia civile, non solo perché affrontano argomenti di carattere
morale, politico e sociale, ma anche perché tendono allo stile dell'oratoria, cioè del discorso
pubblico che deve convincere i cittadini richiamandoli ai valori sui quali si fonda la civiltà. Ne Dei
sepolcri, Foscolo riesce a raccogliere i principali interessi della sua poetica. In particolare:
il materialismo ossia, la negazione di ogni valore religioso alla tomba proponendo una
nuova forma di sacralità ovvero una specie di religiosità laica. La forza operosa che
comanda ogni cosa e quindi anche la vita e la morte è la forza inarrestabile della materia;
la civiltà e la funzione della poesia ossia dichiarazione del culto dei morti come segno di
civiltà sottolineando che sono proprio i valori che la civiltà fonda a rendere immortale
l'uomo. Lontano dal giudizio di qualsiasi divinità, il poeta afferma che sono i superstiti a
premiare, con il loro ricordo, gli estinti. È la poesia che permette di dare un senso alle
vicende terrene e di favorire la memoria dei grandi uomini nelle generazioni successive;
la patria e il riscatto futuro ossia affermazione che la durata e i valori della civiltà si
fondano sulla memoria e quindi sono affidati ai sepolcri, il poeta basa il riscatto dell'Italia
sulla storia della grandezza nazionale. La memoria delle azioni virtuose dei nostri illustri
antenati deve servire da incoraggiamento dalle generazioni presenti, per risollevare la
decadenza in cui si trova il paese;
il destino e la funzione del poeta ossia riflessione sul proprio destino a cui Foscolo
attribuisce una funzione storica e politica fondamentale. Egli vuole ripercorrere le orme di
Omero ovvero della cultura classica per attualizzarne gli insegnamenti sfruttando la
funzione civilizzatrice della poesia.
LE GRAZIE
Le Grazie sono state scritte durante il suo soggiorno a Firenze tra il 1812 ed il 1813, ma il poema è
rimasto incompiuto. Il poema è diviso in tre inni distinti, ma collegati tra loro e dedicati ad alcune
sculture di Antonio Canova.
Il primo inno è dedicato a Venere. Descrive l'apparizione nel mar greco della dea della
bellezza e delle sue compagne, le Grazie. L'apparizione introduce gli uomini alla civiltà
allontanandoli dalla bestialità. Il tema dell'inno è la nascita della civiltà nella Grecia classica
da cui si diffuse.
Nel secondo inno dedicato a Vesta, dea della sapienza, racconta il passaggio delle Grazie
dalla Grecia all'Italia. Il tema sottolinea l'importanza dell'Italia nel Rinascimento, infatti
l'equilibrio e l'armonia di quel periodo sono valori perduti che devono essere recuperati.
Il terzo inno dedicato a Pallade, dea dell'intelligenza, rappresenta la fuga delle Grazie ed il
trionfo delle barbarie, il tema rappresentato è la perdita, nella realtà presente, dei valori
rappresentati dalle Grazie.
Le Grazie, insieme alle due odi, rappresentano il massimo esempio del Neoclassicismo foscoliano
infatti nelle Grazie troviamo la perfezione nei versi, l'eleganza delle immagini tratte dal mito e la
contemplazione della bellezza. L'uso dell'endecasillabo sciolto, cioè senza rima, dona al
componimento una musicalità avvolgente.
Le Grazie sono inviate sulla Terra dalla dea Pallade che prima di farle giungere le ricopre di un velo
che serve a proteggerle dalle aggressioni degli esseri umani. Il velo è tessuto dalle Muse e viene
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UNITA’ 11 UGO FOSCOLO
abbellito dai ricami realizzati dalla dea dei campi, Flora. I ricami rappresentano i valori proposti
dalle Grazie e che dovrebbero costituire il fondamento della civiltà: l'amore, la compassione,
l'affetto per i figli e la fiducia tra gli uomini.
