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RIZZOLI. ROMANZO. Ma cosa dunque la vita, quella vita di cui Cassola parla cos sovente, con un tono insieme abbandonato e discreto? Lo scrittore il suo messaggero e il suo servo, il devoto artigiano di provincia che tenta di approssimarsi a questa essenza intangibile come diceva Anna Cavorzio passeggiando per la pineta di Cecina, a questa assenza di determinazioni, potrebbe aggiungere Cassola. Come definirla, se qualcosa che l'intelligenza non riuscir mai a fissare: se illimitata, inesauribile, supera le nostre misure, i confini che tentiamo di stabilirle e soprattutto sfugge alle costruzioni superficiali della realt? Non la cogliamo nei momenti di felicit e di estasi, ma nella banalit quotidiana, a patto di guardarla con occhi puri. Essa non conosce fratture o antitesi: continua all'infinito, si ripete senza soste, modulata e livellata, stranamente musicale e monotona. un rumore sempre eguale, e che pure non stanca mai, al quale il filo incessante del racconto e delle parole deve adeguarsi perfettamente. PIETRO CITATI. Carlo Cassola (Roma 1917) esord nella letteratura con racconti brevi e prose riuniti nel volume La visita. Sue opere principali sono i romanzi: Fausto e Anna (1952), La ragazza di Bube (Premio Strega 1960), Il cacciatore (1964), Paura e tristezza (1970), Monte Mario (1973, premio Selezione Campiello), Gisella (1974), Troppo tardi (1975), L'antagonista (1976), L'uomo e il cane (Premio Basutta 1978); i saggi: Il gigante cieco, Ultima frontiera (1976), La lezione della storia (1978) e Il romanzo moderno (1981). MONTE MARIO (Premio Selezione Campiello, 1973) GISELLA FOGLI DI DIARIO L'ANTAGON I STA LA DISAVVENTURA L'UOMO E IL CANE (Premio Bagutta, 1978) IL SUPERSTITE IL PARADISO DEGLI ANIMALI VITA D'ARTISTA LA MORALE DEL BRANCO IL RIBELLE L'AMORE TANTO PER FARE LA ZAMPA D'OCA collezione BUR: TROPPO TARDI FAUSTO E ANNA ULTIMA FRONTIERA MONTE MARIO IL GIGANTE CIECO GISELLA UN UOMO SOLO
LA LEZIONE DELLA STORIA LA CASA DI VIA VALADIER I VECCHI COMPAGNI IL SOLDATO IL TAGLIO DEL BOSCO L'ANTAGONISTA LA RAGAZZA DI BUBE PAURA E TRISTEZZA IL ROMANZO MODERNO UN CUORE ARIDO CASSOLA CARLO, Un cuore arido Introduzione di PIETRO CITATI Biblioteca Universale Rizzoli MILANO 1982 Propriet letteraria riservata 1982 Rizzoli Editore. Milano Prima edizione BUR: febbraio 1982 INTRODUZIONE. Chiuso da anni a Grosseto, nemico dei viaggi, schivo e solitario, Carlo Cassola potrebbe sembrare uno di quegli scrittori che conoscono cos perfettamente il proprio mondo, da essere costretti a ripetersi. Attorno a pochissimi temi, ripresi e trasformati con fecondit straordinaria, egli ha composto, nel corso degli ultimi dieci anni, una serie di lunghi racconti e due romanzi: Fausto ed Anna e La ragazza di Bube. Nelle dichiarazioni pubbliche, ostenta sovente una pervicacia didattica e predicatoria, una perffino rozza e limitata sicurezza di s. Ma, in questo piglio sdegnoso, non difficile scorgere un eccesso di difesa. Piuttosto che il respiro tranquillo dello scrittore maturo, la sua stessa fecondit svela forse un'ansia nervosa, una candida tensione giovanile. Ogni volta Cassola insegue se stesso, e ogni volta scopre di non esser riuscito ad esprimere quello che avrebbe voluto, e riprende da capo, ardente e paziente, sulle tracce del proprio libro definitivo. Con il romanzo: Un cuore arido, credo che Cassola abbia concluso la propria lunga ricerca. Dopo dieci anni di prove, di sconfessioni parziali, di fallimenti felici e infelici, egli ha scritto il libro che il giovane scrittore ventenne, adoratore dei Dubliners, mentre componeva i raccontini di Alla periferia e di Una visita aveva sempre sognato, ma presto rinunciato a comporre. Sulla costa di Marina di Cecina, ai bordi del bosco e della ferrovia, nel 1931 le amiche passeggiano a braccetto lungo la riva: insieme vanno a prendere il latte: si azzardano, in bicicletta, nei paesi vicini; dalla finestra di casa guardano il mare. Sulla spiaggia si aprono i primi stabilimenti balneari; e d'estate, quando i bagnanti arrivano da Firenze o da Siena, le ragazze ballano la rumba e il tango allo chalet. Ma, d'inverno, appena i luoghi ritornano alla loro purezza, si ritrovano per giocare a carte o alle recite organizzate dal parroco. Due sorelle, Bice ed Anna Cavorzio, orfane di padre e di madre, vivono insieme a una zia, che lavora da sarta. Ritrosa, dura, caparbia, Anna non sa esternare i propri sentimenti, e per questo la giudicavano senza cuore. Ha diciotto anni, e non ha
