La vita
Niccolò Foscolo (Ugo fu un nome assunto più tardi) nacque nel 1778 a Zante, una delle
isole Ionie, possedimento della Repubblica veneta. L’isola, dove nacque Foscolo, costituì
per lui un simbolo di serenità e un legame con la civiltà classica, di cui egli si sente
erede. Alla morte del padre la famiglia conobbe gravi difficoltà economiche. La madre nel
1789 si stabilì a Venezia e lì Niccolò la raggiunse più tardi.
Si gettò negli studi, creandosi rapidamente una notevole cultura, sia classica che
contemporanea. Della sua povertà Foscolo era fierissimo. Politicamente però non era
entusiasta dei principi della Rivoluzione francese ed assunse posizioni fortemente ribelli.
Trasferitosi a Venezia a quindici anni, assunse posizioni fortemente libertarie. Ebbe infatti
noie col governo oligarchico e conservatore della Repubblica di Venezia e nel 1796, per
sfuggire ai sospetti di governo, lasciò la città rifugiandosi per qualche tempo nei colli
Euganei. Nel frattempo le armate napoleoniche avanzavano nel nord Italia. Foscolo fuggì
a Bologna, arruolandosi nelle truppe della Repubblica Cispadana e pubblicando un'ode in
cui esaltava Bonaparte come portatore di libertà. Formatosi a Venezia un governo
democratico, vi ritornò, e si impegnò nella vita politica; ma dopo che Napoleone cedette
la Repubblica veneta all'Austria con il trattato di Campoformio (1797), Foscolo vide
crollare tutte le sue speranze politiche, lasciò di nuovo Venezia e si rifugiò a Milano, dove
conobbe Parini (che costituiva per lui un modello di figura di intellettuale), dove ebbe
modo di profondere il suo impegno patriottico. In questi anni cercò anche una posizione
sociale che gli consentisse di svolgere il suo lavoro di intellettuale. Nel '98 a Bologna fu
cancelliere del Tribunale militare; con l'avanzata degli Austriaci l'anno successivo si
arruolò e partecipò a vari scontri. Nel 1804, per le difficoltà economiche, soggiornò due
anni in Francia. Nel 1811 fece rappresentare la tragedia Aiace, le cui repliche furono
soppresse e il poeta fu privato degli incarichi di cui godeva. Si recò così a Firenze, dove
soggiornò per due anni. Fu un periodo sereno, rallegrato dall'ambiente amichevole della
città, da amori felici e da impegno creativo. Dopo la sconfitta di Napoleone a Waterloo,
Foscolo rifiuta di collaborare con gli Austriaci rientrati a Milano. Così, andò in esilio prima
in Svizzera e poi a Londra, dove venne ben accolto come modello politico e poetico. Le
sue condizioni economiche si fecero sempre più gravi, anche a causa della sua vita
dispendiosa. Per diminuire le difficoltà, cercò collaborazioni con riviste inglesi. Negli ultimi
tempi, ammalato e in miseria, fu costretto a nascondersi dai creditori andando a vivere nei
sobborghi più poveri di Londra. Morì nel villaggio di Turnham Green nel 1827.
Nel 1871 i suoi resti furono portati in Italia e sepolti in Santa Croce, vicino alle tombe dei
grandi uomini da lui cantati nei Sepolcri.
La cultura e le idee
Nella formazione di Foscolo appaiono le componenti tipiche della cultura del suo tempo:
la cultura classica, le tensioni preromantiche, l'Illuminismo settecentesco.
Oltre alla formazione letteraria arcadica, Foscolo riprese come modello i classici latini e
greci, oltre a quelli italiani, come Dante e Petrarca. Fra i moderni, Foscolo guarda con
ammirazione a Parini e Alfieri. Intanto, subì le influenze del Werther di Goethe e del
sentimentalismo di Rousseau. Tra gli illuministi subì in un primo tempo l'influenza di
Rousseau, dal quale riprese concezioni democratiche; successivamente, riprese il culto
della natura come di tutto ciò che è positivo. Più tardi si staccò da questi principi,
riprendendo le concezioni pessimistiche di Machiavelli e di Hobbes, che lo portarono a
sostenere la malvagità dell'uomo. La società gli apparve come una guerra di tutti contro
tutti, in cui trionfa solo la legge del più forte.
