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Alberto Moravia.

Moravia rappresenta una delle figure centrali della cultura italiana del 900. Nasce a Roma, la sua vita sarà piena di viaggi
che lo porteranno a esplorare continente paesi lontani come gli Stati Uniti, la fica e la Cina, e pure tutta la sua infanzia è
segnata da una tubercolosi ossea che lo costringe a trascorrere lunghi periodi a letto, in casa o in ospedale, e a causa della
cattiva salute, Moravia passa molto tempo a leggere libri e si forma da autodidatta, una cultura molto ampie disordinata.
Viene ricoverato in un sanatorio dove scrive il suo primo romanzo, gli indifferenti. Il libro ottiene un successo immediato e
negli anni 30 e uno scrittore già celebre. Ma la sua celebrità si incrina definitivamente a causa del romanzo la mascherata.
Che viene letto come una satira del governo di Mussolini ed è per questo che gli viene impedito di scrivere sui giornali se
non sotto uno pseudonimo, e solo con la fine della guerra egli riprende a collaborar è con mi viste giornali importanti.
la carriera di Moravia si può dividere in tre momenti:
● il primo momento rappresenta gli anni degli indifferenti e di Agostino. Gli indifferenti sono uno studio di un
ambiente borghese, un mondo ipocrita che finisce per attirare a sé La famiglia Ardengo, E spegnere il loro anche la
più piccola scintilla di realismo facendoli diventare indifferente a tutto ciò che va al di là del loro personale
interesse. L’opera Agostino è un romanzo di formazione tratta della vacanza del 13 anni Agostino che impara
conoscere se stesso e l’universo degli adulti, egli scopre in vacanza che lui borghese non può trovare vera e piena
amicizia nella banda di ragazzi del popolo che incontra nel luogo di vacanza
● il secondo periodo, rappresenta la fase in cui Moravia si avvicina al neorealismo, e nei suoi libri rievoca l’epoca
fascista e la guerra.
● L’ultimo periodo è caratterizzato da romanzi cupi e pessimisti e il sesso e loro tema più ricorrente.
La sua opera maggiore, gli indifferenti, ritrae una famiglia della borghesia romana, gli Ardengo, Formata dalla vedova
Mariagrazia che vive con i suoi due figli, Michele Carla, e che ha una relazione con Leo, che più Sì a lei sembra tenere ha i
pochi soldi che le sono rimasti. A questo quartetto si unisce Lisa, amica di Maria Grazia e vecchia amante di Leo. Lo
sviluppo del romanzo coincide con l’evoluzione dei rapporti tra questi cinque personaggi. Mariagrazia è gelosa di Lisa, che
però incapace di rassegnarsi all’invecchiamento, mira alle giovani Michele. Simmetricamente Nonostante continui a tenere
in piedi la sua relazione con Mariagrazia per interesse, mira a sedurre Carla. Michele, l’unico personaggio che sembra dotato
Di giudizio, comprende che Leo, sfruttando la debolezza di sua madre di sua sorella, stadi struggendo quello che resta della
famiglia Ardengo, e decide di affrontarlo. Una sera si presenta a casa di Leo con una pistola, nell’appartamento, nascosta
nella stanza da letto, c’è anche Carla. Michele tenta di uccidere Leo, ma la pistola non spara. Leo sposerà Carla. nel finale,
Carlo e la madre partecipano un ballo in maschera ed è una chiara metafora della mascherata, del camuffamento a cui
ciascuno dei personaggi del romanzo si assoggetta per poter continuare a vivere.
gli indifferenti è un romanzo di interni. Quasi tutta la vicenda si svolge nella casa degli Ardengo o in altri ambienti chiusi, E
questo trasmette al lettore un senso di chiusure di oppressione, come se i personaggi fossero prigionieri degli spazi che
abitano. Il titolo gli indifferenti, deriva dal fatto che nessuno dei personaggi può dirsi veramente positivo, nonna la debole
Mariagrazia che consuma gli ultimi beni della famiglia, non Leo che è un cacciatore di dote, il prototipo dei tanti uomini
schiavi del sesso e del denaro, e neppure Michele che abbastanza intelligente per far cambiare le cose ma vinto
dall’insicurezza non lo fa. Ed E questa incapacità di modificare il proprio destino che si riassume il senso dell’indifferenza
che contagia tutti i personaggi del romanzo.

T.3 il racconto iniziale: l’epidemia.