ancora , amato nessuno. Quando un giovane del luogo la corteggia, lo respinge con rabbia, con disprezzo, quasi con odio. Ma quegli occhi verdi, quella voce un po' rauca non nascondono, come dice il titolo, un cuore arido. Viva, sfacciata, deliziosamente femminile, Anna si innamora di Mario, il fidanzato della sorella. Senza rimorsi, senza ragionare o riflettere, non si vergogna di dividerlo con lei; e amoreggia con Mario nei boschi o in casa, mentre la sorella a letto, ammalata, nella stanza vicina. Dopo poco Mario raggiunge il padre in America e la abbandona. Quasi a vincere un oscuro rancore, Anna diventa l'amante di un ricco giovane di Cecina, Marcello. Non lo ama; ed lei, questa volta, improvvisamente e istintivamente come suo costume, a lasciarlo. Nel piccolo paese, dove basta uno scarto per perdere la reputazione, Anna potr difficilmente trovare un marito. Ma non teme il futuro. Senza desideri e rimpianti, assiste al matrimonio della sorella. Non ha perduto il suo fuoco, e lo esercita a salvare la cugina--la povera, dolcissima Ada con la mano tagliata--dagli inganni del mondo. E non invidiava nessuno... io non ho bisogno di sistemarmi pensava Anna. posso continuare a vivere come vivo. ...Ora, la stessa passione per Mario la lasciava indifferente. E Marcello, aveva contato sempre cos poco per lei... Com'ero sciocca a temere che la mia vita ne fosse sconvolta. Niente, niente avrebbe potuto sconvolgere la sua vita... perch la vita, l'essenza vera della vita, era qualcosa di intangibile. Niente poteva intaccarla: e i fatti, quei fatti di cui si parla tanto, ... erano in realt senza importanza, senza significato. Anna non ha rinunciato a nulla. Le sue apparenti rinunce sono un modo, brusco e istintivo, per mantenersi accanto alla giusta corrente della vita. Obbedisce ad essa nel suo insieme, e si libera dagli eventi e dalle persone che sembrano rappresentarla e la imprigionano solamente. Nella Ragazza di Bube, la forza delicata e ingenua della natura cadeva vittima della storia e dei doveri. Anna, invece, ignora la storia, rifiuta di chiudersi nell'amore per Mario, dimentica Marcello, supera il rimorso per la propria colpa, il dolore per la morte: simile all'esistenza che vince crudelmente tutte le limitazioni e rimane soltanto fedele a se stessa. Per la prima volta, Cassola si veramente confessato in un personaggio. Anna c'est moi -- avrebbe potuto affermare anche lui, osserva Franco Fortini. Lo stesso titolo del romanzo--Un cuore arido-- come una ironica allusione a quel tanto di secco, di duro, di caparbiamente riduttivo, che appare nella sua figura. Ma nel momento che il moralismo di Cassola si trasforma nella persona cos libera e spontanea di Anna, diventa un mezzo sottile e discreto per difendere una mistica della vita. Gli apparenti, sdegnosi no, che egli pronuncia ogni giorno, sono in realt dei profondi s, appena mascherati. L'unica virt umana che riconosca non la rinuncia, che per lui come per Anna un atto volontario e intellettuale, ma l'accettazione, l'obbedienza al ritmo cos difficilmente avvertibile dell'esistenza. Ma cosa dunque la vita, quella vita di cui Cassola parla cos sovente, con un tono insieme abbandonato e discreto? Lo scrittore il suo messaggero e il suo servo, il devoto artigiano di provincia che tenta di approssimarsi a questa essenza intangibile come diceva Anna Cavorzio passeggiando per la pineta di Cecina, a questa assenza di determinazioni, potrebbe aggiungere Cassola. Come definirla, se qualcosa che l'intelligenza non riuscir mai a fissare: se illimitata, inesauribile, supera le nostre misure, i confini che tentiamo di stabilirle, e soprattutto sfugge alle costruzioni superfficiali
della realt? Non la cogliamo nei momenti di felicit e di estasi, ma nella banalit quotidiana, a patto di guardarla con occhi puri. Essa non conosce fratture o antitesi: continua all'infinito, si ripete senza soste, modulata e livellata, stranamente musicale e monotona. un rumore sempre eguale, e che pure non stanca mai, al quale il filo incessante del racconto e delle parole deve adeguarsi perfettamente. Questa idea dell'esistenza commuoveva profondamente Cassola, anche quando sembr rifiutarla. L'aveva intuita nei raccontini giovanili, nelle Amiche e in Rosa Gagliardi, ai limiti del mondo, in un'atmosfera astratta ed estatica. Ma, per qualche anno, questa idea parve costringerlo e impacciarlo. La pura essenza poteva ridursi a un attimo incomunicabile. Allora si immerse nel regno dei fatti, e si diede a raccontare storie di partigiani, di comunisti e di intellettuali, di matrimoni infelici, componendo un'arida enciclopedia del grigiore. Lontano dalla vera vita, le cose gli sembravano in preda alla noia, alla disperata depressione, alla intollerabile