Sei sulla pagina 1di 1

IMPERSONALITÀ E REGRESSIONE DA L’AMANTE DI GRAMIGNA pag.

320
La prefazione al racconto “L’amante di Gramigna”, ha la forma di una lettera indirizzata a Salvatore Farina, questi, grande romanziere e giornalista, era contrario alle tendenze
veriste e per questo Verga si rivolge a lui argomentando i suoi convincimenti letterari. Il seguente testo insieme alla prefazione ai Vinti rappresenta l’unico testo teorico che
Verga abbia mai pubblicato, tutto il resto della sua riflessione sulla scrittura letteraria é affidato a lettere private.
-l’impersonalità: essa viene intesa come «eclisse» dell'autore, che deve sparire dal narrato, non deve filtrare i fatti attraverso la sua «lente», ma deve mettere il lettore «faccia a
faccia» con il fatto, l’opera, deve sembrare «essersi fatta da sé».
-In relazione all'impersonalità e all'«eclisse» dell'autore, si delinea anche la teoria della "regressione" del punto di vista narrativo deve cioè scomparire il narratore tradizionale,
portavoce dell'autore, e deve essere sostituito da un'anonima voce narrante che ha la visione del mondo e il modo di esprimersi dei personaggi stessi.
-L’«eclisse» dell'autore porta con sé un processo di scarnificazione del racconto, di riduzione all'essenziale. Vengono eliminate le minute analisi psicologiche della narrativa
romantica, la psicologia si deve ricavare non dai profili dei personaggi costruiti dal narratore, ma dai loro semplici comportamenti, dai gesti e dalle parole.
-Vi è il rifiuto di una facile drammaticità.

FANTASTICHERIA pag.328
L’autore si rivolge in forma di lettera ad una dama dell’alta società.
Una volta, mentre il treno passa vicino ad Aci-Trezza, la donna, vedendo quel paesino, ne rimane affascinata ed esprime il desiderio di trascorrervi un mese di vacanze. Vi
fanno ritorno qualche tempo dopo, ma dopo appena quarantotto ore lei è già stanca di quel posto. In due giorni hanno visto tutto quello che c’è da vedere e la donna dice di
non capire come si faccia a passare tutta la vita in un luogo del genere.
Il narratore cerca di spiegare alla donna le difficoltà della vita di Aci Trezza. È un popolo di umili pescatori, per comprendere i quali, bisogna capire il loro punto di vista e i
sentimenti che accompagnano la loro esistenza.
La loro vita è fatta di stenti, miseria e molte sventure, così lontana dagli ambienti che la donna è abituata a frequentare, che sembra vivere in un eterno carnevale, fatto di
feste, fiori, viaggi, lusso e adulazioni.
Eppure, nonostante tutto, il desiderio più grande di quei pescatori è proprio quello di morire laddove sono nati.
Ricorda il vecchietto che stava al timone della barca, che adesso è morto in città in un letto d’ospedale. L’avevano portato in una corsia tutta bianca, fra lenzuola bianche,
dove mangiava pane bianco, servito dalle mani bianche delle suore di carità. Ma l’unico suo desiderio era quello di morire nel suo cantuccio, vicino al focolare, sotto le sue
tegole, e quando l’hanno portato via piangeva perché non voleva allontanarsi da casa.
È un atteggiamento che l’autore definisce “l’ideale dell’ostrica”, la quale rimane saldamente attaccata al proprio scoglio per non soccombere ai pericoli del mare.
Proprio come le ostriche, i pescatori del paesino vivono protetti dall’ambiente dove sono nati: finché rispettano i valori in cui credono, anche se poveri, sono al sicuro, difesi
dai loro compaesani e dalla famiglia. Chi invece prova il desiderio del cambiamento, di migliorare la propria esistenza, di partire in cerca di fortuna, verrà ingoiato dal mare
della vita.

Verga in questo brano descrive la vita dei pescatori utilizzando termini ed espressioni tratte dalla vita quotidiana e accennando a luoghi, situazioni e personaggi che
troveranno sviluppo e ampio respiro nei Malavoglia. É facile riconosce appena abbozzati padron’Ntoni (il vecchietto di cui si è parlato prima), la Longa, ‘Ntoni, Luca, Mena,
Lia. Ma siamo ancora ben lontani dal romanzo, in particolare qui manca il “coro” del paese, l’altra struttura narrativa essenziale dei Malavoglia. Inoltre qui il mondo rurale è
visto ancora in modo idealizzato e non viene visto in modo pessimistico e disincantato. Infine qui é assente il procedimento della regressione proprio del Verga verista.

