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ITALO SVEVO

Italo Svevo, che nasce a Trieste nel 1861, è lo pseudonimo di Ettore Schmitz, romanziere italiano, la
cui opera costituì un momento di passaggio tra le esperienze del Decadentismo italiano e la grande
narrativa europea dei primi decenni del Novecento. Di famiglia ebraica, Svevo riuscì grazie alle
caratteristiche culturali di una città come Trieste, a formare una cultura poco italiana e molto europea,
che gli consentì di acquisire uno spessore intellettuale raro nei nostri scrittori del tempo. Nei suoi
scritti, egli osserva e descrive i complessi meccanismi economici, burocratici e le conseguenze
negative di questi sui rapporti sociali e umani, prima fra tutte la perdita di autenticità in favore di una
trionfante ipocrisia. Negli anni 1910-12 scopre la psicanalisi attraverso le opere di Sigmund Freud.
Subisce inoltre l’influsso del filosofo tedesco Schopenhauer. muore nel 1928 a Motta di Livenza per
un incidente d’auto.

La cultura e la lingua di Svevo

La cultura di Svevo fu essenzialmente europea, o meglio mitteleuropea, e fu aperta agli stimoli


filosofici e scientifici. Lesse Schopenhauer, conobbe le opere di Nietzsche, in lingua originale, lesse
le opere di Marx, con cui condivise la critica verso la società borghese, ma non l’ideologia della lotta
di classe e della dittatura del proletariato.

Dal punto di vista scientifico ebbe un notevole influsso la lettura di Darwin; infatti anche per Svevo
l’uomo è un prodotto dell’adattamento dell’ambiente, ma non di quello naturale, bensì di quello
sociale. Il linguaggio di Svevo ha frequenti espressioni parlate, durezze ‘tedesche’ e una sintassi
faticosa. Ciò è ricollegabile da un lato al crogiolo etnico e culturale triestino, dall’altra è dovuto ad
un lavoro tormentato di introspezione.

La formazione letteraria

Riguardo alla sua formazione letteraria nel suo ‘ profilo autobiografico’ svevo dice di avere letto i
grandi romanzieri dell’800 francese, come Faubert, Balzac e Zola; ma lesse anche i romanzieri russi,
che per primi parlarono di personaggi inetti e perdenti, e quelli inglesi, dove svevo trovò L’ironia e
l’umorismo, che caratterizzano la coscienza di Zeno.Fu legato da una forte amicizia con lo scrittore
James Joyce, da cui prese lezioni di inglese e che lo incoraggiò a scrivere ed a pubblicare il terzo
romanzo. Svevo visse a Trieste, una città mitteleuropea, dove verso la fine del secolo e all’inizio del
‘900, con lo sgretolamento dell’impero asburgico, autori come Kafka, Musil, Roth testimoniano lo
smarrimento e la crisi che l’uomo della mitteleuropa prova, il senso di sradicamento e il senso di non-
appartenenza ad un mondo che sta finendo.

Svevo e Freud

Forte è in Svevo l’influenza di Freud e della psicoanalisi, soprattutto ne La coscienza di Zeno, anche
se l’autore triestino non crede alla efficacia terapeutica della psicoanalisi, ma la usa come strumento
per esplorare i meccanismi psicologici dei sintomi della malattia

Svevo scopre il romanzo analitico, cioè quel romanzo che alla rappresentazione oggettiva dei fatti
sostituisce una inquietudine interna inafferrabile, scopre la tecnica del monologo interiore, che
l’amico Joyce usa nel suo Ulisse, la tecnica cioè che permette agli avvenimenti di essere presenti
attraverso il flusso di coscienza del protagonista, e scopre l'esistenza dell’inconscio.

Per Svevo la solitudine e l’alienazione sono manifestazioni della ‘malattia’ mortale che corrode sia
lo spirito dell’individuo, sia il tessuto sociale in cui vive e si muove.

I protagonisti dei romanzi e la “malattia”


Il destino dei protagonisti dei romanzi di Svevo è quello di subire la realtà. L’inetto soggiace
passivamente ai condizionamenti ambientali e alle pulsioni dell’inconscio, che lo privano della sua
libertà di scelta. Zeno Cosini risulta incapace di avere un rapporto operoso con la realtà che lo
circonda; è un uomo che non combatte, che è vinto dalla sua malattia e dalla inettitudine.

