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ITALO SVEVO

Italo Svevo è lo pseudonimo letterario di Aron Schmitz. La scelta di questo


pseudonimo non è casuale, in quanto lo scrittore vuole segnalare come in lui
vengono a confluire la cultura italiana (a cui si riferisce il nome Italo )e quella
tedesca (allusa) dal cognome Svevo. L'ambiente in cui si forma ,infatti presenta
delle caratteristiche peculiari, Trieste , una città di confine in cui convergono tre
civiltà ,il che permette allo scrittore di assumere una prospettiva ben più ampia di
quello di tanti scrittori italiani del suo tempo ,ma soprattutto gli consente uno
stretto rapporto con la cultura Mitteleuropea (cioè dell'Europa centrale ,di cui
L'impero asburgico era il fulcro). A tal proposito ,i critici infatti hanno coniato per
Svevo un termine, una categoria culturale cioè la Triestinitá, con cui si indica il
carattere contaminato proprio della formazione sveviana. Alla base dell'opera
letteraria di Svevo vi è una robusta cultura filosofica egli infatti fu influenzato da
Schopenauer per il concetto di noluntas, reinterpretato come categoria della
inettitudine, da Karl Max da cui riprende l'analisi rigorosa dei rapporti fra le classi
sociali e dallo stesso Nietzsche in chiave però antitetica al vitalismo. Dal punto di
vista letterario fu molto importante rapporto di Svevo con James Joyce trasferitosi a
Trieste da Dublino a cui inoltre fece leggere la coscienza di Zeno e da cui fu
incoraggiato a pubblicarlo. Con Joyce, autore dell'Ulisse, un vero testo rivoluzionario
della narrativa mondiale egli condivide alcune soluzioni tecniche narrative pur nella
differenza. In particolare l'uso del monologo interiore come nuova forma di
narrazione che supera sia l'etero che l'auto diegenesi tradizionale accostabile ma
non uguale al flusso di coscienza di Joyce. Se c'è un rapporto fra la coscienza di Zeno
e l'Ulisse è solo a livello più generale generico di una certa visione del mondo
dell'avanguardia novecentesca. Svevo rientra a pieno titolo nella letteratura
decadente alla linea regressiva ovvero alla tendenza antieroica ed antiretorica che
propone una lucida analisi critica dei meccanismi del mondo borghese che li conosce
molto bene dall'interno e di cui smaschera le perversioni, le ipocrisie proponendo un
modello esistenziale, antitetico al superuomo è piuttosto definibile come inetto. Il
terzo romanzo, cioè la coscienza di Zeno, è filtrata dalla chiave di lettura
psicoanalitica freudiana a cui egli approda e che è invece assente nei primi due
romanzi una vita e senilitá. In realtà il rapporto di Svevo con la psicoanalisi di Freud
fu rapporto controverso in quanto se da una parte egli aderì ai metodi freudiani,
dall'altro dichiara esplicitamente di ritenere la psicanalisi più utile sul piano
narrativo che su quello terapeutico, questo concetto è esplicitato sia nel romanzo la
coscienza di Zeno ,che narra la storia di un fallimento di una terapia ,sia in altri
documenti di poetica tra cui una celebre lettera di Pietro Javier. Svevo notava infatti
che l'applicazione del metodo psicoanalitico alla scrittura comportava una
necessaria rivoluzione narrativa dal momento che la scoperta dell'inconscio elimina
il soggetto razionale mancante sostituendolo con la coscienza mancante.Dal
momento che la coscienza ,che attiene alla sfera dell'irrazionale, non è una
dimensione cronologica definita ma è a o pre cronica, essa si racconterà scardinando
la categoria tradizionale di spazio e tempo, seguendo un flusso che in svevo si
traduce poi nella tecnica narrativa del tempo misto, ovvero una narrazione in cui i
piani cronologici coesistono e sono sempre presenti alla coscienza, accanto al tempo
misto svevo si serve del monologo interiore. I tre romanzi di Svevo hanno alcuni
tratti in comune come nella costruzione dei personaggi, nell'ambientazione e nelle
tecniche narrative ma sussistono delle importanti differenze, come: se l'ambiente di
riferimento dei tre protagonisti: Alfonso Nitti (Una vita), Emilio Brentani ( senilità),
Zeno Cosino ( coscienza) é la borghesia ,si nota tuttavia all'interno una gradazione
sociale da piccola ad alta borghesia a cui corrisponde, in modo inverso una sempre
maggiore indefinitezza nella descrizione degli ambienti, nel senso che se nel primo
romanzo Svevo si sofferma minuziosamente sugli ambienti sia interni che esterni, su
cui fa muovere i personaggi ,ben definiti nei loro connotati sociali, a mano a mano
indugia sempre meno su tali elementi a dimostrazione che la borghesia finisce per
diventare un dato interiore, una sorta di connotato spirituale quindi quasi una
metafora esistenziale.

