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invito al saggio breve


Argomento
Il senso della vita.

Consegne
Sviluppa l’argomento indicato in forma di “saggio breve” utilizzando, in tutto o in parte, e nei modi che ritieni opportuni, i documenti
e i dati forniti.
Argomenta la tua trattazione anche con opportuni riferimenti alle tue conoscenze ed esperienze di studio.
Premetti al saggio un titolo coerente e, se vuoi, suddividilo in paragrafi.
Non superare le cinque colonne di metà foglio protocollo.

Documenti
1 (iii secolo a.C.) Ecclesiaste1, II, 3-11
2 (30-23 a.C.) Orazio, Carmina, i, 11
3 Ho voluto soddisfare il mio corpo con il vino, con la pretesa di dedicarmi con la mente alla sapienza e di darmi alla follia, finché
non scoprissi che cosa convenga agli uomini compiere sotto il cielo, nei giorni contati della loro vita. 4 Ho intrapreso grandi opere, mi
sono fabbricato case, mi sono piantato vigneti. 5 Mi sono fatto parchi e giardini e vi ho piantato alberi da frutto d›ogni specie; 6 mi
sono fatto vasche, per irrigare con l›acqua le piantagioni. 7 Ho acquistato schiavi e schiave e altri ne ho avuti nati in casa e ho pos-
seduto anche armenti e greggi in gran numero più di tutti i miei predecessori in Gerusalemme. 8 Ho accumulato anche argento e oro,
ricchezze di re e di province; mi sono procurato cantori e cantatrici, insieme con le delizie dei figli dell›uomo. 9 Sono divenuto grande,
più potente di tutti i miei predecessori in Gerusalemme, pur conservando la mia sapienza. 10 Non ho negato ai miei occhi nulla di
ciò che bramavano, né ho rifiutato alcuna soddisfazione al mio cuore, che godeva d›ogni mia fatica; questa è stata la ricompensa di
tutte le mie fatiche. 11 Ho considerato tutte le opere fatte dalle mie mani e tutta la fatica che avevo durato a farle: ecco, tutto mi è
apparso vanità e un inseguire il vento: non c›è alcun vantaggio sotto il sole.

1. Il termine Ecclesiaste deriva dal titolo utilizzato dalla versione greca dell’Antico Testamento, detta dei Settanta, e traduce l’ebraico Qoelet, che si legge più
volte nel testo quale nome dell’autore e che in ebraico significa «predicatore».

3 (1915) Edgar Lee Masters, Antologia di Spoon River, trad. di F. Pivano


George Gray Malgrado tutto avevo fame di un significato nella vita.
Molte volte ho studiato E adesso so che bisogna alzare le vele
la lapide che mi hanno scolpito: e prendere i venti del destino,
una barca con vele ammainate, in un porto. dovunque spingano la barca.
In realtà non è questa la mia destinazione Dare un senso alla vita può condurre a follia
ma la mia vita. ma una vita senza senso è la tortura
Perché l’amore mi si offrì e io mi ritrassi dal suo inganno; dell’inquietudine e del vano desiderio
il dolore bussò alla mia porta, e io ebbi paura; è una barca che anela al mare eppure lo teme.
l’ambizione mi chiamò, e io temetti gli imprevisti.

4 M. Recalcati, La psicopatologia della politica italiana, in «La Repubblica», 23 settembre 2013


La precarietà è per un verso una condizione ontologica dell’umano: essere umani significa essere gettati nella precarietà, nel senso
che nessun Dio, nessun padre, nessuna legge, può salvare l’uomo da questa condizione. Tuttavia, questo essere precari, cioè gettati
senza fondamento nel linguaggio, è anche la condizione virtuosa dell’umano: la condizione dell’invenzione, della creazione, della
generazione, della sublimazione. Quindi la precarietà, in questo caso, non è la maledizione; essere gettati nel mondo – come insistono
a dire Heidegger e Sartre – è anche essere liberi; la gettatezza implica la libertà. Esiste invece una declinazione storico-sociale della
precarietà che ha a che fare col disastro generato dal discorso del capitalista. La precarietà assume allora il volto della mancanza
di lavoro, dell’assenza di avvenire, della cancellazione della marcatura simbolica della differenza generazionale… Potremmo fare un
lungo elenco delle forme storico-sociali della precarietà oggi. La caduta totale degli ideali collettivi, la venuta in primo piano della
monade impazzita dell’individualità: tutto questo genera uno spaesamento sociale e allora i nuovi sintomi appaiono come delle
nicchie autoprotettive che rispondono a questa diffusione spaesante della precarietà.