desolazione. Da questo mondo, che gli ripugnava e lo affascinava, stava sempre per venire schiacciato e soffocato, e si difese solo a spese della propria arte: distendendo, tra lui e le possibili sorprese degli eventi, la protezione sbiadita di una maniera letteraria. Con Un cuore arido, Cassola riprende l'esile tela delle Amiche. L'apre e la dilata, togliendole quel tanto di giovanile e immaturo, e recuperando la casuale ricchezza della realt quotidiana. Egli rappresenta, a prima vista, quanto usiamo definire realt: quello che accade in un paese toscano tra il 1931 e il 1934, prima della guerra di Abissinia. Ma incomincia coll'abolire completamente la parte della storia. E poi l'esistenza non si esprime, soprattutto, negli attimi di pausa e di sospensione, liberi da ogni disegno, in cui sembra che non accada nulla e il tempo si limiti a scorrere; e nelle improvvise e illuminanti sensazioni irrazionali? Fedelissimo alle cose e insieme lontano da esse, senza un'ombra di lirismo, sorretto da una forza profonda e tranquilla, Cassola infonde in ogni momento della banalit quotidiana il segno inesauribile della vera vita. Quanto ai fatti, diceva Anna Cavorzio, non hanno importanza n significato. Dopo aver diviso cos a lungo i lamenti delle loro vittime, Cassola ci comunica per la prima volta le consolanti intuizioni con le quali possiamo vincerli o accantonarli. Invece di guidare lentamente un individuo verso la propria morte, egli scrive un romanzo pedagogico, dove i fatti sono presenti soltanto come esempio negativo, come una tappa, che il protagonista e il lettore, insieme uniti, trovano la forza di superare. La povera fatuit di Marcello Mazzei, la violenza di Bertini, e perfino il culmine dell'amore tra Anna e Mario--restano in qualche modo esclusi dal filo musicale e continuo, perch pretendono di esistere per conto proprio. Sebbene la loro parte sia ormai infinitamente ridotta, Cassola non pu tuttavia fare a meno dell'ostile grigiore che emanano gli avvenimenti: ha bisogno della loro inimicizia, del loro oscuro livore, per negarli, e distinguersi e contrapporsi senza rimedio. Cassola non Cechov, che assorbiva e scioglieva interamente i fatti nel respiro della sua prosa. Egli non potr mai, io credo, abbandonarsi e accettare del tutto; e scrivere un libro in cui l'esistenza si accontenti di affermare semplicemente se stessa, si ascolti, osservi la continuit del proprio ritmo. Ma proprio questa estrema riserva la ragione pi vera della sua poesia. Tra gli abbandoni e il ritegno, tra la purezza e l'aridit, tra l'illimitato e il limitato, Cassola, simile ancora una volta ad Anna Cavorzio, non sar mai in grado di scegliere. 1961
PIETRO CITATI UN CUORE ARIDO A Manlio Cancogni. PRIMA PARTE. CAPITOLO 1. Il libeccio era durato fino alla notte prima, e un largo tratto di spiaggia era stato spianato e scurito dalla mareggiata. Anna camminava adagio, guardando in terra. Seguiva la traccia di due piedi nudi. Poi la sua attenzione fu attirata da un'orma composta da tre graffiature: pens che l'avesse lasciata un gabbiano. Risal il pendio e si mise a camminare lungo l'orlatura bianchiccia che segnava l'estremo limite della mareggiata. Con la punta del piede smuoveva le conchiglie e i sassolini che la furia delle onde aveva portato fin l. Not un pesciolino morto; e una bava che sotto la carezza del vento sembrava volesse staccarsi da terra e prendere il volo. Le bast sfiorarla, perch si sfacesse. Anna si tir indietro di qualche passo e sedette sulla rena asciutta. Non era una ragazza che desse nell'occhio: bench fosse bene in carne e avesse un personale svelto. I capelli li portava tagliati corti, con una frangetta che le copriva la fronte. Aveva fattezze regolari: precisa la linea arcuata delle sopracciglia, ben modellato il naso, disegnate con nettezza e in rilievo le labbra. Ma il bello di Anna erano gli occhi: verdi, cosa rara in una bruna. E la voce: rauca, quasi cavernosa, che sulle prime poteva riuscire sgradita, poi si rivelava incantevole. Pure, ci voleva tempo per accorgersi di lei; infatti non erano stati molti i suoi corteggiatori: n tra i paesani n tra i villeggianti. Dei colpi la fecero voltare. Doveva essere Enrico che smontava le ultime cabine. L'altro stabilimento era gi stato demolito. La spiaggia era di nuovo libera: si vedeva solo in fondo un barroccio che caricava la ghiaia. Dalla parte del molo, dove il mare aveva mangiato la spiaggia e la poca sabbia rimasta era grossa e scura, c'erano alcune barche tirate in secco e un pescatore intento ad accomodare la rete. C'era anche don Vincenzo che stava entrando in acqua. Si immergeva piano piano, fermandosi