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Svevo

Ettore Schmitz nacque nel 1861 a Trieste, da una famiglia ebraica dell'alta borghesia.
Trieste era città di frontiera e città portuale. Nell'800, diventò un importante punto di incontro di
merci, culture, lingue e etnie diverse.
Nel 1874, Ettore venne mandato con il fratello in Baviera a studiare tedesco e contabilità.
Il padre commerciante voleva che anche i figli si dedicassero al commercio.
Rientrato a Trieste 5 anni dopo, egli iniziò a frequentare un istituto commerciale, amava tuttavia la
letteratura anche se ostacolato dalla famiglia. Nel 1880 l'azienda del padre fallì.
Abbandonati gli studi, Ettore diventò impiegato presso la Union Bank.
Per alleviare la noia del lavoro in banca iniziò a scrivere.
Nel 1892 pubblicò il suo 1º romanzo “Una vita”.
Nacque così lo pseudonimo Italo Svevo che esprimeva le contraddizioni interne e l’unione delle 2
culture e personalità: accosta Italo ( Italia ) e Svevo ( origini tedesche ).
Il 1º romanzo non venne considerato né dal pubblico né dalla critica, le copie vendute erano poche.
Nonostante l'insuccesso, 6 anni dopo pubblicò a sue spese, un nuovo romanzo “Senilità” : anche
questo non suscitò interesse.
Nel 1896 Ettore sposò Livia Veneziani, figlia di un ricco imprenditore: entrando così a far parte
dell'alta socletà di Trieste. Lasciò il lavoro in banca e iniziò a lavorare per il suocero.
Sembrava perfettamente integrato nel nuovo ambiente borghese: era diventato un uomo di
successo che si dedicava al lavoro e alla famiglia, egli tuttavia era insoddisfatto della sua vita,
inquieto e angosciato.
Doveva rinunciare di nuovo alla letteratura, ma per fuggire da una quotidianità insoddisfacente,
continuò a dedicarvisi di nascosto.
Per l'attività letteraria di Svevo si rivelano 2 incontri fondamentali.
Il 1º nel 1905 con James Joyce: i 2 scrittori diventano amici e si scambiano le rispettive opere.
Il 2º nel 1908 con gli studi di Freud.
Egli era attratto e interessato dalla psicanalisi, ma non la ritieneva valida come terapia.
Dopo la 1ª guerra mondiale Svevo perse il lavoro a causa della chiusura della fabbrica del suocero:
ed è così si potette dedicare liberamente alla letteratura.
Nel 1923 pubblicò sempre a sue spese “La coscienza di Zeno”, inviò il romanzo a Joyce che si
trovava a Parigi e che provvedete a farlo circolare fra pubblico, critici e giornalisti; così per Svevo
arriverò il successo, susseguito da riconoscimenti e omaggi letterari.
Nel settembre 1928 Svevo ebbe un incidente, con uno stato di salute già instabile, risentendo delle
ferite, si aggravò e morì il giorno dopo, avendo goduto solo pochi mesi del tanto atteso successo.
Una vita
“Una vita” è il primo romanzo di Svevo uscito nel 1892 con il titolo immaginario di “un inetto” ipotesi poi scartata a
seguito del giudizio di Treves ( editore di prestigio ).
Il protagonista Alfonso Nitti si trasferisce a Trieste dal paese natale. A egli sarebbe piaciuto diventare uno scrittore, ma
lavorava in banca: intrappolato in una vita frustrante e insoddisfacente. Quando il suo capo, il signor Maller, lo invita a
unirsi al salotto letterario della figlia, incontra Annetta Maller e tra i 2 nasce una storia d'amore.
Per Alfonso le nozze sarebbero state l'occasione di cambiare vita. Il giovane però ne era spaventato e si rifugiò dalla
madre malata. Dopo la morte della madre tornò a Trieste, ma lo accolse una fredda indifferenza da parte dei colleghi,
della famiglia Maller compresa Annetta, che presto lo sostituì con Macario.
L'esito del romanzo è tragico: infatti Alfonso si suicidò.
