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Giovanni Verga nacque a Catania il 31 agosto 1840 da una famiglia con radici nobili e ideali liberali.

La sua
formazione scolastica si sviluppò sui classici e fu influenzata da Antonino Abate, mentre le prime letture
furono incentrate sul romanzo storico e d'avventura, particolarmente ispirate da Alexandre Dumas e James
Fenimore Cooper. Nel 1858, Verga si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza, ma la letteratura rimase al centro
dei suoi interessi. Nel 1860, animato da fervore patriottico, entrò nella guardia nazionale e fondò il giornale
politico "Roma degli Italiani". Nel corso degli anni, pubblicò diversi romanzi e sviluppò un interesse per il
realismo, sperimentando nuove strategie narrative. Nel 1867 fece ritorno in Sicilia, e nel 1869, a Firenze,
stabilì importanti connessioni negli ambienti letterari e patriottici. La sua vita mondana e l'affascinazione
per il mondo del teatro influenzarono i suoi primi romanzi.

Nel 1869, Giovanni Verga lavorò al romanzo psicologico "Storia di una capinera", pubblicato a puntate nel
1870 su La Ricamatrice e successivamente come volume autonomo nel 1871 con la prefazione di
Dall’Ongaro. Nel medesimo periodo, Verga si legò sentimentalmente a Giselda Fojanesi, la cui relazione
ebbe alti e bassi fino al 1883, provocando forti reazioni in Mario Rapisardi, il marito di Giselda.

"Storia di una capinera" fu un esperimento di romanzo epistolare, con una premessa incentrata sul sacrificio
di una capinera e una storia altrettanto patetica di monacazione forzata e repressione di un amore
adolescenziale, ispirato a un'esperienza vissuta da Verga durante un'epidemia di colera a Tebidi. Il romanzo
ricevette l'ammirazione di Dall’Ongaro e Percoto.

Negli stessi anni, Verga tentò anche il genere teatrale con "I nuovi tartufi", opera rimasta inedita fino al
1980. Questa commedia in quattro atti, ambientata a Firenze, narrava la storia del proprietario terriero
Prospero Montalti che, guidato da un "tartufo" imbroglione, aspirava a una carriera politica per migliorare la
propria posizione sociale. L'opera anticipava la caduta delle illusioni legate alle grandi città, evidenziando la
lotta costante per emergere e le realtà difficili segnate da ipocrisia e contrasti. "I nuovi tartufi" si inserisce
nel filone della letteratura parlamentare, seguendo i modelli della commedia brillante francese e del teatro
sociale. Un altro tentativo teatrale di Verga in quegli anni fu "Rose caduche".

Nel novembre del 1872, Verga si trasferì a Milano, dove, nonostante le difficoltà iniziali, fu introdotto negli
ambienti intellettuali e legò amicizia con esponenti della Scapigliatura, come Arrigo Boito e Emilio Praga.
Con il tempo, Milano divenne una fonte di ispirazione per Verga, che descrisse la città come affascinante e
coinvolgente nella sua "febbre di fare". Questo periodo segnò anche l'espansione delle sue relazioni sociali,
comprese quelle con importanti figure come Luigi Capuana e Luigi Torelli-Viollier.

Il percorso letterario di Giovanni Verga è descritto attraverso le opere "Eva," "X," e "Nedda." In "Eva,"
ambientato a Firenze, l'autore evidenzia un momento cruciale della sua ricerca letteraria tramite il
testamento di Enrico Lanti, un ritratto dell'artista da giovane, il cui decesso apre la strada al nuovo "artista"
o "scienziato del cuore umano," segnando una svolta nella narrativa di Verga. "X," il primo racconto
pubblicato nel 1873, costituisce la prima prova della sua nuova scienza del cuore umano, presentando un
mistero legato a una fanciulla mascherata e anticipando la futura carriera di novelliere. Nonostante iniziali
insuccessi, Verga supera un periodo di scoraggiamento e, nel 1874, con la stesura di "Nedda," crea un
"bozzetto" che avvia un'analisi della realtà regionale, ma di significato universale. "Nedda" rappresenta una
tappa decisiva nella ricerca stilistica di Verga, che mira a recuperare il mondo siciliano come l'unico luogo di
certezze in una società in crisi. I testi della letteratura campagnola francese e italiana, come Balzac, George
Sand, Percoto e Ippolito Nievo, influenzano le nuove scelte di Verga. Il successo di "Nedda" lo incoraggia a
continuare nella narrativa breve, e nel 1874 invia a Emilio Treves il bozzetto "Padron ’Ntoni" insieme ad altre
storie che confluiranno nel volume "Primavera" nel 1876.

