Sei sulla pagina 1di 6

Giovanni Verga

Vita

Opere

Romanzi preveristi:

- “Una peccatrice”, il protagonista è un giovane intellettuale che si suicida a causa di un amore non
corrisposto:
- “Storia di una capinera”, racconta di una giovane ragazza che viene costretta dalla famiglia a
diventare una suora di clausura la quale muore a causa dell’amore poiché si era innamorata di
Nino, promesso sposo della sorella. Il titolo richiama una specie di uccello con la testa nera che
richiama il velo delle suore; inoltre l’intera pera è un’analogia tra un uccello in gabbia che viene
privato della sua libertà e la protagonista che subisce lo stesso.

Romanzi del periodo milanese: sono romanzi che risentono dell’influenza della scapigliatura;
l’ambientazione è borghese e i temi riguardano principalmente amori passionali. I principali sono:

- “Eva”, il protagonista è un pittore che brucerà i propri ideali a causa dell’amore per una ballerina
che rappresenta la società corrotta e materialistica del tempo;
- “Eros”, parla di un giovane aristocratico corrotto dall’ambiente sociale;
- “Tigre reale”, racconta di un giovane vittima dell’amore di una femme fatale.

La svolta verso il verismo si ha con l’opera “Rosso Malpelo”, una novella che fa parte della raccolta di otto
novelle intitolata “Vita dei campi”. In quest’opera è presente l’artificio artistico della regressione del
narratore, gli ambienti urbani e borghesi vengono sostituiti dalla Sicilia arcaica e rurale mentre i
protagonisti inquieti e tormentati cedono il posto a coloro che Verga individua come vinti della società e
della storia.

Il momento di passaggio si ha con la novella “Nedda”, la cui protagonista è una bracciante che raccoglie le
olive ed è destinata a perdere sia la figlia che l’amato; sono usati toni patetici e melodrammatici.
Il percorso di Verga è graduale fino ad arrivare al verismo.

Importante è la prefazione dei “Malavoglia” con la conquista del metodo verista basato su impersonalità e
visione materialistica della realtà; Verga non ha intenzione di abbandonare le classi alte, ma preferisce
partire da quelle più basse poiché sono caratterizzate da dinamiche più semplici.

La poetica di Verga

- Tecnica dell’impersonalità: il poeta ritiene che il racconto debba essere reale e ben documentato
ma è importante il modo in cui si racconta: il lettore deve essere posto davanti ai fatti senza il
narratore come intermediario. La storia non deve essere filtrata dallo scrittore che deve quindi
eclissarsi: l’opera deve sembrare che si sia fatta da sé e deve essere spontanea.
- Ambienti e personaggi: Verga li presenta in maniera indiretta; questo può generare confusione nel
lettore che imparerà a conoscere i personaggi attraverso i loro gesti e le loro parole, solo così si
potrà creare l’illusione completa della realtà. Molto importante è anche la scomparsa del narratore
onnisciente.
- Linguaggio: è essenziale, povero e spoglio; abbiamo una sintassi lineare e una struttura dialettale
anche se non sono presenti termini in dialetto e, nel momento in cui ci sono, li troviamo riportati in
corsivo.
Per comprendere i principi della poetica di Verga basta leggere le sue lettere o la prefazione del racconto
“L’amante di Gravigna”:

- “eccoti non un racconto ma l’abbozzo di un racconto”. Dal termine abbozzo possiamo capire come i
racconti di Verga siano essenziali, nudi e schietti.
- “Ti troverai faccia a faccia con il fatto nudo e schietto”: chiaro riferimento all’eclissazione dello
scrittore (impersonalità), che troviamo anche nella citazione “Ti dirò solo l’inizio e la fine”
- “la mano dell’artista resterà invisibile”: sparisce il narratore onnisciente e abbiamo il rifiuto della
drammaticità e del romanzesco.

È molto importante la lettera a Capuana del 25/02/1881 in cui Verga ci descrive cosa proverà il lettore per
l’eclissazione del narratore. Il lettore proverà un senso di confusione perché vengono presentati in maniera
diretta senza descrizioni iniziali. Qui Verga vuole evitare ogni artificio letterario.

