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Giovanni Verga:

Giovanni Verga nacque a Catania il 2 settembre 1840. Trascorse la sua giovinezza nella sua città
natale. Conobbe Antonino Abate che gli ispirò un forte patriottismo e il gusto per la narrativa
francese. Si iscrisse alla facoltà di legge ma ben presto interruppe i suoi studi per seguire lo
svolgimento di alcuni eventi storici. Nel 1865 decise di recarsi a Firenze. Trovò questa città molto
interessante e stimolante dal punto di vista intellettuale. Qui conobbe Luigi Capuana con il quale
fu in stretti rapporti per tutta la vita. Nel 1869 abbandonò definitivamente la Sicilia e si trasferì a
Milano dove conobbe i fratelli Boito. In seguito al 1878 si dedicò alla composizione di un progetto
di un ciclo narrativo composto di cinque romanzi(il ciclo dei vinti). Questo progetto desiderava
illustrare la lotta per la vita all’interno delle classi sociali. Nel 1893 tornò a vivere a Catania ma
iniziò per lui un periodo di profonda crisi creativa. In questi anni non riuscì a terminare il ciclo dei
vinti. Riuscì a pubblicare solo i drammi teatrali La lupa e la novella Vita dei campi. Alla vigilia della
prima guerra mondiale si schierò su posizioni interventiste. Morì a Catania nel 1922.

La lingua

La lingua di Verga è una lingua originale, antiletteraria e vicina al parlato, una vera rivoluzione
linguistica. L'attenzione al mondo degli umili e ai loro valori, tramite la tecnica della regressione,
avviene anche attraverso l'utilizzo della lingua del popolo, piena di termini dialettali: l'autore si
abbassa al loro livello, si fa uno di loro e parla come loro. La descrizione sembra veramente
raccontata da uno dei personaggi e Verga, per rendere tutto più credibile, utilizza il “discorso
indiretto libero”, cioè una sorta di imitazione della lingua parlata. Attraverso l'utilizzo di una
struttura linguistica popolare, si dà l'impressione che “l'opera si sia fatta da sé” e che sia vera,
come scriveva lo stesso Verga. Moltissimi storici della letteratura hanno puntato l’attenzione sulle
differenza tra la lingua di Manzoni e quella di Verga: Manzoni innalza i personaggi al suo livello e
persino Renzo e Lucia, personaggi umili, parlano in modo “colto”. Invece Verga, con la tecnica
della regressione, si abbassa al livello dei personaggi e parla come loro.

PERCHÉ VERGA È UN CLASSICO?

1. Perché, pur essendo scrittore “regionale” quanto al mondo rappresentato, è stato autore di
respiro europeo per consapevolezza letteraria e lucidità di visione, più coerente e geniale degli
stessi maestri del Naturalismo francese nell’applicare il canone realista dell’“impersonalità”.
2. Perché ha saputo ricondurre il mito positivista del progresso all’antica idea di hybris,
coniugando l’epica dello sviluppo alla visione tragica del teatro greco.
3. Perché ha saputo interpretare meglio di altri il passaggio traumatico dal mondo arcaico e
immutabile delle passioni primitive a quello moderno della ragione calcolatrice e dei grandi
mutamenti sociali.
4. Perché nelle sue opere ha saputo compiutamente raffigurare la “religione della famiglia” e la
“religione della roba” come principi ispiratori dell’agire umano.
Pensiero