“Una vita” ha caratteristiche del romanzo dell’800: descrizione di ambienti e paesaggi, scelta di un narratore esterno e
oggettivo; con primi elementi diversi: discorso indiretto libero, attenzione per la psicologia e l'interiorità del protagonista.
Alfonso è un "vinto", vittima del mondo in cui vive e di sé stesso, incapace di vivere, di lottare per la sua affermazione.
Il suo insuccesso non dipendono da un destino ostile e contrario, come accade in Verga, ma dalla sua incapacità.
Il suicidio di Alfonso non è un gesto di coraggio, ma la fuga definitiva da una vita che non è capace di affrontare.

Il libro di testo preso in adozione intitola il capitolo 12 “Una serata in casa Müller”
I contenuti tematici
Appassionata da poco alla letteratura, Annetta Maller invita nel proprio salotto il meglio del mondo culturale di Trieste.
Tra i presenti c'è Alfonso, l'unico a non pavoneggiarsi per piacere ad Anneta. Forse per questa discrezione Annetta si
invaghisce di lui, al punto da proporgli di scrivere un romanzo insieme. Nel brano antologizzato, il giovane intraprende
però un lacerante confronto con sé stesso. L’idea di una relazione con una ragazza socialmente così attraente lo
interessa, ma lo deprime al tempo stesso, cosicché il sentimento viene sottoposto ad oscure alterazioni più o meno
volontarie. Alfonso si presenta all'incontro con Annetta e inventa problemi immaginari per giustificarsi di non aver scritto
la parte assegnata del romanzo; nello scusarsi non riesce a trattenere le lacrime e a nascondere le frustrazioni subite da
parte del lavoro burocratico. Egli è convinto che la sua educazione umanistica lo ponga su un piano più alto rispetto ai
colleghi, ma l'amor proprio lo porta a rifiutare l'aiuto della ragazza, e se lo facesse Alfonso intaccherebbe l'immagine di
sé come duro e incorruttibile letterato e costretto a rinunciare al proprio orgoglio.
Alla fine della serata Alfonso rimugina sui propri successi poetici: l'autoanalisi è al tempo stesso spietata e
inconcludente.
Cerano 2 possibilità: troncare il rapporto con Annetta che non amava oppure proseguire la recita, sapendo che
sposandola avrebbe realizzato tutti i suoi sogni di scalata sociale.
I lunghi ragionamenti dominati da dubbi e agitazione nascondono soluzioni, vincendo la tendenza a lasciarsi vivere.
Le scelte stilistiche
Svevo si avvale del discorso “indiretto libero”, collocando nella coscienza del protagonista il punto di vista della
narrazione. La concentrazione sul soggetto è sottolineata da interrogativi ed esclamativi: trattandosi per lo più di
domande retoriche, concepite per ammettere l'abbandono della lotta. Alfonso si chiese se ne fosse valsa la pena
tormentarsi in quel modo per trovare una soluzione che si sarebbe trovata e svolta da sé, dando per scontata la risposta
negativa. La voce del narratore esterno commenta il costante, ma inutile monologo di Alfonso, mettendo a nudo la
lamentosa e vittimistica irresolutezza, fino alla sentenza finale: Lo faceva soffrire il conoscersi.
Senilità
Il 2º romanzo di Svevo “Senilità” esce in volume al giornale triestino “l’indipendente” nel 1898.
Il protagonista di Senilità, Emilio Brentani, ha aspirazioni letterarie, vive con la sorella Amalia e ha un solo amico, Stefano
Balli. Mentre Balli è sicuro di sé ed entusiasto, Emilio si sente sempre inadeguato, insoddisfatto e rassegnato. Ha una
relazione con Angiolina: lei vive il rapporto con leggerezza e disimpegno, frequentando anche altri uomini. Amalia
conduce un'esistenza priva di significato e di emozioni, si innamora di Balli, reprimendo i suoi sentimenti, inizia ad
abusare di etere, si ammala di polmonite e muore. Emilio invece se ne innamora, considerandola una creatura perfetta e
le scrive poesie. Dopo la sua morte rimane solo. Gli resta soltanto il ricordo di Angiolina, fuggita con un altro uomo e la
tristezza di una ragazza mai vissuta fino in fondo.