LE “ODI” E I ”SONETTI”.
Foscolo cominciò a scrivere sin da ragazzo odi, sonetti, canzoni e altre composizioni di
vario metro. Il poeta fece una scelta rigorosa di tutta questa produzione, pubblicando nel
1803 le Poesie, che comprendevano solo due odi e dodici sonetti.
B) I sonetti. I sonetti sono più vicini alla materia autobiografica e alla passionalità
dell’Ortis. La maggior parte è infatti caratterizzata da un forte impulso soggettivo,
mostrata dalla provenienza della lirica alfieriana; molte però sono le rievocazioni di altri
poeti, soprattutto di Petrarca e dei poeti latini. Tra questi sonetti spiccano tre importanti
sonetti: Alla sera, A Zacinto, In morte del fratello Giovanni. Sono ripresi i temi centrali
dell'Ortis: la figura eroica tormentata del poeta, il conflitto con il «reo tempo» presente, il
«nulla eterno» come unica alternativa, l'esilio come condizione politica ed esistenziale,
l'impossibilità di trovare un terreno stabile su cui stare, che si traduce nell'impossibilità di
trovare un rifugio consolante nella famiglia; il rapporto con la terra «materna» e con il mito
antico, il valore eternatore della poesia. Ricompare dunque sia il motivo nichilistico, sia
quella ricerca di valori positivi.
“DEI SEPOCRI”.
LE GRAZIE
È un poema allegorico in endecasillabi sciolti ideato nel 1803, composto tra il 1812 e il
1813, pubblicato postumo nel 1882. Dedicata a Canova, è divisa in tre inni, intitolati a
Venere (simbolo della natura genitrice), a Vesta (simbolo dello sviluppo della vita civile) e a
Pallade (simbolo della sapienza umana e delle arti); in essi si canta l’apparizione delle
Grazie, venute sulla terra per far uscire l’umanità dallo stadio barbaro e primitivo. L’opera,
caratterizzata da un impianto allegorico, non mancano i rimandi alla realtà attuale e le
implicazioni civili, in quanto alla bellezza viene riconosciuta la funzione di promuovere
l’incivilimento dell’umanità e il miglioramento della vita sociale.
I testi
IL SACRIFICIO DELLA PATRIA NOSTRA È CONSUMATO
Con questa lettera, scritta sei giorni prima del trattato di Campoformio, di cui si
conoscevano già in massima parte le clausole (la Francia cedeva all'Austria la repubblica
di Venezia in cambio del Belgio e della Lombardia), Jacopo risponde all'amico Lorenzo
Alderani che lo aveva informato sui fatti di Venezia e sulle prime persecuzioni contro i
democratici consigliandogli di fuggire per evitare l'arresto. In questa lettera troviamo
alcuni dei motivi fondamentali della poesia foscoliana, come quello della libertà della
patria, sentita come la ragione stessa della vita, e quello della sepoltura confortata dal
compianto degli amici: per Foscolo ciò costituisce il solo modo per poter continuare a
vivere idealmente oltre la morte.
ALLA SERA
In questo sonetto il poeta dialoga con la sera come se fosse una creatura vivente e la
rappresenta bella come una divinità e sempre invocata dal suo cuore, sia nell’estate
quando ad accompagnarla sono le nuvole di quella stagione e i venti che portano il
sereno, sia nella stagione invernale quando porta con sé tenebre e inquietudine. Nelle due
terzine il poeta chiarisce perché la sera le è cara: essa è immagine della morte, di quel
“nulla eterno”, che è liberatorio poiché, secondo la concezione di Foscolo, rappresenta
l’annullamento totale, in grado di cancellare i conflitti e le sofferenze della vita. Così,
mentre il poeta contempla la pace della sera, il suo spirito guerriero finalmente si placa. E
così che la sera riesce a placare l'animo del poeta. L’unica soluzione che si offre a una
situazione intollerabile è la morte.
poeta spera un giorno di andare sulla tomba del fratello e piangere la sua giovinezza così
brutalmente stroncata. Ora la madre rimasta sola si trascina gli anni, ma il poeta, non
potendo ritornare a Venezia, tende le mani invano in avanti senza speranza come segno
di disperazione e di angoscia. Foscolo sente che anche per sé gli Dei saranno avversi
come lo furono per il fratello e conclude facendo una supplica alla gente straniera di voler
riportare le sue ossa alla madre dolente.
