Nasce il 2 settembre 1840 a Catania da una famiglia di proprietari terrieri; nel 1869 si trasferisce a
Firenze allora capitale del Regno, dove stringe amicizia con Luigi Capuana. Successivamente si
trasferisce a Milano che a quei tempi era la capitale economica e centro della nuova industria
editoriale, desidera vivere dove è più facile per lui esercitare la sua professione di narratore, e
entra in relazione con il gruppo scapigliato e in seguito scriverà la sua prima opera di successo il
romanzo “Storia di una capinera” pubblicata nel 1871, incentrato sulla vicenda di una
fanciulla, Maria, costretta a farsi monaca ma con il costante desiderio insoddisfatto di volersi
sposare. Nel 1874 scrive la novella “Nedda” che narra di una povera ragazza orfana che per
sopravvivere è costretta a farsi sfruttare con umili lavori. Come i suoi genitori neanche lei riuscirà a
prendersi cura della sua bambina. Questa Novella è l'esempio del pessimismo verghiano, una
visione disperata e disperante della realtà dove ancora una volta si evidenzia il determinismo del
poeta: il figlio è uguale al padre, e non c'è possibilità di riscatto per il cosiddetto principio di
ereditarietà e ognuno è il prodotto di causa- effetto. Nel 1880 pubblica la raccolta di novelle “Vita
dei campi” che è una raccolta di novelle che per alcuni aspetti anticipano i temi, il linguaggio e le
figure dei Malavoglia e rappresentano lo stadio iniziale dell'inchiesta critica e verista condotta da
Verga sulla società contemporanea. Nel 1893 conquistata come un sogno la tranquillità
economica, ritorna definitivamente a Catania dove muore nel 1922. Verga sente il bisogno di
rappresentare l'inevitabile destino di dolore comune a tutte le classi sociali, ognuna travolta in
maniera differente dall’aggressiva voglia di denaro e di ‘roba’, o comunque da acquista voglia di
volere di più, di volere di meglio; dall’umile pescatore siciliano fino all' intellettuale, all’uomo di
lusso. Ed è per questo che decide di dedicarsi alla stesura del “Circolo dei vinti” che non riuscirà
a terminare in quanto, secondo la critica, gli verrà a mancare la tensione narrativa. Il ruolo
dell’autore in quest’opera è quello di essere la coscienza critica del presente, di osservare e
ritrarre l’attuale condizione di degrado etico e civile; deve trovare il modo di mettersi dietro le
quinte, di rendere più efficace la sua denuncia facendo sembrare che la narrazione autonoma e ‘la
pagina deve sembrare essersi scritta da sola’. Da queste condizioni nasce la tecnica
dell'impersonalità. Nella prefazione ai “Malavoglia”, Verga descrive i caratteri della sua narrativa:
ci parla delle ansie di chi, nato in condizioni disagiate, avvertirà la necessità del riscatto sociale;
evidenzia il concetto di ‘fiumana del progresso’, dove il progresso è un fiume in piena nel quale
più deboli affogano perché sì, il progresso raggiunge buoni risultati, ci dà gloria, ma ci costa anche
molto dolore e soprattutto sangue per i più deboli. Per non essere travolti dalla fiumana bisogna
stare attaccati al proprio guscio (ideale dell’ostrica), in questa novella Verga parla dell'ideale
dell'ostrica che sostiene la povera gente. Nel concetto dell'autore, finché i contadini, i braccianti, i
pescatori vivono protetti dall'ambiente che li ha visti nascere e crescere, finché credono e
rispettano i valori in cui hanno creduto e che hanno rispettato i loro padri, allora, anche se poveri,
sono al sicuro. Il problema nasce quando cominciano a provare il desiderio del cambiamento, il
desiderio di migliorare, di progredire. Come l'ostrica che vive sicura finché resta avvinghiata allo
scoglio dov'è nata, così l'uomo di Verga vive sicuro finché non comincia ad avere smanie di
miglioramento. Inizia dall’analisi delle classi meno ricche con ‘I Malavoglia’ perché è più semplice
per poter arrivare alle altre classi e anche perché gli individui più umili sono anche i più primitivi
fatti di sensazioni e non di sentimenti. Il linguaggio utilizzato da Verga è un linguaggio che mira ad
essere sincero al fine di dimostrare la verità e dove la forma è coerente con il contenuto.
È evidente la differenza dell’ambiente descritto che non è più come quello primitivo dei Malavoglia
ma socialmente superiore, tra il borghese e l'aristocratico. Anche il linguaggio è più vario e la
tecnica stilistica più articolata, perché non si limita al dialogo tra i personaggi bensì si inserisce in
un’introspezione più complessa dei protagonisti.
Pochissime notizie abbiamo sugli altri tre romanzi quali “La duchessa di Leyra” 1896, “L’Onorevole
Scipioni” e dell’ “Uomo di lusso”. Il Ciclo dei Vinti è un vero e proprio documentario umano dove
evidenti sono l’oggettività e la verità. Ciò che viene fuori dal ciclo è che tutti sono vinti perché la
storia è ciclica: il progresso è illusorio perché ripiomba sempre nella lotta di classe e quindi i
vincitori di oggi saranno i vinti di domani.