Emilio è diverso da Alfonso ( protagonista di “Una vita”). Se Alfonso si aggrappa, fino alla fine, ai suoi progetti illusori;
Emilio invece è consapevole della vanità dei suai sogni, perché sa di non essere capace di fare in modo che si
realizzino. Emilio si arrende, rinuncia a lottare e si rassegna a vivere un'esistenza anonima e insignificante.
Nel romanzo si oppongono 2 coppie di personaggi:
• Emilio e Amalia vittime della vita, demotivati, insoddisfatti, incapaci di agire.
• Angiolina e Stefano Balli sono invece entusiasti,decisi a godersi la vita.
Realisti e sognatori si incontrano e si scontrano, e quest’ultimi ne escono sconfitti.
La voce narrante in 3ª persona, assume il punto di vista del protagonista attraverso monologhi interiori e discorsi
indiretti liberi. La soggettiva ricostruzione delle vicende viene smentita e contraddetta dai commenti ironici del narratore.
Il libro di testo preso in adozione intitola il 1º capitolo “l’inconcludente senilità di Emilio”
I contenuti tematici
Emilio, al pari di Alfonso in “Una vita”, sopravvaluta sé stesso: un artista in procinto di creare qualcosa di nuovo, ma
costretto a fare i conti con gli impegni del lavoro e della famiglia.
In quanto intellettuale é convinto di essere al di sopra della massa, nonostante abbia un impiego di poca importanza
presso una società di assicurazioni. La sua autostima si fonda su una reputazione che alimenta più vanità che reali
ambizioni. Emilio considera la letteratura e la filosofia mezzi per travestire e distorcere la realtà.
Si tratta di un gratificante autoinganno, che gli permette di sopravvivere. Emilio traveste l'esistenza con le false verità del
romanzo, a differenza di Alfonso che si illude di poter realizzare i propri sogni di gloria letteraria, egli ha chiarissima
coscienza della nullità della propria opera. Conosce i propri limiti, riconosce di non provare sentimenti, sa che il suo
linguaggio è un artificio. Dinanzi ad Angiolina, Emilio recita la parte del corteggiatore prudente, oscillando tra un
desiderio sessuale e dichiarazioni di affetto. Vorrebbe dar prova della sua astuzia, volendo sottomettere la donna e
ridurla a oggetto di svago come un giocattolo, ma di fatto scambiando Angiolina per una fanciulla semplice e ingenua,
finisce per idealizzarla e comportarsi da goffo romantico. Il ritratto di Angiolina mostra che è il perfetto opposto del suo
corteggiatore. Dall'inizio appare dotata di benessere, con volto illuminato dalla vita, raggiante di gioventù e bellezza.
Emilio non comprende la realtà che ha davanti agli occhi, proiettando su Angiolina i propri desideri.
Le scelte stilistiche
L'inizio del romanzo, senza introduzione e subito nel centro dell'azione, ricorda quelli della narrativa naturalista: alcuni
critici sottolineano l'affinità con l'inizio di Mastro-Don Gesualdo di Verga, uscito 9 anni prima. Le prime righe del testo
sono quelle del protagonista e il narratore sembra svanito, intento solo a registrare i pensieri del personaggio.
Improvvisamente il narratore smonta l'alibi altruistico di Emilio per dirci le vere ragioni del suo disimpegno affettivo: la
difesa dei valori della "carriera" e della "famiglia".
La coscienza di Zeno
Il 3º romanzo di Svevo, quello più maturo e importante, viene pubblicato nel 1923 dopo oltre 20 anni di silenzio dello scrittore.
“La coscienza di Zeno” è la storia di Zeno Casini che in 1ª persona ripercorre i principali avvenimenti della sua vita.
• “Una Prefazione” scritta dal dottor S. psicanalista di Zeno, che ne pubblica le memorie per vendetta
• “Un Preambolo” dove il protagonista spiega che la stesura di questa autobiografia fa parte della terapia consigliata dal dottore;
sono 1º-2º capitolo e aprono il romanzo.