A ZACINTO
In questo sonetto Foscolo si rivolge alla sua terra d’origine (Zacinto) per cantarne la
bellezza e per esprimere l’amore e la nostalgia per la sua patria, a cui non potrà più
ritornare. Il poeta ricorda che dalle acque del mare Ionio nacque Venere, dea della
bellezza e dell’amore, e loda il clima mite e la rigogliosa vegetazione dell’isola, celebrati
anche da Omero, che narrò le gesta di Ulisse. Foscolo si paragona quindi all’eroe
omerico, sottolineando però che, mentre Ulisse infine fece ritorno alla sua amata Itaca,
egli è invece certo che verrà sepolto in una terra lontana. Il tema centrale del sonetto è la
lontananza dalla terra natale, intesa come patria del poeta e come terra del mito e degli
eroi classici.
Temi e personalità
→Due sono gli elementi che spiccano nella sua personalità, il primo è un immediato
abbandono agli impulsi del sentimento e delle passioni che agitarono la sua vita, il
secondo, in contrasto con il primo, è l'esigenza di un ordine, di una disciplina, di
un'armonia interiore. Nell'abbandono agli impulsi del sentimento si avverte il segno sella
nuova sensibilità del Romanticismo, nell'esigenza dell'equilibrio e dell'armonia interiore si
avverte l'influenza del Classicismo, il Foscolo nella sua concezione del mondo e della vita,
segue le dottrine materialistiche e meccanicistiche dell'Illuminismo, secondo le quali il
mondo è fatto di materia sottoposta ad un processo incessante di trasformazioni
secondo leggi meccaniche, senza un fine ideale.
→La funzione della letteratura e delle arti: Foscolo assegna all’arte e alla letteratura il
compito di depurare l’animo dell’uomo dalle passioni che nascono dai conflitti della vita
associata, di consolarlo dalle sofferenze e dalle angosce del vivere. Ad esse è assegnato
un fine più alto, una funzione civilizzatrice:rendere l’uomo più umano, allontanarlo dalla
condizione feroce che permane in lui dai tempi primitivi, insegnarli il rispetto per gli altri
uomini e la compassione per i deboli e i sofferenti. Hanno inoltre una funzione patriottica,
necessaria per trasformare un popolo diviso ,come l’Italia in una nazione civile e
moderna.
•Vita come passione: per Foscolo l'importanza dell'uomo consiste nell'energia e vigore
delle passioni, queste, infatti, esaltano l'individuo e giovano a quelli che la contemplano;
perciò l'amore, la bellezza, la gloria, la patria, la libertà, la giustizia, sono per lui sempre
delle esperienze grandiose che possono giovare anche agli altri.
•Politica: fu profondamente coinvolto dalle vicende storiche del suo tempo, passò dagli
entusiasmi giacobini e filonapoleonici alla delusione conseguente al trattato di
Campoformio, quindi a una visione più pessimistica della società e della storia e a
posizioni politicamente più conservatrici, dopo la sconfitta di Napoleone maturò un
atteggiamento di radicale sfiducia nella politica e di eroico individualismo.
La tomba
• Le tombe non giovano ai morti, perché non restituiscono la vita. L’aldilà non esiste.
(vv. 1-22)
• Le tombe sono utili ai vivi, perché alimentano la consolante illusione che anche dopo
la loro morte potranno comunicare con chi avrà raccolto l’eredità dei loro affetti
(corrispondenza d’amorosi sensi, religione delle illusioni). La tomba è necessaria alla
coscienza collettiva. Non se ne cura solo chi non merita d’essere ricordato. (vv.