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UNITA’ 11 UGO FOSCOLO
L’intero componimento può essere suddiviso in due parti: la prima, dal v. 1 al v. 54, presenta la
donna alla quale è dedicata l’opera; la seconda, dal v. 55 al v. 96, tratta dell’immortalità della
bellezza, attraverso riferimenti al mito.
Nelle prime due strofe si trova una similitudine, in cui il poeta paragona il pianeta Venere che
sorge, alla donna amata che si rialza in seguito alla malattia.
Troviamo la prima personificazione, di carattere classico, in cui il poeta fa coincidere l’astro con la
figura femminile emergente dalle acque.
Oltre alla similitudine, in questi versi, troviamo un’altra figura retorica: l’ipallage, l’aggettivo egro,
ovvero malato, al posto di essere accostato alla donna, viene associato al letto.
Dal verso 9 al verso 12, la bellezza viene delineata come qualcosa che addolcisce l’animo, come
unico ristoro ai mali; questo è un concetto neoclassico.
Al verso 19 troviamo la personificazione delle ore del giorno. Si susseguono numerosi termini
grecizzanti, come “scalpelli achei”, “coturni”; questo viene creato appositamente dal poeta per
elevare il lessico.
Nelle ultime strofe della prima parte vengono rappresentate due tipiche situazioni in cui la donna
esercita il suo fascino: quando canta accompagnata dalla lira e quando danza.
Le prime due strofe della seconda parte cantano di Artemide, e di come la fama creata dai poeti,
l’abbia resa figlia di Giove, quindi immortale.
La terza strofa canta invece di Bellona e di come ella sia divenuta dea della guerra. Ritroviamo qui
una precisa allusione alla spedizione militare contro l’Inghilterra che Napoleone stava progettando
in quegli anni.
L’ode si conclude con l’esplicitazione della missione dell’opera e del poeta. L’opera deve rendere
immortale la bellezza della donna a cui è dedicata; Foscolo è colui che può far rivivere nella
presente cultura italiana lo spirito dell’antica poesia greca.
FIGURE RETORICHE
Figure mitologiche: Venere, Artemide (Diana), Bellona, Saffo, Faone
Personificazioni: le ore, grazie, amore, aprile
V 1 : similitudine
V 2: perifrasi = “astro più caro al cielo”
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UNITA’ 11 UGO FOSCOLO
V 7-8: ipallage
V 8: sineddoche = “membra”
V 15: sinestesia = “i grandi occhi al sorriso”
V 18: personificazione = “le ore”
V 30: endiadi = “affanni e speranze”
V 33: anafora = “e cò e cò”
V 42: sineddoche = “petto”
V 48: personificazione = “aprile”
V 52: personificazione = “grazie”
V 66: climax = “freccia monti luna”
V 73: perifrasi = “venere”
V 82: personificazione = ” suonano i liti”
V 92: sineddoche = “Italia cetra”
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UNITA’ 11 UGO FOSCOLO
eroica sventurata e tormentata, si sente in conflitto con il proprio tempo e vive l’esilio come una
condizione politica ed esistenziale insieme. Sono fitte le reminiscenze di altri poeti e compaiono
temi fondamentali della poetica foscoliana, quali la terra come madre, il valore eternatrice della
poesia, il parallelo con il mito antico.
La sera, per il poeta, è il momento più bello della giornata: il momento in cui, finalmente, ci si
può riposare dopo gli affanni quotidiani; il momento in cui si placano i rumori dell’esistenza ed il
cuore è invaso da pace e serenità. La meditazione sulla sera sfocia spontaneamente nella
meditazione sulla morte. Infatti, anche la morte, come la sera, è una promessa di pace dolce e
definitiva ossia un rassicurante porto d’oblio dove si annullano le fatiche di un’esistenza tribolata
ed angosciosa.
Questo sonetto appare nettamente diviso in due parti:
le due quartine sono statiche, poiché intendono descrivere lo stato d’animo del poeta dinnanzi
alla sera, equivalente sia che si tratti di una serena sera d’estate, sia che si tratti delle tenebre di
una scura sera invernale: in tutti e due i casi la sera porta con sé la tranquillità e la cessazione degli
affanni.
