Sei sulla pagina 1di 19

Aya Yamasaki

Invenzione dell'ordigno narrativo.

I racconti sveviani nel periodo del silenzio

Premessa

Nel 1926 Svevo scrisse a Montale: “è vero che laCoscienza è tutt’altra cosa dai

romanzi precedenti” (Svevo-Montale 1976, 6). Infatti il terzo romanzo, pubblicato dopo

p i ù d i v e n t ’ a n n i d i s i l e n z i o , a p p a r e m o l t o d i s t a n t e d

stilisticamente che tematicamente. Ma come è arrivato Svevo alla costru

peculiare, de La coscienza?

Giorgio Luti (1990, 161-3) ipotizza che grazie alla psicoanalisi Svevo sia riuscito

a unire in un romanzo vari racconti scritti precedentemente1. Giovanni Palmieri (1994a,

5 5 - 6 ; 1 9 9 4 b , 4 2 5 - 6 ) a s s e r i s c e c h e e s i s t e s s e d a p p r

a u t o b i o g r a f i c o e c h e l ’ e l e m e n t o “ p s i ac osat na ataolgi gt ii cu on ”t o s u c c e s s i v a m e n t e

c o m e c 2o. r Qn ui ci ne d i d a p p r i m a s a r e b b e s t a t o s c r i t t o

a u t o b i o g r a f i c i , m e n t r e l ’

”, “Preambolo” e forse anche l’ultimo capitolo “Psico-analisi”) sarebbe stato attaccato

posteriormente. Stefano Carrai (1998, 239-56; 2010, 27-43), invece, sos

romanzo venisse concepito fin dalla prima stesura come un insieme di capitoli a tema. A

me sembra che l’ipotesi di Carrai sia più convincente, ma

ulteriormente argomentata.

1
Dello stesso parere Elisabetta Bacchereti (1995, 116) che tuttavia sottolinea l’impossibilità di
documentare l’ipotesi.
2
Per l’ispirazione della struttura a cornice “terapeutica”, Palmieri attribuisce grande importanza alla
lettura del trattato Suggestion et autosuggestion di Charles Baudouin (Neuchatel-Paris, Delachaux et
Niestlé, 1921) che si trova tra i libri dello scrittore. Cfr. Palmieri 1994, 39.
1
Per capire come Svevo sia arrivato a La coscienza bisogna a mio avviso indagare

m e g l i o l ’ a t t i v i t à d e l t r i e

silenzio3. Giancarlo Mazzacurati (1998), indagando l’alterazione dell’atteggiamento di

Svevo verso la letteratura in questo periodo4, si sofferma sulla questione della nascita de

La coscienza e si rammarica del fatto che:

t r a r et i ce nz e i n c or s o d’ ope ra e l e ggenda pos tum a , t

filologiche e vuoti editoriali, non solo le tecniche di lavoro e i tempi precisi,

ma i materiali, gli scartafacci, le letture, i sostrati programmatici, i nuclei in

t r a s f e r i m e n t o a v v Li aa t ic ovsecr iseon z a d, i s oZ ne on oa v v o l t i i n u n a

penombra [...]. Con loro resta in penombra anche la storia o il magma della

sua formazione (Mazzacurati 1998, 247; dell’autore i corsivi).

Era infatti molto difficile se non impossibile seguire le tracce letterarie di Svevo durante

i l pe r i od o de l s i l e nz i o a v e nOdpoe ri an ommaa nncioua rsao ldoi lB’ r u n o

M a i 5e. r M a o r a , c o n l a p u b b l iTcuatzt ieo nl ee od (pi 2e 0r 0e 4 ) a c u r a d i M a r i o

Lavagetto, le datazioni di quasi tutti gli scritti sveviani sono state identificate, anche se

approssimativamente, e possiamo avere almeno un’idea di cosa Svev

scrivere nel periodo del silenzio e delle tecniche narrative da lui sperimentate.

3
Nel Profilo autobiografico (Milano, Morreale, 1929, cfr. RS, 799-813) Svevo descrive questo periodo
come quello di rinuncia alla letteratura: “Derivava la necessità della rinuncia. Il silenzio che aveva accolto
l’opera sua [la Senilità] era troppo eloquente. La serietà della vita incombeva su lui. Fu un proposito
ferreo”(RS, 807). Ma Enrico Ghidetti colloca in questo periodo il raggiungimento della “piena maturità
dell’uomo e dello scrittore” (1992, 211).
4
Mazzacurati indagando questo periodo di silenzio riconosce in Svevo la tendenza alla trasformazione
della “letteratura” in “ostacolo, rinvio, strategia di fuga dall’immagine ultima [...] della verità su di sé”
(1998, 240) e suggerisce, oltre alla psicoanalisi, Tristram Shandy di Sterne come uno dei “commutatori
teorici”.
5
È noto che le lettere scritte tra 1917 e 1922 non sono pubblicate in Epistolario (1966) e molti racconti
sono raccolti senza datazione in Racconti, Saggi, Pagine sparse (1968).
2
L’intento di questa ricerca è mettere in evidenza i materiali letterari pr

La coscienza di Zeno che già possiamo individuare nei racconti del periodo del silenzio,

dimostrando così come La coscienza sia una forma evoluta di tali racconti; e in secondo

luogo dimostrare che Svevo, in quegli anni, pur scrivendo in

sperimentava espedienti e strumenti narrativi piuttosto variegati.