23-50)
• La religione del sepolcro è stata praticata da tutti i popoli civili. Gli inglesi hanno
ripreso l’antica tradizione di collocare i morti in cimiteri-giardini per agevolare il
contatto coi vivi. Naturalmente ciò è possibile solo in quelle nazioni sensibili agli ideali
della vita civile. Il Foscolo chiedeva di avere una propria tomba adeguata. (vv. 91-150)
• La tomba può anche promuovere azioni riparatrici a favore dei morti che in vita
patirono ingiustizie (come p.es. Aiace, che, essendo il più valoroso, avrebbe dovuto
ereditare le armi di Achille, ma che Ulisse con l’astuzia gli sottrasse. Secondo il mito,
quelle armi il mare le tolse alla nave di Ulisse e le riportò sulla tomba di Aiace). In ogni
caso la funzione principale della tomba è quella di ispirare la poesia (p.es. sul
sepolcro di Ilo, fondatore di Troia, Omero trasse l’ispirazione dell’Iliade, con cui
saranno per sempre ricordati il coraggio dei soldati greci e l’eroismo del troiano
Ettore, caduto per la sua patria).
La poesia
• Poesia come espressione di questi valori di umanità e civiltà: la poesia diviene scoperta
e la rivelazione delle illusioni e lo strumento della loro eterna perennità nel tempo: essa,
infatti, li fa vivere nel mondo e li sottrae alla rovina del tempo, al nulla della morte,
rendendo eterni nei secoli gli spiriti grandiosi di eroi e poeti, che li hanno affermati.
• Ha un valore consolatorio e privato per l'uomo, non serve più per impegnarsi
concretamente all'interno della società, ma per consolare l'uomo dalle passioni
cantando la bellezza e l'armonia delle cose.
• È l’illusione per eccellenza, poiché solo con essa si può affermare l’eternità sulla morte
del sepolcro. Senza la poesia, la voce della tomba non uscirebbe dall’ambito degli
affetti privati.
Esilio e Madrepatria
“Forse” e “Nè più mai”, cominciano così le due poesie, Alla Sera e A Zacinto, famose per
l’enigma che suscitano sin dalla prima parola.
Infatti il lettore entra nel bel mezzo di una riflessione dal principio, probabilmente questa
era una delle modalità preferite da Foscolo, tant’è che anche ne Le Ultime Lettere di
Jacopo Ortis possiamo riscontrare il medesimo stratagemma: ci è negata la conoscenza
del prima, possiamo solo immaginare attraverso le emozioni che vengono poi provocate
quale siano i tormenti e gli affanni del poeta.
Sin dai primi versi Foscolo suscita immediatamente una forte empatia, riusciamo
facilmente ad entrare all’interno della breve illusione fatta di parole e rime, il lettore, grazie
all’abilità del poeta, viene trasportato in una realtà simile a quella conosciuta, sentiamo
nostre le emozioni belle, il rammarico, la pace e la rabbia.
“dorme // Quello spirto guerrier ch’entro mi rugge.”, la magia di questo verso risiede nelle
emozioni contrastanti che riesce a creare: la tranquillità e il riposo della sera con la rabbia
e l’indignazione.
Ognuno di noi nel suo piccolo riesce ad intercettare ogni singola parola come sua: il
nostro abbandonarci allo scorrere inesorabile del “reo tempo” eppure, al tempo stesso,
vive ancora in noi una debole fiamma che sogna ancora di ardere e vincere i soprusi,
l’ingiustizia e le difficoltà.
Alla Sera fa emergere il disagio interiore che prova lo stesso Foscolo, vede nel particolare
momento della giornata un insieme di emozioni che evocano in lui la sensazione di morte,
non è accolta con paura o tristezza, semplicemente viene accolta con pace, una dolce
rassegnazione che ha il sapore delle stelle e lo sguardo armonioso e imperfetto della luna.
Foscolo elogia la propria terra esattamente come Omero, nei suoi canti, elogiò la terra di
Ulisse, anche lui vagabondo e in esilio sotto gli occhi imponenti degli dei che si odiavano
e non collaboravano.
Ancora una volta Foscolo fa riferimento alla sua morte, negli ultimi versi la disperazione
del poeta è palpabile, il castigo dell’esilio diventa ancora più forte quando Foscolo
realizza che la sua tomba, luogo di ricordo e di incontro con i cari che rende eterno chi va
via, non sarà mai bagnata dalle lacrime della sua madre.
Quanto può essere potente il desiderio di un uomo di cadere tra le braccia della propria
madre che gli ha donato la vita, così come poter cadere tra le braccia della propria terra in
cui è cresciuto per cercare la pace eterna