Nelle due terzine, invece, si chiarisce perché la sera è cara al poeta: essa è immagine della morte,
di quel “nulla eterno”, che è liberatorio poiché, secondo la concezione illuministica e
materialistica di Foscolo, rappresenta l’annullamento totale, in grado di cancellare i conflitti e le
sofferenze della vita. Secondo tale concezione, infatti, l’universo, di cui anche l’uomo è parte, è
un ciclo perenne di nascita, morte e trasformazione della materia, che è l’unica realtà esistente.
Si ripropone la medesima tematica dell’Ortis: lo scontro dell’eroe con il “reo tempo” in cui vive, la
cui soluzione può essere soltanto la morte, che porta sì annullamento, ma anche la tanto
desiderata pace. La celebrazione della morte come foriera di tranquillità si ritrova nel carme “Dei
sepolcri” e rappresenta il lato pre-romantico della personalità foscoliana. Le opposizioni principali
in cui si articola il sonetto sono:
nulla eterno vs reo tempo;
fatal quiete della sera vs spirto guerrier del poeta.
Il primo elemento delle due opposizioni (positivo) annulla il secondo (negativo).
Il lessico è altamente letterario, costruito con parole auliche e poetiche; molte di queste sono
latinismi (“reo”, “aere”, “secrete”, “torme”, “cure”), che conferiscono al sonetto una forma
neoclassica, mentre i sentimenti espressi, come abbiamo visto, sono decisamente romantici. La
poesia è composta da periodi paratattici (modo di costruire il periodo ovvero la frase complessa,
caratterizzato dall'accostamento di frasi dello stesso ordine, ossia coordinate tra loro) e ipotattici (
strutturazione sintattica per cui il periodo è caratterizzato da diversi livelli di subordinazione). Nelle
quartine i periodi sono più ampi e complessi, nelle terzine più corti e concitati.
Schema metrico: Sonetto (14 endecasillabi raggruppati in due quartine e due terzine). Rima: ABAB
ABAB CDC DCD.
FIGURE RETORICHE
Anastrofe (inversione dell’ordine abituale di due parole di un gruppo): v. 1: “Forse perché
della fatal quïete/Tu sei l’immago a me sí cara vieni”;
Ossimoro: v. 1: “fatal quiete”;
Allitterazioni: v. 14; v. 7; v. 2; v. 6; vv. 9-10: “spiRto, gueRRieR, entRo, Rugge”; “Sempre,
Scende, Secrete”; “iMMago, Me, vieNi”; “teNebre e luNghe all’uNiverso MeNi”; “orMe /
che vaNNo al Nulla eterNo e iNtaNto”. C’è un’alternanza, in tutto il sonetto, tra suoni lievi
nelle quartine (vocali “i” ed “e”, ad esempio in “quiete; vieni, liete…”) e suoni duri nelle
terzine vocali “o” ed ”u” (“nulla”, “cure”, “rugge”…), consonante “r”
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A Zacinto
In questa poesia il tema principale è l’amore per la patria lontana. Emerge il confronto tra
l’eroe antico Ulisse e il poeta: i due personaggi sono in contrapposizione, poiché, mentre
Foscolo non toccherà mai più le coste di Zacinto, Ulisse, dopo lunghe peregrinazioni, poté
baciare la sua amata Itaca. Anche Foscolo, però, grazie alla forza eternatrice della poesia, potrà
rendere imperitura la fama della sua Zacinto.
Il sonetto costituisce una perfetta sintesi della dominante tradizione neoclassica e degli
innovativi orientamenti romantici dell’autore. Richiama il mondo della Grecia arcaica e
manifesta i sentimenti tipici delle tendenze dello Sturm und Drang: l’amor di patria,
l’ossessione della morte, la precarietà del tempo, la poesia, che celebra eroismo e sventura.