I r a c c o n t i s v e v i a n i d e l

caratteristiche
6
: 1) Svevo tenta di descrivere varie tipologie di personaggi socialmente

d i s t a n t i d a l l ’ a u t

l’operaio7. Ma questi racconti sono rimasti quasi tutti incompiuti. Al contrario i racconti

t e r m i n a8 t hi a n n o c o m e p r o t a g o n i s t i p e r s o n a g g i d i s a d a t t i , i n c a p a c i d i u n a v i t a p r a t i c

cioè degli “inetti”. Forse in seguito a questi esperimenti Svevo comprese che il suo forte

era descrivere personaggi a lui simili, usando se stesso come materia prima; 2) alcuni

racconti sono costruiti in prima persona e hanno una struttura a cornice.

p e r i o d o s o n o r i m a s t i s o l o t

(L o s p e c i f i c o d e l D oe t Vt oi nr o Mge enn)gehhr i oa ns on o a p p u n t o q u e s t e d u

cara tteri st iche che li acc omunano


L a cos
a ci enza
; 3) La ca ratt eris ti ca più i ntere ss ante

dei racconti di quest’epoca è l’esistenza didispositivo


un narrativo peculiare che svela

nei personaggi una verità insospettata.

Le pri me due carat teri st iche s em brano abbas ta nza pal es i, me ntre la terz a deve

essere ben argomentata. Prendiamo quindi in esame cinque racconti scritti nel periodo

del silenzio:Il malocchio


, Lo specifico del Dottor Menghi
, Diario di bordo
, Un medio

6
I racconti sono spesso lasciati senza titoli. Cito questi racconti utilizzando i titoli adottati
successivamente dalla critica.
7
Ad esempio in racconti come Cimutti, Marianno e Giacomo.
8
Secondo le datazioni proposte da Clotilde Beltoni (2004), i racconti compiuti di questo periodo sono: Lo
specifico del Dottor Menghi, La madre e Ombre notturne.
3
ingenuo, Ombre notturne. Questi racconti presentano al loro interno alcuni fenomeni di

m o d a a l l ’ e p o c a ( p e r e s . l a c u r a d e l s i e r o , l o s p i r i

s o g n i9). Sv e v o u t i l i z z a q u e s t i f e n o m e n i c o m e u n d i s p o s i t i v o n a r r a t i v o , a f f i d a n d o l o r o

l'interessante funzione di far emergere i desideri intimi ed egoistici dei

Vediamo come funzionano questi fenomeni nei racconti.

1. Il malocchio

L’esempio più netto e forse più divertente dell’uso di questo dispositivo narrativo

si trova neIl malocchio


10
. Il protagonista di questo racconto, Vincenzo, è considerato

una persona buona e crede di essere tale, ma un giorno i suoi occhi acquistano lo strano

potere di produrre un effetto mortale sulle persone guardate. Questo malocchio non è

controllabile:

Dunque non dipendeva dal suo arbitrio l’attività di quell’occhio ma era

certo che la dirigeva il suo animo intimo un suo “io” che a lui pareva distante

da sé. Perciò nelle notti insonni cui talvolta era condannato egli si diceva: –

Io sono innocente! – (RS, 390).

Vincenzo è incosciente, ma attraverso questa strana

emergono improvvisamente sentimenti intimi che lui stesso non riesce a riconoscere. E

i n f a t t i i n t o r n o a V i n c e n z o l e p e r s o n e m u o i o n o u n a d o

dall’oculista per farsi curare l’occhio “malato” ma l’oculista ribatte che questo non

9
Svevo prende spesso in esame fenomeni e ambientazioni alla moda per la sua produzione letteraria.
Basta pensare a commedie come Le teorie del conte Alberto, Degenerazione, o La rigenerazione .
10
Il racconto è privo di titolo. Io utilizzo il titolo adottato dalla critica. Cfr. RS, 1084.
4
possibile, visto che il malocchio non è una malattia. Vincenzo insiste quindi per ricevere

la cura sostenendo di essere “un uomo buono” (RS, 392), e di non volere perciò fare del

male agli altri. L’oculista prende un oggetto per proteggersi dal malocchio e dice:

Voi non potete essere buono dal momento che avete sotto le ciglia questi

due ordigni! Voi siete un piccolo invidioso e vi fabbricaste l’arme che faceva

al caso vostro (RS, 392).