La prima raccolta di racconti di Giovanni Verga presenta una diversità di storie, tra cui due ambientate a
Milano (X e la novella omonima), due in Sicilia (La coda del diavolo e le Storie del castello di Trezza), e Certi
argomenti, derivato da Tigre reale. X esplora la scienza del cuore, mentre Primavera sperimenta un nuovo
stile di "indiretto libero." La Coda propone una metodologia analitica della catena causale degli eventi nei
sentimenti. Le Storie recuperano l'influenza scapigliata del racconto nero.

Le novità narrative includono l'approccio psicologico di La Coda e l'esperimento di tre tipi di discorso
indiretto libero in Primavera. Nedda, con radici in Vita dei campi, si concentra su ragioni idilliache e
sentimenti primitivi. Nel 1875, Verga pubblica Tigre reale ed Eros, romanzi borghesi con tratti erotici-
mondani che ottengono successo. Le letture di Verga si intensificano con autori come Zola, Flaubert, Balzac,
Daudet, Bourget, Dumas figlio, i Goncourt, Fogazzaro, D'Annunzio e scrittori russi.\z

Tra il 1876 e il 1878, Verga sviluppa la storia dei Malavoglia, affrontando difficoltà e crisi personali. Nel 1878-
80, focalizza le strategie strutturali, stilistiche e linguistiche per i romanzi Malavoglia e Vita dei campi,
scrivendo anche Jeli il pastore e L'amante di Gramigna. Nonostante l'entusiasmo iniziale, emergono
difficoltà nel nuovo progetto, evidenziate nelle prime stesure di Vita dei campi, con la comparsa di temi
sociali attraverso le storie dei personaggi.

Le tematiche principali nelle opere di Giovanni Verga, concentrandosi su racconti come "Fantasticheria,"
"Rosso Malpelo," "L'amante di Gramigna," "Guerra di santi," "Cavalleria rusticana," e "La Lupa." Questi
racconti esplorano la vita difficile dei marinai, le sfumate dinamiche di classe tra Jeli e Alfonso, le condizioni
estreme dei minatori, il lavoro minorile e l'emarginazione, il brigantaggio come risposta alle nuove
dinamiche politiche, la religione ridotta a superstizione e strumento di potere, e la violenza dei sentimenti.

Il testo sottolinea il degrado sociale post-Unità d'Italia, e come Verga abbia sviluppato uno stile particolare
caratterizzato dall'uso dialettale della sintassi. La scelta di rendere dialettale la struttura delle frasi,
utilizzando i nessi irrazionali del parlato, contribuisce a creare un ambiente realistico e ad immergere il
lettore nella vita quotidiana dei personaggi. La pubblicazione di questi racconti tra il 1878 e il 1880 su varie
riviste, seguita dalla raccolta "Vita dei campi" nel 1880, riscuote un notevole successo. Nel 1881, la raccolta
viene rieditata aggiungendo il racconto "Il come, il quando ed il perché." Successivamente, nel 1892, viene
ristampata con il titolo "Cavalleria rusticana ed altre novelle." Nel 1897, Verga pubblica un'edizione di lusso
con il titolo "Vita dei campi," contenente illustrazioni di Arnaldo Ferraguti, e revisita intensamente i testi,
generando una doppia tradizione nelle successive ristampe. Nel 1881, contemporaneamente alla ristampa
di "Vita dei campi," Verga pubblica "I Malavoglia," che, nonostante l'accoglienza critica fredda e
incomprensione, lo incoraggia a continuare il progetto, cominciando a delineare i primi abbozzi di "Mastro-
don Gesualdo." La storia compositiva di "I Malavoglia" inizia nel 1874 e subisce varie trasformazioni prima di
essere pubblicata nel 1881.
Il manoscritto dei "Malavoglia" di Giovanni Verga riflette le fasi della sua composizione. Inizialmente, il testo
presenta una struttura bozzettistica e sembra una traduzione narrativa dei manuali di folklore siciliano.
Risalente agli anni 1874-76, Verga liberò finalmente il manoscritto nel giugno 1878 con l'introduzione del
nuovo soprannome "Malavoglia." Due abbozzi successivi testimoniano la divisione in capitoli e la difficile
revisione dell'impianto iniziale.