I)romanzo”Una vita”.

Tra il 1888 e il 1892 Svevo si dedica alla stesura del suo primo romanzo “una vita”. Il
protagonista ,Alfonso Nitti , è un signore con ispirazione letteraria, costretto, dopo
la morte del padre, ad accettare un impiego in banca. Egli tenta una scalata sociale
seducendo Annetta,la figlia del proprio datore di lavoro ,ma preso da una
inspiegabile paura, rinuncia al matrimonio e sostiene che la morte sia l’unica via di
scampo all’infelicità e al disprezzo che lo circondano. Alfonso incarna in modo
esemplare la figura dell’inetto, un individuo debole ed insicuro che non riesce ad
adattarsi alla vita perché non è in grado di conciliare i suoi sentimenti e le sue
personali aspirazioni con il mondo reale. La caratteristica fondamentale di questo
personaggio è pertanto il velleitarismo o, se si vuole, l’inettitudine. L’Inettidutine del
protagonista viene messa in risalto anche attraverso il confronto con gli antagonisti
che incarnano l’immagine dell’uomo forte, perfettamente adatto alla vita.
Nel romanzo Svevo non si limita a ritrarre una condizione psicologica ma individua le
radici sociali dell’inettitudine del mondo borghese triestino fondato sulla
produttività, l’intraprendenza che accentuano il senso di diversità ed inferiorità del
protagonista. Alfonso potrebbe essere felice se solo si accontentasse di coltivare il
suo interesse per lo studio e per la cultura umanistica e, invece, si affanna in una
continua ricerca di denaro e potere per entrare a far parte dell’alta società. Quando
comprende che il suo sogno di successo è irrealizzabile e destinato al suo totale
fallimento non gli resta altra soluzione che il suicidio, ma prima , si costruisce una
maschera fittizia, un’immagine di sé consolatoria per compensare le proprie
frustrazioni reali. (Questa tendenza a costruirsi maschere gratificanti è un altro
aspetto caratteristico dell’inetto italiano che si ripresenta anche nei romanzi
successivi).
Modelli letterari
L’opera è caratterizzata dalla presenza di numerosi riferimenti alle esperienze
biografiche dell’autore e rivela forti legami con i modelli più illustri della narrativa
moderna fra tutti i romanzi della “scalata sociale” di Stendhal, Balzac, e romanzi di
“formazione “di Goethe e Flaubert. Appare evidente l’influenza di Zola e del
romanzo naturalistico nella ricostruzione dettagliata dell’ambiente sociale in cui si
svolgono le vicende e nella rappresentazione della “lotta per la vita”che il
protagonista deve sostenere per non essere sopraffatto dai meccanismi della
società capitalistica.
L’impostazione narrativa
L’opera è narrata in terza persona, ma il narratore non interviene molto spesso
come avveniva invece nel romanzo del primo ottocento (come ad esempio nei
promessi sposi). Predomina nel romanzo la focalizzazione interna al protagonista
infatti il narratore descrive i fatti che sono filtrati dal punto di vista del protagonista.
Il narratore interviene per correggere i falsi giudizi e smascherare gli autoinganni del
protagonista, in questo modo si viene a creare un’alternanza di punti di vista opposti
che consente all’autore di mantenere un atteggiamento neutro.