Il "sano" è l'uomo perfettamente integrato nella società in cui vive, omologato ai principi e ai valori
borghesi. Il "malato" è l'inetto, l'incapace a vivere, l'eterno scontento e insoddisfatto. Il sano è
apparentemente forte, ma lo è solo in circostanze a lui favorevoli--> in realtà l'uomo troppo integrato
e "inquadrato" nasconde delle fragilità che si possono manifestare improvvisamente e con effetti
disastrosi. Al contrario, il malato, l'inetto, proprio per la sua incapacità di vivere integrandosi nella
società ha dovuto inventare sempre nuovi modi per cavarsela e sopravvivere ed è quindi diventato
"più forte" del sano, più capace di affrontare l'imprevedibile, l'ignoto, il multiforme.
Alla fine quindi è il malato l'uomo più padrone di sé, dominatore del proprio destino---> il malato si è
dunque trasformato nel "sano". Il malato è l'uomo vero, autentico e la nevrosi è la condizione umana
più vera. Tutto il resto, dice Svevo, sono solo cliché, maschere.

Nei tre romanzi troviamo:

 Delle analogie: ad esempio sono romanzi tutti incentrati sulla figura di un solo protagonista e
tale protagonista è un personaggio inetto.
 Ma ci sono anche delle differenze: ad esempio “La coscienza di Zeno” è caratterizzata
dall’uso della prima persona (prima vi era un narratore onniscente).
 Vi è lo sconvolgimento delle strutture temporali tradizionali (la narrazione segue un criterio
tematico, non cronologico, gli altri due romanzi seguono invece la narrazione cronologica).
 Vi è un ampio ricorso all’ironia e all’umorismo (assenti nei romanzi precedenti) e vi sono
espliciti riferimenti alla psicoanlisi.

I temi fondamentali dell’opera di svevo sono in sintesi tre:

 L’idea della vita come lotta: Svevo, seguendo di Darwin e Nietzsche, è convinto che la vita sia
sostanzialmente una lotta per l’affermazione di sè e che gli uomini si dividano perciò in
vincitori e vinti;
 La figura dell’inetto : i protagonisti dei romanzi di Svevo sono uomini incapaci di lottare
perché, al contrario di coloro che li circondano, “si vedono vivere” e sono bloccati da un
eccesso di riflessione e di consapevolezza, di autoanlisi e di introspezione;
 L’ironia e l’autoironia: caratterizzano il personaggio di Zeno Cosini e lo distinguono dagli
altri personaggi sveviani; Nitti e Brentani sono personaggi negativi e sconfitti, Zeno invece è
un personaggio più complesso. Nei confronti di Zeno, l’autore ha un giudizio più sfumato.

Una vita

Il romanzo “Una vita” narra le vicende di Alfonso Nitti, che dal natio villaggio del Carso si
trasferisce a Trieste, per lavorare in banca. ambizioso e sognatore, ha velleità letterarie, Alfonso tenta
la scalata sociale: riesce ad introdursi nell’ambiente della piccola borghesia cittadina e in quello
dell’alta borghesia del suo principale, il banchiere Maller, di cui seduce la figlia Annetta. I due
vogliono scrivere un romanzo a quattro mani. Per la ragazza però l’esperienza amorosa rappresenta
solo un capriccio, un’evasione, una curiosità, a cui succede la noia. Allora Alfonso, sentimentalmente
debole e sprovveduto, si rivela ben presto un inetto e finisce per concludere con il suicidio, con il gas
della stufa, la sua fallimentare esistenza.
Senilità

Il romanzo “Senilità” narra la storia di Emilio. Brentani. E’’ un impiegato che conduce una vita
scialba e monotona accanto alla sorella Amalia, matura zitella, che sembra segnata dallo stesso
destino del fratello. Questo grigiore di vita è però rotto da Angiolina, una popolana bionda, bella,
sensuale e persino volgare, che trascina Emilio nel vortice della passione. Emilio, pur consapevole
della falsità di questo amore, che gli procura solo tormento e sofferenza, non riesce a liberarsene.
Anche Amalia è vittima di una tardiva passione per lo scultore Stefano Balli, un amico del fratello,
Passione che la porterà alla pazzia e alla morte con l’etere etilico. La morte della sorella e i consigli
dell’amico Stefano redimeranno Emilio e lo libereranno dalla passione, ma riporteranno la sua
esistenza nei binari della monotonia e della noia, chiudendolo in una precoce ‘senilità’.

La coscienza di Zeno

Il terzo romanzo “La coscienza di Zeno” si articola invece in alcuni nuclei emblematici. Il dottor S.,
uno psicanalista cui Zeno Cosini si è rivolto per liberarsi del vizio del fumo, poiché il paziente,
quando ormai la cura sembrava dare effetti positivi, è scomparso, decide di pubblicare, quasi per
vendetta, il diario della vita che gli ha fatto stendere. In questo diario sono ricostruiti i momenti più
significativi di una esistenza contraddittoria, momenti sottolineati dai titoli dei vari capitoli: Il fumo,
La morte di mio padre, Il mio matrimonio, La moglie e l’amante, Storia di un’associazione
commerciale, Il funerale sbagliato, Psico-analisi,

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