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5 U. Galimberti, L’ospite inquietante, Milano Rizzoli, 2007


Purtroppo, la salvezza anticipata e promessa dall’Illuminismo, da tutti i movimenti di liberazione dell’uomo che ad esso si sono ispirati
e, infine, dal consumismo è venuta meno, dando luogo ad un’affannosa ricerca del benessere hic et nunc, del carpe diem, che non
appare capace di colmare il vuoto dell’esistenza […]. La mancanza di un futuro come promessa arresta il desiderio nell’assoluto
presente. Meglio star bene e gratificarsi oggi se il domani è senza prospettiva. Ciò significa che nell’adolescente non si verifica più
quel passaggio naturale dalla libido narcisistica (che investe sull’amore di sé) alla libido oggettuale (che investe sugli altri e sul
mondo). Senza questo passaggio, si corre il rischio di indurre gli adolescenti a studiare con motivazioni utilitaristiche, impostando
un’educazione finalizzata alla sopravvivenza, dove è implicito che “ci si salva da soli”, con conseguente affievolimento dei legami
emotivi, sentimentali e sociali.

6 C. Augias, V. Mancuso, Disputa su Dio e dintorni, Mondadori, Milano, 2009


(V. Mancuso) Essere un filo di un indumento più grande: forse è questo il senso ultimo del mio essere. Essere me stesso, senza con-
fondere la mia specificità di filo diverso da ogni altro, e insieme, però, unirmi ad altri fili, perché un filo ha senso solo se si unisce ad
altri fili, come una nota ha senso solo se si unisce ad altre note, come una lettera ha senso solo se si unisce ad altre lettere e così
forma parole, e poi frasi, periodi, magari anche racconti, novelle, romanzi, poesie...
Essere se stessi, ma anche legati agli altri: come la «a» rimane «a», ma se tra due «a» inserisco una «m» ho trovato la possibilità di
dire come mia moglie mi pensa, e ho dato un senso a due «a» che altrimenti, da sole, non l’avrebbero avuto. Essere liberi e indipen-
denti, ma anche responsabili e in comunione. Io penso sia questo il senso esistenziale, fisico e insieme metafisico, della religione.
La religione in quanto religio, legame, legame di me (filo o nota o lettera che sia) con altri elementi diversi eppure simili a me (fili o
note o lettere che siano).

7 P. Odifreddi, Il non senso della vita, 31 agosto 2010 in duemilaragioni.myblog.it/2010/09/01/odifreddi-il-


non-senso-della-vita/
Guardandosi attorno, ci si accorge che la grandiosità delle domande che la gente si pone è inversamente proporzionale alla loro
capacità di capire le eventuali risposte. Le cosiddette “domande di senso” costituiscono l’esempio tipico: invece di domandarsi come
funziona un telefonino, ci si chiede qual è il senso della vita. E non ci si accontenta della risposta che non solo il senso non c’è, ma
che non ha neppure senso chiedersi se ci sia.
A voler essere sensati, bisognerebbe precisare che il senso è una proprietà delle frasi del linguaggio, e non delle cose del mondo.
Chiedersi qual è il senso della vita è come chiedersi che colore abbia, o quale sia il senso di un elettrone. Purtroppo, meno le do-
mande sono sensate, e più suonano bene: non a caso se le pongono i poeti, i romanzieri, i teologi e i filosofi, che in vari gradi si
interessano di letteratura fantastica.

8 S. Dalì, Il ponte dei sogni crollati, 1945

9 A. Holzer, Il corso della vita, 1997

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