II romanzo “Senilità”
Senilità è il secondo romanzo di Italo Svevo, pubblicato nel 1898, prima su un
quotidiano triestino, “L’indipendente” e poi a spese dell’autore. Lo scarso successo
portò Svevo a un silenzio letterario di venticinque anni. Venne riscoperto e
ripubblicato nel 1927 a Milano, in seguito al clamore letterario dovuto alla
pubblicazione della Coscienza di Zeno e alla critica positiva a questo romanzo da
parte di Eugenio Montale.
TRAMA
La trama (ispirata a vicende autobiografiche, come afferma Svevo stesso) ruota
intorno alla storia d’amore tra Emilio Brentani e Angiolina. Emilio, impiegato in una
società di assicurazioni , con anche velleità letterarie (pubblica un romanzo E si
guadagna una reputazione in ambito cittadina), vive un’esistenza monotona e grigia
con la sorella Amalia (vista come figura materna). L’insoddisfazione per la propria
esistenza vuota e mediocre spinge Emilio a cercare il godimento nell’avventura, con
una ragazza del popolo, Angiolina (antitesi donna Angelo), di cui però si innamora.
La donna, tuttavia, fin dal primo istante si dimostra meno coinvolta del protagonista
ed è anzi attratta da diversi uomini, tra cui Stefano Balli, amico di Emilio e scultore,
di cui è innamorata pure Amalia( Stefano balli è un personaggio ispirato al pittore
Umberto Veruda, amico di Svevo). Stefano balli é un uomo con una personalità
forte, incapace artisticamente ma molto abile nel sedurre le donne. Emilio si
propone di divertirsi con Angiolina senza impegnarsi, imitando il dongiovannismo
dell’amico Balli. Il legame tra Emilio e la giovane, che doveva rimanere libero e
disimpegnato, si dimostra invece ben più complesso, poiché Angiolina, donna
opportunista e infedele, può controllare i sentimenti di Emilio che in realtà si
innamora perdutamente della ragazza. La scoperta della vera natura di Angiolina,
che ha numerosi amanti scatena la sua gelosia. Emilio tenta di separarsi ma il solo
tentativo di separazione provoca in lui una prostrazione profonda; si sente privato di
quella energia vitale che gli aveva trovato nel rapporto e che definisce gioventù.
Inoltre anche l’amico Balli si interessa ad Angelina, prendendola come modella per
la sua strada il che scaturisce in Emilio una gelosia patologica concentra proprio
sull’amico. Nel frattempo la sorella Amalia si innamora di Balli a cui però non rivela i
suoi sentimenti. Emilio, una volta accortosene ,allontana l’amico da casa sua
distruggendo però la vita della sorella ,che dopo poco muore. Dopo la morte di
Amalia, Emilio torna a rinchiudersi nella sua senilità.
ANALISI
Il primo titolo pensato da Svevo era il carnevale di Emilio,sia perché la vicenda si
svolge gran parte nel periodo di carnevale, sia perché la relazione di Emilio con
Angelina permette a Emilio di godere solo di un breve momento di felicità e
gioventù, per poi ritornare alla sua esistenza squallida. È simile al carnevale in cui
per breve tempo ci si diverte ma presto si ritorna all’esistenza consueta, noiosa,
dolorosa. Come il personaggio di Una vita, Alfonso Nitti, anche Emilio Brentani
incarna la figura dell’inetto, incapace di vivere davvero, ma imprigionato nei suoi
sogni e illusioni, in un continuo ed inconsapevole autoinganno. Per questo si è
costruito un sistema protettivo conducendo un’esistenza cauta che gli garantisce
calma e sicurezza, ma implica la rinuncia al godimento , la mortificazione della vita.
