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Civati Gabriele V

Giovanni Verga (1840-1922)


Il critico Luigi Russo, allievo di Benedetto Croce, sostiene che Verga è l'unico a continuare la
poetica di Manzoni.

Verga nacque nel 1840 a Catania, Sicilia. Riceve una formazione classica ma moderna: legge i
francesi e inizia una carriera da giornalista. Tra il 1865 e il 1870 Verga va a Firenze dove incontra
Luigi Capuana e i due hanno idee comuni sul naturalismo. Nel 1872 Verga si reca Milano qui
avviene primo contatto con la scapigliatura e si accorge dell'arretratezza del Sud rispetto al Nord
Italia. In queste due città avviene il successo letterario di Verga, l’uomo scrive romanzi scapigliati e
tardo romantici che hanno molto successo, come “Storia di una Capinera” “Eva” e “Tigre reale”.
Nel romanzo epistolare “Storia di una Capinera” Verga racconta di una suora, Maria, che si
innamora del marito e di sua sorella; il suo amore è sopra le righe, è un amore folle: la suora si
strugge per amore e si suicida.

Verga in questo periodo seppur ha riscontrato molto successo non è soddisfatto dei romanzi che
ha scritto. Nel giugno del 1874 scrive “Nedda”, con questo romanzo passa dalla scapigliatura al
realismo. “Nedda” è un bozzetto siciliano la cui ambientazione è tipicamente siciliana, contadina,
povera e di miseria. Nedda e una donna che raccoglie olive chi deve lasciare lavoro per accudire
sua madre; lei si innamora di un ragazzo. Nedda rimarrà in cinta dell’uomo che in seguito morirà.
Pertanto, emergono tre tematiche da questo romanzo:

 L'amore è tragico;
 C’è la presenza di bisogni primari; Nedda, infatti, raccoglie le olive e abbandona il lavoro;
 La svolta verista di Verga, con questo romanzo si apre la prima stagione verista di Verga in
cui lo scrittore ha una forte esigenza di rappresentare la realtà attraverso anche il
linguaggio vivo. Verga ha l’esigenza di descrivere ciò che vede, per questo racconta la
realtà siciliana. la svolta verista è caratterizzata dal linguaggio vivo.

Nello stesso periodo due politici della destra storica italiana, Sonnino e Franchetti, iniziarono
l’indagine sulla riforma agraria del sud Italia, in quanto era ancora molto presente il latifondo e
lavoro minorile.

Nel 1881 Verga scrive “I Malavoglia” e nel 1889 “Mastro Don Giosualdo”. La sua idea iniziale era
quella di scrivere cinque romanzi di questo genere ma smette perché questi non avevano
successo. La svolta al verismo è causa dei seguenti motivi:

 Crisi etica: Verga scriveva opere scapigliate ma sono frivole quindi ritorna ai veri valori
umani, quindi la famiglia, la roba, relazioni, denaro. È come se Verga trovasse la sua
spiritualità nei valori tradizionali. Verga capisce che non è più credibile scrivere questo tipo
di novelle frivole e per questo si avvicina al verismo
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 Motivazione storica: in Italia c’era la questione meridionale. Verga denuncia le disfunzioni
del sud Italia, mette in luce la realtà, cosa accade realmente.
 Motivazione antropologica: Verga è nato in Sicilia e quando va a Milano e a Firenze vede
una grande differenza tra la sua città natale e queste due città. Concepisce che l’Italia va a
due andamenti diversi: il nord diventa sempre più sviluppato, il sud sempre meno e che
questo divario diventerà sempre più profondo.
 Motivazione tecnica-letteraria: Verga studia e approfondisce il realismo e il naturalismo,
attingendo nuovi strumenti per parlare della realtà

Le differenze tra il naturalismo francese e il verismo di Verga:

 è nazionale, mentre il verismo di Verga è regionale/paesano


 Il naturalismo ha una coscienza politica, al contrario del verismo
 Il naturalismo francese denuncia quello che accade e aderisce al progresso; Verga invece
non crede che le cose cambino, non è un progressista. Secondo Verga tutto rimarrà fermo
e immobile
 Il naturalismo ha forme di scientificità mentre il verismo è sentimentale, si forma infatti
sull’empatia e sui sentimenti

Verga in “Fantasticheria” parla del suo viaggio di ritorno da nord verso la Sicilia, formulando
l’ideale dell’ostrica: l’oggetto etico-morale della poesia di Verga. Con l’ideale dell’ostrica Verga
sostiene che il destino ci ha assegnati ad uno scoglio (come le ostriche) e l’uomo deve rimanere
attaccato a questo, perché chi si stacca dallo scoglio verrà mangiato dai pesci voraci. Questa
metafora per affermare che chi è nato povero, secondo Verga, non deve cercare di migliorare la
sua condizione perché è impossibile, chi si “stacca dal suo scoglio” sarà un perdente, un vinto.