Il malocchio, chiamato dal medico “ordigno”, uccide infatti tutti c

Vincenzo guarda con ira svelando l’invidia e il rancore da lui covati e mai veramente

confessati neanche a se stesso. In questo senso il malocchio funziona come una bomba,

u n d i s p o s i t i v o - r i v e l a t o r e d e l l a r e a l t à i n t e r i o r e . P o s

dispositivo narrativo anche in altri racconti del periodo del silenzio. Questi dispositivi-

bombe e spl oderanno me tte ndo a nudo il lato os curo de lla psi che dei protagoni st i. H o

definito questi dispositivi “ordigni” usando proprio il termine che Svevo mette in bocca

all’oculista.

I n r e a l t à i l t e r m i n e “ o r d i gscn eo ”n ea lc qv uo icsai b o l a r i o s v e v i a n o u n l a r g o

c a m p o s e m a n t i c o c h e v a

concettuali
11
. Ma l’uso del termine “ordigno” che io propongo in questo studio, quale

motore della macchina narrativa sveviana nonché strumento paradossale di i

psichica, è giustificato anche dal fatto che questa parola assume una funzionalità quasi

letteraria in un’epistola del 18 luglio 1908 destinata a sua moglie da Charlton,

quale Svevo parlando dei “mescolatori” e di altri “ordigni” asserisce che questi “tirano

11
A questo proposito si veda l’interessante dizionario sveviano di Alberto Cavaglion (2000, 124-7).
5
s u d a l f o n d o d e l l ’ a n i m a r o b a t r

(EP, 487)12.

Analizziamo dunque altri racconti nei quali Svevo inventa e sperimenta i suoi

“ o r d i g n i ” . I l m a l o c c h i o s i p r e s u p p o n e

R S, 1 0 8 4 - 6 ) , q u i n d i s o t t o l ’ i n f l u e n z a d e l l e t e o r i e f r e u d i a n e c

1 9 0 81 3. D i c o n s e g u e n z a p o t r e b b e e s s e r e i p o t i z z a t o c h e p r o p r i o d a q u e s t e t e o r i e n a s c a

l’interesse nei confronti di uno strumento narrativo in grado di “portare a galla dall’imo

d e l p r o p r i o e s s e r e [ . . . ] q

(RS, 733). Tuttavia, come dimostra questa stessa citazione, in realtà tolta dal frammento

diaristico risalente al 1899, l’attenzione di Svevo per l’interiorit

scoperta di Freud, e infatti l’invenzione del primo ordigno narrativo risale agli albori del

’900, ovvero all’epoca de Lo specifico del Dottor Menghi.

2. Lo specifico del Dottor Menghi

L o s p e c i f i c o d e l D, opt rt eo sr u M
m ei bn ig l hmi e n t e s c r i t t o n e l 1

RS, 842-3) ha sia una struttura a cornice che un narratore inattendibile e quindi ha già

un’assetto simile a quelloLadecoscienza di Zeno


14
. Ma qui vorrei soffermarmi sulla

funzione narrativa del misterioso “specifico Menghi”.

Lo specifico, chiamato “l’Annina”, nasce dal precedente fallimento dell’ “alcol

12
Cito qui una parte della lettera: “Le nuove e le vecchie macchine... Dio mio! Chi mi libererà di tante e
poi tante macchine? [...] I ventilatori soffiano sul poco fuoco che m’è rimasto, i mescolatori tirano su dal
fondo dell’anima roba triste che dimentico tanto volentieri e i condensatori rendono liquidi tutti i gas che
ho avuto sempre in testa. [...] sono sicuro che i miei ordigni non mi vorranno lasciare” (EP, 487). Per
questo brano John Gatt-Rutter (1988, 239) commenta giustamente: “It is hard to tell whether Ettore’s
problem was more an industrial or a literary one”.
13
Cfr. Gatt-Rutter (1988, 246-9), Ghidetti (1992, 233-46).
14
Su questo aspetto si veda l’introduzione di Mario Lavagetto al RS (2004, XX-XXVI) e un recente
studio di Riccardo Cepach (2008b, 171-6). Per quanto riguarda l’espediente del manoscritto si veda la
nota di Clotilde Bertoni in RS (2004, 859-60).
6
Menghi” che avrebbe dovuto essere “un siero atto a ridare istantanea

o r g a n i s m o v i z z o l a p r i s c a RgS,i o6v2e)n, t eù ”c h( e e r a s t a t o a c c u s a t o d a l d o t t o