Nella lettera a Camerani del 19/01/1881, il poeta dice che i personaggi “vengono capiti dalle loro parole e
dai loro atti”, anche da gesti insignificanti come soffiarsi il naso.

Nella lettera a Torraca, Verga ci parla del fatto che l’autore debba scomparire e mettersi quindi nei panni
dei suoi personaggi. Questo stesso concetto è espresso nella lettera del 14/07/1899

Ideologia

Verga ha un’ideologia pessimistica: per il poeta la legge di naura che persiste su tutta l’umanità è quella di
una continua lotta per la vita in cui il più debole soccombe. La realtà è caratterizzata da:

- Ricerca dell’utile;
- Interesse economico;
- Volontà di sopraffazione;
- Egoismo

Secondo Verga questa legge di natura è universale e immodificabile; per i ceti più bassi e per gli umili non
esiste inoltre, alcuna possibilità di riscatto (fatalismo) poiché più si prova a fuggire al proprio destino, più si
va verso la rovina (ideale dell’ostrica).

L’autore ci dice che là dove la fortuna cimette, bisogna restare e, se proviamo a migliorare la nostra
condizione questa non farà altro che peggiorare quindi bisogna rimanere ancorati agli arcaici valori
familiari. Egli si scaglia contro le idee progressiste del tempo che definisce “fantasie infantili” e “inganni
interessati”; vede il progresso come una marea destinata a travolgere gli indifesi.

Per Verga non c’è spazio per alcuna consolazione religiosa, ha una concezione atea e materialistica della
realtà. L’autore ci spiega che egli non interviene nella sua opera perché, se è impossibile modificare la legge
di natura che si abbatte sulla realtà, allora è inutile intervenire nei racconti dato che né la letteratura, né il
narratore saranno in grado di cambiare la storia.

Verga non ci presenta nessun mito della campagna di cui ci parla, anzi, i luoghi che ci descrive sono regolati
dalle stesse dinamiche del mondo moderno.

Confronto con Zola

- TECNICA NARRATIVA: Zola commenta l’oggetto dall’alto e dall’esterno, Verga si cala nell’oggetto e
si cala nei suoi personaggi;
- FINE: per Zola la letteratura ha lo scopo di migliorare la realtà, per Verga non può modificarla;
- IDEOLOGIA: Zolà ci parla di una società governata da leggi, Verga ha una visione fatalista della
società
VITA DEI CAMPI

È una raccolta di otto novelle in cui è sempre presente la tecnica dell’impersonalità. L’ambiente descritto è
il mondo contadino della Sicilia postunitaria, Verga ci presenta una società arcaica e sottolinea lo stato di
emarginazione dei personaggi.

Ci vengono presentate diverse piaghe sociali, come ad esempio in Rosso Malpelo in cui troviamo l’esempio
dello sfruttamento minorile. In Vita dei campi, troviamo diversi elementi romantici, basta pensare al fatto
che il mondo contadino viene presentato come un paradiso perduto, e inoltre persiste il conflitto tra il
protagonista “diverso” e la società che tende ad emarginarlo.

Questi racconti vengono pubblicati su varie riviste tra il 1879 e il 1880 per poi essere raccolti nel 1880 nel
volume “vita dei campi”, e sono:

- Cavalleria rusticana;
- La Lupa;
- Jeu il pastore;
- Fantasticheria;
- L’amante di Gravigna;
- Guerra di santi;
- Pentolaccia

IL CICLO DEI VINTI

Mentre scriveva le novelle, Verga concepisce anche il disegno di un ciclo di romanzi, “Il ciclo dei vinti”. Il
primo accenno a questo disegno è una lettera del 1818 all’amico Paolo Verdura in cui l’autore annuncia di
avere in mente “una fantasmagoria della lotta per la vita, che si estende dal cenciaiolo al ministro e
all’artista”. Verga non pone al centro del suo ciclo l’intento scientifico di seguire gli effetti dell’ereditarietà,
ma esclusivamente la volontà di tracciare un quadro sociale parlando di tutte le classi sociali.