Verga immagina il ciclo di romanzi “Il Ciclo dei Vinti”, 5 romanzi che hanno come tematica l’ideale
dell’ostrica. i protagonisti sono tutti dei vinti. Gli ultimi tre non sono stati scritti perché nessuno
leggeva queste opere.

- Malavoglia (poveri)
- Mastro Don Giosualdo (borghese che vuole diventare nobile)
- Duchessa Leila
- Onorevole Scipioni
- L’uomo di lusso

Luperini sostiene la “critica della soglia” ovvero che in Verga ci siano dei personaggi che sono dei
vinti ma che sono sempre di frontiera, a metà tra due mondi: quello arcaico e quello moderno. C’è
una posizione mediana tra i colonizzatori e i colonizzati; gli ultimi si ritrovano in un terzo spazio,
abbandonando le proprie identità per trovarne una comunitaria, neutra che possa includerle tutte.
Verga è uno dei primi che mette in scena i vinti con una voce di dignità e non con pietismo; Verga
vede in loro una nuova idea di realtà, il terzo spazio. Questo terzo spazio non lo esplica Verga ma

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bisogna immaginarlo, Visconti quando ha messo in scena il film dei Malavoglia (?) ce lo aveva bene
in mente.

Gli aspetti tecnici della poesia di Verga sono:

- Impersonalità: l’opera per Verga deve essere un documento umano, per questo motivo
non c’è un autore ma rappresenta la realtà così come si presenta. Non c’è un giudizio, una
morale dello scrittore che emerge nei suoi testi
- Regressione: Verga non scrive come scriverebbe lui stesso ma con la lingua interna al posto
narrato. Pertanto, la lingua è scelta in base all’ambientazione
- Narratore Popolare: non c’è un unico narratore ma c’è il “Coro di Voci”. Ovvero fa dire ai
personaggi i fatti narrati
- Discorso indiretto libero: questi stesti sono un ibrido tra il discorso diretto e indiretto
- In Verga non c’è un fine, solo la mera rappresentazione della realtà

Vita dei Campi

Prima opera verista di Verga, scritta nel 1880, è una raccolta di 8 novelle. Verga affronta due temi:

1. Amore: gli amori sono passionali, legati ad un contesto rurale e di paese (vedi La Lupa e
Cavalleria Rusticana)
2. Conflitto tra io e mondo (vedi Rosso Mal Pelo)

Queste due tematiche sono accomunate secondo il principio della violenza. Le relazioni, infatti,
non si risolvono attraverso il dialogo ma con la violenza: unico registro che conoscono le persone
umili perché la violenza è un registro preverbale.

Cavalleria Rusticana

Novella della Vita dei Campi. I protagonisti sono Turiddu, Alfio e Lola, un triangolo amoroso.
Turiddu si innamora di Lola ma è costretto a patire per il militare. Quando ritorna nella sua città,
Lola si è sposata con Alfio; per ripicca e per far ingelosire Lola, Turiddu inizia a frequentare la
ragazza che abita di fronte a casa di Lola, Santa. Lola cade nel tranello di Turiddu e i due iniziano a
frequentarsi. Santa lo scopre e lo dice ad Alfio che sfida a duello Turiddu che morirà. È importante
sottolineare il bacio del duello tra i due guerrieri.

Le tematiche di questa novella sono l’amore legato alla morte e il triangolo amoroso. Il narratore è
un coro di voci, sono frequenti i proverbi per sottolineare l’ambiente in cui è ambientata la
novella. Emerge anche la tematica del patriarcato: gli uomini lavorano fuori città e le donne sono
sole in casa.

La novella verte sulla religione ed è ambientata a Pasqua, Alfio è ateo e la società descritta è
cattolica.

Il primo vinto è Turiddu che non si riconosce nell’ideale dell’ostrica.


