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ITALO SVEVO

La vita
Italo Svevo nacque a Trieste nel 1861 da genitori ebrei e fu uno dei più importanti
esponenti del Decadentismo Italiano. Il suo vero nome era Ettore Schmitz, ma volle
chiamarsi Italo Svevo per indicare la pacifica convivenza in lui della cultura italiana
e tedesca. Compiuti gli studi commerciali, fu dapprima impiegato di banca, poi,
dopo il matrimonio con Livia Veneziani (1896), entrò come socio nell’azienda del
suocero, coltivando marginalmente la letteratura. Morì a Motta di Livenza (Treviso)
nel 1928, in seguito ad un incidente automobilistico. Italo Svevo fu uno scrittore
ignorato per molti anni dalla critica e dal pubblico. Solo negli ultimi anni della sua
vita fu scoperto e rivelato all’estero da James Joyce, mentre in Italia fu fatto
conoscere da Eugenio Montale. La sua fama crebbe però dopo la Seconda Guerra
Mondiale. L’importanza di Svevo è dovuta all’ambiente in cui si formò, Trieste, un
crocevia tra la cultura italiana, tedesca e slava. Ciò fece di Svevo lo scrittore più
antiletterario del Novecento italiano, più attento a recepire e rielaborare i motivi più
profondi della moderna cultura europea, e a scrutare i meandri tortuosi del
subcosciente.

Le opere
Le opere di Svevo sono costituite da 3 romanzi:
• Una vita (1892)
• Senilità (1898)
• La coscienza di Zeno (1923)
I 3 romanzi, pubblicati a spese dell’autore, sono idealmente affini, perché hanno una
tematica in comune, che consiste nell’analisi ossessiva e spregiudicata del
subcosciente dei rispettivi protagonisti: Alfonzo Nitti, Emilio Brentani, Zeno Cosini.
Si tratta di un’analisi che è autoanalisi, perché ciascuno di essi è la controfigura
romanzesca dell’autore, a conferma dello sfondo autobiografico dell’opera
sveviana. Per condurre in profondità questa analisi Svevo si servì della Psicanalisi di
Freud.
Freud insegnava che molte delle nostre azioni solo apparentemente sono delle
libere scelte, ma in realtà sono condizionate da complessi psichici, formatisi nel
passato, in particolare durante l’infanzia, o ricevuti in eredità, ma comunque
preesistenti nella piena coscienza di noi stessi. Dunque, solo guardando nei meandri
tortuosi del nostro io possiamo cogliere i motivi più profondi delle nostre azioni.
Svevo fu tra i primi scrittori ad inserire la psicanalisi nella letteratura come
strumento di conoscenza scientifica della nostra più profonda realtà interiore.
Una vita”(1892)
Il primo romanzo, Una vita, narra la biografia di un inetto.

Trama:
Alfonzo Nitti, un modesto impiegato di banca venuto a Trieste dalla provincia, non
riesce ad adattarsi né alla vita di città, né alla routine della vita di ufficio, né
all’amore di Annetta Maller, figlia del suo ricco direttore. Preso dallo sconforto per la
sua inettitudine a vivere, si uccide con il gas. Una vita rispecchia ancora i modi della
narrativa verista. Infatti, Trieste e i suoi ambienti popolari, la famiglia Maller, il
mondo della banca sono ritratti secondo la tecnica minuziosa del naturalismo.
Tuttavia, l’attenzione maggiore dello scrittore è rivolta all’analisi psicologica del
protagonista, a cogliere anche le reazioni più riposte, alle circostanze in cui si trova
implicato. Da questa analisi si trova un uomo non in sintonia con la realtà, incapace
di adattarsi ad essa e di affrontarla in modo deciso e coerente.

“Senilità” (1898)
Senilità è il secondo romanzo dello Svevo. Il titolo ha un significato metaforico:
senilità indica l’incapacità di agire che è propria degli anziani, ma nel romanzo indica
quella metaforica del giovane protagonista, Emilio Brentani.
Trama. Brentani, un modesto impiegato di una compagnia di assicurazioni, conduce
un’esistenza incolore e monotona. Quando si innamora di Angiolina, una vivace
popolana, bella e attraente, ma volgare e sfacciata, sembra uscire finalmente dalla
solitudine e vagheggiare un’esistenza diversa. Invano un suo amico, Stefano Balli,
cerca di distoglierlo da questo amore assurdo, visto che Angiolina è una donna
frivola e perversa. Intanto, la sorella nubile Amalia, non bella ma sensibile, che
convive con lui, si innamora segretamente del Balli e, presa dalla disperazione
perché non ricambiata, si intossica lentamente con l’etere, fino a morire.
La morte della sorella apre gli occhi al Brentani che rinuncia ad Angiolina, fuggita
con un altro, e ripiomba nella solitudine di prima, nel grigiore di un’esistenza sempre
uguale, senza speranze. Anche in questo romanzo Svevo rappresenta il dramma
della solitudine dell’uomo contemporaneo, la sua incomunicabilità e incapacità di
agire e di modificare la realtà che lo circonda, il senso di frustrazione che gli deriva
dalla coscienza del totale fallimento della propria esistenza.