Clementi, “avversario” del dottor Menghi, di abbreviare la vita con un

stimolazione dell’organismo. l’Annina è quindi un siero che, inventato come antidoto,

d o v r e b b e a l l u n g a r e l a v i t a r a l l e n t1a5. n M
d oa ln’ eolr gr a nc ci som
n too l a s u a v e r a

funzionalità è molto ambigua e risulta difficile al lettore capire se l’Annina abbia o meno

un qualche effetto16. Tuttavia quello che qui interessa non è tanto l’efficacia reale dello

s p e c i f i c o , q u a n t o i l c o m p o r t a m e n t o d e l d o t tcorre M
d edein ge sh si e, rceh es o t t o l a

potenza di questo enigmatico siero.

Menghi, dopo essersi iniettato l’Annina, viene a sapere che sua ma

agonia a seguito di un aneurisma. Egli tuttavia non riesce a prova

s e n t i m e n t i c h e n o r m a l m e n t e c i s i a s p e t t e r e b b e r o d a i

“ A
L n’ n oi sn ca u r a v a n e l m i o o r g a n i s m o

(RS, 83):

 io non c a ddi s ve nuto io s te s s o né mi s l a nci a i a ll a s t a nza di mi a m a dre

pieno di dolore e di speranza a porre il mio orecchio medico reso più acuto

dall’affetto filiale, sul petto materno a ricercare se l’orribile squarciatur

f o s s e r e a l m e n t e a v v e n u tM
a . i aN om!a d r e e i l s u o e i l m i o a f f e t t o e r a n o

15
Per le informazioni sulle sieroterapie e sulle teorie della longevità dell’inizio ’900 si veda Annie
Lalanne-Olive (1993, 143-4) e ancora Riccardo Cepach (2008b, 157-70).
16
Il dottor Menghi, che scrive il memoriale, insiste sull’efficacia verificabile del farmaco, anche se poi ne
ammette effetti indesiderati che causerebbero conseguenze impreviste. Ma i dottori che leggono il
memoriale lo deridono, tanto che alla fine del racconto il dottor Clementi si pone il problema di come sia
morto il cane cui era stata iniettata l’Annina, concludendo: “Si può fare un’ipotesi. Forse il dottor Menghi
ha impiegato per la confezione del suo siero l’albumina di qualche animale dal sangue freddo;
quest’albumina ha un immediato effetto letale se iniettata nel sangue di un mammifero. Se poi non fosse
così, bisognerebbe pensare che nella sua nervosità, per tener fermo il cane, il dottor Menghi
senza’accorgersene l’abbia strangolato” (RS, 92).
7
dimenticati del tutto ed io non ricordavo altro che quel cuore

da esuberanza di vita ” (RS, 81; mia la sottolineatura, dell’autore i corsivi).

Quindi l’agonia della madre non è vissuta dal dottor Menghi alla stregua di una notizia

doloros a, quant o piutt ost o come un c as o cli nico ada tto pe r speri ment are i l s uo nuovo

siero:

Guardavo al mio passato d’altruismo come ad un’altezza irraggiungibile

o r a m a i p e r m e . E p e n s a v o : “ P e c c a t o c h e Ah no npi nr eapsroe cl ’i s a m e n t e

poche ore prima che mia madre ammalasse!” (RS, 84; dell’autore i corsivi).

E ancora, mentre sua madre sta soffrendo, il dottor Menghi si preoccupa non di

sua madre, ma del suo esperimento:

Se questa c[ rise crisi di mia madre] avesse assunte delle forme violente,

e s s a a vr e bb e p r e c e du t o di p oc o l a m o r t e e l a m i a e s p e r i e nz a s a r e b be s t a t a

f i n i t a . M i b a t t e v a i l c u o r e ! M a n o n a

(RS: 85)

Secondo lui, tutto questo egoismo, ossia un “sentimento di decad

d i s s i m i l e d a q u e l l o c h e d e v e a v e r e c h i s ’ a b b r u t

(R S, 8 3 ) è u n e f f e t t o d e l l o s p e c i f i c o , c h e d i m i n u e n d o l ’ a t t i v i t à d e l l ’ o r g a n i s m o

inerte anche il sentimento. Perciò per il dottor Menghi l’Annina è diventato non solo un

siero rallentatore di vita, ma anche un farmaco tremendo capace di trasformare un uomo

per bene in un egoista senza sentimento, un “delinquente” che dia priorità alla sua nuova

8
invenzione piuttosto che alla vita della madre.

Non è solo per il giuramento fatto a mia madre ch’io lascio seppellire con

me la mia scoperta. Come posso io consegnare ai nostri contemporanei un

simile filtro? Ma pensate! Ne bastarono poche goccie per fare di me un

delinquente (RS, 90).