ogni tanto a strofinarsi il petto, le braccia e il collo. L'acqua doveva essere parecchio fredda, ma don Vincenzo i bagni li faceva solo dopo che i villeggianti erano partiti. Anna si mise a spianare un piccolo tratto di sabbia. Non le importava che la stagione fosse finita. Lei se la godeva poco: non andava alle feste da ballo allo chalet, n frequentava il passeggio serale in pineta. A parte qualche scappata sulla spiaggia la mattina, sia lei che la sorella durante l'estate facevano la solita vita. Con in pi il disagio di avere gente in casa; e del chiasso che c'era in paese fino a tardi, mentre loro dovevano alzarsi presto. Se Anna non aveva motivo di rimpiangere l'estate, nemmeno si sentiva attratta dai mesi che le stavano davanti. Non potevano pi costituire un'attrattiva per lei le festicciole di carnevale o le recite messe su da don Vincenzo. Quest'anno non reciter. Soltanto andare a prender freddo in quello stanzone... vero che il divertimento erano le prove, gli scherzi per esempio che faceva Livio al cappellano, quando fingeva di aver dimenticato la parte e sbagliava apposta le battute. Don Vincenzo usciva gocciolante dall'acqua. Attravers il banco di ghiaia camminando sui talloni e agitando le lunghe braccia magre per tenersi in equilibrio. Faceva ridere con quel costume
troppo lungo e troppo largo che gli si appiccicava addosso. Corse goffamente verso la rena asciutta, raccolse l'accappatoio e si affrett a infilarlo. Poi, con l'asciugamano, prese a stropicciarsi forte i capelli. Anna torn a guardare dalla parte opposta. Proprio nel punto dov'era il barroccio, la spiaggia cominciava a curvare; continuava cos, per chilometri e chilometri, accompagnata dallo scalino del tombolo. Quasi a met c'era un forte, che serviva da caserma alla finanza. Anna c'era stata una volta in passeggiata con la sorella e la zia. Il suo sguardo indugi sul forte, poi si spinse sui poggi scuri di bosco che chiudevano l'orizzonte. C'era un paese a mezza costa, ma non ne ricordava il nome. Era sempre vissuta a Marina, di quello che c'era altrove si curava poco. I villeggianti venivano dai paesi dell'immediato retroterra, qualcuno anche da lontano, da Firenze, da Roma. La famiglia che prendeva in affitto una camera da loro, era di Firenze. Erano gente alla buona, e le avevano ripetutamente invitate, sia lei che la sorella. Bice una volta c'era andata, per tre o quattro giorni; lei no. Che gliene importava di veder Firenze? C'era un fumo all'orizzonte, proprio in mezzo al mare. Il mare era calmo, ma non cos lucente come in piena estate. Improvvisamente il grigioazzurro del mare si oscur e, insieme, Anna sent stringersi alle tempie. Smettila, mi fai male disse irata, ma la mano non allent la presa. Per quanto scuotesse con forza il capo, non le riusciva liberarsi; afferr il polso: era un polso robusto, da uomo. Smettila, su. Sei Enrico, ho capito. Mi fai il favore di smetterla? La mano allent la presa, e lei pot voltarsi. Non s'era ingannata, era Enrico, le era arrivato zitto zitto alle spalle e le aveva fatto quel vecchio scherzo. Com' che hai indovinato? le chiese. Perch non sentivo pi battere; e poi, chi vuoi che li faccia questi scherzi se non tu? Era stata sul punto di dire: questi stupidi scherzi; ma s'era fermata in tempo. Enrico era un pezzo d'uomo, con le spalle larghe e le braccia muscolose; e con la barba dura e fitta sulle guance e sul mento. Ma aveva sempre lo stesso carattere permaloso di quando era ragazzo. Allora, Annina, cosa mi racconti? Tu piuttosto. Io? Io sono un uomo felice. Oggi smonto le ultime cabine... e cos, se Dio vuole, finita. Chiuso e tracci una croce sulla sabbia. Non se ne riparla pi per due anni. In primavera vado a fare il soldato. Anna taceva, sperando che se ne andasse. Aveva voglia di star sola; e poi c'era qualcosa, in Enrico, che la metteva a disagio. Non era mai naturale: parlava in modo sforzato, rideva in modo falso. Per di pi era sboccato; e aveva il vizio di mettere le mani addosso. Due anni prima, le aveva fatto la dichiarazione, e lei gli aveva detto di no. Da allora, non le aveva pi parlato d'amore; ma dal modo come la guardava, Anna aveva motivo di credere che sperasse ancora. Anche per questo, la imbarazzava star con lui. Che ore sono? gli chiese. Le tre e mezzo rispose Enrico; e poich lei dava segno di volersi alzare: Aspetta un momento! un secolo che non ci vediamo e se non si approfitta dell'occasione per far due chiacchiere... Ma se ci siamo visti tutte le mattine fino a pochi giorni fa... Allora avevo troppo da fare. Corri di qua corri di l agli ordini dei signori bagnanti... Ma ora ti riposi per un bel po'.