Il racconto si presenta come un resoconto storico: in un’epoca imprecisata, in un luogo imprecisato, si è diffusa una strana
epidemia, che colpisce gli uomini, questa malattia non li indebolisce né li uccide, ma li fa puzzare terribilmente. Nient’altro,
solo il puzzo: l’odore di carne putrefatta è infatti l’unico sintomo che certifichi il contagio. basta leggere qualche riga per
capire che L’epidemia è una satira del regime fascista. Moravia descrive una società, nella quale si è malati senza avere i
sintomi della malattia, e nella quale chi comincia a puzzare (fuor di metafora: a cedere al fascismo, a fargli concessioni)
finisce dopo un po’ per scambiare il proprio puzzo per profumo (fuor di metafora: per non rendersi conto di essere diventato
complice del fascismo).Moravia adopera quindi un’allegoria: gli eventi di cui narra non vanno intesi alla lettera ma
rimandano a un altro significato che il lettore deve saper cogliere.

T.4 Michele contro Leo: un atto mancato.


Michele dopo aver saputo della relazione tra Leo e la sorella Carla, decide di vendicare l’onore della famiglia e di uccidere
Leo. Avendo così l’occasione di fare un gesto da uomo e di cambiare il suo destino è quello delle donne di casa. Una sera si
presenta a casa di Leo con una pistola, nell’appartamento, nascosta nella stanza da letto, c’è anche Carla. Michele tenta di
uccidere Leo, ma la pistola non spara. Michele fallisce compiendo un atto mancato, cioè un errore che Michele con mette
perché il suo inconscio prevale sulla sua volontà e lo fa agire anche contro le sue intenzioni. in questo modo Moravia vuole
rappresentare Michele come un inetto, inadatto alla vita.

La forma del saggio: Carlo Levi.


il saggio è un discorso in cui la riflessione sui fenomeni generali è filtrata dalla voce di un io che sempre presente sulla
scena, un discorso, che racconta come le idee si formano nell’individuo, portando alla luce ciò che nei trattati e nei libri
teorici viene di solito nascosto.il saggio è il genere di chi non possiede certezze assolute ma anche il genere di chi si rivolge
a una comunità in grado di coglierne le allusioni, spesso vengono utilizzati per fini dimostrativi tecniche dei generi di
invenzione. il saggista crede che non si possa capire la realtà senza osservarla partendo dalla propria singola esperienza.
molti autori descrivono una società che va democratizzazione sì ma che genera una classe media parassita, una piccola
borghesia legata agli intrighi e camorre politiche.molti autori come Carlo Levi inquadrano in particolare i luoghi in cui
questo fenomeno è più massiccio, ossia le regioni del mezzogiorno, dove manca l’industrializzazione che caratterizza il
Nord. I saggisti credono che la cultura possa trasformare la politica quindi il loro scopo era quello di andare ad educare le
classi dirigenti italiane attraverso le più moderne correnti culturali europee. Un importante saggista fu Carlo Levi.
Carlo Levi nasce in una famiglia della borghesia ebraica, studia medicina e si dedica con un certo successo alla pittura. Il
regime di Mussolini punisce la sua militanza nel movimento antifascista condannandolo al confino in un villaggio Lugano
dove egli costruisce il suo primo libro più famoso, Cristo si è fermato a Eboli. In Quest’opera a Carlo Levi contrappone
due civiltà. Da una parte c’è quella cui appartiene lui, il narratore, una civiltà cristiana moderna e industriale, fiduciosa nel
progresso e abituata a concepire il tempo come una strada che non torno mai sui suoi passi.dall’altra parte c’è quella che
scopre a Gaiano, la cittadina lucana in cui il fascismo lo ha confinato, e che e viceversa contadina, pagana e fondata su una
concezione ciclica del tempo.questa seconda civiltà non fa la storia ma la subisce.il suo popolo sembra sopravvivere
passivamente a tutto, sopportando ogni sopruso. Quella di Gaiano è un’Italia senza nome senza tempo. La modernità non è
mai arrivata e la società mantiene molti dei caratteri secolari in cui le aristocrazie le plebe hanno vissuto separate come due
razze diverse.tuttavia, la situazione che Levi registra negli anni 30 è ancora peggiore, mentre nel mondo della storia le civiltà
moderne si stanno mutando nella società delle masse anche a Gaiano sorge una microscopica borghesia, ma si tratta di una
borghesia bastarda, un ceto destinato ad opprimere i contadini e il suo Dio si chiama Stato.