In questa prospettiva il dottor Menghi ricorda il famoso dottor Jekyll. Si impone

tuttavia una domanda: mentre il farmaco di Jekyll trasforma drasticamente l’inventore

sia nel fisico che nei comportamenti sociali e morali, quale effetto verificabile avrebbe

avuto l’Annina del dottor Menghi? Sul piano fisico nessuno, su quello morale opinabile,

dal momento che agli occhi del lettore lo specifico appare piuttosto come una scusa per

giustificare comportamenti egoistici. A mio avviso, la funzional

d e l l ’ A n n i n a n e l r a c c o n t o è p r o p r i o q u e s t a : d i p o r t

protagonista, normalmente nascosto nel fondo dell’essere.

Dunque possiamo dire che lo specifico Menghi è un “ordigno”, forse il primo

ordigno sveviano. Vediamo un altro esempio.

3. Diario di bordo

D i a r i o d i b o r1d7 oè u n f r a m m e n t o i n f o r m a d i g i o r n a l e d i b o r d o c h e S v e v o s i

p r e s u m e a b b i a s c r i t t o t r a i l 1 9 0 0 e dR iS,l 11390049- 5( c) f er . c h e p a r e a v r e b b e

i n t i t o l a t o “ l a c r i s i r i v e l a t r i c e ” , t i t o l

R S, 1 3 0 4 ) . I l p r o t a g o n i s t a - n a r r a t o r e è u n g i o v a n e i m b a r c a t o s i p e r u n ’ e s p l o r a z

17
Per questo racconto il titolo originale è cassato, quindi utilizzo il titolo addottato dalla critica. Cfr. RS,
1304.
9
Polo Nord in qualità di secondo medico, che non si interessa tanto di desc

viaggio quanto di osservare il resto dell’equipaggio:

Forse a lui [il primo medico Persich] potrei far capire come il polo

m ’ i n t e r e s s i m e d i o c r e m e n t e , l e o s s e r v a z i o n i s c

(RS, 631).

Il narratore è un tipico “inetto” sveviano; inerte, remissivo e debole, che invece

di agire preferisce star fermo e scrutare con sguardo ironico e malizioso gli altri membri

dell’equipaggio della nave, più attivi ed energici, che a suo dire sarebbero soltanto dei

“ragazzoni che credono d’essere dei grandi uomini, perché arrischiano la vita ad uno

scopo ideale” (RS, 631). Infatti spiega così perché voglia accomunare il suo destino con

quello del comandante: “Come e perché due nature tanto dissimili come la mia e la sua

si trovino unite è facile dire: Io mi legai a luiper vedere se vivere una vita com’è la sua

sia più divertente che vegetare la mia” (RS, 630: mia la sottolineatura).

Questo diario incompiuto quindi non sarebbe stato un semplice memoriale su

una spedizione per una meta mai raggiunta prima, quanto piuttosto un resoconto

“ g r a n d i u o m i n i ” d i b o r d o v i s t i

narratore
18
. Purtroppo il frammento è troncato dopo la descrizione della personalità di

alcuni membri dell’equipaggio e non possiamo conoscere il prosieguo

Tuttavia queste descrizioni, il punto di vista corrosivo del narratore e il titolo smentito

“ l a c r i s i r i v e l a t r i c e ” c i i n d u c o n o a i p o t i z z a r e c h

l’esplorazione del Polo Nord possa fungere da “specifico Menghi”: un ordigno rivelatore
18
Nel racconto il protagonista-narratore dice che nessuno era mai arrivato prima al Polo Nord: “Riottison
probabilmente non giungerà al polo. Molti altri che avevano altrettanto duro metallo nella fisionomia,
tentarono e non arrivarono al polo” (RS, 630).
10
della realtà che, sotto lo sguardo del narratore, avrebbe portato a galla la vera natur

degli esploratori, forse non esattamente eroi ideali.

4. Un medio ingenuo

Anche il racconto Un medio ingenuo19 è frammentario (cfr. RS, 1307). Troviamo

anche qui un ordigno narrativo particolare, cioè lo spiritismo. Il narratore-protagonista

racconta la sua voglia di sperimentare lo spiritismo, che secondo lui permetterebbe di

percepire una nuova dimensione della realtà. Ma teme che i medi

imbroglioni.

avevo studiato una dozzina di libri sullo spiritismo e m’aveva colpito il

fatto che più o meno tutti i medii erano stati scoperti inclini ai trucc

(RS, 632).