Seguono 6 capitoli: dove ognuno corrisponde a un particolare episodio; i suoi ricordi non sono riportati in un ordine cronologico, ma
vengono scritti a seconda di come gli tornano in mente.
Zeno è un uomo consapevole di essere insicuro, debole e privo di forza di volontà e il vizio del fumo lo dimostra, infatti malgrado i
buoni propositi non riuscirà mai a smettere. Ha un rapporto problematico con il padre e alla sua morte Zeno vivrà di rendita, dove un
amministratore scelto dal padre si occuperà dei suoi averi. Deciso a sposarsi, egli si dichiara a 2 sorelle e rifiutato da entrambe,
sposa Augusta la 3ª sorella da cui è meno attratto, ma trova la tranquillità di cui ha bisogno. Intraprende un'attività commerciale con il
cognato Guido, a cui delega ogni decisione, quando l'attività fallisce, Guido nel tentativo di impietosire la moglie, fingendo di
suicidarsi si uccide involontariamente. Così, Zeno prende il controllo della società e riesce a risollevarla, si scopre capace di gestire
gli affari e comincia a occuparsi personalmente delle sue finanze. La sua malattia gli appare ora come un punto di forza: grazie a essa
è stato capace di adeguarsi alle diverse situazioni.
La parte conclusiva del romanzo è costituita da una sorta di diario in cui si dichiara che il dottor S. abbia peggiorato il suo stato di
salute e che è guarito grazie al commercio e ai successi economici.
• L'amministratore Olivi e il suocero Malfenti assumono il ruolo di "padri" per Zeno.
• Guido è l'antagonista ed ha le qualità che Zeno non ha: è un bell'uomo, determinato e sicuro di sé.
• Anche il dottor S. è tra i rivali di Zeno, deciso a smascherare e smontare tutti i suoi alibi e le sue giustificazioni.
• Augusta dà a Zeno l'affetto, la protezione e le attenzioni di una moglie, ma anche di una madre. Con lei Zeno trova equilibrio e
serenità, tuttavia la tradisce con Carla, una giovane fanciulla del popolo per cui prova forte attrazione sessuale.
La psicanalisi è il tema principale della “Coscienza di Zeno” anche se sia Zeno che Svevo la ritiengono una terapia fallimentare.
Nel romanzo ci sono fenomeni teorizzati da Freud:
• la proposta di matrimonio a una donna non amata è un atto gratuito che nemmeno Zeno sa spiegarselo.
• l’assenza al funerale di Guido è un atto mancato che fa affiorare in superficie l'intimo odio per il cognato.
Nel romanzo si oppongono salute e malattia:
• Zeno invidia i personaggi "sani", considerandoli vincenti e cerca in loro quelle virtù di cui è privo
• Sul finale realizza che la malattia appartiene all'uomo per natura e esserne coscienti è la sola salvezza.
Zeno allora accetta di essere malato e osserva che la convinzione di essere sani è un limite, un segnale di scarsa intelligenza.
Per Zeno la malattia diventa un elemento di forza che permette di capire meglio la realtà e di smascherare le menzogne della società
borghese. Zeno scrive al dottor S. con l’intenzione di ingannarlo ed è per questo, un narratore inaffidabile, non essendoci certezza di
verità in quel che racconta: nonostante sia una confessione, Zeno potrebbe ugualmente mentire o nascondere qualcosa.
Svevo smaschera il suo protagonista: se Zeno nasconde al lettore e sé stesso i veri motivi di alcuni gesti, Svevo interviene per farli
emergere. Zeno alterna «verità e bugie», senza che il lettore possa distinguere le une dalle altre. Il risultato è un resoconto della
propria esistenza frammentaria e incompleta. Zeno espone la realtà dei fatti oscillando tra il presente in cui scrive e il passato in cui
sono avvenuti gli eventi raccontati. Il romanzo stravolge la tradizionale concezione di tempo, offrendo molteplici interpretazioni degli
avvenimenti passati: Zeno li analizza e commenta infatti a più riprese e da diversi punti di vista, a seconda della tematica
approfondita, ricorrendo all'ironia. Osserva le sue vicende e quelle degli altri con freddezza e senza prendere mai niente sul serio.