Negli ultimi decenni dell’Ottocento la cultura italiana era dominata dalla figura di Gabriele
D’Annunzio, che parlava di un'Italia vittoriosa, forte e aggressiva. Tutto ciò che non rientrava in
questo “moda” culturale, veniva emarginato e Verga, che parlava dei “vinti” e degli umili, non
ebbe successo. Dopo la Prima guerra mondiale, invece, in un'Italia distrutta, Verga divenne un
grande maestro di cultura e di prosa. La produzione letteraria verghiana può essere divisa in due
parti: le opere preveriste e le opere veriste. I romanzi precedenti al verismo erano di tipo
tardoromantico, cioè romanzi strappalacrime che parlavano della patria e di amori impossibili. La
svolta si ebbe con Nedda, una novella che ancora non era verista perché risentiva dei temi
tardoromantici, ma che rappresentò una rivoluzione. Nedda non era una novella verista perché
non era stata scritta seguendo il criterio dell'impersonalità – il narratore interviene ancora a
commentare le vicende narrate – ma siamo nella direzione giusta. Nel 1877 uscì un nuovo
romanzo di Zola, l'Assommoir, (recensito da Capuana) che fece cambiare completamente il modo
di scrivere di Verga. Come dice lui stesso, Verga rinuncia “alla lente dello scrittore”, per far parlare
i fatti, in modo che l’autore risulti invisibile; sostiene di non aver inventato le sue storie, ma di
averle raccolte per strada, una sorta di “documento umano”. Attraverso questa tecnica, chiamata
dello “Straniamento”, Verga descrive le persone più umili senza essere patetico e senza
compatirle. L’influenza di Zola è anche evidente nella scelta di voler scrivere un “ciclo” di romanzi,
come aveva ideato lo scrittore francese.

Per Verga la società è immobile ed è governata sempre dalle leggi primitive; l’industrializzazione
non solo non era riuscita a scalfire l’egoismo, la legge del più forte e la lotta per la sopravvivenza,
ma li aveva addirittura aumentati. Il progresso aveva rotto gli equilibri esistenti nella civiltà
contadina e aveva introdotto un solo valore: il denaro. Secondo Verga, infatti, il cambiamento
porta alla sconfitta. Per questo motivo, nelle sue opere Verga descrive un mondo quasi
animalesco, un mondo retto dall'istinto e dalla sopraffazione. All'interno di questa lotta, l'unica
ancora di salvezza – almeno nella prima parte della produzione – è la famiglia. Quando l'uomo si
allontana dalla famiglia e ne tradisce i valori, fa la fine dell'ostrica che si separa dallo scoglio, cioè
muore. A questo proposito gli storici della letteratura hanno parlato di “Ideale dell’ostrica”.
Qualche critico socialista ha esaltato la figura di Ntoni, perché si è ribellato a questa visione
immobile; anche se la sua ribellione è andata male, almeno ha tentato. Per resistere al progresso e
per non essere divorati, gli umili devono attaccarsi ai suoi valori e non tradirli. La famiglia, l’ostrica
– intesa come ancora di salvezza – esiste nei Malavoglia, ma non in Mastro Don Gesualdo, nel
quale la famiglia diventa un luogo di ipocrisia e inganno. Un altro tema molto frequente in Verga è
il tema della “Roba”, cioè l'accumulo irrazionale, quasi fine a sé stesso, delle ricchezze, che non
garantisce una vita migliore e non salva dalla sconfitta, come è avvenuto a Mastro Don Gesualdo.
Dopo il trasferimento al nord, la sua delusione post-risorgimentale è aumentata. Prima dell’Unità
d’Italia Verga era favorevole all’unificazione, perché credeva che i mali della Sicilia fossero
provocati da Napoli. Dopo l’Unità d’Italia, invece, Verga capì che la situazione non solo non era
migliorata ma era addirittura peggiorata. Di questa delusione ci sono tracce in tutti i romanzi di
Verga, primo fra tutti i Malavoglia; i loro guai, infatti, cominciano quando ‘Ntoni va a fare il servizio
militare obbligatorio, servizio militare introdotto proprio dai Savoja.

Le opere:

Le prime opere narrative hanno come temi argomenti storici e patriottici. Il tema predominante di
alcune produzioni è quello sentimentale. Tra queste opere ricordiamo Storia di una Capinera. E’ la
storia di Maria, una giovane donna costretta a farsi monaca. A causa di un’epidemia di colera,
Maria lascia per un po’ il convento per trasferirsi con la sua famiglia in campagna. Qui si innamora
di Nino, promesso sposo della sorellastra. Quando la matrigna si accorge di questo sentimento la
obbliga a tornare in convento. Maria segregata in cella si spegne lentamente. Verga propone un
racconto verosimile, senza l’intento di denunciare la piaga della monacazione. Egli voleva piuttosto
mostrare il dramma di un amore impossibile.