Importante è il principio della lotta per la sopravvivenza, che lo scrittore ricava dalle teorie di Darwin
sull’evoluzione delle specie animali e le applica alla società umana: tutta la società è dominata da conflitti di
interesse e il più forte trionfa mentre il più debole soccombe. L’autore però non intende soffermarsi sui
“vincitori” e sceglie come oggetti della sua narrazione i “vinti”

Trama

Ne i Malavoglia Verga racconta le vicende della famiglia Malavoglia, il cui capostipite è padre ‘Ntoni, il quale
è considerato come membro più saggio della famiglia; si tratta di una famiglia di umili pescatori siciliani, le
cui vicende si svolgono nel paesino siciliano di Acitrezza. I personaggi rappresentati sono persone semplici e
vengono ripercorse le loro vicende personali.

“I Malavoglia” è il primo romanzo del ciclo dei vinti e racconta la storia di una famiglia di pescatori siciliani.
Il capofamiglia è padron ‘Ntoni, abbiamo poi il figlio Bastianazzo, dal cui matrimonio con “La Longa”,
Maruzza, nascono cinque figli, ‘Ntoni, Luca, Mena, Alessi e Lia. Posseggono una casa e una barca, “la
Provvidenza”. L’equilibrio familiare viene spezzato quando il giovane ‘Ntoni, figlio di Bastianazzo, deve
partire per il servizio militare. Venendo a mancare un bracciante, la famiglia deve pagare un lavoratore, si
aggiunge una cattiva annata per la pesca, la figlia maggiore Mena ha bisogno di una dote per sposarsi, così
Padron ‘Ntoni decide di inserirsi in una vendita di lupini, la barca naufraga e Bastianazzo muore come anche
Luca e Maruzza, la provvidenza dopo esser stata riparata naufraga nuovamente, Mena non può sposare
Alfio non avendo una dote, Padron’Ntoni muore, Alessi riesce a riscattare la casa continuando il mestiere
del nonno, poiché prima venne pignorata, e ‘Ntoni va via per sempre.
Analisi

I Malavoglia rappresentano un mondo rurale arcaico, ma non del tutto immobile, poiché la storia penetra
nel sistema arcaico rompendone gli equilibri. La storia ha inizio qualche anno dopo l’unità d’Italia, in cui vi è
la lega militare obbligatoria, sottraendo braccia lavoro alle famiglie. Inoltre la modernità porta
trasformazioni alla famiglia in quanto le difficoltà economiche incalzano Padron ‘Ntoni a divenire
negoziante, e non più pescatore e, fallendo porta una declassazione della famiglia che diventa nullatenente.
Nel romanzo c’è un conflitto tra modernità e tradizione; la modernità è incarnata dal giovane ‘Ntoni che si
allontana dalla famiglia conoscendo la metropoli, Napoli; la tradizione è incarnata da Padron ‘Ntoni,
attaccato ai valori tradizionali. Alessi riesce a riottenere la casa, ricomponendo il nucleo familiare, ma solo
parzialmente poiché molti sono morti; inoltre il romanzo si apre e chiude con la partenza del giovane ‘Ntoni
che si allontana verso il progresso. I Malavogloa spesso vengono interpretati come celebrazione di un
mondo di valori, ma in realtà rappresentano la disgregazione di quel mondo e l’impossibilità dei suoi valori,
per questo presentano una visione anti-idilliaca. La costruzione del romanzo è bipolare, la un lato troviamo
il punto di vista dei Malavoglia, fedeli ai valori, dall’altro quello del paese, pettegolo è ottuso. Il punto di
vista del paese ha il compito di straniare i valori ideali proposti dalla famiglia, che appaiono strani e
deformati.

Il romanzo dei Malavoglia è incentrato su due tipi di natura, per cui ha una costruzione bipolare: la natura
umana che è uno spazio esterno negativo; difatti fuori dalla cerchia parentale si delinea un microcosmo
acitrezzano caratterizzato dalle malelingue degli abitanti: gente invidiosa, pettegola e cattiva, avvelenata
dai principi del materialismo. Poi vi è la natura geografica che al contrario è uno spazio interno positivo; i
due spazi fondamentali sono la casa del nespolo e la barca dei Malavoglia: la prima è uno spazio protettivo
che racchiude tutti quei sentimenti più intimi ed è il simbolo dell’unità familiare; lo stesso significato può
essere attribuito alla seconda in quanto rappresenta come un’estensione in mare della casa del nespolo.