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Il compositore Mascagni mette in musica questa novella nel 1890, il cui libretto è stato scritto da
Fanny Torghetti Tozzoni. Verga esporrà denuncia.

“Toro scatenato” è un film che ha ripreso questa novella.

La Lupa

Novella della Vita dei Campi. Gna Pina è La Lupa, una donna che si atteggia e a cui piace farsi
corteggiare dagli altri uomini ed è descritta come una donna che divora gli uomini. Lei è
interessata a Nonni ma l’uomo è interessato alla figlia della Lupa, Maricchia, l’opposto della
madre: dolce e sensibile. Gna Pina fa di tutto per sedurre Nonni, è come se fosse ossessionata
dall’uomo. Nonni cede alle avance della donna. Il finale è come se fosse aperto, la novella finisce
con Nonni che la minaccia di ucciderla ma a lei non importa: le basta solo stare con lui. Alla fine
della novella, lei si butta verso Nanni con un mazzo di papaveri e una voglia bramosa di
possederlo; non si sa se Nanni la uccide.

Gna Pina è una vinta, viene allontanata dal paese in cui vive, è come se fosse Fosca e Livia della
scapigliatura. La donna non crede nella famiglia e non vuole arricchirsi nella vita, è fuori dal
contesto sociale in cui vive.

Verga in questa novella usa battute rapide e veloci, sono frequenti le ripetizioni e c’è un senso di
vaghezza durante tutto il racconto.

Rosso Malpelo

Novella della Vita dei Campi. Rosso Malpelo è un personaggio che è abbandonato da tutti, anche
dalla sua famiglia, a causa del suo colore di capelli; viene trattato dagli altri come una bestia.
Malpelo lavora in una cava di arena rossa insieme al padre, l’unico di cui si fida ma che muore a
causa di un infortunio sul lavoro. Il protagonista incontra Ranocchio, un ragazzo più piccolo di lui, a
cui insegna la vita attraverso la violenza. Ranocchio muore di malattia e Verga scrive che la madre
piange fin troppo per quello che il figlio guadagnava, pertanto, emerge anche l’attaccamento al
reddito che c’era nella società descritta da Verga. La novella finisce con Rosso Malpelo che
continua il lavoro di Ranocchio perché non ha niente da perdere: entra in un tunnel da cui non
uscirà mai più.

Il protagonista è abbandonato da tutti, è un vinto, è incompreso dalla società, è un eroe della


disperazione. Infatti, ha molta coerenza morale durante tutta la novella.

Emerge l’ideale dell’ostrica perché Rosso Malpelo voleva scalare nel mondo lavorativo ma fallisce
nella sua impresa rimanendo imprigionato nella sua condizione. È un vinto ma è come se fosse un
eroe, è un personaggio diverso da tutti quelli descritti da Verga.

Emerge anche la tematica del conflitto io-mondo e il concetto di straniamento. È come se le cose
giuste diventino sbagliate e viceversa, cambia la percezione delle situazioni. Rosso Malpelo, infatti,

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alla morte di suo padre si mette le sue scarpe, un gesto affettuoso che però viene descritto come
qualcosa di sbagliato.

Lo stile è paratattico, immediato, rapido, incalzante e con un uso di proverbi e modi di dire. C’è
l’utilizzo del “che” polivalente. Il rapporto paterno è molto accentuato. Il racconto viene
pubblicato sulla rivista di Sorrentino e Franchetti che hanno iniziato un’inchiesta contro il lavoro
minorile al sud.

Malavoglia

Nel 1875 Verga inizia ad immaginare questo bozzetto e nel 1881 finisce di scriverlo. Il romanzo è
divisibile in tre sezioni:

1. Dal capitolo 1-5: introduzione dei personaggi ed elemento narrativo (affare dei Luperini).
Verga espone la famiglia dei Malavoglia, vivono in Sicilia ad Acitrezza e il loro vero nome è
Toscano ma tutti li chiamano Malavoglia. La dinastia inizia con Patron’ Ontoni, suo figlio è
Bastianazzo che si sposa con La Longa. I due hanno dei figli ‘Ntoni, Luca, Menia, Alessi, Lia.
La famiglia dei Malavoglia si occupa di pesca ma vogliono cambiare la loro condizione di
vita entrando a far parte del settore commerciale, ne “l’affare dei Luperini”. La famiglia
chiede un prestito a Zio Crocifisso per prendersi una barca di nome Provvidenza.
Bastianazzo inizia a commerciare ma durante il suo viaggio muore a causa di una tempesta,
che rompe anche l’imbarcazione. Attraverso la morte dell’uomo, Verga rappresenta l’ideale
dell’ostrica. Nel frattempo, ‘Ntoni è partito per militare (il romanzo è ambientato nella
guerra di indipendenza. Elemento verista)
2. Da capitolo 5-10 è la sezione delle disgrazie che avvengono alla famiglia Malavoglia, perché
la loro casa, Casa del Nespolo, viene ipotecata. Anche Luca va a combattere ma muore in
battaglia durante la terza guerra d’indipendenza. Alla Longa viene il colera (elemento
verista). ‘Ntoni torna dalla guerra e inizia a fare il contrabbandiere
3. Dai capitoli 10-15 è la sezione dedicata alla storia di ‘Ntoni. Lia inizia ad essere corteggiata
da un brigadiere e ‘Ntoni si arrabbia e a causa delle sue azioni finisce in carcere. Questo
causa una serie di ripercussioni che avvengono alla famiglia Malavoglia: Lia inizia a
prostituirsi a Napoli e Patron ‘Ntoni muore di infarto. Da qui in poi c’è uno sbalzo
temporale: Alessi è cresciuto, continua a fare il pescatore e riesce a riscattare la Casa del
Nespolo. Viene scarcerato ‘Ntoni da vecchio, lui ringrazia il fratello per la casa e parte per
un viaggio, rifiutando l’offerta di restare con suo fratello minore

In questo romanzo emerge che quando ci si allontana da Acitrezza si muore e succedono cose
atroci, è un posto povero ma sicuro, è sconvolta dal progresso, rifiuta il progresso per
principalmente quattro fattori:

1. Politico: unità d’Italia


2. Sociale: i figli vanno a fare il militare mentre gli anziani lavorano nei pescherecci

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3. Economico: con l’unità d’Italia c’è un cambio nella prospettiva economica ma i divari
economici tra nord e sud rimangono e si amplificano a causa dello sviluppo del capitalismo.
Al sud, infatti, c’era ancora il latifondismo, pertanto è molto arretrato rispetto al nord
4. Tecnologico: viene inventato il telegrafo e viene potenziato il sistema postale. Le
comunicazioni avvengono sempre più velocemente

Questo cambiamento è accolto in due modi differenti dalla società: c’è chi crede nell’ideale
dell’ostrica, come Patron ’toni che vede negativamente il progresso; e chi si ribella, chi vuole un
qualcosa di diverso come ‘Ntoni.

Verga ha un atteggiamento di denuncia verso la piemontesizzazzione del sud, nonostante l’autore


sia impersonale e mitizza i personaggi, esaltando le loro scelte. Anche se Verga descrive l’ideale
dell’ostrica non è detto che sia d’accordo con questo.

Il narratore è impersonale e i fatti vengono narrati attraverso il Coro di Voci. Nel terzo capitolo
sono presenti tre gruppi che portano avanti la storia: i notabili importanti (parlano sulla porta della
farmacia), i maschi poveri (che si ritrovano sulle scale e parlano dell'affare dei luperini) e le donne
(che mentre escono dalla chiesa esprimono la loro tristezza riguardo all'allontanamento dei loro
uomini). Le voci sono collettive e rispettivamente si parte dai più ricchi per arrivare ai più poveri.

La lingua utilizzata da Verga per Malavoglia è antimanzoniana: utilizza la lingua interna ad


Acitrezza ma allo stesso tempo vuole che tutti riescano a leggere il suo romanzo. Per questo
motivo, Verga usa il lessico fiorentino unito alla sintassi regionale. Mentre Camilleri fa l'opposto
(utilizza una sintassi italiana ma con i termini in siciliano).

Al tempo è duplice: circolare e lineare. Quello circolare e per lo scorrimento del tempo, delle
stagioni; mentre quello lineare è quello dei personaggi.

Anche lo spazio a duplice valenza: interno ed esterno. È interno lo spazio di Acitrezza che è
confortevole, luogo povero ma rassicurante (ad un tempo circolare corrisponde uno spazio
interno); quello esterno è quello che inquieta, quello che porta alla frammentazione della famiglia
(questo porta ad un tempo lineare).

