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NATURALISMO FRANCESE

Gli scrittori veristi italiani, compreso Verga, nello scrivere le loro opere prendono
ispirazione dal naturalismo, che si afferma in Francia negli anni 70 dell’ottocento. ciò che
precede il naturalismo è il positivismo, quel movimento letterario che si diffonde a partire
dalla metà dell’ottocento, Esso mira ad una nuova organizzazione industriale e allo sviluppo
della ricerca scientifica. Esso porta al rifiuto di ogni visione di tipo religioso, metafisico o
idealistico, E porta alla convinzione di ferree leggi meccaniche spiegabili. L’esponente
fondamentale del naturalismo fu Taine, lui affermava Che i fenomeni spirituali sono
prodotti della fisiologia umana e sono determinati dall’ambiente fisico in cui l’uomo vive.
queste teorie furono applicate anche in letteratura.
il più grande esponente in letteratura del naturalismo francese è Emile Zola, il quale diede
la sistemazione più compiuta alle teorie naturaliste, ponendosi come un vero e proprio
capo scuola. il suo pensiero è racchiuso nel romanzo sperimentale scritto nel 1880.Alla base
di questo romanzo c’è una concezione progressista della società a cui viene assegnato un
preciso impegno sociale e politico.
LA DIFFUSIONE DEL MODELLO NATURALISTA
L’immagine di Zola che si diffuse in Italia fu quella del romanziere scienziato e scrittore
sociale. Gli ambienti culturali milanesi di sinistra diffusero ed esaltarono la sua opera sin dai
primi anni Settanta. La sinistra milanese pur se ebbe il merito di cogliere subito l’importanza
delle nuove tendenze, rimase però prigioniera delle sue aspirazioni confuse e velleitarie. Le
formule teoriche rimasero generiche e approssimative e le opere creative o si limitarono
alla ricerca di effetti scandalistici o indulsero all’enfasi esasperata di una protesta che
insisteva sino alla noia e al ridicolo sugli orrori della vita degli emarginati.
LA POETICA DI CAPUANA E VERGA
Capuana e Verga elaborarono una teoria coerente ed un nuovo linguaggio. Luigi Capuana,
come critico letterario del ‘Corriere della Sera’, ebbe una funzione fondamentale nel
diffondere in Italia la conoscenza di Zola. Capuana respinge la subordinazione della
letteratura a scopi estrinseci, quali la dimostrazione ‘sperimentale’ di tesi scientifiche e
l’impiego politico e sociale. In questo concorda con l’amico Verga che pur non partecipando
nel dibattito letterario col manifestare attraverso articoli le sue teorie, lavora a tradurle
nelle sue opere. Per Capuana il naturalismo perde la sua volontà di far scienza e il suo
impegno politico diretto e si traduce solo in un modo particolare di fare letteratura. La
scientificità si manifesta solo nella forma artista nella maniera con cui l’artista crea le sue
figure, organizza i suoi materiali espressivi. Questa materia si riassume nel principio
dell’impersonalità dell’opera d’arte, intesa come ‘eclisse’ dell’autore cioè scomparsa dal
testo del tradizionale narratore che interviene, commenta e giudica. L’impersonalità è il
motivo centrale della poetica di Capuana e di Verga.
LA VITA DI GIOVANNI VERGA
Giovanni Verga nacque a Catania nel 1840, da una famiglia di agiati proprietari terrieri. I
suoi primi studi si compirono presso dei maestri privati, da cui assorbì l’ardente
patriottismo e il gusto letterario romantico. I suoi studi furono irregolari, dato che la Facoltà
di Legge con il lavoro di letterario e giornalista. I testi su cui si forma non sono i classici
italiani e latini, ma di scrittori francesi moderni, i quali lasciano un’impronta sensibile nei
suoi primi romanzi. Successivamente Verga lascia Catania per recarsi a Firenze per inseguire
il sogno di divenire uno scrittore. Nel 1872 si trasferì a Milano, la quale era il centro più vivo
della penisola. Qui entrò in contatto con gli ambienti della Scapigliatura. Frutto di questo
periodo, furono 3 romanzi legati ancora a un clima romantico. Nel 1878 avvenne la svolta
capitale verso il Verismo, con la pubblicazione del racconto ROSSO MALPELO. Seguirono poi
le novelle di VITA DEI CAMPI, il primo romanzo del ciclo dei vinti ovvero I MALAVOGLIA e
successivamente il secondo MASTRO DON GESUALDO. Negli anni successivi Verga lavorò
assiduamente per terminare il 3 romanzo del ciclo, ovvero LA DUCHESSA DEL LEYRA, ma
non riuscì a portarlo a termine. Dopodiché ci fu un periodo in cui alternò il suo soggiorno a
Milano con quello in Sicilia, il quale si concluse con il suo trasferimento a Catania dove lo
scrittore si chiuse in un silenzio totale. Allo scoppio della prima guerra mondiale si schierò
sulle posizioni dei nazionalisti, pur mantenendo un certo distaccamento e chiusura. Morì
nel gennaio del 1922, l’anno della salita al potere del fascismo.
LA POETICA DELL’IMPERSONALITÀ
Il nuovo metodo narrativo di Verga si basa sul concetto dell’impersonalità. Secondo il suo
punto di vista le opere non basta raccontarle in modo reale, ma devono essere raccontate
in modo da porre il lettore faccia a faccia con il fatto in modo che non abbia l’impressione di
vederlo attraverso gli occhi dello scrittore. Quindi l’autore deve immedesimarsi con i
personaggi e raccontare le cose secondo il loro modo di vedere e di pensare. Inoltre
l’impersonalità di Verga non è una definizione, ma è solo un procedimento espressivo. Ad
esempio Verga, nelle sue opere Vita dei campi, i Malavoglia, e novelle rusticane, non offre
dettagliate descrizioni dei luoghi e dei personaggi, ma ne parla a pubblico come se loro
appartenessero a quell’ambiente e che conoscessero già quelle persone e quei luoghi.
IDEOLOGIA VERGHIANA
IL DIRITTO DI GIUDICARE E IL PESSIMISMO
Verga ritiene che gli autori debbano eclissarsi dalle opere perché non hanno il diritto di
giudicare la materia che rappresenta. Ma alla base della visione di Verga ci sono posizioni
pessimistiche, infatti per lui la società umana è dominata dal meccanismo della lotta per la
vita, un meccanismo dove il più debole viene schiacciato dai forti. Gli uomini non sono
mossi da motivi ideali, ma dall’interesse economico.
Questa è una legge di natura ed universale che domina in ogni società ed è immodificabile,
perciò Verga ritiene che non ci possano essere alternative alla realtà. Proprio per questo
non ritiene legittimo che l’autore ponga giudizi , infatti solo la fiducia nella possibilità di
modificare il reale può giustificare il giudizio correttivo in nome dell’umanità.
Se è impossibile modificare l’esistenza ogni intervento giudicante appare inutile, la
letteratura infatti non può contribuire a modificare la realtà.

