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FEDERIGO TOZZI

Federigo Tozzi nasce a Siena nel 1883 da una madre che a stento sa leggere e scrivere, malata
di attacchi di epilessia, e da un padre oste. L'economia di famiglia era rappresentata dall’osteria
del padre, il quale è un uomo rude e prepotente. Federigo cresce in questa osteria: tra un padre
che gli impone il proprio modello di vita e una madre che ha un rapporto conflittuale con il figlio.
L’autore ha avuto una convivenza difficile e turbolenta con il padre; infatti, questo rapporto
traumatico ritorna in molte pagine dello scrittore. A causa del suo nucleo familiare, è un alunno
indisciplinato, spesso bocciato; viene messo in collegio per il proprio comportamento. Solo ad un
certo punto della sua vita si renderà conto della sua passione per la letteratura. Il percorso
formativo di Tozzi non è lineare; frequenta le scuole senesi e fiorentine, frequenta spesso la
biblioteca comunale di Siena. La sua formazione culturale, non si fonda solo sulla lettura dei
contemporanei ma anche sulla lettura degli autori del ‘300, in particolare di Dante del quale citerà
dei versi in una delle sue riviste. Tozzi è molto affascinato dalle opere mistiche, perciò, pubblica
“Santa Caterina da Siena” ma la fede mistica non è regolare perché rimane un anticlericale. Nel
1902 inizia la relazione epistolare con Annaelena, pubblicata successivamente come diario intimo
dell'autore, che ha poi dimostrato nascondere l'identità della futura moglie di Tozzi, Emma Palagi,
che sposa nel 1908. Dopo la morte del padre, si ritira con sua moglie nel podere di famiglia a
Roma e vi rimane per sei anni. I sei anni passati a Roma non sono facili, a causa delle ristrettezze
economiche, e si arruola nella Croce Rossa.
Nel 1913 lavora al romanzo autobiografico “Con gli occhi chiusi” che viene pubblicato nel 1919;
racconta dell’adolescenza e della giovinezza di Pietro il protagonista, che vive tra l'ambiente
dell’osteria paterna e quello contadino del podere. Pietro è apatico , scontento di sé, un sognatore
senza uno scopo concreto, che attraversa la vita con gli occhi chiusi, insofferente e violento nei
rapporti con gli altri. Pietro si trova in un drammatico conflitto d'odio nei confronti del padre
Domenico, cerca al tempo stesso di imitare la sua sicurezza arrogante e di contraddirne il sistema
di valori fondato sul lavoro e sul denaro. Ancora adolescente, Pietro si lega sentimentalmente a
Ghisola, una giovane contadina. La loro relazione tormentata da gelosie è destinata a finire. La
ragazza viene lasciata da Pietro che informato da una lettera anonima, la sorprende a Firenze in
una casa di appuntamenti. Pietro non è altro che Federigo stesso.
Nel 1917 esce il primo libro importante, una raccolta frammenti dal titolo “Bestie”, da qui si inizia
ad intensificare la sua attività di novelliere.
Tra il 1917 il 1918 compone “Il Podere” che narra la vicenda di un giovane inetto, incapace di
sciogliere la matassa di rancori e di interessi in cui si è ritrovato coinvolto per l'eredita di un
podere, dopo la morte del padre.
Nel 1920 viene pubblicato il suo ultimo romanzo “Tre croci”, proprio quando l'autore è in
prossimità di morire prematuramente, a Roma stroncato dall'epidemia della spagnola.
Nel 1925, 5 anni dopo la sua morte, esce “Novale”, una raccolta di lettere indirizzate alla
fidanzata e poi moglie; sia l'emittente che il destinatario si chiamano con nomi diversi da quelli
reali. Nella lettera del 28/03 annuncia la fine della storia e nella lettera successiva, quella del
30/03, per la prima volta Mimì viene chiamata Ghisola (nomi presenti anche nella letteratura di
Dante). Novale è scritto pensando anche ad una sorta di finzione letteraria. Con l’espressione ‘l’ho
trovata, l’ho trovata’, Tozzi evidenza un’epifania ovvero un fatto improvviso.: Mimì è incinta di un
altro. L’epifania è deriva da un termine greco che significa manifestazione. Per lo scrittore,
un’epifania è un’improvvisa rivelazione spirituale, causata da un gesto, un oggetto, una situazione
quotidiana, che sembrano apparentemente banali, ma che svelano qualcosa di più profondo, di
più significativo e inaspettato. Si tratta di un’illuminazione improvvisa, quasi a rivelare qualcosa di
ignoto o di mistico.
Nello scorrere della storia, si percepisce che tra Annaelena e Ridolfo c’è spesso qualche screzio,
qualche battuta poco garbata. Ghisola, Mimì e Isola sono la stessa persona. Nel Romanzo
traspare che l'autore non vuole Mimì in particolare al suo fianco ma un bisogno di amare e di
essere amato: confesserà infatti ad Annaelena nel 1907 che non ha mai amato nessuno e di
conseguenza, nemmeno Ghisola. La donna sembra essere un'aspirazione per l'autore più che un
desiderio; a Federigo piace il ‘mistero dell’amore’, delle pulsioni dell'uomo. Definire questa storia,
una storia d'amore significherebbe banalizzarla: è un amore per lo più concettuale. Gradualmente,
la donna comincia ad uscire dall'ottica in cui Federigo l’aveva collocata, cioè quella di idealista. La
donna appare invece piena di difetti morali. Quando scopre la vera natura di Mimì, avrebbe
preferito di restare ‘con gli occhi chiusi’: egli si sente altro, non ha la percezione di sé stesso e
della realtà. Si trova in una sensazione di estraniamento e di alienazione, sente la necessità di
riconnettersi alla realtà. Nella lettera successiva, la donna diventerà Isola, a significare il ritorno
alla realtà ed è in questa lettera che è contenuto il finale del romanzo “Con gli occhi chiusi”
Ridolfo conosce Mimì, giovane contadina, nel 1894-95 E all'inizio definisce loro rapporto ‘amicizia
forte e passionale’. Nel 1902 incontra Ghisola a Firenze e dichiara il suo amore.