Il critico russo Bachin, che parla di cronotopi, afferma che Acitrezza è un luogo in cui si incontrano
spazio e tempo. Dalla lettura del tempo circolare ricostruisco questo posto.

Alcuni critici avvicinano questo romanzo all'iliade per:

1. Costruzione a blocchi: ci sono capitoli fissi come i canti dell'iliade


2. l'utilizzo di epiteti (utilizzo di stessi aggettivi per descrivere sempre un personaggio) e di
modi di dire
3. andamento rapsodico, confusionario, non per forza lineare
4. elemento del mare da questo dipende la stagionalità degli eventi

Dei critici si sono interrogati se Malavoglia abbia un lieto fine:


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1. Luigi Russo sostiene che c’è un lieto fine in quanto Alessi ricostruisce la religione della casa,
riesce a ricostruire la famiglia, il nido
2. Giorgio Barbieri Squarotti: Sì e no. In quanto si è ricostruita la religione della famiglia ma c'è
la nostalgia di un passato che non si ricostruisce. La religione della famiglia e in un contesto
che non le appartiene più
3. Romano Luperini: non c’è lieto fine. In quanto il romanzo finisce con ‘Ntoni che se ne va e
non con Alessi che ricostruisce la famiglia

Nel 1948 Luchino Visconti mette in scena Malavoglia con “La Terra Trema” ma con delle differenze
rispetto al romanzo:

- Nel film c’è una voce narrante al contrario del romanzo di Verga
- Verga non si espone, non offre giudizi. In Visconti c’è una visione progressista e una
presa di coscienza verso il progresso
- In Malavoglia di Verga, ‘Ntoni è un vinto mentre in Visconti è visto come un eroe del
popolo che lotta contro la malattia di Acitrezza

La prefazione ai Malavoglia è come se fosse prefazione a tutto ciclo dei vinti. Riga 9 dice che il ciclo
dei vinti è in modo ascendente, dalle classi più povere a quelle più ricche. Chi è più umile di classe
sociale cerca di scalarla ma fallendo.

Mastro Don Giosualdo

Mastro Don Giosualdo è di famiglia popolare e vuole diventare un borghese, si sposa una
borghese. Si è arricchito ma tutti lo reputano come un parvenu, un povero che si atteggia da
borghese. Pertanto, anche Don Giosualdo è un vinto.

Novelle Rusticane

Seconda raccolta di novelle vetustà di Verga, 1882-1883. Sono 12 testi.

1. Sono di ambiente siciliano ma si incontrano personaggi meno poveri, legati a necessità


primarie. Ci sono piccoli contadini/bottegari. Condizione sociale leggermente migliorie
rispetto a quella della “Vita Dei Campi”.
2. Luigi Russo afferma che viene esplicitata la “religione della roba”. Tutti i personaggi
vogliono accumulare denaro, beni, vogliono arricchirsi. Personaggi voglio arricchirsi
economicamente ma ancora sono legati ad un sistema preindustriale, quindi, vogliono
anche accumulare oggetti. È un sistema a meta.
3. Impossibilità di cambiamento.

“Libertà”

Questa novella tiene insieme due cose:

- parla di un evento storico ufficiale


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- c’è un’attesa di giustizia ma che non arriva

“Libertà” parla della situazione del sud.

Tre tematiche:

- ribellione: parte iniziale è di forte ribellione, contadini si ribellano nei confronti dei padroni
(contraddistinti dal cappello che portano. I berretti invece è sono portati dai contadini).
Folla che si sta ribellando contro le istituzioni del paese. Lo stile che usa Verga è molto
forte, ribelle. I contadini hanno ucciso molti rappresentanti ma ora non sanno più come
organizzarsi. Non c’è elemento comunitario ma individualista, egoista.
- Inizia periodo di anarchia finché non arriva il generale Bixio. Che uccide tutti i contadini.
Repressione con sangue.
- Processo a Catania: i contadini che sono sopravvissuti sono stati condannati. (contadini non
sapevano cosa fare una volta uccisi i rappresentanti, non sapevano cosa stessero facendo).
Carbonaio si trova in galera senza nemmeno capire cosa stia succedendo. Ciò evidenzia
l’arretratezza dei contadini e del sud in generale.

La ribellione Verga la riprende da Manzoni (quando Renzo si ribella per il pane). Il gregge che
sembrano dei lupi l’ha utilizzata anche Manzoni nei Promessi Sposi.