IL VALORE CONOSCITIVO E CRITICO DEL PESSIMISMO


Questo pessimismo di Verga ha una chiara connotazione conservatrice, ma proprio questo
gli permette di cogliere con grande lucidità ciò che vi è di negativo nella realtà. Il
pessimismo non è un limite nella rappresentazione di Verga, ma gli permette di
rappresentare con grande acutezza l’oggettività delle cose.
IL CICLO DEI VINTI
Insieme alle novelle, Verga realizza anche un ciclo di romanzi. Il primo accenno a questo
nuovo progetto è in una lettera scritta all’amico Salvatore Verdura, in cui Verga annuncia di
avere in mente “una fantasmagoria della lotta per la vita”.
Lo scrittore ricava il principio della lotta per la sopravvivenza dalle teorie di Darwin
sull’evoluzione delle specie animali e lo applica alla società umana: tutta la società, ad ogni
livello, è dominata da conflitti fi interesse, ed il più forte trionfa, schiacciando i più deboli.
Verga però non intende soffermarsi sui vincitori di questa guerra universale e sceglie come
oggetto della sua narrazione i “vinti”.
Nel suo primo romanzo, I Malavoglia, il movente dell’attività umana che produce la fiumana
del progresso è preso nelle motivazioni più materiali: si tratta infatti della semplice lotta per
i beni materiali, ovvero i soldi. In ogni suo romanzo successivo sarà analizzata sempre di più
questa RICERCA DEL MEGLIO.

I MALAVOGLIA
Il primo romanzo del ciclo dei vinti è I Malavoglia, la storia di una famiglia di pescatori
siciliani, i laboriosi e onesti Toscano, chiamati Malavoglia, poiché nell’uso popolare i
cognomi sono spesso il contrario delle qualità di chi li porta. I personaggi vivono nel piccolo
paese di Aci Trezza, posseggono una casa ( la casa del Nespolo) e una barca ( la
Provvidenza) e conducono una vita felice e tranquilla. Nel 1863 il giovane ‘Ntoni , figlio di
Bastianazzo e nipote di padron ‘Ntoni, il vecchio patriarca, deve partire per il servizio
militare. La famiglia, privata delle sue braccia, si trova in difficoltà a pagare un lavoratore. A
ciò si aggiunge anche una cattiva annata per la pesca. Padron ‘Ntoni per superare le
difficoltà, pensa di intraprendere un piccolo commercio: acquista un carico di lupini,
chiedendo soldi all’usuraio Zio Crocifisso, con la speranza di venderli a un porto vicino. Ma
la barca naufraga nella tempesta, Bastianazzo muore e il carico va perduto. I Malavoglia,
oltre ad essere colpiti per la perdita di un caro, hanno anche un grande debito da pagare.
Comincia quindi una serie di sventure: la casa viene pignorata, Luca, il secondogenito
muore nella battaglia di Lissa, la madre Maruzza è uccisa dal colera, la Provvidenza naufraga
ancora, e i Malavoglia sono costretti a campare a giornata. La sventura disgrega poi il
nucleo familiare: ‘Ntoni, stanco della vita da pescatore piena di fatiche, comincia a
frequentare osterie e le cattive compagnie, Lia, la sorella minore si prostituisce e finisce in
una casa di malaffare in città. A causa del disonore Mena , promessa in sposa, non può oiù
sposarsi con compare Alfio. Solo l’ultimo figlio, Alessi, riesce a riscattare la casa del nespolo,
continuando il mestiere del nonno. ‘Ntoni, dopo essere uscito di prigione, ritorna a casa, ma
si accorge che quello non è più il suo posto e così si allontana per sempre.