Per quanto concerne il mare però vi è un contrasto tra positività e negatività perché il mare vicino ala costa
è positivo in quanto fonte di sostentamento primaria della famiglia mentre quello lontano è negativo in
quanto visto come bestia famelica che inghiotte la piccola barca dei pescatori portando morte e
disperazione; inoltre simboleggia l’onda del progresso che travolge hi è incapace di cavalcarla.

I temi principali di questo romanzo sono la nostalgia e il rimpianto per un passato che non può più essere
recuperato; si parla di padron ‘Ntoni, che muore solo dopo aver saputo che la casa del nespolo era stata
recuperata. Dal rigo 55 si fa riferimento al giovane ‘Ntoni che decide di andarsene per sempre da Acitrezza
dopo aver conosciuto la modernità di Napoli; egli è un vinto, che ha provato a riscattarsi dalla sua posizione
di umile ma ha solo peggiorato le sue condizioni perdendo inoltre, tutto ciò che lo legava alla famiglia.

LE NOVELLE RUSTICANE

Le Novelle rusticane sono 12 dei componimenti del 1893 in cui vengono descritti personaggi e ambienti
siciliani, ma a differenza di “Vita dei campi”, sono rappresentati anche esponenti dei ceti più elevati. I temi
principali sono la roba e il profitto (“La roba”), le tensioni sociali e i conflitti politici legati al processo di
unificazione (“cos’è il re”).

Nelle novelle il pessimismo di Verga è più cupo, egli ci fa vedere come sull’agire umano influisca solo
l’interesse economico.
PER LE VIE

“Per le vie” è un’altra raccolta di novelle in cui Verga ci mostra la miseria della città, infatti sono ambientate
in ambienti milanesi e come protagonisti si trovano principalmente i proletari. I temi sono la solitudine e
l’interesse economico.

LA ROBA

Trama

Mazzarò è un giovane ragazzo che vive nella povertà e che per poter permettersi qualcosa lavora per un
ricco barone. Grazie alla sua intelligenza e astuzia riesce a impossessarsi di tutte le ricchezze e i
possedimenti del suo padrone.

In questo modo Mazzarò si trova ad essere molto ricco, ma nel contempo in lui sorge un nuovo sentimento:
l’avarizia. Il suo unico obiettivo non è tanto quello di conservare il suo denaro ma è quello di avere sempre
più terre, tanto da superare i possedimenti degli altri baroni e raggiungere in quantità quelli del re.

Diventato grande e malato, inizia a pensare che non potrà portare con sé nessuna delle cose che è riuscito
a possedere nella sua vita. Nella scena conclusiva Mazzarò insegue disperatamente i suoi animali, con
l’intenzione di ucciderli e nel mentre grida la celebre frase: “Roba mia, vienitene con me!”

Analisi

Nella prima parte dell’opera la narrazione ci viene presentata dal punto di vista di un viandante e di un
lettighiere che ci fanno vedere con toni quasi fiabeschi l’enorme estensione dei possedimenti terrieri del
protagonista (r. 11-23). Nella seconda parte (r. 31-134) si fa riferimento alle tappe che hanno segnato
l’ascesa sociale di Mazzarò che da contadino riesce a diventare proprietario terriero; Verga ci parla dei suoi
sacrifici e delle sue rinunce. La vicenda è narrata dal punto di vista del protagonista stesso e per riportare le
sue riflessioni e i suoi ricordi l’autore utilizza il discorso indiretto libero (r. 52). Dalla frase che leggiamo al
rigo 712 capiamo che Mazzarò disprezza il denaro e la vera ricchezza per lui è rappresentata dalla terra e
dai prodotti che essa offre.

Mazzarò sviluppa come un’ossessione per la roba, a tal punto da non riuscire a godersela e a trarne
giovamento (r.80); tutta la sua esistenza è caratterizzata da questa ossessione che lo farà rimanere solo e
senza affetti. Nonostante la sua scalata sociale, il barone e il resto della società continuano a dargli del “tu”
poiché continuano a considerarlo come un contadino (r.116).

