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ROSSOMALPELO fa parte della raccolta Vita dei Campi, insieme di novelle scritte dall’autore tra il 1879 e il

1880.

La storia parla di un ragazzino che lavora in una cava di rena rossa che ha una peculiarità: i capelli rossi.
La cultura - o meglio l’ignoranza - del suo tempo guarda con pregiudizio a chi ha i capelli rossi e il bambino
non riceve amore nemmeno dalla madre, che non si fida di lui, arrivando addirittura ad accusarlo di rubare
soldi alla famiglia. Rosso Malpelo lavora con suo padre, Mastro Misciu (soprannominato Misciu Bestia, che è
la sola persona al mondo che gli mostri un po’ di affetto. Un giorno l’uomo, che necessita di soldi per
mantenere la famiglia, accetta un lavoro pericoloso affidatogli dal padrone: deve abbattere un pilastro,
compito che nessuno degli altri lavoratori ha accettato. Una sera, scavando, proprio quel pilastro gli cade
addosso e nessuno, escluso Malpelo, prova a fare nulla per salvarlo perché già viene dato per spacciato. Il
figlio si affanna, chiede aiuto disperato, scava fino allo sfinimento a mani nude e da solo, ma il padre
rimane vittima del crollo, sepolto dalle macerie.
Da quel momento la vita di Rosso peggiora ancora di più e il ragazzino diventa ancora più schivo. Morto il
padre alla cava viene a lavorare un ragazzino che di soprannome fa Ranocchio per via del modo in cui
cammina. Malpelo e Ranocchio fanno amicizia e il protagonista lo protegge da un lato ma lo tormenta e lo
maltratta dall’altro volendo insegnarli che il mondo è crudele. Una volta che il cadavere del papà di Malpelo
viene ritrovato il ragazzino tiene come il più prezioso dei tesori gli oggetti a lui appartenuti. Passa poco e,
purtroppo, Ranocchio muore perché ammalatosi di tubercolosi e stremato dalle fatiche del lavoro pesante.
Malpelo è più solo che mai, con la madre che si è risposata e la sorella che ha cambiato casa, andando a
vivere in un altro quartiere. Il ragazzino decide di accettare il rischioso compito di perlustrare una galleria
abbandonata: prende pane, vino, degli attrezzi, i vestiti del papà e entra nel cunicolo per non uscirne mai
più. I lavoratori della cava che rimangono fuori continuano a temere di vederlo spuntare fuori nuovamente
con i "capelli rossi e occhiacci grigi" che lo caratterizzavano.

La poetica dell’impersonalità (narrazione deve essere raccontata in modo impersonale)

Secondo la visione di Verga, una rappresentazione artistica deve possedere “l’efficacia dell’essere vero”,
ovvero deve conferire al racconto l’impronta di una cosa realmente accaduta. Per fare questo non basta che
ciò che viene raccontato sia reale e documentato deve anche essere narrato in modo da mettere il lettore
“faccia a faccia con il fatto nudo e schietto” in modo che non abbia l’impressione di vederlo attraverso la
lente dello scrittore.

Per questo motivo lo scrittore deve eclissarsi evitando di esprimere giudizi sui fatti narrati e deve “mettersi
nella pelle dei suoi personaggi”, vedere le cose con i loro occhi ed esprimerle con lo loro parole.

Il narratore si mimetizza nei personaggi stessi adotta il loro stesso modo di pensare , di giudicare e di
parlare. E’ come se a raccontare fosse uno di loro che però non compare direttamente nella vicenda e resta
anonimo. Quindi i fatti non passano attraverso la “lente dello scrittore”: siccome chi narra è interno alla
narrazione ,il lettore ha l’impressione di trovarsi “faccia a faccia con il fatto nudo e schietto”.(la regressione)

Il lettore, deve essere introdotto nel mezzo degli avvenimenti senza che nessuno gli fornisca indicazioni sugli
antefatti, . sui luoghi e sui personaggi . Verga ammette che questo può creare una certa confusione alle
prime pagine però man mano che gli “attori” si fanno conoscere con le loro azioni e le proprie parole, si
rivela il loro carattere al lettore. Evitando ,così, l’intromissione dell’autore che spiega ed informa , si può
creare l’illusione completa della realtà” ed eliminare ogni artificiosità letteraria.

Il linguaggio ovviamente non è quello dello scrittore ma un linguaggio spoglio e povero, punteggiato da
modi di dire, proverbi imprecazioni, paragoni , dalla sintassi elementare e scorretta.
ANALISI ROSSO MALPELO PAG.203
E’ il testo che dà inizio alla fase “verista” dello scrittore .La prima frase denota già la rivoluzione narrativa:
affermare che Malpelo ha i capelli rossi “perché era un ragazzo maliziosa e cattivo “è una stortura
logica(ragionamento distorto),che rivela un pregiudizio superstizioso, proprio di una mentalità primitiva.

Il narratore è al livello dei personaggi ,è interno al mondo rappresentato. L’apertura del racconto mostra
subito il principio della “regressione” che si attua attraverso il principio dell’impersonalità.

Il narratore di Rosso Malpelo non è onnisciente, ma è rappresentante di un ambiente popolare primitivo e


rozzo, pertanto non è depositario della verità, infatti ciò che ci racconta del protagonista non è attendibile :
il narratore non capisce l’agire di Malpelo e lo deforma.