E dunque:

per purezza della teoria temevo che qualche trucco pur avrebbe potuto

insinuarsi nei documenti raccolti e falsare tutto l’aspetto di quella nuova

dimensione che cercavamo d’intravvedere. (RS, 633)

Questo racconto finisce quando il protagonista scrive a una famiglia “ami

chiedendo che gli fossero inviati alcuni membri per il suo esperimento. Pe

possiamo sapere come sarebbe finita la storia, ma possiamo notare che qui lo spiritismo

è c o n s i d e r a t o c o m e u n o s t r u m e n t o c h e p e r m e t t e r e b b e

19
Come in altri casi, questo racconto non ha un titolo originale, quindi utilizzo il titolo vulgato. Cfr. RS,
1307.
11
dimensione della realtà. Ma nello stesso tempo lo spiritismo non è del tutto affidabile,

anzi viene messo in dubbio. Questo utilizzo dello spiritismo nel racconto ricorda quello

d e l l a p s i c o a n a l Li sai cnoes c i e n z a d i. ZAenncoh e l a p s i c o a n a l i s i è c o n s i d e r a t a u n

possibile strumento per intravedere una nuova dimensione della realtà, ma nello stesso

tempo ne viene criticata la funzione terapeutica. “Medio ingenuo” sarebbe stato scritto

i nt or no a l 19 10 ( cf
R r.
S, 13 07 -8 ): a qu a nt o pa r e, q ui n di , a q ue s t a a l t e zz a c r on ol og i ca

Svevo aveva già in mano i materiali utili per la stesura de La coscienza di Zeno.

5. Ombre notturne

L ’ u l t i m o e s e m p i o d i o r d i g n o - r i v e l a t o r e

Ombre notturne, il futuro Vino generoso. Di questo racconto rimangono tre stesure oltre

alla versione pubblicata nel 1927 sulla


 “Fiera letteraria”, delle quali due sono intitolate

O m b r e n o t t u ren ue n a h a i l t i t Vo il no o g e n e r .o sLoa d a t a z i o n e d e l r a c c o n t o è s t a t a

oggetto di discussione
20
, ma Clotilde Beltoni offre le prove abbastanza convincenti per

sostenere l’ipotesi che almeno la prima stesura possa essere collocata all’intern

periodo del silenzio (cfr.


RS, 899-907). Quindi per questa ricerca mi servo della prima

s t e s u r a Odmi b r e n o t ,t uc rh ne e S v e v o d i c h i a r a d i a v e r f a t t o l e g g e r e a J o y

191421. E notiamo subito che fin dalla prima stesura questo racconto aveva una struttura

a cornice, dentro la quale si trova la descrizione del sogno come racconto nel racconto.

Il protagonista-narratore “io” dopo aver bevuto abbondantemente in una festa fa

un sogno strano nel quale, terrorizzato dalla possibilità di venir

20
Si veda ad esempio Massimiliano Tortora (2003, 64-68) che seguendo l’ipotesi di Gabriella Contini
(1980), colloca il racconto nel periodo posteriore a La coscienza di Zeno.
21
In una lettera a Benjamin Crémieux del 15 marzo 1927 Svevo scrive: “Invece Vino generoso è una roba
molto vecchia. Io credo persino che Joyce l’abbia letta nel 1914” (CJ, 85). 
12
cassaforte, propone lo scambio con sua figlia, che offre al proprio posto:

E allora io urlai ancora: – Prendete mia figlia! Dorme qui accanto! Sarà

facile! Non sa nulla! La chiamerò io –. Mi misi ad urlare il nome di mia

figlia (RS, 161).

A questo punto il protagonista si sveglia. Sua moglie gli di

“Invocavi tua figlia. Vedi come l’ami


 ?” (RS, 161). Ma lui si fa pensieroso e riflette sul

sogno:

Io che ancora non m’ero liberato da quell’altra vita, la vita del sogno, la

vera vita esclamai: – Ma essa [mia figlia] non sa... – . M’arrestai. Rinvenuto

interamente intesi che la vera vita bisogna tenerla segreta. Non parlarne, non

menzionarla, dimenticarla. Perciò io mai più presi del vino. E così ritornai

alle cure e alla dieta del Dottor Paoli. Odio oramai il vino. Agli altri adorna o

copre la realtà. A me la scopre intera, orribile, in tutti e in me ste

(RS, 161) .

Il protagonista asserisce quindi che il sogno è la “vera vita”. In questo senso il

sogno smaschera, sopratutto a lui stesso, il vero “io” che si nasconde dietro l’apparenza

del buon padre affettuoso.