L'intero racconto è scritto al passato, c’è un'associazione di pensieri e sembra non esserci una
logica apparente. Novale non è un epistolario vero e proprio ma ha una funzione letteraria: una
fabula che diventa poi l'intreccio di ‘Con gli occhi chiusi’. Secondo il pensiero di Laura Melosi,
critica di Tozzi, nell'autore non c'è la vero somiglianza dei personaggi come in Manzoni, ma c'è la
lo veridicità. Questa non è il vero verghiano, ma il vero che consiste nel sapere che la vita è così,
senza una logica. L'atmosfera del romanzo ci porta ad una realtà sognata, infatti gli incontri con
Ghisola vengono raccontati come dei sogni; Novale è un racconto autobiografico in cui Federigo si
proietta in Ghisola e dove il tutto oscilla tra il sogno e l’incubo.

Tozzi è uno degli esponenti per eccellenza del ‘900 insieme a Pirandello e a Svevo. L’autore,
come questi due, attinge dalla narrativa verista quel modello di concretezza conoscitiva, anzi, visto
che Tozzi appartiene ad una generazione successiva a quella sveviana e pirandelliana, per lui
verga è stato quasi una scoperta. Svevo e Pirandello avevano raggiunto già la propria maturità
artistica prima che si affermasse il movimento dei vociani (sperimentano un tipo di scrittura
frammentata e di breve misura - tema autobiografici che rifiutano l'oggettività); Tozzi invece è stato
molto influenzato da quest'ultimo, e ne deriva quindi il carattere autobiografico delle sue opere;
fonda così la struttura di un romanzo nuovo e moderno, di tipo espressionistico. Ecco che prende
vita un'opera narrativa unica che rappresenta i misteriosi atti dei comportamenti dell'uomo, le
frustrazioni, le nevrosi, il senso di emarginazione. Il racconto segue le emozioni e le allucinazioni
dei protagonisti; le figure umane sono spesso presuntuose, spregevoli e maligne. Il narratore le
osserva e ne esalta con cattiveria i tratti disumani e animaleschi (romanzo “Bestie” 1917) e le
deformazioni fisiche e mentali.

Espressionismo= psicosi e nevrosi dei soggetti


Frammenata= autobiografico senza filtro
Novale = fabula che diventerà intreccio con occhi chiusi

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