Ora comincia quest'altro bel lavoro... di combattere con tutti quegli ubriachi. Ma se tua madre che fa tutto, andiamo. Mia madre fa... quello che pu fare una donna. Ma per mettere fuori un ubriaco, ci vuole un uomo. E poi l'inverno, anche se non ti ammazzi dal lavoro, muori dalla noia. Quando ti cominciano quelle libecciate che durano una settimana... inutile aggiunse dopo un attimo e come parlando tra s la sola cosa da fare prender moglie. Almeno, quando hai moglie, stai bene anche in casa. Puoi infilarti a letto e rimanerci finch dura la mareggiata . Tu cosa ne dici? Io dico che devo andarmene. ciao. Lui la guard con un sorriso incerto, poi si alz e la segu senza dir niente. In cima alla spiaggia, Anna ritrov le ciabatte. Ciao disse ancora, senza voltarsi; e si avvi verso casa. CAPITOLO 2. Erano le quattro passate quando entr nella stanza da lavoro: Bice stava gi cucendo davanti alla finestra. Senza dir nulla, Anna prese uno dei cappotti ammonticchiati sopra il tavolo e cominci anche lei a lavorare. Lavoravano davanti alla finestra per via della luce, ma anche per distrarsi dando ogni tanto un'occhiata fuori. Attaccare le mostrine e i numeri non era un lavoro che richiedesse molta attenzione, e le due sorelle avrebbero potuto chiacchierare tutto il tempo, se ne avessero avuto voglia. Ma Anna era poco loquace; e Bice si stancava di parlar sempre lei. Sul tardi venne a trovarle Lina. Bice la abbracci, come se non si fossero viste da chiss quanto tempo. Anna a fatica le diede la mano. Lina aveva portato un romanzo a Bice; cominci a raccontarglielo. Anna la interrruppe: Perch glielo racconti? Poi non ci prova pi gusto a leggerlo. Una volta tanto Bice fu d'accordo con lei: Si, non stare a raccontarmelo tutto! Dimmi solo se alla fine si sposano. No, non si sposano... Capisci? Lui un ufficiale, non pu sposare una del popolo. Ora devo andare disse alzandosi. Sentite, ragazze: dopo cena, usciamo? zia torn verso le otto. Quando le dissero che sarebbero uscite, storse la bocca: non aveva piacere che andassero fuori la sera, ora che la stagione era finita. Anna fu pronta in due minuti. Aspettando che la sorella completasse la toeletta, si affacci alla finestra, che dava sulla distesa di orti e campi. Rossa, un po' schiacciata dai vapori ai lati, la luna era appena emersa sull'orizzonte di gobbe nere. Anna la guard per qualche istante: e si sent invadere da un'irragionevole felicit. Sbrigati, che c' la luna disse alla sorella. Incontrarono l'amica subito alla cantonata. Veniva avanti col suo passo svelto ed esclam: Ho fatto prima di voi. Tornarono indietro tenendosi sottobraccio. Tra la chiesa e la pineta si stendeva uno spiazzo sabbioso, attraversato da un abbozzo di strada. Nel mezzo c'era lo chalet in muratura dove l'estate facevano le feste da ballo. Com' che cos buio? disse Bice. Ti sembra buio perch non vedi lo chalet illuminato rispose Lina. A proposito, lo sapete di Marisa? Dicono che non vero che sia andata a servizio. Ma se ho incontrato la madre replic Bice e mi ha detto che Marisa contenta, perch ha trovato una famiglia che la tratta come una figliola...
S, questo ci che scrive alla madre. Invece dicono che quell'uomo la mantiene... La gente fa presto a inventare le cose ribatt Bice. Io credo che sia vero intervenne Anna. Senti, io non ci posso credere... cominci la sorella. Perch? Sarebbe forse la prima volta che una ragazza di Marina fa quella fine? Basta perdere la testa un'estate... Marisa cos ha fatto. Che c'entra: Marisa ha avuto sfortuna. Quello le aveva raccontato di essere scapolo... Ha avuto sfortuna perch non ha avuto cervello insist Anna. Marisa rimasta accecata disse Lina. vi ricordate che bell'uomo era... Io la so tutta la storia aggiunse dopo un momento. Quel signore era di passaggio... ma dopo aver visto lei, decise di fermarsi... La sera, la portava a ballare... Perci dico che non ha avuto cervello fece Anna. Come poteva illudersi che un signore sposasse una cameriera? Vedi, bisogna anche capire disse Lina. Una che fa la cameriera, per forza esposta alla tentazione... Noi che stiamo sempre chiuse in casa, dobbiamo dire la verit, ci mancano anche le occasioni... Storie fece Anna. Marisa le occasioni le andava a cercare. Era una ragazza leggera, questo lo ammetterai almeno? Tutti i giovanotti di Marina ci s'erano divertiti. Anna, tu fai troppo presto a giudicare disse Lina. Marisa era innamorata, e quando una innamorata, perde la testa. Io non ci credo a questa storia dell'amore. Non ci credi perch non hai ancora provato ribatt Lina. Il viale di pineta era deserto. Le sagome dei villini erano buie; e nere e compatte le masse di sottobosco nei giardini. Oh, guardate, i Semoli ci sono ancora esclam Bice. Si sentiva confortata che almeno un villino fosse abitato. La luce della finestra a pianterreno si spargeva sulla ghiaia, schiarendo di sbieco gli oleandri che fiancheggiavano il vialino. Dietro le tendine si profil l'ombra di un uomo. Che persona distinta il dottor Semoli disse Lina. Anche la signora fece Bice. La figliola no, non mi piace. A proposito, lo sai con chi fa all'amore? Almeno dicono. Anna camminava per conto suo, provando un crescente fastidio per le chiacchiere della sorella e dell'amica. Li sapeva a memoria, quei discorsi. E le sembravano talmente sciocchi... Lei non aveva nessuna esperienza dell'amore; tuttavia era come se sapesse gi tutto. Era una sensazione curiosa. Fin da quando era bambina, le sembrava di aver gi saputo tutto. Che squallore Marina quando finita la stagione disse Bice. un mortorio, proprio. La luna appariva e spariva fra i tronchi neri dei pini. Non arrivarono nemmeno in fondo al viale e piegarono verso la spiaggia, prendendo per un sentiero fra la rete metallica di un giardino e un terreno incolto. Quando furono sbucate al di l delle dune, rimasero colpite dalla bellezza dello spettacolo. Una striscia di mare illuminata dalla luna emergeva dal buio. Partiva dall'orizzonte e veniva diritto verso di loro. Sembrava una striscia di stagnuola. Avanzando, si ondulava: finch, troppo tesi per reggere allo sforzo, i cavalloni si rompevano in uno scintillio di spume. Com' bello il chiaro di luna disse Lina. proprio l'ideale, per fare all'amore. Laggi, se non sbaglio, c' una coppia disse Bice. Andiamo a disturbarli propose Anna.