Conclusione

Un siero misterioso, l’esplorazione al Polo Nord, lo spiritismo, il malocchio e il

sogno: con questi cinque “ordigni” narrativi, spesso fenomeni alla moda, l’apparenza si

13
crepa, ed emerge, in personaggi insospettabili, tutto ciò che normalm

n a s c o s t o s o t t o l ’ a p p a r e n

i r a2 2. M a a p p r o f o n d e n d o l ’ a n a l i s i d e g l i “ o r d i g n i ” , c i a c c o r g i a m o c h e , m e n

funzionano benissimo per svelare aspetti celati della realtà, conservano essi stessi

alone di ambiguità, inverosimiglianza, o addirittura falsità: il malocchio superstizioso di

Vincenzo, lo specifico fasullo del dottor Menghi, l’esplorazione al Polo Nord fi

quel momento mai compiuta, lo spiritismo dubbioso e il sogno irreale. Dobbiamo così

constatare che gli ordigni si riducono a essere oggetti o fenomeni di dub

proprio nello specifico delle rispettive funzionalità originarie

racconti fenomeni e comportamenti di moda all’epoca in cui furono scritti i testi perdono

la loro funzione originaria, se mai ne avevano posseduta una, e ne acquisiscono u

prettamente letteraria-narrativa, quella di detonatore e ordigno rivelatore.

Ora pensiamo alla psicoanalisi La


ne coscienza
. Per quale motivo Svevo seglie

di impiegarla nel romanzo?

Nelle epistole scambiate con Valerio Jahier tra il 1927 e il 1928 Svevo ripete

c o m e l a p s i c o a n a l i s i s i a i m p o r t a n t e p i ù c o m e s t r

terapia23, vale a dire: “Grande uomo quel nostro Freud ma più per i romanzieri che per

gli ammalati” (CJ, 239). E spiega la funzionalità “letteraria”24 della psicoanalisi:

22
Durante questo periodo Svevo elabora una formula del racconto in cui una realtà mai prevista o
aspettata deflagra all’improvviso grazie agli ordigni narrativi. Mi pare che questa formula sia molto vicina
al sistema epistemologico proposto da Massimiliano Tortora (2003) per i racconti successivi a La
coscienza. Ma a differenza di Tortora, propenderei per l’ipotesi che questa cognizione della realtà esista
già nei primissimi scritti giornalistici. Ho già trattato questo problema nella mia tesi di dottorato
(Yamasaki, 2009).
23
A un certo punto Jahier riconosce la differenza tra il suo atteggiamento verso la psicoanalisi e quello
dello scrittore triestino e la riassume così: “In fondo le nostre posizioni sono abbastanza caratteristiche:
Lei crede ad un valore letterario della psicanalisi e poco in quello terapeutico. Io credo piuttosto in quello
terapeutico ed affatto in quello letterario” (CJ, 246).
24
Il 27 dicembre 1927 Svevo scrive a Jahier: “Letterariamente Freud è certo più interessante” (CJ, 243;
dell’autore i corsivi).
14
s e c r e d o c h e F r e u d s i a u n g r a n d e m a e s t r

conferisca la debita importanza alle nostre esperienze


. Molto prima di aver

conosciuto il Freud, io raccontai in una novella intonata solo a un grande

buon umore la mia avventura di quello scambio di funerale. Si fece molto più

s e r i a n e l r o m a n z o e A d a p o t è i n t e n d e

(CJ, 248; mia la sottolineatura).

Dunque l’intenzione di Svevo è utilizzare la psicoanalisi come un dispositivo che riveli

qualcosa che il protagonista-narratore non riesce mai ad ammettere. E infatti sogn

lapsus, che Zeno trascrive nel suo memoriale, diventano “un repertorio di segn

Svevo mobilita per creare un eccesso di informazione, oltrepas

previsti e voluti dalla coscienza di Zeno” (Lavagetto 1

l’interiorità del protagonista Zeno.

L a p s i c o a n a l iLs ai nc eo s c i e an pz ap a r e d u n q u e c o m e u n a l t r o p o t e n t e

dispositivo-ordigno che detona rivelando la realtà sommersa. Allora si può capire perché

l ’ i n f l u s s o d e l l a p s i c o a n a l i s i s

La coscienza, cioè “Prefazione”, “Preambolo” e “Il fumo”: per Svevo era necessario che

i lettori fossero ben coscienti della presenza di questa bomba, per poi esser indotti alla

lettura psicoanalitica dell’intero testo25.

O v v i a m e n t e d o b b i a m o a g g i u n g e r e c h e l a f u n z i o n

L a c o s c i ennoz na è c o s ì s e m p l i c e c o m e q u e l l a d e g l i o r d i g n i e s a m i n a

25
Per quanto riguarda la presenza della psicoanalisi freudiana e di altre cure psicologiche nel testo si veda
lo studio di Giovanni Palmieri (1994a).
15
contributo26. Ma ciò non toglie il fatto che la psicoanalisi come espediente narrativo altro

non sia che un ampliamento, o meglio una evoluzione degli o

sperimentati nei racconti del periodo del silenzio.

