Sei sulla pagina 1di 2

Rosso Malpelo

Analisi del testo

Una miserrima vittima della societ, questo Malpelo. Rosso, come i suoi capelli, che gli hanno assicurato la fama
di meschino e malvagio. E un caruso, uno sciagurato cavatore di rena, destinato a guadagnarsi il pane per s e
per la madre, comare Santa, nella miniera in cui vede fare la morte del sorcio allunico affetto che ha, suo padre
Mastro Misciu detto Bestia. Da lui eredita un enorme zelo, il coraggio di tirare avanti a muso duro contro tutti, e
sfoga le angherie subite su un giovinetto, Ranocchio, a cui si lega e che pare voler educare alla durezza di una vita
come la sua. Ma la cagionevole salute riduce il compagno di sventure in fin di vita: Lacuirsi della tisi rende vane la
genuina vicinanza di Rosso, che si ritrover nuovamente solo, fino a <<lasciare le ossa>> nei meandri sotterranei
della cava.
Pubblicata nel 1878, la novella rappresenta a tinte fosche nella Sicilia coeva di Verga la situazione infelice di un
umile, impotente, intoccabile monellaccio, rifiuto della famiglia e della societ tutta. Un brutto ceffo, torvo,
ringhioso e selvatico che viene osservato non dagli occhi dellautore, ma dagli occhi dei suoi pari: in piena ottica
verista, infatti, Verga utilizza una focalizzazione interna multipla, applicando le tecniche di regressione e
straniamento, una sintassi contratta che intende emulare il dialetto siciliano realmente parlato (righe 32-33; righe
342-43), cos come i pleonastici dativi gli o le(righe 20-21, 294-95) sembrano proprio pronunciati da un
qualsiasi contadino del tempo.
Lautore infatti regredisce, si eclissa: lascia parlare i simili di Malpelo, le loro dicerie, i loro proverbi, le idee
generate dalla superstizione. Sin dallinizio sono i rozzi operai della cava ad introdurre il personaggio:
Malpelo si chiamava cos perch aveva i capelli rossi; ed aveva i capelli rossi perch era un ragazzo malizioso e cattivo,
che prometteva di riescire un fior di birbone. Sicch tutti alla cava della rena rossa lo chiamavano Malpelo; e persino sua
madre, col sentirgli dir sempre a quel modo, aveva quasi dimenticato il suo nome di battesimo.

Tanto le loro menti sono annichilite dalla superstizione che anche le associazioni appaiono illogiche: se il primo
perch ha valore oggettivo, il secondo maschera una consequenzialit che un mero parto dellignoranza di quel
ceto umile che per antonomasia i Veristi andavano a fotografare. Lescamotage verghiano ricorre nel testo
allorch sono inseriti, nella forma di discorso indiretto libero, motti proverbiali che sono emblemi del pensiero
popolare: ma d'altra parte tutto pericolo nelle cave, e se si sta a badare a tutte le sciocchezze che si dicono,
meglio andare a fare l'avvocato (righe 36/37); giacch, alle volte, il pane che si mangia non si pu andare a
cercarlo di qua e di l (riga 75).
Ma lumilt condivisa non pare agevolare una comunione dintenti, una solidariet tra simili: il protagonista solo,
contro tutto il sistema di rapporti umani prodotto da una societ letta secondo la filosofia determinista sfumata di
pessimismo. Il destino del fanciullo segnato. Perde chi sta dal suo lato ( Ranocchio, il padre), ma continua ad
essere ignorato o sbeffeggiato da tutti gli altri personaggi: la sorella, che prima di sposarsi e partire con la madre,
lo accoglieva a casa a suon di scapaccioni; la stessa madre, che come tale non satteggia (Il certo era che nemmeno
sua madre aveva avuta mai una carezza da lui, e quindi non gliene faceva mai); i compagni di lavoro, che lo
accarezzavano coi piedi, allorch se lo trovavano a tiro, come lingiurioso Sciancato o il menefreghista ingegnere.
Lantagonista del racconto tuttavia il sistematico sfacelo prodotto dalla sorte e la maledizione superstiziosa che
ricade sul fanciullo, che pare nato per morire, e penare, quasi ergastolano, in mezzo a quella rena solfurea. La
chiave di lettura di ci la offre lultimo personaggio che figura, il galeotto, che mette sullo stesso piano anzi, su
un piano ancora inferiore linfelice condizione dello scavatore e quella del prigioniero:
Dopo poche settimane per il fuggitivo dichiar chiaro e tondo che era stanco di quella vitaccia da talpa, e