La vita è avversa e va affrontata secondo una concezione materialistica, che esclude un
possibile rifugio nella religione. Tra le due componenti, è l’anima romantica a prevalere.
Infatti, l’errare senza meta che si conclude con la morte dell’eroe in terre lontane è un tema
tipicamente romantico e coincide con l’impossibilità di identificarsi con i valori della società
in cui il poeta vive. Proprio perché si sente estraneo, smarrito e ribelle, l’eroe romantico ama
rappresentarsi come un esule, costretto ad un perenne vagabondaggio, destinato a
concludersi tragicamente. Questa condizione porta inevitabilmente alla disperata ricerca di
una sicurezza, che, nel sonetto analizzato, è rappresentata dall’isola, che entra in stretta
relazione con l’immagine di Venere. Infatti, se Venere evoca la fecondità, Zacinto è legata
all’idea di maternità. Sono molto significative in questo senso le parole in rima tra loro:
“sponde-onde-feconde- acque-giacque-nacque-tacque”: l’acqua è l’elemento centrale, da cui
nasce la vita, ma è anche l’elemento in cui essa si dissolve, per rinascere sotto altre forme, in
un ciclo incessante in cui la morte coincide con la vita e la vita con la morte. L’idea dell’acqua è
dunque centrale nel sonetto e sottintende una sorta di “regressione al grembo materno” per
rinascere a nuova vita. Al contrario, la perdita del grembo materno fa scaturire angoscia e
smarrimento, perdita di sé ed estraneità al mondo. L’aggettivo “illacrimata” (v.14) nel secondo
blocco sintattico di tre versi, rimanda ancora all’immagine dell’acqua che è però “negata”,
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UNITA’ 11 UGO FOSCOLO
Questa composizione poetica è un sonetto, perché è composto da quattro strofe: due quartine,
che presentano rime baciate(ABAB), e due terzine che presentano rime concatenate (CDECED)
a versi endecasillabi.
La poesia inizia con una forte negazione: né più mai. Questo sottolinea la disperazione
dell’autore per cui un destino inevitabile lo allontana dalla sua patria; questo lo riprende alla
fine: il fato a noi prescrisse illacrimata sepoltura. Ugo Foscolo ci vuole comunicare la
concezione negativa del fato, dai cui non si scappa e che non si può cambiare.
Questa poesia ha anche un valore missionario e vuole comunicare a tutti attraverso “tu non altro
che il canto avrai del figlio” il valore della poesia eternatrice.
Nella prima strofa si può notare che Zacinto mia, è il punto centrale da cui dipende tutta la
strofa e il senso della poesia, è bello vedere come l’autore ha sottolineato il “possesso”
dell’isola, come se fosse una cosa sua, che è ancora nel suo cuore, ed il vezzeggiativo Zacinto lo
sottolinea ancora di più, perché è come quando conosci bene una persona e gli dai dei
soprannomi. È presente anche un enjambement dopo nacque, si vuole soffermare l’attenzione
sulla parola perché è come se il ricordo dell’isola rinascesse nel suo cuore e quindi vuole che
anche il lettore provi la stessa emozione.
Nella seconda e terza strofa Ugo Foscolo si riferisce a fattori classici ed in particolare: a Venere
(dea dell’amore e della bellezza), ad Ulisse (eroe glorioso e multiforme) e “all’inclito verso”
ossia il verso che ha usato Omero per cantare i suoi poemi.
Ugo Foscolo è un poeta famoso anche per i suoi riferimenti classici: si rifà ai greci, ai loro usi e
costumi; per esempio nell’ultima strofa parla del fato, che è un elemento greco, infatti i greci
pensavano che il fato era una cosa da cui non si poteva scappare, una cosa che anche gli
dei non potevano cambiare e a cui dovevano sottomettersi. Sempre nell’ultima strofa c’è un
riferimento alla sepoltura illacrimata, un altro elemento greco: per i greci era meglio vivere
da schiavo che morire senza che nessuno potesse piangerti, questo perché pensavano che
nell’Ade desse sostegno ai deceduti non lasciandoli da soli e spaventati nell’orribile regno dei
morti.