Anche il titolo è da leggere in chiave ironica, per la scelta del termine «cosclenza», volutamente ambiguo, inteso come
consapevolezza o come giudizio morale o al fatto che ogni vicenda sia raccontata in base a ciò che Zeno sa o sceglie di dire.
Lo stile dell'opera è sobrio ed essenziale, Svevo è più interessato ai contenuti espressi che all'eleganza formale.
Le costruzioni sintattiche sono semplici, i vocaboli spesso hanno un'origine dialettale e ci sono imprecisioni nella grammatica.
Capitolo 1-2 “la prefazione e il preambolo”

I contenuti tematici
Nella Prefazione il dottor S. si presenta ai lettori. Definisce il manoscritto di Zeno una novella, romanzo, termine usato
con una punta di polemica nei confronti del paziente e della tendenza di Zeno a non dire la verità, a fingere, a
nascondersi: come a dire che il manoscritto non è una cosa seria.
La presenza del dottor S. come narratore di 1º grado che interviene nell'apertura del romanzo rende Zeno privo di
credibilità e di centralità all'interno dell'opera, ponendosi come un suo antagonista che agisce in modo vendicativo,
mostrando arroganza.
Dopo questa nota introduttiva del dottor S., tutto ciò che il paziente racconterà nel corso del romanzo perderà, agli
occhi del lettore, ogni carattere di oggettività, acquistando valore di finzione e ambiguità.
• La cura psicanalitica si basa sul colloquio medico-paziente: dove il paziente è portato a razionalizzare i propri traumi,
giungendo alla comprensione dell'origine.
• Invece il dottor S. ha spinto Zeno a una sorta di autoanalisi, abbandonandolo a sé stesso e alla stesura del
manoscritto, andando contro qualsiasi metodo di cura, scelta che appare poco professionale. Anche il fatto che il
dottor S. abbia deciso di pubblicare il testo di Zeno per vendetta andando contro l'etica professionale del medico,
che dovrebbe preservare la privacy del paziente.
Secondo il dottor S. Zeno manifesta una certa diffidenza nei confronti della terapia e le presunte sicurezze della scienza.
Alla richiesta del dottor S. di ricostruire la sua vita a partire dai primi ricordi, Zeno sottolinea la perplessità nella
possibilità di riuscirci: sono passati tanti anni e la sua memoria non è così pronta.
I suoi occhi sono presbiti, quindi dovrebbero vedere meglio le cose lontane che quelle vicine, ma tra il passato e il
presente si frappongono le esperienze precedenti. In questa notazione si trova implicitamente un concetto su cui si
basa la narrativa del 900, cioè l'idea che conta non è tanto l'estensione cronologica oggettivamente misurabile delle
esperienze vissute, bensì il rilievo soggettivo che esse hanno assunto nella psiche individuale: per questa ragione eventi
che hanno avuto la durata di anni possono essere meno significativi di altri accaduti in poche ore.
Zeno cercando di ricordare l’infanzia: all'immagine di sé bambino si sovrappone quella di un nipotino nato da poco.
Da qui si sviluppano alcuni pensieri sull'infanzia delle teorie di Freud, svelando i meccanismi legati alla vita sessuale
inconscia dei più piccoli.
Zeno non soffermandosi sugli eventi dell'infanzia, mostra Svevo scettico ai principi della psicanalisi con un
atteggiamento polemico.
L'idea che l'uomo adulto "derivi" totalmente dalle esperienze infantili è investita dalla tipica ironia del narratore.

Le scelte stilistiche
Presentando il manoscritto di Zeno come un insieme di verità e bugie, il dottor S. mette in discussione ciò che da qui in
poi il lettore troverà scritto nel romanzo: la voce di Zeno viene presentata come quella di un "narratore inattendibile".