Vita dei campi

E’ una raccolta di otto novelle (nell’ordine: Fantasticheria, Jeli il pastore, Rosso Malpelo, Cavalleria
rusticana, La lupa, L’amante di Gramigna, Guerra di santi, Pentolaccia) di Giovanni Verga
pubblicata dall’editore milanese Treves nel 1880. Oltre a contenere una delle novelle più note
dell’auotre siciliano, è considerata un anello di congiunzione fondamentale tra le prime opere
verghiane (come Storia di una capinera, Eva o Nedda) e il ciclo romanzesco dei “vinti”, aperto da I
Malavoglia nel 1881.

La novella Nedda è riconducibile all’influenza del naturalismo francese. In questa novella per la
prima volta viene descritta la Sicilia povera ed arretrata. Nonostante la scelta di personaggi reali ed
umili , Verga è molto lontano dalla narrazione verista caratterizzata dall’impersonalità. Molto
spesso si intravede il punto di vista dell’autore.

La seconda fase verghiana è caratterizzata dall’adesione al verismo. Questa fase si apre con il
racconto Rosso Malpelo che mostra la condizione di sfruttamento dei ragazzi che lavoravano nelle
cave di sabbia siciliane. In questo periodo (1878) Verga pubblica : vita dei campi, i malavoglia,
novelle rusticane e mastro-don Gesualdo.

I malavoglia è il primo romanzo del ciclo dei vinti in cui è narrata la storia di una famiglia siciliana
di pescatori nel periodo che va dal 1863 al 1878.
Mastro don Gesualdo è il secondo romanzo del ciclo dei vinti.

La terza fase della produzione comprende le ultime raccolte di novelle e alcuni drammi teatrali.
All’interno del ciclo dei vinti Verga voleva illustrare la lotta per la vita che investe tutte le classi
sociali e si manifesta in molte forme, dall’ambizione all’avidità. Il Verga ebbe una concezione
dolorosa e tragica della vita. Pensava che tutti gli uomini fossero sottoposti ad un destino
impietoso e crudele che li condanna non solo all’infelicità e al dolore, ma ad una condizione di
immobilismo nell’ambiente familiare, sociale ed economico in cui sono venuti a trovarsi nascendo.

Chi cerca di uscire dalla condizione in cui il destino lo ha posto, non trova la felicità sognata, ma va
incontro a sofferenze maggiori, come succede a’ Ntoni Malavoglia e a Mastro Don Gesualdo. Con
questa visione un po’ pietrificata della società il Verga rinnova il mito del fato, cioè la credenza in
una potenza oscura e misteriosa che regola le vicende degli uomini. Egli non crede nella possibilità
di un qualsiasi cambiamento o riscatto. Per il Verga non rimane che la rassegnazione eroica e
dignitosa al proprio destino. La visione di Verga è composta da tre elementi importanti. Il primo è
quel sentimento della grandezza e dell’eroismo che porta il Verga ad assumere verso i "vinti" un
atteggiamento misto di pietà e di ammirazione: pietà per la miseria e le sventure che li travagliano,
ammirazione per la loro rassegnazione. Secondo elemento positivo è la fede in alcuni valori che
sfuggono alla dure leggi del destino e della società: la religione, la famiglia, la casa, la dedizione al
lavoro, lo spirito del sacrificio e l’amore. Il terzo elemento è la saggezza che ci viene dalla coscienza
dei nostri limiti e ci porta a sopportare le delusioni. Giovanni Verga torna più e più volte su un
tema preciso: quello dell'attaccamento alla famiglia; è facile comprendere, quindi, i sentimenti di
amarezza e dolore di chi è costretto a vendere la propria abitazione per pagare i debiti di un affare
sfortunato, come nel caso dei Malavoglia. Il bene della famiglia sembra il supremo valore: è questo
il principale senso dell'ideale dell'ostrica. Se l’ostrica si distacca dallo scoglio è destinata a morire ,
così chi si distacca dalla famiglia è destinato a trovare molte difficoltà e va incontro a mali peggiori.
Per i Malavoglia la "roba" consiste nella Provvidenza(barca) e nella casa del nespolo. Quando
entrambe si perdono, i membri della famiglia sentono di aver perduto le radici stesse della loro
esistenza.