Si misero a camminare sulla sabbia battuta. I due erano seduti a met della spiaggia e si tenevano abbracciati. Sono il barbiere e la moglie disse Lina piano. Figurati fece Anna delusa. Aggiunse: Due che sono sposati, c' proprio bisogno che vengano ad abbracciarsi sulla spiaggia. . . Si vede che non hai un'anima romantica le disse Lina. No fece Anna ridendo. Ho un'anima pratica, io. Penso che a quest'ora la rena dev'essere bella umida... C' da bagnarsi ben bene il sedere. Era tardi, e dovettero tornare sul viale. Una volta in piazza, Lina insist perch la accompagnassero. Lei abitava un po' fuori del paese. La strada era deserta, le porte erano chiuse, anche le finestre erano quasi tutte buie. La gente aveva gi ripreso l'abitudine di andare a letto presto. Le tre ragazze camminavano in silenzio. Sulla facciata dell'ultima casa interamente illuminata dalla luna spiccava una scritta tracciata col carbone. Cos'? fece Anna fermandosi. Si avvicin e cominci a leggere forte: Marisa .... Non fin di leggere. Che mascalzoni disse Lina scriverglielo proprio accanto alla porta di casa. Bisognerebbe andare a prendere un cencio bagnato, per cancellarlo. A che scopo? disse Anna. Domani sera tornerebbero a scrivercelo. E poi la gente lo pensava di gi. Ma aveva fatto impressione anche a lei vedere la scritta. CAPITOLO 3. Enrico lo rivide il pomeriggio del giorno dopo, uscendo dalla bottega di Zaira. ciao le disse. Si sforzava di apparire disinvolto. Dove vai? A casa; dove vuoi che vada? Cos'hai comprato? Acciughe; ti piacciono? Forse Enrico si trovava l per caso e non aveva altra intenzione che di scambiar due parole. Secondo come le fai. Noi non le facciamo in nessun modo; le mangiamo cos. Il figlio di Corrado, sciancato e con la testa grossa, era sulla porta accanto e li guardava col suo sorriso ebete. Be'... ciao disse Anna. Vengo anch'io fece Enrico. Anna era seccata. C'erano delle donne sedute fuori delle porte, e per una ragazza era compromettente farsi vedere a parlare con un giovanotto: fosse pure per pochi momenti. D'estate era diverso, la gente era abituata a vedere i giovanotti e le ragazze insieme, anche la sera dopo cena. Ma non appena la stagione era finita, le vecchie regole riprendevano il sopravvento, e gli sguardi di curiosit delle donne erano l a confermarlo. Almeno, se Enrico avesse detto qualcosa. Meglio infatti farsi vedere che parlavano; stando in silenzio, destavano maggiori sospetti. Volevo chiederti una cosa, Anna disse improvvisamente Enrico. Si ferm: anche lei fu costretta a fermarsi. Quest'anno prenderai parte alla recita? No, non ne ho voglia. Peccato... era un'occasione per stare insieme. Non ricominciare con questi discorsi, ti prego. Perch? Perch sono inutili. Che intendi dire? Che non possibile quello che tu vorresti. Io non me la sento.
Perch non provi? Anna lo guard. Voglio dire, se cominciassimo a stare insieme, forse anche tu finiresti col sentire... un po' di simpatia per me. No disse lei. Sarebbe inutile. Mi dispiace aggiunse vedendo Enrico incupirsi. meglio che tu smetta di pensare a me. Vedrai che ti passa. Ci sono tante altre ragazze! Mi forse passata in questi due anni? S che t'era passata. che adesso la stagione finita, non hai pi niente da fare e allora... Dei mali d'amore si guarisce presto concluse sorridendo. A un tratto Enrico fece: Tu... vero quello che dicono, che non senti niente. Tu non hai cuore, ecco. Tu... ti diverti a farmi soffrire. Io... Non disse altro: le volt le spalle e si mise a camminare in fretta. Enrico fece Anna, stupita e anche un po' sgomenta; ma lui non si volt. Lo guardava, una sera, dalla finestra: l'oscurit aveva invaso la stanza e lei stava un po' scostata dal vetro, sicch era sicura di non esser vista. Enrico era fermo in bicicletta che discorreva con Livio. Li vide accendersi le sigarette, battersi dei colpi sulle spalle; e scoppiare a ridere. E a lei fece piacere che Enrico fosse allegro. Ma di l a poco Livio se ne and al Dopolavoro; Enrico fin di fumare, e rimont in bicicletta. Pedalando adagio, arriv fin quasi alla chiesa, poi torn indietro. Fece un altro paio di giri; da ultimo si ferm davanti al Dopolavoro. Anna sper che appoggiasse la bicicletta al muro ed entrasse anche lui; ma non fu cos, e del resto che ci sarebbe entrato a fare? Al Dopolavoro gli uomini si riunivano per giocare; oppure per parlare di sport. Enrico non giocava: diceva che le carte gli facevano venire il mal di testa e che il biliardo gli sembrava la cosa pi stupida del mondo. E di sport non s'era mai interessato, nemmeno da ragazzo. perch cos?, si chiedeva Anna. Anche da ragazzo era strano. Si ricord di quando veniva a chiamarla per giocare a campana; di come correva a cercare il gesso e si affannava a tracciare le righe e a segnare i numeri... Dopo un po', gli passava la voglia e smetteva di