Verga era tra quelli che sarebbero stati uccisi a Bronte. Verga ha paura delle riforme socialiste
perché possedeva delle terre. Ambiguità tra la bandiera garibaldina e quella socialista. A verga
piaceva Bixio perché uccide per fare ordine, è visto in modo positivo nella novella.

Camilleri ha scritto un romanzo rifacendosi a Verga, scrivendo di un contadino che si è ribellato al


potere e ha preso la città per pochi giorni, istaurando un governo repubblicano. Il passaggio della
ribellione è molto simile a “Libertà” di Verga. Lo stile di Camilleri è italiano misto a siciliano
(sintassi italiana ma con termini siciliani).

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Sibilla Aleramo e Grazia Deledda
Due autrici di metà 1800 che i critici non sanno dove inserire, perché sono a metà tra il verismo e il
decadentismo perché è un momento fondamentale per le donne: questo passaggio dal rurale al
moderno fa sì che anche le donne potessero riscattarsi. Con l’industrializzazione e la nuova società
anche le donne diventano operaie e non solo contadine, molte donne diventano telegrafiste e
soprattutto le donne borghesi diventano maestre. Le donne rivendicano alcuni diritti, iniziano ad
esserci le suffragette.

Carolina Invernizio è una donna che porta in Italia la letteratura rosa che servivano a confermare la
condizione sociale delle donne: subordinate agli uomini.

Le due scrittrici del vero sono Sibilla Aleramo e Grazia Deledda.

Sibilla Aleramo nasce nel 1876 e muore nel 1960. Potrebbe essere considerata come pre-
femminista. È di Alessandria ma si trasferisce nelle Marche perché suo padre era stato chiamato a
dirigere un’azienda. Qui studia ma vuole aiutare il padre nella fabbrica come operaia. Qui si
innamora di un ragazzo e subisce una violenza sessuale da parte sua, rimane incinta dell’uomo e
quindi si sposa a 17 anni. Abbandona suo figlio e suo marito nel 1902 e va a Roma. Qui inizia una
relazione con lo scrittore Giovanni Cena e collabora con delle riviste di stampo femminista e
socialista. Lei si impegna per la costruzione di asili, conosce anche la Montessori, di nuove scuole
nelle periferie, si occupa dei problemi e diritti delle donne. Sibilla Aleramo in seguito si innamora
con il poeta Dino Campana e i due avranno una storia particolare, forte e difficile: l’uomo era
spesso nei manicomi. Alle soglie del fascismo Sibilla Aleramo firma il manifesto degli intellettuali
antifascista formato da Benedetto Croce. Durante il fascismo la cultura avrà una grandissima
centralità: Mussolini viene affiancata dalla sua amante, Margherita Sarfatti, esperta in storia
dell’arte che influenzerà la cultura italiana. Sibilla Aleramo si iscriverà al manifesto fasciata
affascinata dalla donna. Dopo la guerra Sibilla Aleramo è molto vecchia e aderisce al partito
comunista.

Scrive il romanzo “Una Donna” nel 1906. Non è proprio un romanzo ma un” autofiction”.
Un’autobiografia che ha una forte carica letteraria in cui emerge che Sibilla Aleramo non vuole
essere calata in un ruolo che non le appartiene, lei vuole essere Sibilla Aleramo non una madre. Lo
stupro è centrale in questo romanzo.

Sibilla Aleramo parte scrivendo della famiglia, lei è innamorata del padre: carismatico; sua madre
invece ha sempre sofferto di una grande depressione e Sibilla Aleramo non si ritrova in questa
figura. Lei mitizza il padre e non comprende sua madre; finché non si rende conto che il padre è
sempre più assente perché scopre che il padre tradisce sua madre. Pertanto, Sibilla Aleramo
rivaluta la figura di sua madre e si avvicina a questo ragazzo.

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(Estratto pag 625-626): emerge come il padre era un uomo progressista, visionario perché
sosteneva che il matrimonio era un’istituzione sbagliata e spingeva per il lavoro libero. È un uomo
alla avanguardia. La madre assisteva a questi dibattiti passivamente, era chiusa, ha tentato più
volte il suicidio. In seguito, dice di essere guardata da tutti gli uomini, anche di varia età, su una
spiaggia: Sibilla Aleramo è diventata una donna. Descrive poi il flirt con suo compagno di ufficio
che si approfitta della psicologia di Sibilla Aleramo, affranta dalla scoperta del tradimento di suo
padre nei confronti di sua madre. Sibilla Aleramo descrive poi il suo stupro come un climax, lei
inizialmente è infastidita dalle avance dell’uomo; lui la aggredisce ma poi si accorge di quello che
ha fatto e le chiede scusa. L’elemento dello stupro è centrale.