piuttosto si contentava di stare in galera tutta la vita, ch la prigione, in confronto, era un paradiso, e preferiva
tornarci coi suoi piedi.

Una vitaccia da talpa, da bestia, che viene ben resa dallautore con continui riferimenti al mondo animale,
costantemente rapportato alle condizioni degli uomini proprio per enfatizzarne la disumanit. E cos soffocato
come un sorcio muore Mastro Misciu, mentre il figlio viene metaforicamente fatto rispecchiare negli occhi di
quellasino grigio su cui si sfoga, che vedr morire, e dilaniare dai cani che se lo spolpavano. E evidente lallegoria
della sua condizione: la sua vita viene infatti depauperata dalle sevizie del branco di esseri pi o meno umani che
lo circondano.
Lasino un elemento chiave nel racconto. Rosso Malpelo si sfoga su di lui, percuotendolo a bastonate quando
vuole spronarlo a caricar pi rena; cos come colpisce pulcino Ranocchio cos chiamato per landatura
ereditata da una lussazione allanca ma dimostrando due lati di s: soleva dire a "Ranocchio": - L'asino va
picchiato, perch non pu picchiar lui; e s'ei potesse picchiare, ci pesterebbe sotto i piedi e ci strapperebbe la carne
a morsi. Malpelo rivede s nellasino, consapevole della sua sventura e picchiandolo si pone a guardarsi
dallesterno ed a punire un ragazzaccio che malvagio perch rosso di capelli, quasi che la superstizione lo
abbia convinto a tal punto da farlo indentificare con la peculiarit attribuitagli. Vuole al contempo proteggere
Ranocchio (righe 105 e ss.), insegnargli a difendersi, come lui, dalle angherie di un mondo crudele.
Mondo a cui intende ribellarsi: evidente dopo la morte del padre (righe 69 e seguenti), in cui sembra acuirsi la
sua ostinazione, si macchia le mani di sangue rosso per scavare nella rena rossa alla ricerca del cadavere del
genitore.
Il rosso il colore chiave, dei capelli del protagonista, della rena solfurea che suo vincolo fatale; ad esso si
accosta il grigio: negli occhi di Malpelo, che si riflettono nel suo parallelo narrativo che l asino, nel pane umile e
bigio. Si somma il nero, della landa deserta lavica della sciara, del buio del cielo, delloscuro cunicolo che
inghiottir il fanciullo. Solo nei vaghi pensieri, per di pi gi scettici in partenza, in cui Malpelo esprime la
preferenza di lavorare allaria aperta (righe 167 e ss.) fanno capolino altri toni pastello: lazzurro del cielo, il mare
turchino, il verde dei campi, a sussurrare un anelito di supposta libert e di riscatto da quel drammatico
contingente.
Ma il nero di quellindefinitezza assoluta del male che, quasi polo opposto al rosso che caratterizza il personaggio,
coprir ogni speranza. Come gi ha portato via il padre, quella rena rossa si porter via anche lui, con tutti gli
arnesi dal genitore avuti, con tanta cura conservati, quasi fossero i simboli di un destino, testimoni di una missione
eroica e quasi titanica tramandatasi: il piccone, la zappa, la lanterna, il sacco col pane, il fiasco del vino. Tutti
caratterizzanti lo status sociale del protagonista, gli strumenti del lavoro, il mezzo di sopravvivenza in una vita che
si configura pi come una lotta contro la morte secondo un processo darwiniano di selezione naturale, con esito
scontato.

Potrebbero piacerti anche