Sono entrambi due sconfitti dalla realtà a cui non riescono appartenere. Il primo si
suiciderà, ponendo fine al senso di inutilità e inadeguatezza che lo attanaglia; fine
simile a quella della sorella del protagonista di Senilità, che illusa dell’amore di
Stefano a causa delle sue stesse fantasie, nel momento della delusione amorosa
perde il contatto definitivo con la realtà, abbandonandosi all’abuso di etere, che la
condurrà alla morte. Per “senilità” Svevo intende proprio l’inettitudine del
protagonista, che lo rende incapace da affrontare la vita e la realtà stessa, chiuso
com’è nella sua interiorità. Angiolina è per lui un simbolo di salute e pienezza vitale,
con lei Emilio assapora il piacere, esce dal nido, viene a contatto con il mondo
esterno. Questa inettitudine è soprattutto immaturità psicologica,bloccata ad una
fase infantile dell’evoluzione psichica. Emilio ha paura della donna e del sesso, per
questo sostituisce alla donna reale, di carne, una donna ideale, trasformando nei
suoi sogni Angiolina in una creatura angelica e purissima. Il possesso fisico lo lascia
insoddisfatto e turbato, perché contamina quello puro ideale. Svevo espone il
racconto secondo la coscienza e psicologia di Emilio, seguendo quindi i suoi
sentimenti e le sue considerazioni.
L’inetto e il super uomo
Emilio maschera la sua immaturità psicologica nel rapporto con la donna
costruendosi fittiziamente quell’immagine virile che non sa incarnare la realtà e si
compiace di recitare un ruolo paterno nei confronti di Angiolina. In realtà
l’immaturità infantile messa in luce nel rapporto con Angiolina denuncia come
Emilio non riesca più a coincidere con una certa immagine virile, quella dell’uomo
forte, sicuro capace di dominare la realtà. È il modello di uomo proposto dalla
società borghese ottocentesca diventato uno stereotipo culturale: l’individuo
borghese, libero, energico, attivo, capace di crearsi il suo mondo con la sua iniziativa
e la sua volontà. Emilio incarna esemplarmente questa crisi perché in lui l’impotenza
sociale del piccolo borghese declassato si traduce in un’impotenza psicologica ad
affrontare la realtà esterna al nido domestico. Infatti Emilio si appoggia all’amico
Bali, uomo sicuro di sé, forte e dominatore. In realtà anche Bali dietro l’apparenza
nasconde un’intima debolezza. I due personaggi incarnano due risposte diverse ma
complementari alla stessa crisi dell’individuo: Emilio rappresenta il chiudersi
vittimistico nella sconfitta e nell’impotenza, Bali con la fisionomia di piccolo
superuomo rappresenta il tentativo di rovesciare l’impotenza in onnipotenza
mascherando la debolezza con forza dominatrice.
La cultura di Emilio Brentani
Il romanzo è anche la radiografia della struttura ideologica dell’intellettuale piccolo
borghese di fine 800. Innanzitutto Emilio filtra costantemente la realtà attraverso
schemi letterari rivelando la sua dipendenza dalla cultura umanistica. L'ideologia che
guida Emilio nel suo agire effettivo e diversa da quella professata, in quanto la
donna viene idealizzata e trasfigurata in angelo. L'analisi di Svevo mette in luce che i
principi filosofici e politici professati da Emilio sono solo maschere che il
personaggio usa per nascondere ai suoi occhi la sua debolezza, per costruirsi
immagini di se gratificanti.
L'impostazione narrativa
I fatti vengono filtrati la coscienza di Emilio, ma poiché ha una falsa coscienza , il suo
punto di vista è inattendibile. Nel romanzo , oltre al punto di vista di Emilio, c'è
anche quella dell'autore che è dotata di lucidità superiore a quella del personaggio.

Il romanzo La Coscienza di Zeno


Il terzo romanzo di Svevo viene pubblicato ben 25 anni dopo senilità, nel 1923.
Questa distanza temporale spiega la diversità strutturale rispetto ai due romanzi
precedenti. Infatti in quest’arco di tempo sono notevoli le trasformazioni della
società europea, nelle concezioni del mondo, nelle correnti letterarie e artistiche.