Esempio: dopo la morte del padre nel crollo della galleria ,Rosso scava con accanimento, ed ogni tanto si
ferma, ascoltando. E’ facile intuire che nella speranza di trovare il padre e si ferma cercando di udire la voce
del padre al di là della sabbia; ma il narratore non capisce questo suoi sentimenti filiali e attribuisce il suo
comportamento in base al pregiudizio del “Malpelo”, alla sua strana cattiveria (sembrava che stesse
ascoltando qualche cosa che il suo diavolo gli sussurrasse negli orecchi r.81-83)).

Malpelo riconosce un certo valore agli oggetti personali del padre morto (attrezzi da lavoro, gli indumenti).
Questo dimostra che il ragazzo prova una pietà filiale per l’unica persona che gli voleva bene. Il
comportamento di Malpelo è impenetrabile per il narratore che ha una visione disumanizzata di un
’ambiente duro come quello della cava.

PROCESSO STRANIAMENTO

Malpelo nonostante sia cresciuto nell’ambiente disumano della casa ha conservato dei valori autentici: la
pietà filiale, l’amicizia il senso della giustizia e l’altruismo. Visto che il narratore è il portavoce della visione
di un mondo disumanizzato che ignora i valori e conosce solo la forza e l’interesse, esercita su questi valori
un processo di straniamento, fa apparire strano quello che dovrebbe essere normale ,i valori autentici.

Verga, con la scelta di narrare il punto di vista degli operai della cava, esprime il suo pessimismo.

STRANIAMENTO ROVESCIATO

Il narratore che è portatore di quella visione disumana, ciò che dovrebbe essere strano, come la mancanza
dei valori finisce per apparire normale : attraverso ciò denuncia ,sempre senza giudizi, la visione di quel
mondo disumanizzato.

Se nella prima parte Malpelo è visto dall’esterno, dal punto di vista ottuso dell’ambiente ,nella seconda
parte emerge il punto di vista del protagonista stesso: emerge la visione pessimistica di Malpelo, indurito
dalla disumanità della vita di fatiche, patimenti ed angherie. Pelo, per sopravvivere, ha compreso la legge
che governa la realtà: la lotta per la vita, in cui prevale il più forte mentre il debole viene schiacciato.
Malpelo,quindi,viene delineato come un eroe intellettuale che consapevole di non potere sfuggire da una
realtà tragica ed immodificabile attua la legge del più forte.
LA ROBA

1)Il personaggio di Mazzarò rispecchia l’immagine del self made man rurale , l’uomo che dal nulla si crea
una immensa fortuna grazie alla sua intelligenza ,alla furbizia e all’energia infaticabile, ma soprattutto alla
capacità di sacrificare tutto alla “roba”. Egli è uscito da una situazione di lavoratore sfruttato ,lavorando fin
da piccolo quattordici ore al giorno, sotto padrone, con la schiena piegata senza sosta per solo tre tarì della
giornata , con la febbre da malaria e in qualsiasi condizione climatica,sole,vento e pioggia, fino ad
arrivare a conquistare una condizione di prestigio. Così, Mazzarò, con tanto impegno e lottando con tutte le
sue forze si è impossessato, pezzo dopo pezzo, di tutta la roba del padrone per cui lavora.

Mazzarò , a differenza del padrone non sperperava i soldi, non si concedeva lussi di alcun genere e faceva
investimenti intelligenti ottenendo, così più roba di quanta ne avesse il re.

Mazzarò, quindi, trascorre tutta la sua vita all’insegna del sacrificio, ma una volta vecchio, ormai prossimo
alla morte, consapevole che sarà costretto ad abbondonare la sua roba, disperato, decide di distruggere
cio che possiede :se la roba fa parte del suo essere, ed egli deve morire, anche la roba deve morire per
poter rimanere con lui: «Roba mia, vientene con me!»

“) Il viandante di livello culturale”alto “, che fin dalle prime luci dell'alba osserva con attenzione ciò che gli
sta attorno, trasforma Mazzarò in un essere favoloso, poiché nonostante la banalità della sua persona, la
sua minutezza e la sua gonfia pancia, egli in realtà sembrava il padrone del mondo.

3)

4)L’ascesa sociale di Mazzarò è inserita in un processo storico della modernità che porta alla crisi della
aristocrazia feudale in decadenza e l’ascesa della borghesia.

Dietro alla contrapposizione tra la figura di Mazzarò ed il barone c’è la contrapposizione di due mondi:
quello tardo-feudale e quello capitalistico ,fondato sull’economia e sul lavoro. Nella novella,infatti, viene
rappresentato il conflitto tra l’attivismo e l’intraprendenza del borghese e l’inettitudine del barone che
spreca tutte le sue ricchezze

Il barone, possiede soltanto il potere e il denaro, ma non ha mai avuto un rapporto diretto con la terra e
non sa come far fruttare la sua “roba”, che gli viene sottratta da Mazzarò, il quale invece conosce, per averli
vissuti in prima persona,, i meccanismi che regolano la produzione agricola. Mazzarò non sa scrivere, fa la
croce al posto della firma, ma conosce le albe e i tramonti, le stagioni buone e quelle cattive, i ritmi della
vita e della morte.

Mazzarò sapeva conservare la roba, e la roba sembrava voler andare da lui, perché «la roba vuol stare con
chi sa tenerla».

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