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FIGURE RETORICHE
Enjambements: “nacque / Venere” (vv. 4-5); “onde / del greco mar” (vv. 3-4)
“l’acque / cantò” (vv. 8-9); “prescrisse / il fato” (vv. 13-14);
Allitterazioni: “sacre sponde” (v. 1); “fea… feconde” (v. 5); “vergine…/Venere”
(vv. 4-5); “Ulisse…diverso…esiglio” (vv. 9-11); L’inclito verso di colui che
L’acque/ cantò fatali (vv. 8-9);
Apostrofi (interruzione del discorso per rivolgersi direttamente a qualcuno o
qualcosa, anche assenti o lontani): “Zacinto mia” (v. 3); “o materna mia terra” (v.
13);
Perifrasi (giro di parole che si usa per spiegare meglio un concetto o per evitarlo di
esprimerlo direttamente): “colui che l’acque / cantò fatali” (vv. 8-9);
Sineddoche (uso significato di una parola più ampio o meno ampio di quella
propria): “sponde” (v. 1); “greco mar” (v. 4); “limpide nubi” (v. 7); “fronde” (v. 7);
“inclito verso” (v. 8);
Anastrofe (inversione dell’ordine abituale di due parole di un gruppo): “vergine
nacque / Venere” (vv. 4-5); “l’acque / cantò fatali” (vv. 8-9); “il canto avrai del
figlio” (v. 12);
Litote ( negazione del contrario): “non tacque” (v. 6)
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condizione politica ed esistenziale insieme. Sono fitte le reminiscenze di altri poeti e compaiono
temi fondamentali della poetica foscoliana, quali la terra come madre, il valore eternatrice della
poesia, il parallelo con il mito antico.
In particolare, questo sonetto tratta temi molto cari a Foscolo: innanzitutto, quello dell’esilio,
unito a quello del tormento interiore per la scomparsa tragica dell’amato fratello Giovanni,
suicidatosi nel 1801, a vent’anni, per debiti di gioco, davanti alla madre, qui rappresentata come
anziana e sola. Si tratta di suggestioni tipicamente romantiche. Il tema dell’esilio va inteso non
solo come condizione reale del poeta (andato in volontario esilio dopo la cessione di Venezia
all’Austria da parte di Napoleone, con il trattato di Campoformio), ma come una condizione più
generale di sradicamento e precarietà. In opposizione a questo, troviamo il motivo della tomba,
che si ricollega all’immagine del nucleo familiare e soprattutto della madre. Il ricongiungimento
con la madre e la terra natale è l’unico punto fermo nella condizione di esule, ma è impossibile,
pertanto l’unica alternativa praticabile resta la morte, che, tuttavia, non è qui concepita come
“nulla eterno”, come in Alla sera, ma consente quel ricongiungimento con gli affetti familiari che
in vita sembrava negato per sempre. La morte, dunque, se è fonte di lacrime per i propri cari,
permette un legame con la vita: la restituzione delle ossa consente l’illusione della sopravvivenza,
del ritorno tra le braccia della madre, quindi troviamo qui anticipato quel forte legame, punto
cardine di Dei sepolcri, tra tomba, terra natale e figura materna. È, infatti, proprio la madre che,
pur colpita da tante sciagure, tenta pietosamente di ricomporre l’unità della famiglia accanto a un
simbolo di morte, il sepolcro. Infine, di tutte le speranze giovanili deluse, resta a Foscolo solo
quella della morte, con la preghiera di restituire le sue ossa alla madre: solo la morte, come detto,
forse potrà ricongiungerlo agli affetti, alla patria, alla terra natale.