giocare. Anna! Che fai? Metti il brodo. Era la zia, che quel giorno era rimasta a casa, perch non stava bene. Anna and in cucina, accese il fuoco, mise la pentola a scaldare; poi se ne torn in salottino, al suo posto di osservazione. Enrico era sempre l, appoggiato alla bicicletta, nel cerchio di luce della lampada infissa sopra la porta del Dopolavoro. Non si decideva a entrare e nemmeno a risalire in macchina. Era solo con la sua passione, e Anna si sentiva sgomenta di avergliela ispirata. Avrebbe voluto farlo contento: ma per farlo contento bisognava che accettasse di fidanzarcisi. forse gli basterebbe anche meno, che gli dessi una speranza. Forse questo gli sarebbe bastato, almeno per qualche tempo. Poteva anche dargliela, un po' di speranza: tanto presto sarebbe dovuto andar lontano: e stando lontano gli sarebbe passata. avrei dovuto dirgli in un altro modo: che per ora non mi sento, ma che in avvenire, chiss... Un pomeriggio usc con l'intenzione di vederlo e di dirgli questo. La baracca era in muratura per la parte che serviva da abitazione: con le finestrelle basse da terra s che Anna, passando, pot dare un'occhiata dentro. Vide soltanto la vecchia Cherubina, la nonna di Enrico: che stava rifacendo i letti. Lo stanzone che serviva da mescita e da trattoria era di legno: con le imposte aperte, come in piena estate. La madre di Enrico sciacquava i bicchieri con la sua solita aria arcigna. C'era il maresciallo di finanza appoggiato al banco; e quattro
pescatori che giocavano a carte. Anna gir intorno alla baracca e scese gi per la spiaggia. La vista del mare, come sempre, le diede un senso di calma; quasi le fece dimenticare lo scopo della passeggiata. A una finestra alta della caserma erano affacciati alcuni soldati: parlavano e ridevano forte. Poi Anna intese un sibilo. Cap che era indirizzato a lei; e si affrett ad allontanarsi lungo la riva. Il mare era calmissimo, arrivava fino al banco di ghiaia con un rigonfiamento appena percettibile; qua e l, nemmeno riusciva a rompersi. Anna camminava guardando in terra, con quel leggero sciacquio negli orecchi; un po' intontita dal sole. Alzando gli occhi vide una figura lontana. Andando avanti ancora, distinse i calzoni grigi, la camicia chiara: era lui, Enrico. Si domand che cosa lo avesse spinto a fare una passeggiata cos lunga: Enrico era pigro, se doveva andare di qui a l prendeva la bicicletta. Anche lui l'aveva vista: si ferm. Si ferm anche Anna. Enrico raccatt un sasso, e chinandosi di fianco lo scagli con violenza: il sasso rimbalz sulla superfficie dell'acqua ricadde dopo aver descritto un arco, e fece poi tanti salti ravvicinati, sollevando una catena di piccoli spruzzi. Lui raccatt un altro sasso e ripet il gioco. Anna s'era seduta; Enrico continuava a far rimbalzare i sassi sull'acqua. Doveva essere mortalmente offeso per comportarsi cos. Anche Anna s'ebbe a male del comportamento di lui; si alz, risal la spiaggia e si addentr tra i monticelli di sabbia. Trov un viottolo maleodorante e attravers la barriera di pinastri, mortelle, ginepri; prima di arrivare sul viale, si lev le scarpe e ripul i piedi dalla rena. Nello stesso momento, Enrico sbucava anche lui sul viale, cinquanta metri pi in gi. Anna torn indietro lentamente, guardando dentro i giardini attraverso le sbarre dei cancelli e sopra i muretti di cinta. Si ferm davanti al giardino del dottor Semoli. Le persiane erano chiuse, segno che il villino era disabitato. C'era un gatto che si sporgeva dal cornicione, miagolando lamentosamente. Forse non sapeva come fare a scendere. Sentendo un passo alle spalle, Anna fu tentata di rimettersi in cammino. Invece si volt; gli and incontro decisa: Non devi fare cos, Enrico. Lui non disse niente. Io... non avevo intenzione di offenderti. Mi hai capito male. Lui continuava a tacere; nemmeno la guardava. Volevo solo dirti che non sono ancora sicura dei miei sentimenti. Questo era pi di quanto si fosse ripromessa di dirgli, ma fu contenta che Enrico sollevasse gli occhi rianimato. Volevo anche dirti che ci ho ripensato e prender parte alla recita. Cos ci potremo vedere senza dare nell'occhio. Anche questo, le era venuto in mente l per l, sempre per farlo contento. Ora per meglio separarci; io torno indietro e tu passi dalla spiaggia. Va bene? la sera lo vide girellare di nuovo in bicicletta. Lo vide attaccar discorso con Livio; poi far parecchie volte il giro della piazza, piano piano, mettendo ogni tanto il piede a terra. E dare frequenti occhiate verso la sua finestra. Si vedeva che era contento. A lei faceva piacere di averlo reso contento. CAPITOLO 4. Le prove erano finite. I bambini si precipitarono per le scale urlando, mentre i giovanotti si fermavano sul pianerottolo ad accendere le sigarette. Enrico trov il modo di restare indietro con Anna: Che fai domani? le chiese.