Il processo di composizione coinvolse una fase correttoria densa, soprattutto in sequenze narrative come le
conversazioni nel paese e quelle dedicate al lutto e al funerale di Bastiano. Verga inviò i primi capitoli a
Treves nel 25 aprile 1880, esprimendo incertezza sull'inizio del romanzo. Nel giugno 1881, manda ulteriori
capitoli, dichiarando l'intenzione di iniziare "in medias res" e rinunciando a una descrizione più dettagliata
del paesaggio e dei personaggi. Questo brano potrebbe essere il nono abbozzo che inizia con la tempesta e
il naufragio.

Tra il 1878-79, insieme ai "Malavoglia," Verga lavorò a un altro romanzo, inizialmente chiamato il "cornuto
Marito di Elena." Questo romanzo, successivamente pubblicato come "Il marito di Elena," esplora i contrasti
della vita sociale in provincia con un tono mondano e ironico. Sebbene inizialmente etichettato come un
passatempo, il romanzo ottenne successo presso il pubblico, con otto ristampe fino al 1923.

Nel 1882, Verga intraprese un viaggio a Parigi e Londra, durante il quale incontrò Édouard Rod e visitò Émile
Zola a Medan. Durante la sua permanenza a Londra, scrisse la novella epilogo "Di là del mare." Il viaggio
contribuì alla stesura delle "Novelle rusticane," pubblicate nel 1883 con illustrazioni di Alfredo Montalti. La
composizione di queste novelle fu influenzata dai contatti di Verga con Rod, Zola e Cameroni, il quale
introdusse Verga alle opere di Zola e facilitò il contatto con Rod, che successivamente tradusse i
"Malavoglia" e avviò un decennio di traduzioni delle opere di Verga in diverse lingue.

Le "Novelle rusticane" di Giovanni Verga, originariamente concepite come un secondo volume di "Vita dei
campi", si spostarono verso una più ampia esplorazione della realtà provinciale siciliana. Abbandonati i
personaggi-eroi dalle passioni primitive, le storie presentano ora protagonisti che appaiono come larve di
un mondo descritto in "Di là del mare". Il mito della roba inizia a emergere, dominando la narrazione, e
l'idillio con il mondo siciliano si esaurisce.

Le tematiche di religione, giustizia, politica ed economia vengono esaminate in profondità attraverso le


storie come "Il reverendo", "Il mistero", "Cos’è il re", "Don Licciu Papa", "I galantuomini", "La roba", "Pane
nero". In "Libertà", Verga offre una prospettiva disincantata sul Risorgimento, fuori dal canone celebrativo e
in contrasto con la memorialistica garibaldina contemporanea. Questo approccio riflessivo è influenzato
dalla prospettiva disincantata del naturalismo zoliano, contribuendo alla maturazione di una riflessione
critica sulla società siciliana.

Nel 1920, le "Novelle rusticane" ebbero una nuova edizione completamente riveduta presso le Edizioni della
Voce. Durante il decennio produttivo 1880-90, Verga pubblicò "Per le vie" (Milano 1883), una trasposizione
narrativa riuscita del proletariato milanese e della vita dei bassifondi. Il racconto esplora la città di Milano,
definendola "la città più città d'Italia". Verga intraprese una relazione duratura con la contessa Paolina
Greppi durante gli anni milanesi, e il carteggio tra loro documenta le fasi e l'intensità di questo rapporto.

"Per le vie" rappresenta Milano come oggetto centrale delle storie, e la tematica della città è già stata
annunciata in "Di là del mare". Il confronto tra la dimensione milanese e quella siciliana intensifica il ricordo
e la necessità di fissare le memorie di vite e luoghi marginali. La denuncia sociale è presente nel racconto
"In piazza della Scala" attraverso il personaggio del vetturino, mentre "Camerati" riprende il discorso critico
sul Risorgimento e la polemica antimilitarista, sfondo della terza guerra d'indipendenza. La sperimentazione
linguistica di Verga si manifesta anche attraverso la rappresentazione della parlata milanese in "Per le vie".

Durante la stesura del romanzo "Mastro-don Gesualdo", Giovanni Verga attraversò sette abbozzi,
successivamente eliminati ma in parte recuperati per creare la prima redazione delle novelle
"Vagabondaggio" e "Mondo piccino".