In Fantasticheria Verga si propone di:

- Indagare sulle cause che spingono i personaggi dei suoi scritti a vivere in un luogo così duro
ed ostile;
- Viene delineato il concetto di religione della famiglia
- Teorizza l’ideale dell’ostrica
- Il racconto deve avere la caratteristica di un fatto realmente accaduto
- La ricostruzione dei processi psicologici deve indagare all’interno del nostro cuore
osservandone scientificamente le reazioni
- Alla base di questa nuova arte deve esserci il canone dell’impersonalità. Lo scrittore deve
limitarsi a riprodurre la realtà oggettiva.

Nella prefazione dei Malavoglia(1881), Verga si propone di indagare le cause materiali ed


economiche che sono alla base dell’agire umano. Inoltre imposta come soggetto della sua opera i
vinti, coloro che sono stati sconfitti nel tentativo di conquistare una posizione sociale migliore. Si
limita ad osservare i fatti narrati in modo impersonale, senza intervenire con commenti e giudizi. I
personaggi principali sono il vecchio padron Ntoni, suo figlio Bastianazzo , la moglie Maruzza detta
la longa e i loro cinque figli. La vicenda è ambientata ad Acitrezza, un borgo vicino Catania. Il
romanzo narra la storia dei cambiamenti subiti dalla famiglia Toscano, soprannominati i
Malavoglia. Essi possiedono una casa (la casa del nespolo) e una barca (la provvidenza). La loro
esistenza relativamente felice e tranquilla viene scossa da alcuni fatti. La partenza di Ntoni per il
servizio militare, la necessità di preparare la dote per Mena, la figlia maggiore. Il padre, padron
Ntoni ritiene opportuno comprare da un usuraio un carico di Lupini per poi rivenderli. Una
tempesta fa naufragare la nave che li trasporta: muore Bastianazzo e il carico di lupini è perduto.

Ora c’è da pagare il debito. La casa sarà in seguito pignolata. Luca il secondogenito muore nella
battaglia di Lissa(1866 3 g. indipendenza). Maruzza, la madre muore di colera. La barca dopo
essere stata riparata naufraga per una seconda volta. Ntoni dopo una vita di rinunce non accetta
più questa situazione e si dà al contrabbando. Quando viene sorpreso accoltella una guardia e
finisce in prigione. Nel frattempo Lia la figlia minore si prostituisce. Il padron ntoni finisce la sua
vita in ospedale mentre Alessi, l’ultimo figlio riesce a riscattare la casa. Ntoni uscito da prigione
torna a casa ma capisce che questo posto non è più adatto per lui. Questo racconto si sviluppa in
15 anni. Qui emerge la visione pessimistica di verga. Egli vede la vita come una perenne lotta per la
sopravvivenza. La legge di natura impone al più forte di sopraffare il più debole. Verga attraverso
le vicende dei protagonisti dimostra che chi cerca di cambiare abitudini e ambiente come Ntoni è
destinato a perdersi. I protagonisti vengono vinti dal destino ma solo dopo una dura lotta. Il
romanzo deve far sì che emerga una visione oggettiva della realtà, che dia al lettore l’impressione
di essere presente all’avvenimento e non di vederlo attraverso la lente dello scrittore. La poetica
verista consiste nell’eclissi dell’autore, che rinuncia ad esprimere il proprio punto di vista. Nei
malavoglia Verga usa un narratore popolare che si assimila al livello culturale della comunità. Vi è
l’utilizzo del discorso indiretto libero. Gli avvenimenti sono rappresentati dal punto di vista dei
personaggi. Grazie all’uso del discorso indiretto libero, il racconto si fa molto articolato e
complesso.

Novelle rusticane

La raccolta fu pubblicata nel 1883 e comprende 12 novelle. Sono ambientate nel mondo rurale
della Sicilia. Sono narrate le vicende della collettività. Alcuni episodi servono ad analizzare gruppi
sociali. I temi dominanti sono quelli del conflitto tra classi, della roba, e dell’ascesa sociale. La
realtà è dominata dalla legge del + forte e dalla logica dell’interesse economico, inteso come
avidità di ricchezza. Vi è l’utilizzo di un narratore esterno e il ricorso al discorso indiretto libero. Le
novelle danno importanza ai moventi economici e materiali dell’esistenza.