Basti pensare che infatti in quegli anni si era verificata la prima guerra mondiale e
sul piano culturale si era assistito al superamento del positivismo (con l’avvento
delle avanguardie letterarie e artistiche, della psicoanalisi e della teoria della
relatività), pertanto il romanzo risente di questa diversa atmosfera. Per gran parte la
coscienza è costituita da una confessione autobiografica che il protagonista Zeno
scrive su invito del suo psicoanalista, il dottor S., a scopo terapeutico. Lo scrittore
finge che il manoscritto di Zeno venga pubblicato dal dottor S stesso per vendicarsi
del paziente che si è sottratto alla cura. A questa confessione si aggiunge una sorta
di diario di Zeno in cui quest’ultimo spiega il motivo dell’abbandono della Terapia e
si dichiara sicuro della propria guarigione. Quindi romanzo è narrato dal
protagonista stesso dietro la finzione narrativa dell’autobiografia e del diario,
pertanto a un impianto auto diegetico.
Il tempo misto
Svevo utilizza una nuova tecnica narrativa ovvero quella del tempo misto. Il racconto
infatti nonostante l’impostazione del biografica non presenta gli eventi nella loro
successione cronologica lineare ma in un tempo tutto soggettivo in cui il passato
riaffiora continuamente e si intreccia con il presente perché resta presente nella
coscienza del personaggio narrante. La narrazione e quindi va continuamente avanti
e indietro nel tempo seguendo la memoria del protagonista che si sforza ,per
obbedire allo psicanalista ,di ricostruire il proprio passato. Nel romanzo quindi non
vi sono capitoli ma solo nuclei tematici che corrispondono ai diversi traumi nella vita
di Zeno che deve cercare di risolverli ma che alla fine non vuole guarire. Questi
nuclei tematici sono: il vizio del fumo e i vani sforzi per liberarsene, la morte del
padre, la storia del proprio matrimonio, il rapporto con la moglie e la giovane
amante, la storia dell’associazione commerciale con il cognato Speier e alla fine si
colloca il capitolo psicoanalisi in cui Zeno si scaglia contro lo psicoanalista e racconta
la propria presunta guarigione.
Le vicende
Il protagonista narratore è una figura di inetto che Svevo stesso definisce un fratello
di Emilio e Alfonso. Zeno conduce una vita oziosa, passando da una facoltà
universitaria all’altra, senza mai giungere ad una laurea e senza dedicarsi ad alcune
attività seria. Il padre che è un facoltoso da marciante non ha la minima stima per il
figlio e nel testamento lo consegna in tutela all’amministratore Olivi. Il rapporto col
padre è ambivalente in quanto se da un lato Zeno vive per lui, nei suoi confronti ha
anche degli impulsi aggressivi. Il vizio del fumo è strettamente correlato,
inconsciamente ,all’ostilità contro il padre, comincia a fumare rubando un sigaro
acceso dimenticato proprio dal padre. Sul punto di morte, il padre lascia cadere uno
schiaffo sul viso del figlio che lo assiste e Zeno resta sempre nel dubbio se il gesto sia
dovuto all’agonia del padre o da un’intenzione punitiva, e cerca quindi di costruirsi
delle giustificazioni per autoconvincersi, per dimostrare a se stesso di non avere
colpa nei confronti del padre e della sua morte. Privato della figura paterna, Zeno
cerca una figura sostitutiva e la trova in Giovanni Malfenti, un uomo d’affari che
incarna l’immagine tipica del borghese abile e sicuro nell’attività pratica. Malfenti e
il modello di uomo con cui l’inetto Zeno non riesce più a coincidere e rappresenta
perciò nel sistema dei personaggi l’antagonista, il ruolo che era del banchiere Maller
in Una vita e di Balli in Senilità. Zeno decide di sposare una delle sue tre figlie solo
per adottarlo come padre. Si innamora della più bella he però lo rifiuta, pertanto si
rivolge alla sorella minore ma anche essa la rifiuta quindi fa la sua proposta di
matrimonio alla sorella più brutta, Augusta. In realtà Augusta era la moglie che Zeno
aveva scelto inconsciamente infatti si rivela la donna di cui egli ha veramente
bisogno, è capace di creare intorno a lui un clima di dolcezza affettuosa e di
sicurezza. Augusta, come il padre è una figura con un sistema di certezze ben
consolidato, quindi possiamo dire che è l’antitesi di Zeno, incapace di integrarsi in
quel sistema di vita e di concezioni anche se vi aspira con tutte le sue forze. Zeno è
malato la sua malattia e la nevrosi, egli proietta nella sua malattia la propria
inettitudine ed attribuisce la colpa dei propri malanni al fumo di cui vuole liberarsi
convinto che solo così potrà avviarsi verso la salute, non solo fisica ma anche morale
e sociale infatti vorrebbe diventare un borghese, ma questi tentativi sono vani.