In vecchiaia il protagonista comincia a pensare alla sua morte ed è in apprensione perché non sa cosa fare
con la sua roba non avendo alcun erede e, nell’ultima parte del racconto arriva quasi ad invidiare chi non ha
nulla. Alla fine, avendo consapevolezza del fatto che deve morire e non può lasciare i suoi averi a nessuno,
Mazzarò inizia a distruggere tutto e ad uccidere il proprio bestiame poiché la sua roba deve finire con lui.

Verga ci vuole presentare una critica alla religione della roba; i temi principali sono:

- L’abbandono dell’idealizzazione del mondo rurale;


- Lo “straniamento rovesciato” nel senso che l’avidità appare come un sentimento normale

MASTRO DON GESUALDO

Nel 1889 esce il secondo romanzo del ciclo dei vinti, “Mastro Don Gesualdo”

Trama

Il romanzo è ambientato a Vizzini e narra la storia di Gesualdo Motta che da semplice muratore, ricavata
una grossa fortuna, riesce a scalare le classi sociali e a diventare un Don. La sua ascesa sociale dovrebbe
essere coronata con il matrimonio con Bianca Trao, discendente di una famiglia nobile in rovina. Per questo
matrimonio di interesse, Gesualdo rinuncia Diodata. Il matrimonio, però, gli si ritorce contro in quanto la
moglie lo evita e lo disprezza; questo disprezzo è testimoniato dal fatto che Gesualdo viene menzionato con
la formula “Mastro-Don”: “mastro” per indicare le sue umili origini e “don” poiché è diventato un nobile.
Nasce poi Isabella che è il frutto di una relazione di Bianca con il cugino. Anche lei lo respinge,
vergognandosi delle sue origini. Isabella si innamora di un cugino povero, ma Gesualdo la concede in sposa
al duca del Cegra. Quando si ammala viene preso dal genero e portato nella sua residenza a Palermo dove
muore in solitudine.

Impianto narrativo

Nel nuovo romanzo il livello sociale di questo mondo, si è elevato rispetto ai Malavoglia e alle novelle: non
si tratta più di un ambiente popolare ma di un ambiente borghese. Anche il livello del narratore si innalza in
quanto riprende i suoi diritti, ha uno sguardo critico, un sarcasmo corrosivo nel ritrarre ambienti e figure.
Ciò non vuol dire che Verga ripristina il narratore onnisciente del primo Ottocento; non abbiamo più il
romanzo corale, ma abbiamo un solo protagonista. Il punto di vista di Verga si identifica con quello del
protagonista e viene utilizzato il discorso diretto libero, mediante il cui vengono riportati i pensieri del
protagonista.

L’interiorizzarsi del conflitto valori-economicità

Scompare la bipolarità tra personaggi depositari dei valori e rappresentanti della legge della lotta per la
vita. Il conflitto tra i due poli passa all’interno di un unico personaggio, Gesualdo. Pur dedicando tutta la sua
vita alla conquista della “roba”, Gesualdo conserva in sé un bisogno di relazioni umane autentiche: ha il
culto della famiglia, rispetta il padre e aiuta i fratelli, ma non arriva mai a praticare fino in fondo i valori, non
è mai veramente un personaggio “malavoglioso”. La “roba” è il fine primario della sua esistenza. A negare i
valori è il personaggio stesso che dovrebbe esserne il portatore. Nell’opera il pessimismo di Verga diventa
assoluto. Gesualdo è un eroe della modernità poiché:

- È un vincitore dal punto di vista morale;

- È un vinto dal punto di vista umano

L’ULTIMO VERGA

Dopo “Mastro-Don Gesualdo”, Verga lavora al terzo romanzo del ciclo che è “la duchessa de Leyra”, ma il
lavoro non sarà mai portato a compimento. Lavora per il teatro e fa rappresentare “Dal tuo al mio”,
dramma incentrato su uno sciopero di solfatari e sulla figura di un operaio che, sposata la figlia del
padrone, tradisce i suoi compagni per i suoi interessi.

Potrebbero piacerti anche