Il romanzo Mastro don Gesualdo,  la lotta per la vita di chi è mosso dall'ambizione di tentare il
salto di classe, non solo per il desiderio di migliorare le proprie condizioni di vita, ma anche per
poter meglio salvaguardare il frutto del proprio duro lavoro. E’ il caso di Gesualdo, un muratore
che, a costo di rinunce e sacrifici, è riuscito ad arricchirsi, diventando proprietario di molti terreni,
tanto che, ambizioso di fare il salto nella classe della nobiltà, sposa una nobildonna, Bianca Trao,
disposta a questo matrimonio per un errore di gioventù. Ma mastro Gesualdo, diventato “don”, è
condannato a una condizione penosa di solitudine e di esclusione viene disprezzato dai nobili, che
lo considerano un intruso, anche pericoloso per le disponibilità economiche di cui gode,
e, all'interno della sua stessa famiglia, è emarginato sia dalla moglie, che non gli perdona l’origine
plebea, sia dalla figlia, Isabella, che del resto non è neppure sua e che poi si sposa con un nobile
spiantato che sperpera il patrimonio così faticosamente accumulato.

Caratteristiche della poetica di Verga

•eclissi dell’autore esclusione dell’autore in modo da fare emergere una visione oggettiva

•regressione assumere il vista dei personaggi l’autore deve assimilarsi a livello culturale della
comunità del narratore

•straniamento consiste nel rappresentare come è strano ciò che in realtà non lo è, viene
evidenziato il divario tra la visione del mondo del narratore che è analoga a quella dei personaggi e
quella dell’autore che coincide con quella del lettore

•discorso indiretto libero gli elementi grammaticali sono assenza di verbi dichiarativi (dire
pensare) assenza della congiunzione che presenza di (?! ….) uso della terza persona per indicare
chi pensa o parla

Verga e il teatro

Dopo la pubblicazione delle Novelle rusticane, Verga compose numerose opere teatrali,
prevalentemente tratte da precedenti novelle. Verga considerava il teatro un’arte più limitata
rispetto alla narrativa. Riteneva che l’immediatezza del contatto tra opera e pubblico, cara
all’autore verista, venisse com- promessa dalla presenza dell’attore e che i lavori teatrali
dovessero necessariamente tendere alla semplificazione, dal momento che il pubblico in sala non
ha tempo per riflettere, come accade invece nel corso della lettura di un’opera narrativa.
Il positivismo. Durante la seconda metà dell’800 la cultura europea fu dominata dal positivismo,
nato in Francia. La precedente cultura romantica vedeva l’arte, inizialmente , come un’attività
creativa stimolata dal sentimento e dalla fantasia mentre la cultura positivista considerava l’arte
come un’esigenza del realismo. L’intellettuale non era più vate e neppure portatore di valori.
L’intellettuale positivista aveva una fiducia nella scienza e nel progresso. La fiducia nella ragione
portò alla nascita di scienze sociali come sociologia e psicologia. Nella cultura romantica la
religione aveva la sua centralità mentre nella cultura positivista la centralità era propria della
scienza e della tecnica. Nella cultura positivista si aveva un metodo scientifico che doveva essere
applicato alla società e all’uomo.

La nascita dell’evoluzionismo. La teoria dell’evoluzionismo fu creata dal biologo e naturalista


inglese Charles Darwin nelle opere L’origine delle specie e l’origine dell’uomo. Egli studiò le
somiglianze e le differenze presenti in alcune specie animali e vegetali in diverse regioni del
mondo. Giunse ad affermare che le specie tendono a modificarsi per variazioni causali. Secondo la
sua teoria, sopravvivono gli individui più forti e resistenti, mentre quelli più deboli vengono
eliminati. Quindi è il caso e non l’ambiente a determinare la variazione, ma è l’ambiente che
stabilisce se una variazione è più o meno vantaggiosa, Darwin definì ciò legge della selezione
naturale. Anche la specie umana poteva considerarsi il risultato di una selezione naturale,
determinata da una serie di variazioni causali avvenute originariamente nell’ambito di una specie
di scimmie, i primati. Questa teoria creò scandalo dal momento in cui essa metteva in discussione
il principio della creazione divina. Nasceva il darwinismo sociale che consisteva nella lotta per
l’esistenza, dove la sopravvivenza era tipica del più forte. Herbert Spencer credeva in un
evoluzionismo sociale e naturale in cui vi era una concorrenza fra le classi.