Il suo stile è scarno, semplice, narra i fatti della sua vita in maniera distaccata, come se fosse solo
un modo per fotografarla, per questo si avvicina al verismo di Verga. Anche se comunque ci sono
degli interventi morali e pensieri della donna ma quello che narra è distante.

Grazia Deledda nasce nel 1871 a Nuoro, Sardegna. La sua famiglia è benestante, avevano terre e
un buon reddito. Lei era una brava studentessa, fa i primi quattro anni delle elementari e chiede di
continuare gli studi. Suo padre non la manda in quinta superiore ma le fa rifare la quarta per
mostrare a tutti il suo potere economico. Lei inizia a scrivere racconti e li manda a tutti i giornali
della Sardegna. I suoi racconti erano incentrati sulla scapigliatura. Continua a mandare in giro i
suoi racconti fin quando uno di questi viene scelto per essere pubblicato. La sua famiglia non è
contenta di questo quindi Grazia Deledda deve scegliere cosa fare. Francesca Cambosu vuole che
sua figlia si sposi perché lei è stata costretta a sposarsi. Deledda decide di sposarsi ma a condizione
di scegliere il marito. Inizia a frequentare salotti di Cagliari e conosce Palmiro Madesani, ingegnere
lombardo, suo futuro marito. Così Grazia abbandona la sua terra e vanno a Roma. Qui inizia la
carriera letteraria di Grazia Deledda, scrivendo romanzi e racconti. Pirandello inizia una campagna
d’odio verso Grazia Deledda perché suo marito abbandona il suo lavoro per fare l’agente letterario
di sua moglie. Pirandello odia questo e per questo pubblica “Suo Marito” in cui schernisce Grazia
Deledda e suo marito. Nel 1926 vince un Nobel per la letteratura, negli anni successivi ostacola
Pirandello per la vittoria del Nobel.

Grazia Deledda scrive nel 1913 “Canne al Vento”. Parla del sistema femminile nella sua famiglia.
Descrive una casa con quattro sorelle, una di queste non vuole vivere in questo paesino quindi Lia
grazie al servo Efix parte e se ne va in Italia. Lia è come se fosse Grazia Deledda. Nella fuga il padre
di Lia scopre che sta scappando e Efix lo uccide all’insaputa di tutti. Pertanto, le tre sorelle vivono
sottomesse ad una figura che non esiste più, vivono in un mondo arcaico. Lia intanto ha partorito
ed è morta. Giacinto, il figlio di Lia, torna a casa delle zie e sarà la causa di rottura delle tre sorelle
perché discutono sul fatto che è figlio della sorella che è scappata. Il ritorno di Giacinto riaccende il
senso di colpa in Efix che parte via mare e poi torna avendo eliminato il suo senso di colpa.

Grazia Deledda in questo romanzo ci sono due tematiche innovative:

- Lia fugge e nella idea della autrice riesce a scappare dal patriarcato
- Efix che uccide il padrone, il servo che uccide il padrone

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Noi lo avviciniamo al verismo perché ha portato il metodo di Verga in Sardegna. Il suo verismo
però è magico. Perché alla realtà vengono aggiunti elementi ancestrali tipici del folclore sardo. Alla
realtà dei fatti, verista, Deledda inserisce elementi di leggende, miti, spiritualità antica sarde.

(pag 300 estratto linea 38): Efix coltiva il potere della famiglia perché le tre anziane non possono
coltivare i campi. Come credevano all’epoca i sardi nella notte arrivavano i folletti, i fantasmi degli
antichi baroni, donne morte per il parto. Qui emerge il verismo magico.

Deledda ha ispirato Michela Murgia (scrittrice di oggi), femminista e scrittrice di “Acabbadora”


ambientato nella Sardegna del 1900. Si ritrova il folclore ancestrale tipico di Deledda. La donna
afferma che “Canne al Vento” è l’unico romanzo dark italiano, gotico, per gli elementi sardi.

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