La sfiducia è la rappresentazione obiettiva del reale tipica delle poetiche postnaturaliste.
Il Preambolo ha 2 distinti piani temporali:
• presente dell'atto della scrittura
• passato dove la memoria fa riferimento ad accadimenti.
Il tempo della scrittura e il tempo del ricordo si intrecciano e contrappongono in tutto il romanzo.
Capitolo 3 “Il vizio del fumo e le ultime sigarette”

I contenuti tematici
La debolezza psicologica di Zeno, si esprime nella mancanza di volontà.
La sua incapacità di smettere di fumare ne è l’esempio.
Il vizio si radica ancora di più nel momento in cui il fumo gli viene espressamente vietato dal medico, insieme
a una seria infiammazione delle vie respiratorie.
Come in età infantile, la proibizione in Zeno eccita il gusto della trasgressione, essa è una dinamica
psicologica piuttosto facile da decodificare.
Il fumo diventa un alibi per non impegnarsi seriamente in un concreto programma di vita.
Soltanto al momento della scrittura del diario, Zeno ne prende coscienza.
Non a caso, al vizio sono associati vocaboli negativi come disgusto, sozza abitudine, colpa: ciò non spinge il
protagonista a un cambiamento delle proprie abitudini, ma solo a una autoironica comprensione verso sé
stesso e i suoi limiti irrimediabili.
Ciò che lo distingue dagli altri personaggi sveviani è la consapevolezza della propria incapacità e
dell'impossibilità di superarla.
Il padre crede di impazzire con la sparizione dei suoi sigari, la moglie sorride alle sue paure e questo sorriso
della madre rimane impresso in Zeno, che se ne ricorderà da adulto e in una breve prolessi scriverà ciò.
In tutto il romanzo le figure femminili, rappresentano un richiamo alla concretezza della vita, verso la quale
esprimono un atteggiamento diverso rispetto a quello maschile: la donna ha la capacità di ricondurrre l’uomo
alla tranquillità interiore, di farlo distrarre dai pensieri fissi e ossessivi.

Le scelte stilistiche
Il romanzo del 900 si caratterizza per una nuova concezione del tempo, che qui troviamo nelle ultime 2 frasi
del brano.
Il tempo non ha un andamento lineare e unico, e non è vero che il suo flusso non possa arrestarsi.
Esso può essere fissato nella memoria attraverso i ricordi personali, "ritornando" al soggetto.
C'è un tempo "esterno", misurabile in anni, mesi e giorni, e un tempo "interno", la cui estensione si valuta in
base a come gli eventi sono percepiti dal soggetto.
Zeno afferma che questa possibilità di un "ritorno" del tempo è un suo speciale privilegio, ma in realtà essa è
condivisa da molti personaggi dei romanzi contemporanei.
Il tempo misto si esprime nel continuo intersecarsi dei diversi piani temporali della narrazione.
Con ciò si ha la disintegrazione della trama tradizionale con il suo ordine cronologico.
Il tempo non viene più inteso come un fenomeno oggettivo ( romanzo realista e naturalista ), ma dalla
percezione che ne hanno i personaggi.
Capitolo 4 “la morte del padre”
I contenuti tematici
All'inizio del capitolo Zeno dichiara che la morte del padre è stata
«l'avvenimento più importante della sua vita», «una vera, grande catastrofe».
Il rapporto tra Zeno e il padre era stato per molti anni di indifferenza.
Il decesso del genitore lo trasporta dal piano della quotidianità a quello degli
echi profondi che quell'evento traumatico innesca.
• Finché il padre era vivo, l’incapacità di Zeno poteva apparire come immaturità
• Con la morte del padre, l’incapacità si rivela inadeguatezza alla vita.
Il rapporto è tra 2 personalità contrastanti:
• solido e borghesemente sereno il padre
• nevrotico e inconcludente Zeno.
In Svevo, il contrasto conserva qualcosa di ambiguo, quello che Freud chiama
"complesso di Edipo", il desiderio inconscio del bambino di sbarazzarsi della
figura del padre per non avere rivali nell'ottenere l'amore della madre.