Il naturalismo. Contemporaneamente al positivismo si affermarono il naturalismo in Francia e il


verismo in Italia. Essi possono essere considerati sviluppi del realismo. Il termine realismo indica la
tendenza dei romani a rappresentare la realtà in maniera concreta e oggettiva. I capiscuola della
narrativa realista furono Stendhal, Honoré de Balzac e Charles Dickens. Le loro opere sono
caratterizzate da: una prosa accessibile a tutti, una tecnica descrittiva che consente di ritrarre
ambienti e comportamenti umani con estrema precisione, una rappresentazione della realtà
sociale attenta alla classe borghese, ai suoi gusti e alle sue aspirazioni, un narratore onnisciente in
terza persona che espande le vicende riservandosi la possibilità di commentare e giudicare i
pensieri e le azioni dei personaggi. L’iniziatore del naturalismo fu Gustav Flaubert. Nel suo
capolavoro madame Bovary, che è un romanzo incentrato sulla critica della mentalità e dei
comportamenti della società piccolo-borghese di provincia, non solo riprese delle caratteristiche
del realismo ma introdusse la focalizzazione interna ai personaggi e l’impersonalità del narratore,
che segnarono l’abbandono del narratore onnisciente. Il narratore di mb è quasi sempre invisibile,
non conosce i pensieri dei personaggi, ma vede e descrive attraverso i loro occhi e la loro mente.

Il romanzo naturalista condivise con il romanzo realista l’attenzione per la realtà sociale
contemporanea. Il naturalismo fu anche un movimento ideologico che si opponeva alla grande
borghesia francese, accusata di escludere dal potere la piccola borghesia, il proletariato urbano e
contadino. Il naturalismo aveva come proposito quello di dare dignità anche alle classi meno
agiate , che divennero protagoniste delle opere narrative. La letteratura ha il compito di rilevare la
vera natura umana. Lo sviluppo industriale è considerato responsabile di squilibri sociali,
sfruttamento povertà e abbruttimento del proletariato costretto a vivere nella realtà degradata
dei bassifondi di Parigi. Il naturalismo aspirava a un miglioramento sociale delle piccole classi
sociali.

Il verismo

In Italia vennero apprezzate molto le opere di Emile Zola, ed in particolare il fatto che al suo
interno vi fossero rappresentati criticamente i mali e le contraddizioni della società francese. Sorse
così il movimento del verismo. Il principale centro di diffusione del verismo fu Milano, ma i suoi
maggior esponenti furono meridionali, giacché era nel sud che si riscontravano quelle condizioni di
arretratezza e di degrado. Si distinsero in particolare: Luigi Capuana e Giovanni Verga .Il teorico
del verismo fu Luigi Capuana. Secondo i principi fondamentali della sua poetica, lo scrittore deve:
abbandonare il romanzo storico politico per il romanzo contemporaneo; scegliere la realtà e
giudicarla attraverso il vero; eliminare il narratore e i suoi giudizi, quindi seguire il canone
dell’impersonalità; non trascurare la fantasia e l’immaginazione. Verga ne fu il caposcuola e il
maggiore esponente.

Nel naturalismo e nel verismo vi è un ‘attenzione per la realtà sociale contemporanea,


l’applicazione del metodo scientifico e l’impersonalità del narratore. Nel naturalismo vi è un
ambiente urbano e industrializzato, sottoproletariato e bassifondi di Parigi. Nel verismo vi è un
ambiente rurale, misero e arretrato del meridione italiano. Secondo il naturalismo lo scrittore può
contribuire a migliorare la realtà, mentre nel verismo vi è una visione pessimistica della realtà. Lo
scrittore non può influire sulla società. Tramite i romanzieri del verismo emerse il quadro di
un’Italia solo apparentemente unita, in realtà caratterizzata da particolari situazioni sociali, che i
romanzieri portarono alla luce.
Sintesi opere

 La lupa

La "lupa" del titolo è una donna caratterizzata da un'alta voracità sessuale, che arriva ad adescare
un giovanotto e convincerlo a sposare la figlia solo per poterlo avere in casa con sé. Ha una figlia in
età da marito, Maricchia, che nessuno vuole sposare per via del disonore rappresentato dalla
condotta della madre. Gnà Pina si infatua del giovane Nanni, ma i suoi tentativi di seduzione
vengono respinti dall'uomo. Arsa dal desiderio inappagato, gnà Pina costringe Maricchia a sposare
Nanni, in modo da poterlo tenere sempre in casa con sé. I suoi tentativi di seduzione continuano
anche di fronte alla figlia, che si dispera nel disonore. Incapace di resistere alla donna, Nanni si
risolve a ucciderla con una scure.