Il modello dell’incipit è evidentemente il carme 101 di Catullo, anch’esso composto per
commemorare il fratello defunto, ma qui il classico “multas per gentes et multas per aequora
vectus” assume l’impeto e la passione tipici della poesia foscoliana. Catullo scrive il carme in
occasione della visita alla tomba del fratello, mentre Foscolo rimpiange di non potere piangere
sulla “pietra” di Giovanni insieme alla madre.
I periodi sono in prevalenza paratattici, con poche subordinate. Inoltre, è da notare, nelle prime
due quartine, l’uso alternato di un gerundio e un participio alla fine di ogni verso: i gerundi
stanno ad indicare una vita sofferta (“fuggendo”, “gemendo”), mentre i participi indicano la
morte (“caduto”, “seduto”).
Dal punto di vista metrico si tratta di un sonetto, cioè un componimento di 14 endecasillabi
raggruppati in due quartine e due terzine, con schema ritmico ABAB ABAB CDC DCD.
FIGURE RETORICHE
Allitterazioni: dominio delle consonanti “t”, “r” (“tardo traendo”, v. 5; “teti saluto”, v. 8;
secrete / cure che al vivertuo furontempesta”, vv. 10-11…) e “d” (“fuggendo / vedrai
seduto”, vv. 1-2) e allitterazione assonantica con il dominio delle vocali “o” ed “e” (“s’io
non andrò sempre fuggendo”, v. 1; “e se da lunge i miei tetti saluto”, v. 8…);
Apostrofi: “o fratel mio” (v. 3); “straniere genti” (v. 13);
Ossimoro: parla/muto (v. 6);
Sineddoche ( la parte per il tutto, il contenente per il contenuto, la materia per l’oggetto): “i
miei tetti” (v. 8);
Metonimie ( causa per effetto, contenente per il contenuto, materia per l’oggetto, simbolo
per la cosa designata, astratto per il concreto) : “su la tua pietra” (v. 3); “ossa mie” (v. 13);
Metafore: “il fior (meglio) dei tuoi gentili anni” (v. 4); “che al viver tuo furon tempesta” (v.
10); “nel tuo porto” (v. 11);
Iperbato: (inversione dell’ordine consueto della frase o periodo) “il fior dei tuoi gentili anni
caduto” (v. 4);
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Ipallage: (scambio normale rapporto fra due parole) “deluse…palme” (v. 7);
Sinestesia: “cenere muto” (v. 6);
Enjambements:”seduto/su la tua pietra” (vv. 2-3); “gemendo/il fior” (vv. 3-4); “secrete/cure”
(vv. 10-11).
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LA STRUTTURA
Il frammento, noto come «il velo delle Grazie», può essere diviso in sei parti:
• i vv. 144-154 descrivono la scena che deve occupare il centro del velo;
• i vv. 155-162 presentano la prima delle quattro scene da ricamare ai lati del velo;
• i vv. 163-169 raccontano la scena raffigurata sul lato opposto alla precedente;
• i vv. 170-177 descrivono la scena ricamata sul terzo lato del velo (a destra della scena centrale);
• i vv. 178-187 presentano la scena ricamata sul quarto e ultimo lato del velo;
• nei vv. 188-198, altre divinità finiscono il ricamo di Flora.
II testo offre un chiaro esempio del classicismo foscoliano. La realtà è trasfigurata in immagini di
grande leggerezza sia per mezzo di un linguaggio che privilegia termini poetici e latinismi (per
esempio, «mesci», «clivo», «crin»), sia per l'uso di molti enjambements, disposti sapientemente
per rallentare il ritmo del componimento.
Raffigurando le virtù e i sentimenti più sacri e preziosi della vita umana, il velo, per usare parole
di Foscolo, deve difendere le Grazie «dal fuoco delle passioni divoratrici», deve cioè rappresentare
l'armonia. Questo ideale si manifesta anche nel superiore equilibrio che sa temperare l'eccessiva
gioia e l'eccessivo dolore. Perciò le scene ricamate rappresentano questo alternarsi di gioia e
dolore: a zone occupate da temi lieti succedono parti dominate da temi cupi e dolorosi.
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