ROSSO MALPELO pag.333


La sua scrittura avviene nel periodo della svolta poetica di Verga che lo porta ad aderire al verismo. Il racconto si basa infatti su elementi costitutivi caratteristici del nuovo
modo di scrivere:
• L’impersonalità;
• Lo straniamento;
• La struttura antifrastica.

riassunto:
Rosso Malpelo, soprannome derivato dalla sua capigliatura rossa, è un ragazzo che lavora duramente in una cava di sabbia in Sicilia.
E’ uno sventurato, sfruttato e deriso senza pietà.
La credenza popolare che attribuisce un carattere malvagio a coloro che hanno i capelli rossi fa sì che Malpelo venga giudicato con pregiudizio da tutti, perfino dalla sua
stessa madre e dalla sorella.
Viene trattato come una bestia, non ritenendolo degno di essere considerato alla pari di un essere umano e costretto a vivere emarginato e isolato.
L’unica persona che dimostra affetto per lui è suo padre, soprannominato “Il bestia”, perché come una bestia da soma è sottomesso e resistente alla fatica. Il padre lavora
anch’egli nella cava di sabbia e purtroppo un giorno rimane sepolto da una frana di sabbia e muore.
L’isolamento e le angherie patite da Malpelo portano il ragazzo a reagire con comportamenti cinici e spietati. L’emarginazione e le difficoltà patite lo conducono inoltre ad
avere atteggiamenti sprezzanti e feroci con chi versa in una condizione ancora più infelice e fragile della sua, come con l’amico Ranocchio, un bambino sciancato e
disgraziato, come Malpelo, che lavora come manovale nella cava.
Il comportamento cinico e indurito di Malpelo cela però una sensibilità e un bisogno d’amore che emerge a tratti e che il ragazzo dimostra nei confronti del ricordo del padre
morto e dello stesso Ranocchio.
Malpelo rimane completamente solo quando anche Ranocchio, indebolito dalla fatica e dalle inumane condizioni di lavoro, si ammala e muore.
Malpelo non ha più nessuno per cui vivere. Si offre volontario per una pericolosa esplorazione di un passaggio della cava e si smarrisce nei cunicoli intricati. Nessuno si cura
della sua sorte ed egli sparisce nelle viscere della terra, nell’indifferenza generale, senza lasciare alcuna traccia di sé.

analisi del testo:

L’inizio del racconto è molto significativo, già da qui si può vedere il verga verista: la voce narrante assume come verità oggettiva la credenza popolare che stabilisce una
corrispondenza tra l’avere i capelli rossi e l’essere cattivo, questo significa che l’autore utilizza la regressione ovvero regredisce da persona colta a persona ignorante
precisando però che é la voce narrante ad essere ignorante e superstiziosa e non l’autore. Già nell’incipit si può notare come Verga, applica l’artificio dello straniamento,
ovvero il narratore presenta come strano, come segno di cattiveria, ciò che è una normale caratteristica fisica.
Non essendo onnisciente ma avendo acquisito il punto di vista di un ambiente popolare primitivo e rozzo, il narratore di Rosso Malpelo non riesce a comprendere il
personaggio è il suo modo di agire, da ciò ne deriva che i valori autentici che Malpelo ha conservato nonostante tutto, come la pietà, il senso di giustizia, l’altruismo e
l’amicizia appaiono in realtà deformati, incompresi, strani: ecco che anche in questo caso Verga utilizza l’artificio dello straniamento che fa apparire strano ciò che in realtà
dovrebbe essere normale.
Ma si verifica anche uno straniamento in senso inverso, nei confronti del narratore: poiché chi conduce il racconto è proprio chi è portatore di quella visione disumana, ciò
che dovrebbe essere strano, l'insensibilità totale ai valori, finisce per apparire normale.
Non tutto il racconto è però impostato sull'effetto di deformazione e straniamento della figura del protagonista. Se nella prima parte Malpelo è visto solo dall'esterno e le
motivazioni dei suoi atti restano incomprensibili al narratore, nella seconda parte emerge il punto di vista del protagonista stesso, e possiamo allora sapere che cosa pensa e
che cosa sente. Affiora così la visione cupa e pessimistica del ragazzo provato dalla disumanità di quella vita di fatiche. Rosso ha colto perfettamente l'essenza della legge
che regola tutta la realtà, sociale e naturale: la lotta per la vita(concetto che rimanda al darwinismo), in cui prevale il più forte e il più debole rimane schiacciato. E su questa
presa di coscienza che basa i suoi comportamenti. Nelle vesti del povero garzone di una cava si delinea perciò la figura di un eroe intellettuale, portatore di una
consapevolezza lucida dei meccanismi di una realtà tragica quanto immodificabile. In lui si proietta evidentemente il pessimismo dello scrittore stesso la sua visione lucida ma
disperatamente rassegnata della negatività di tulla la realtà sciale e naturale dalla quale non si può scappare.

Potrebbero piacerti anche