La sperimentazione di Verga continuò con "Drammi intimi" (Roma 1884), una raccolta di novelle con
tematiche e ambientazioni diverse. Tre novelle erano incentrate su contesti aristocratico-borghesi, mentre
altre tre affrontavano temi popolari. Queste novelle furono successivamente riviste e recuperate in "I ricordi
del capitano d’Arce", ma alcune, nonostante la loro qualità, non furono più riprese.

Durante questo periodo, Verga contemplò il ritorno al teatro, influenzato dalla lettura del "Naturalisme au
théâtre" di Zola (1881). Questo portò alla riduzione teatrale di una delle sue novelle, "Cavalleria rusticana",
che ottenne un successo eccezionale alla prima andata in scena nel 1884 a Torino e successivamente a
Parigi nel 1888.

Tuttavia, il tentativo di adattare un'altra novella, "Il Canarino del n. 15", fu accolto freddamente nel 1885 a
Milano. Questo insuccesso, combinato con problemi economici e familiari, provocò una grave crisi
psicologica in Verga, risolta con la ripresa del lavoro su "Mastro-don Gesualdo". Tra il 1886 e il 1887,
trascorse periodi a Roma e lavorò su una nuova raccolta, "Vagabondaggio" (Firenze 1887), che, come "Vita
dei campi" per "I Malavoglia", segnò il passaggio al romanzo.

Nel biennio successivo, Verga intensificò il lavoro su "Mastro-don Gesualdo", pubblicandolo inizialmente a
puntate nella Nuova Antologia. Durante questo periodo, continuò a correggere e revisionare il testo in
modo radicale, cambiando strategie narrative e aggiungendo commenti cinici dei servitori accanto al letto di
morte del protagonista. Il romanzo fu pubblicato in volume nel 1889 da Treves, segnando una tappa
significativa nella produzione letteraria di Verga.

Nel romanzo "Mastro-don Gesualdo", Giovanni Verga adotta un tono naturalista e antiromantico,
eliminando effusioni patetiche e riflessioni sentimentali. La struttura del romanzo presenta quattro parti che
delineano la vicenda umana di Gesualdo, mostrando la padronanza di Verga sugli stilemi più innovativi.
L'accoglienza critica del romanzo fu positiva, sebbene fosse un po' offuscata dalla pubblicità intorno al
"Piacere" di D’Annunzio, pubblicato nello stesso anno.
Nel 1889, insieme al lavoro su "Mastro-don Gesualdo", Verga scrisse le novelle poi incluse nei "Ricordi del
capitano d’Arce", pubblicate nel 1891. Queste novelle presentano un romanzo di Ginevra, una seduttrice
aristocratica, collegando i vari racconti attraverso il personaggio del capitano d’Arce.

Nel 1890, Cavalleria rusticana fu adattata in un'opera lirica da Pietro Mascagni, portando a una controversia
legale sui diritti d'autore con un esito favorevole per Verga nel 1893. Verga avviò nuovi progetti letterari, ma
non completò i romanzi "La duchessa di Leyra" e "L’onorevole Scipioni" iniziati nel 1890.

Nel 1893, Verga tornò a Catania, stabilendosi lì in modo permanente, ma continuò a viaggiare a Milano e
Roma. In questo periodo, incontrò la contessa Dina Castellazzi di Sordevolo e affrontò trattative infruttuose
con Giacomo Puccini per una versione lirica di Cavalleria.

Nel 1894, pubblicò la raccolta "Don Candeloro e C.", evidenziando una dichiarazione di fallimento del
verismo ma aprendo la strada alle teorizzazioni pirandelliane. Nel 1896, "La Lupa" ottenne successo a
Torino, seguita da altre rappresentazioni teatrali dei suoi drammi. Verga continuò a scrivere, pubblicando il
romanzo "Dal tuo al mio" nel 1905.

Dopo il 1907, Verga rallentò l'attività letteraria e si dedicò all'agricoltura e all'educazione dei nipoti. Nel
decennio successivo, fu sceneggiatore per il cinema, lavorando con De Roberto. Pubblicò la sua ultima
novella, "Una capanna e il tuo cuore", nel 1919.

Nel 1920, a 80 anni, fu nominato senatore. Le celebrazioni si tennero a Roma e Catania. Verga continuò a
mantenere un atteggiamento distante dalla vita politica, manifestando opinioni conservative e nazionaliste.
Colpito da una trombosi cerebrale, morì il 27 gennaio 1922 a Catania.

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