La coscienza di Zeno (1923)


La coscienza di Zeno è l’opera più matura di Svevo, un romanzo nuovo, fuori
dall’influenza verista, tutto incentrato sull’autoanalisi psicologica del protagonista.
La narrazione si riduce a un lungo monologo interiore, sul filo di un discorso che il
protagonista fa con se stesso, rievocando, quando è ormai vecchio, le fasi salienti
della propria vita e registrando puntigliosamente e minuziosamente le impressioni e
le reazioni anche più insignificanti.
trama:
Zeno Cosini, ricco commerciante di Trieste, scrive la propria autobiografia indotto
dal suo medico, al quale si è rivolto per un trattamento psicoanalitico, con lo scopo
di comprendere meglio se stesso e di guarire da quella forma di accidia e di abulia
che gli intorpidisce lo spirito e lo rende incapace di agire. Lo Svevo immagina che,
essendo scomparso il suo paziente, il medico pubblica per dispetto le memorie di
lui. Esse sono costituite da sei blocchi narrativi, ciascuno dei quali prende il nome
da un argomento caratterizzante:
i. Il fumo: il vizio contratto nell’adolescenza e dal quale Zeno non riesce mai a
liberarsi, nonostante i suoi proponimenti.
ii. La morte del padre
iii. La storia del matrimonio
iv. La moglie (Augusta) e l’amante (Carla)
v. Storia di un’associazione commerciale
vi. Psicanalisi
La malattia di cui soffre Zeno Conisi è analoga a quella di Alfonso Nitti ed Emilio
Brentani: si tratta dell’inettitudine a vivere, ad adattarsi al mondo esterno, agli
ingranaggi di una società egoistica e crudele. C’è però una differenza notevole: Nitti
e Brentani sono dei piccolo-borghesi che dal confronto con la società escono
schiacciati, battuti: sono dei “vinti” alla maniera di Verga, perché mancano di
spregiudicatezza e cinismo necessari ad uscire vincitori dalla lotta. Zeno invece
appartiene alla ricca borghesia, a cui va tutto bene, nonostante la guerra. Ai margini
della guerra, egli si arricchisce sempre di più, comprando e vendendo senza
scrupolo, mentre a pochi chilometri di distanza i soldati muoiono nelle trincee. Il
successo gli dà un senso di euforia e l’impressione di essere guarito dalla sua
malattia.
Egli comprende che i malati sono quelli che si lasciano prendere dagli scrupoli, i
sani sono quelli che si gettano con spregiudicatezza nell’azioni. Perciò decide di
interrompere le visite psichiatriche. Ma dall’analisi condotta su di sé e sulla società,
egli arriva alla conclusione che la “vita attuale è inquinata alle radici” dalla
corruzione, dall’ipocrisia e dall’egoismo, dalla mancanza di freni morali derivante
dalla frenesia produttivistica della società capitalistica, spinta fino alla
fabbricazione di ordigni esplosivi di inaudita potenza, capaci di provocare la
catastrofe cosmica. Nel 1923 dunque Svevo prevedeva, con agghiacciante
chiaroveggenza, la catastrofe atomica di Hiroshima e Nagasaki.
Il motivo di fondo del romanzo però è soprattutto la coscienza acquisita della
precarietà della condizione umana, della solitudine e dell’angoscia esistenziale
conseguente alla crisi dei valori della civiltà romantica e positivistica. Questa
coscienza dà il titolo al romanzo e a mano a mano che si chiarisce spinge Zeno ad
assumere di fronte alla realtà un atteggiamento tra divertito e ironico, senza nutrire
alcuna illusione di salvezza, trovando uno spiraglio di luce nel vedersi vivere,
nell’autocoscienza e nell’autoironia.

La prosa di Svevo
La prosa di Svevo è arida e antiletteraria. Svevo utilizza il linguaggio parlato, a volte il gergo
impiegatizio e tecnico-industriale, anticipando gli esperimenti linguistici dei neorealisti.

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