 Lo zio crocifisso

Zio Crocifisso è uno dei personaggi principali del romanzo ed entra quasi subito nelle vicende che
coinvolgeranno i Malavoglia. Lo Zio Crocifisso è detto anche “campana di legno”, perché non ci
sentiva dalle orecchie quando volevano pagarlo con belle parole, egli voleva i soldi, infatti è
l’usuraio del paese sempre pronto ad approfittare delle disgrazie altrui per arricchirsi. Vive con sua
nipote, la Vespa, che sposerà solo per interesse.

 La roba

La Roba fa parte della raccolta Novelle Rusticane di Giovanni Verga e venne pubblicato nel 1880
per la prima volta sulla rivista La Rassegna Settimanale. L'autore tratta di un tema a lui molto caro
ossia il possesso degli oggetti, anzi, della roba. La roba per Giovanni Verga è il simbolo della
ricchezza e del benessere che non si misura a livello economico, ma in possedimenti come terre,
animali e pascoli, fattorie. Il protagonista de La Roba è Mazzarò, un uomo che viene descritto
come basso e con una grossa pancia, ma con la testa simile a un brillante e quindi tanto avido
quanto intelligente: nella sua vita, infatti, ha accumulato veramente tanta, tanta roba. Questo
personaggio, tra l'alto, è una sorta di bozza di quello che poi sarà Mastro Don Gesualdo.

 L’incontro col canonico lupi

Il brano si apre con l’arrivo di Gesualdo che incontra il canonico lupi. Nel corso di un dialogo
Gesualdo chiede al canonico lupi informazioni su un appalto delle strade comunali ma il canonico
vuole parlare del matrimonio tra Gesualdo e Bianca Trao, egli sostiene che un matrimonio
riparatore possa insabbiare la relazione prematrimoniale di quest’ultima con Nini Rubiera. Il
discorso dei due devia sull’assegnazione delle terre comunali. nell’ultima parte il discorso viene
interrotto e vi è un contadino che accetta una proposta economica irrisoria del protagonista.
 La morte di Gesualdo

Mastro don Gesualdo muore solo, abbandonato da tutti.

Il brano può diviso in alcune sequenze:

• la visita dei medici che si consultano sull’andamento della malattia e constatano che per Don
Gesualdo non c’è più nulla da fare

• la reazione di Don Gesualdo al responso medico

• Don Gesualdo si chiude in se stesso e non vuole parlare con nessuno

• Il dialogo con la figlia Isabella a cui dà raccomandazione a proposito delle proprietà che lascerà
da morto. Dopo qualche momento iniziale di commozione e di tenerezza, Don Gesualdo si rende
conto che ogni contatto con la figlia è impossibile

• L’agonia e la morte nel protagonista nella più totale solitudine e la reazione di indifferenza di
tutta la servitù

Il consulto medico e la reazione di Mastro Don Gesualdo

Il testo inizia con il consulto dei medici: dalle loro parole, pronunciate sottovoce, si capisce che
ormai non esiste più alcun rimedio. Mastro Don Gesualdo capisce che ormai è giunto il momento
di dettare le ultime volontà, pensa subito alle sue proprietà e sollecita il genero affinché faccia
venire un notaio per poter fare testamento. La figlia Isabella non fa che piangere e il genero lo
cerca di calmarlo dicendo che la sua volontà sarà fatta, ma che per momento non c’è nessuna
urgenza. Da allora in poi, Don Gesualdo si fa taciturno e si chiude in un mutismo più completo,
tutto preso dai suoi pensieri, convinto anche che la figlia gli dimostri affetto solo perché teme che
nel testamento il padre voglia lasciare qualcosa non a lei ma ad altri

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