Inoltre alla moglie Zeno affianca la giovane amante Carla, il rapporto è difficile
perché è pervaso da sensi di colpa verso la moglie, finché Carla non lo abbandona
per un uomo più giovane. Zeno una volta anziano decide di intraprendere la cura
psicoanalitica e qui infatti inizia la stesura della confessione di un biografica che
rappresenta la parte più cospicua del romanzo. Tuttavia Zeno si ribella alla diagnosi
dello psicoanalista, che individua in lui il complesso di Edipo, e si ritiene guarito.Il
romanzo termina in chiave apocalittica con una riflessione di Zeno sull’uomo
costruttore di ordigni che finiranno per portare ad una catastrofe cosmica.
Impostazione narrativa
Il narratore della coscienza è un naratore inattendibile, di cui non ci si può fidare
infatti, egli cerca continuamente di autogiustificarsi, vuole dimostrarsi innocente da
ogni colpa nei rapporti col padre, con la moglie con l’amante. Non si tratta tuttavia
di menzogne intenzionali: sono autoinganni determinati da processi profondi ed
inconsapevoli con cui Zeno cerca di placare i sensi di colpa che lo tormentano.
Quindi la coscienza di Zeno appare in primo luogo come una cattiva coscienza, una
coscienza falsa. È avvolto da un alone di ironia che ci permette di capire la realtà
oggettiva dei fatti.
Inetto Come figura Positiva
Mentre nei romanzi precedenti Svevo aveva un atteggiamento critico nei confronti
dell’inetto, nella coscienza di Zeno assume un atteggiamento più aperto. Zeno infatti
non è più un eroe del tutto negativo ma anzi è un essere positivo in quanto
disponibile al cambiamento, alle trasformazioni, a differenza dei “sani”, come il
padre, la moglie e tutti i borghesi presentati nel romanzo, che vivono, in un mondo
immobile, cristallizzati nelle loro certezze. Zeno infatti sconvolge la gerarchia tra
salute e malattia e scopre che la salute degli altri e anch’essa una malattia, la vera
malattia, quindi converte la salute in malattia. Pertanto il cambiamento di impianto
narrativo della coscienza rispetto ai due romanzi precedenti, è una soluzione
significativa e non casuale in quanto l’intervento del narratore eterodiegetico in una
vita e in senilità servivano per evidenziare il giudizio critico dello scrittore sui suoi
eroi negativi, adesso invece è Zeno stesso che narra, in quanto, appunto l’inetto non
viene più visto come un essere del tutto negativo. Chiaramente questo non significa
che il testo risulta essere totalmente attendibile ma anzi diviene ambiguo, aperto a
diverse interpretazioni. Ciò che dice Zeno può essere verità o bugia o tutte e due le
cose insieme e nessun punto di riferimento permette di distinguerlo
definitivamente. Il mutare della fisionomia degli eroi sveviani e della atteggiamento
dello scrittore verso di essi rivela il passaggio dalla visione del mondo chiusa ,tipica
della cultura ottocentesca , presente nei primi romanzi, alla visione aperta propria
del 900. Inoltre l’evoluzione delle tecniche narrative procede di pari passo con
l’evoluzione ideologica >> possiamo chiaramente notare una profonda
trasformazione dell’opera di Svevo sul piano della visione del mondo e su quella
della tecnica narrativa e non a caso oggi sente ripetere che Svevo con una vita ,
senilità e la coscienza di Zeno, non avrebbe scritto che un unico romanzo.

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