Da questo punto di vista struttura a cornice, narratore in prima persona e ordigno

psicoanalitico, già collaudati in testi precedenti, erano strumenti ben formati nella mente

di Svevo fin dall’inizio della stesura de La coscienza.

Bibliografia
ABBREVIAZIONI

CJ  I. Svevo, Carteggio con James Joyce, Eugenio Montale, Valery Larbaud,

Benjamin Crémieux, Marie Anne Comnène, Valerio Jahier


, a cura di B. Maier,

Milano, Dall’Oglio, 1965.

E I. Svevo, Opera omnia, Volume I. Epistolario, a cura di B. Maier, Milano,

Dall’Oglio, 1966.

RS I. Svevo, Tutte le opere, Racconti e scritti autobiografici, a cura di M.

Lavagetto Milano, Mondadori, 2004.

TESTI

Svevo I.

1 9 6 6 - O
6 9p e r a ,o ma n ci ua r a d i B . M a i e r , M i l a n o , D a l l
26
Qui mi limito a menzionare due indizi; innanzitutto la psicoanalisi stessa è un generatore di significati
più sistematico e strutturato di qualsiasi altro ordigno narrativo; in secondo luogo, il narratore Zeno
conosce la psicoanalisi nonché le sue possibili conseguenze.
16
Epistolario,

1966; vol. II: Romanzi, 1969; vol. III: Racconti, Saggi, Pagine sparse,

1968; vol. IV: Commedie, 1969).

1993 Romanzi, a cura di M. Lavagetto, Torino-Paris, Einaudi-Gallimard.

1994 La coscienza di Zeno, a cura di G. Palmieri, Firenze, Giunti.

2004 Tutte le opere, a cura di M. Lavagetto, Milano, Mondadori, (Romanzi

e «continuazioni»; Racconti e scritti autobiografici; Teatro e saggi).

Svevo I. e Montale E.

1976 Carteggio. Con gli scritti di Montale su Svevo, a cura di G. Zampa, Milano,

Mondadori.

CRITICHE

Bacchereti E.

1 9 9 5 L a f o r m i c a e l e r a n e .

sveviana, Firenze, Le

Lettere.

Bertoni C.

2004 Apparato e commento in RS.

Cepach R.

2008a (cur.) Guarire dalla cura : Italo Svevo e i medici, Trieste, Museo Sveviano.

2008b Il dottore si ammalò... Come il medico ammalato fa il paziente sano

(nell’opera di Svevo) in Cepach (2008a)

Carrai S.

17
1998 Come nacque La Coscienza di Zeno, in “Studi Novecenteschi”, XXV.

2 0 1 0 I l c a s o c l i n i c o d i Z e n o e a l t r i s t u d

sveviana, Pisa,

Pacini.

Cavaglion A.

2000 Italo Svevo, Milano, B. Mondadori.

Contini G.

1980 Il quarto romanzo di Svevo, Torino, Einaudi.

Gatt-Rutter J.

1988 Italo Svevo : a double life, Oxford, Clarendon press (trad. it.: Alias Italo

Svevo : vita di Ettore Schmitz, scrittore triestino, Siena, Nuova Immagine,

1991).

Ghidetti E.

1980 Italo Svevo. La coscenza di un borghese triestino, Roma, Editori Riuniti.

Lalanne-Olive A.

1993 Svevo et le savoir médical, in “Revue des études italiennes”, n.s. XXXIX.

Lavagetto M.

1986 L'impiegato Schmitz e altri saggi su svevo, Torino, Einaudi, 1° ed. 1975.

1993 Introduzione : I romanzi di Svevo, in Svevo (1993).

2003 Svevo nella terra degli orfani, in Lavorare con i piccoli indizi, Torino,

Bollati Boringhieri.

Luti G.

1990 L’ora di Mefistofele. Studi sveviani vecchi e nuovi, Firenze, La Nuova

18
Italia.

Mazzacurati G.

1998 Stagioni dell'apocalisse. Verga Pirandello Svevo, Einaudi, Torino.

Minghelli G.

2002 In the Shadow of The Mammoth: Italo Svevo and the Emergence of

Modernism, University of Tronto Press, Toronto.

Palmieri G.

1994a Schmitz, Svevo, Zeno. “Storia di due biblioteche”, Milano, Bompiani.

1994b Nota al testo in Svevo (1994).

Tortora M.

2003 Svevo novelliere, Pisa, Giardini Editori e Stampatori.

Yamasaki A.

2006 Italo Svevo e la psico-analisi, in “Studi Italici”, 56 (in giapponese).

2009 I romanzi di Italo Svevo : simulazione e rovesciamento delle tendenze

di pensiero dell’epoca (Tesi di dottorato, Università di Tokyo; in

giapponese).

19

Potrebbero piacerti anche