T.1 Incipit.
Una volta arrivato nella città di Gagliano (ispirata a quella di Aliano) per motivi legati alla sua militanza antifascista nel
movimento GL (Giustizia e Libertà), Levi nota subito le sostanziai differenze che separano le società borghesi
industrializzate, in cui ha vissuto fino a quel momento, e i paesi del mezzogiorno. A Gagliano la Storia non è mai arrivata,
così come il tempo che per loro assume solamente un valore simbolico, essi non scrivono la storia, la subiscono e basta.
Attraverso la frase “Non siamo cristiani, Cristo si è fermato a Eboli” i paesani locali riassumono l’atteggiamento che il
progresso e le innovazioni hanno avuto nei loro confronti: queste sono state centralizzate unicamente nei paesi del
centro-nord Italia, senza mai dare spazio anche alle società meridionali; e così ha fatto anche lo stato.
Gli abitanti di queste ultime non vengono nemmeno trattati come uomini, ma come schiavi, come sottoposti, subordinati ai
latifondisti, ai borghesi e agli aristocratici delle società modernizzate. Nessuno, se non conquistatori o visitatori di passaggio,
ha mai varcato i confini dei paesi del mezzogiorno, paesi dove è possibile sperimentare sulla propria pelle cosa sia il dolore,
inteso non come un fenomeno morale, ma come un vero e proprio dolore fisico, dove è possibile conoscere la fame e vedere
come i cittadini vivano in condizioni che, nei paesi industrializzati, non si vedono da decenni.Durante il periodo fascista,
Carlo Levi fu assoggettato al confino, una misura restrittiva riservata a coloro che si erano opposti al regime. Levi trascorse
il periodo di confino in un paesino della Lucania, dove ebbe l’opportunità di conoscere le vere condizioni in cui vivevano gli
abitanti di quella zona. La prima cosa che Levi notò appena raggiunse il paesino era lo stato di estrema miseria in cui
versavano i suoi abitanti: non solo miseria materiale, come la mancanza di cibo e le malattie, (in particolare la malaria), ma
anche morale. L’autore, infatti, descrive minuziosamente la mentalità di quegli italiani, rinchiusi nel loro mondo, senza
avere contatti con l’esterno e con il resto dell’Italia. Il modo di vita degli abitanti della zona si basava esclusivamente sulla
magia; quella zona del meridione non aveva, infatti, subito le trasformazioni dell’illuminismo, il pensiero filosofico che è
improntato sulla ragione. Come i nativi delle antiche civiltà, gli abitanti facevano riti magici per ottenere ciò di cui avevano
bisogno, nella convinzione che la magia potesse davvero esaudire i loro desideri e risolvere i loro problemi. Carlo Levi
guarda quest’umanità con tristezza e tenerezza; le case, i muri e l’ambiente trasmettevano un senso di sconforto, dovuto
all’estrema povertà, fisica e psicologica, delle persone. Il titolo “Cristo si è fermato a Eboli” significa, in sintesi, che le
persone di quelle zone non vivevano da cristiani, perché le loro condizioni si avvicinavano più a quelle dei selvaggi che
all’uomo moderno. Per tutto questo Levi dà la colpa alla borghesia del luogo, che definisce “degenerata moralmente e
fisicamente” perché, pur potendo aiutare queste persone in difficoltà, si rivela indifferente alla sofferenza umana.

T.2 secoli di rassegnazione sulle loro schiene.


La città di Gagliano descritta da Levi è una città senza spazio e senza tempo, in cui un segno di modernizzazione sembra
essere lontano anni luce. Tuttavia, la descrizione della stessa cittadina negli anni trenta del ‘900 (quindi circa venticinque
anni dopo la prima descrizione) sembra offrire il resoconto di una cittadina diversa. Mentre le maggiori società si avvicinano
all’età dei totalitarismi, a Gagliano nasce una piccola borghesia, definita da Levi stesso come “bastarda”, in quanto sfrutta i
contadini ancora più dei latifondisti e degli aristocratici che, precedentemente, si sono trovati ad essere la classe dirigente
delle società agricole del mezzogiorno. L’intento principale di queste stesse società è individuare, e successivamente
eliminare, il “problema del mezzogiorno” che, come l’autore sostiene, è il vero e proprio problema dello stato italiano. Il
problema può essere risolto facilmente dalla società che lo crea, e di questo Levi ne è pienamente consapevole, e sottolinea
in questo testo l’ottusità della piccola borghesia, al quale è parassita e burocratica e punta solamente ad arricchire le proprie
tasche. Il punto di forza di Levi sta nel suo essere diretto, offre al lettore le risposte che egli stesso ha ottenuto dai contadini
con i quali ha avuto dialoghi riguardo le loro condizioni. Inoltre fornisce al lettore delle vere e proprie immagini concrete, le
quali rendono pienamente l’idea e il messaggio che l’autore intende trasmettere al lettore. Per far in modo che queste
differenze vengano azzerate, il governo centrale deve dare autonomia ai governi locali, fornire loro le stesse opportunità e
lasciare che ognuno possa affrontare il proprio processo di industrializzazione senza ostacoli manipolati e imposti dal
vertice.