D'altro canto, Zeno ha soltanto la consapevolezza di essere un debole e un
incapace.
Nella contrapposizione generazionale affiora l’egocentrismo di Zeno e la sua
tendenza all'autocommiserazione.
Ogni vicenda viene rielaborata da un inconscio che gli fa ingigantire i fatti della
vita in un'ottica tutta sua.
La reazione tipica di chi cerca di scacciare l'angoscia attraverso un'opera: nella
terminologia psicanalitica viene definito "processo di rimozione".
Zeno è portato a trasformare la figura paterna, cancellando contrasti e
ambiguità e portandolo al ritratto di un uomo debole e buono, alla cui
superiorità il figlio ora si inchina, come sognando di tornare alla condizione di
sottomessa ubbidienza.
Svevo scrive alcuni racconti che anticipano i romanzi nella scelta dei temi e dei personaggi.
“Corto viaggio sentimentale” è una novella che recupera temi della Coscienza di Zeno, come la psicanalisi.
Svevo pensa anche a un 4º romanzo, dove rimangono solo alcuni capitoli.
L'indifferenza che accoglie i suoi 2 romanzi induce Svevo a riproporsi di smettere di scrivere.
In una società basata su lavoro, profitto, denaro e interesse economico, la scrittura è considerata una
distrazione se non addirittura un pericolo: è un atto di rottura nei confronti dei valori paterni.
Per questo Svevo vi si dedica segretamente.
Svevo concepisce la scrittura come necessità di raccontare la propria esistenza e la propria quotidianità.
Scrivere consente di conoscere e capire meglio sé stessi.
Se chi scrive è un "inetto", come accade nei romanzi sveviani, l'indagine interiore sarà ancora più efficace: un
inetto infatti non ricorre agli accorgimenti e agli artifici degli scrittori di professione.
La concezione sveviana della scrittura come analisi e indagine di sé fa sì che si crei nelle sue pagine un
legame importante tra vita e letteratura, per questo sono evidenti i riferimenti autobiografici nei suoi romanzi.
Le vicende personali e private sono per lui lo spunto per studiare, più in generale, l'uomo moderno.
Ne analizza la psiche, gli impulsi, i moti interiori, smascherandone le menzogne e il disagio esistenziale.
Svevo è uno scettico e, in quanto tale, analizza freddamente la crisi che colpisce l'individuo nel primo 900
senza proporre soluzioni possibili.
Il suo ruolo può essere soltanto quello di osservare e riprodurre il disagio e lo smarrimento dell'umanità.
Egli è consapevole che è ormai necessario convivere con un malessere diffuso.
Svevo predilige l'opposizione tra vita e coscienza.
Egli focalizza la sua attenzione sull'assurdità della vita e sulle giustificazioni e gli autoinganni.
Nei suoi personaggi non ci sono né eroismo né virtù.
Svevo è un intellettuale atipico: si forma da solo in autonomia, dedicandosi alla scrittura segretamente.
La contrapposizione sveviana tra «sani» e «malati» riprende quella di Schopenhauer tra lottatori e
contemplatori:
• I «sani» sanno adattarsi al contesto in cui vivono e ne traggono vantaggi e benefici;
• I «malati» sono scontenti, privi di iniziativa e slanci personali.
Nelle opere di Svevo compaiono i concetti darwiniani di lotta per l'esistenza e di selezione naturale.
Zeno osserva che, in questa lotta: il vero successo è dato dall'accettazione della malattla come condizione
tipica dell'uomo.
Svevo applica la concezione marxista non alla società, bensì all'individuo.
Di Nietzsche condivide la critica nei confronti della società borghese.
L'influenza di Freud e della psicanalisi su Svevo è evidente soprattutto nella stesura della Coscienza di Zeno.
Leggendo Freud, Svevo scopre come indagare la coscienza umana e come individuare quei meccanismi
mentali che portano l'uomo a costruirsi maschere e alibi.
Per lui la psicanalisi è un valido strumento per studiare e analizzare la psiche, ma non una terapia.

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