I CARATTERI DEI MALAVOGLIA


Il narratore non interviene né con giudizi né con presentazioni dei personaggi. Si mimetizza
con il mondo rappresentato.
Il romanzo è ricco di personaggi, senza la presenza di un personaggio principale. Esso si
struttura su impianto corale, il cui “coro” si divide in due gruppi : da una parte ci sono i
Malavoglia, che incarnano valori positivi, dall’altra la comunità paesana, spinta solo
dall’interesse egoistico.
Il periodo storico in cui è ambientata la vicenda del romanzo va dal 1863 al 1878, in cui
spiccano eventi storici tra cui la battaglia di Lissa, la colera e la costruzione della ferrovia in
Sicilia. Al tempo storico si contrappone il tempo ciclico delle stagioni, scandito dai lavori
agricoli, feste religiose e dalle attività di pesca.
Lo spazio all’interno del quale si svolgono le vicende è quello chiuso del paese.
Il linguaggio del narratore e dei personaggi è popolareggiante, ricco di modi di dire,
paragoni, proverbi e caratterizzato da una sintassi elementare in cui compare la struttura
dialettale siciliana, anche se Verga non utilizza mai direttamente il dialetto.

IL MASTRO DON GESUALDO


Nel 1889 viene pubblicato il secondo romanzo del Ciclo dei Vinti, Mastro-don Gesualdo.
Gesualdo Motta, da semplice muratore, con il suo duro lavoro e la sua intelligenza riesce ad
accumulare una fortuna. La sua ascesa sociale si sarebbe compiuta sposando Bianca Trao,
discendente da una famiglia nobile, ma in rovina. Gesualdo era convinto che una volta aver
sposato la nobil donna, gli sarebbe risultato molto più facile farsi riconoscere dal mondo
aristocratico e stringere legami con le persone più importanti. Ma, nonostante il
matrimonio con la giovane nobil donna, Gesualdo resta escluso dalla classe nobiliare, la
quale lo disprezza per le sue misere origini.
Nemmeno sua moglie lo ama, al contrario lo respinge. Nasce una bambina, isabella, frutto
però di una relazione clandestina di Bianca con un cugino. Anche Isabella prova disprezzo
per suo padre, vergognandosi delle sue umili origini. La ragazza gli crea un altro enorme
dispiacere, sposando un cugino povero e fuggendo con lui. Gesualdo, però decide di dara in
sposa al duca di Leyra, sborsando un’enorme quantità di denaro. Tutte queste amarezze e
disgrazie fanno ammalare il povero uomo, che viene accolto a Palermo, nel palazzo del
genero e di sua figlia, ma viene messo in disparte per le sue maniere rozze e grezze.
Gesualdo trascorre gli ultimi giorni della sua vita in solitudine, allontanato dalla figlia e
angosciato nel vedere lo sperpero del palazzo nobiliare, che utilizza tutte le ricchezze da lui
accumulate con tanta fatica. Muore solo, sotto lo sguardo di un servo.

Nel Gesualdo, Verga resta fedele al principio dell’impersonalità, per cui il narratore deve
essere interno al mondo rappresentato.
L’ambiente sociale in questo romanzo non è più come quello delle novelle o dei Malavoglia:
si tratta di un ambiente borghese e aristocratico. Di conseguenza, anche il livello del
narratore si innalza.
Il Gesualdo ha al centro la figura di un protagonista, che si stacca da un sfondo ricco di
figure come nei Malavoglia. È infatti la storia di un individuo eccezionale, della sua epica
ascesa e della sua caduta. Per gran parte la narrazione è infatti focalizzata sul protagonista.

LE NOVELLE RUSTICANE
Le novelle rusticane trattano di personaggi e ambienti della campagna. Esso si basa su
moventi economici dell’agire umano con un tono amaro e pessimistico. Lo stesso tema è
trattato nelle novelle di per le vie. Nel 1884 scrive un’opera teatro intitolata Cavalleria
Rusticana, ottenendo successo di pubblico per la propria rappresentazione.

L’ULTIMO VERGA
Dopo il Gesualdo Verga lavora al terzo romanzo del ciclo: la duchessa de Leyra, ma
conclude solo il primo capitolo.
gli ultimi due romanzi in programma non vengono neppure iniziati.
i motivi di questa interruzione non sono chiari, probabilmente a causa della combinazione
tra fattori psicologici (lo scrittore era ormai anziano e stanco) e sociali (logoramento dei
moduli veristi).
nel 1893 Verga torna a vivere a Catania, lasciando definitivamente Milano, dove aveva
scritto le sue opere più importanti.
Pubblica ancora raccolte di novelle, lavora ancora per il teatro ma si tratta di opere che non
aggiungono nulla di innovativo alla sua produzione.

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