La poesia italiana tra le due guerre.


I primi vent’anni del XX secolo, in Italia e in Europa erano stati quelli delle cosiddette avanguardie, il simbolismo il
futurismo avevano cambiato il modo in cui si scrivevano poesie ma anche il modo in cui si guardava la letteratura, furono
introdotte le poesie figurate che riproducono attraverso la disposizione dei versi nella pagina, l’oggetto di cui
parlavamo.all'inizio degli anni 20 la forza di questi movimenti si esaurisce e anche l’avanguardia italiana più ricca, il
futurismo, perde il suo slancio iniziale. I poeti italiani si trovano di fronte a una specie di bivio, da un lato gli avere un
guardie storiche hanno regalato ai poeti un’assoluta libertà nei confronti della tradizione, andando a rinunciare alle forme
canoniche della poesia. Dall’altro lato in Italia gli anni 20:30, sono anni di conservazione e di reazione al disordine del
decennio precedente, non solo in politica ma anche nell’arte e nell’architettura. Durante questo periodo i poeti proponevano
un ritorno all’ordine, cioè allo studio all’imitazione dell’arte classica e della pittura 400esca italiana, alcuni aderirono al
ritorno della tradizione, tornano d'attualità i modelli di Giacomo Leopardi, sia nostalgia del sublime. un poeta decisamente
classicistico e Vincenzo Cardarelli. Nasce a Tarquinia in una famiglia molto umile,Lasciò presto la scuola e Si formò da
autodidatta e lavoro come giornalista tra Roma e Firenze. Fu importante la sua attività di poeta e di organizzatore di cultura,
per il suo ruolo di cofondatore della rivista romana la ronda, rivista che proponeva il recupero di modelli ottocenteschi come
Giacomo Leopardi e Alessandro Manzoni, riallacciandosi a questa tradizione voleva voltare le spalle a tutta la tradizione
italiana più recente. La poesia di Cardarelli è una poesia solenne che cerca un equilibrio atemporale, pieno di decoro lontano
dalle stranezze della letteratura d’avanguardia.

T1.Autunno.
Poesia basata sull’identificazione uomo-natura: come l’autunno preannuncia il freddo dell’inverno, analogamente l’uomo si
avvia inesorabilmente verso il grigiore della vecchiaia. Cardarelli ritrova nella natura e nel paesaggio tracce della condizione
umana.Cardarelli descrive l’arrivo dell’autunno, di cui il vento di agosto e le piogge settembrine ne hanno dato l’annuncio.
L'autunno avanza lentamente verso l’inverno e si lascia alle spalle la stagione più bella. Analogamente la giovinezza
dell’uomo avanza verso la maturità e poi la vecchiaia in un inesorabile procedere verso la fine dell’esistenza. La poesia può
essere divisa in due parti:
● la prima di sette versi è descrittiva: il paesaggio autunnale è raccontato attraverso la sua personificazione (le
piogge sono piangenti, la terra rabbrividisce, il sole è smarrito, ecc.).
● la seconda di cinque versi è riflessiva: l’uomo è accomunato alla natura, uniti da uno stesso destino in un parallelo
tra le stagioni e le epoche della vita umana. L’avanzare lento delle stagioni diventa metafora dell’avanzare delle età
della vita dell’uomo.
Il tema è quello ricorrente nelle poesie di Cardarelli dello scorrere del tempo, del trascorrere della vita.
Il passare delle stagioni scandisce e dà il senso al passare del tempo che conduce l’uomo verso la fine della sua esistenza e
così come l’autunno si annuncia, arriva, passa e se ne va, lo stesso avviene per il tempo della vita.

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