Zia vuole portarci a cercare i funghi. Allora ci si vede in pineta. Ma mi raccomando, fingi di esserci capitato per caso. Anna, mi accompagni? disse Lina. Che ore sono? Le sette; non mica tardi . Salut gli altri dando la mano a tutti, anche a Giancarlo, che aveva quattordici anni. Lina era cos, ci teneva a far vedere di essere educata, mentre loro di Marina a queste cose non ci guardavano. Prese Anna sottobraccio: Sai? quando mi lamentavo di essere in miseria, non mi pareva nemmeno di recitare. Se continua di questo passo, ci toccher davvero mangiare pane solo. Il curatore del fallimento aveva ridotto l'assegno a cinque lire il giorno: Prima ce ne dava otto, poi sette, poi sei e ora cinque. Con cinque lire, a fatica ci paghi l'affitto e ci compri il pane e il latte. vero che lei dava qualche lezione di francese: Ma non mi bastano nemmeno per rivestirmi. Be', non pensiamoci disse scuotendo il capo e ridendo. Tanto, quando te la sei presa ben bene, sei al punto di prima. Anche in famiglia, cerco di essere allegra... Mia madre si fa forza, ma mio padre, dovresti vedere com' ridotto. Sono mesi che non esce di casa, da quanto avvilito. Anna capiva che avrebbe dovuto dir qualcosa; ma non ne fu capace. Lei era fatta cos, non sapeva esternare i propri sentimenti: per questo la giudicavano senza cuore. Invece, era davvero rattristata dalle parole dell'amica: la accompagn fino a casa e le disse Domani si va in pineta a far funghi; perch non vieni con noi? Domani, mi tocca rimanere in casa. Mamma va a Cecina, e io bisogna che rimanga con pap. Non ci fidiamo a lasciarlo solo... Povera Lina. Non era bella, e ormai aveva perduto la freschezza della prima giovent. Magra com'era dimostrava trent'anni, invece di ventiquattro. La pelle le s'era gi sciupata: quando rideva, le si formavano tante piccole grinze agli angoli della bocca. Be ... arrivederci, allora disse Anna. Forse avrebbe dovuto abbracciarla; Bice, al suo posto, l'avrebbe fatto. Il giorno dopo, uscirono subito nel primo pomeriggio. Non imboccarono il viale a mare, ma l'altro dietro: fiancheggiato anch'esso dalla pineta, rada e senza sottobosco. Dalla parte della campagna c'era una fila di villette, quasi tutte a un piano e di minori pretese rispetto a quelle che si trovavano sul primo viale. Le due sorelle camminavano a braccetto, come sempre quando erano fuori insieme; la zia le precedeva di qualche passo, smaniosa di uscire dal paese. Era lei che le spingeva alle passeggiate; loro, non si sarebbero mosse mai da Marina. La pineta e la fila di villette finirono insieme, e il viale si convert in una stradina di campagna, tra un vivaio di pioppi e una siepe di tamerici che riparava un frutteto. La siepe s'interruppe, e lo sguardo spazi libero verso la campagna. Le due sorelle alzarono appena gli occhi sulla pianura, arida e spoglia nel primo tratto, fitta d'alberi in lontananza. Per loro la campagna non aveva alcun interesse. Uno di questi giorni dobbiamo arrivare da Bertini disse la zia. Bertini era un suo cugino, mezzadro in uno dei primi poderi. Mi ha promesso una covata; se lasciamo passare dell'altro tempo, finisce che la d via. Oltrepassato un ponticello, piegarono verso il mare. Il viottolo correva sull'argine. C'era cattivo odore: il fosso serviva da scolo allo zuccherificio. Nei mesi estivi, quando lo zuccherificio era in piena attivit, l'acqua era color
mattone. Davanti alle dune, il fosso impaludava. Tra i giunchi e le canne si scorgeva l'acqua scura; e, ai margini, il fango secco inciso dalle crepe. Una cosa verde su cui Bice stava per mettere il piede fece un improvviso schizzo saltando nella palude; lei emise un grido di spavento. La zia rise: Hai paura di un ranocchio? Si vede proprio, figliole, che non avete confidenza con la campagna. Come tu non hai confidenza col mare ribatt Bice. Di l dalla palude la pineta era quasi allo stato selvaggio. Cominciarono subito a trovar funghi. Non avevano nemmeno bisogno di frugare sotto i cespugli: li trovavano negli spiazzi coperti d'aghi di pini, negli avvallamenti erbosi, perfino sui monticelli di sabbia. Ce n' talmente tanti che non c' gusto a cercarli osserv Anna. Cogliete solo quelli piccoli, mi raccomando disse la zia. Lei se li metteva in grembo, tanto era vestita da casa; mentre loro due andavano via via a posarli nel paniere. Che schifo! Guarda come ci si concia le mani disse Anna. E mostr a Bice i polpastrelli delle dita diventati viscidi e scuri. Enrico veniva avanti per il viottolo a ridosso del tombolo, pedalando adagio. Salve disse mettendo il piede a terra. Che state facendo? E che, non lo vedi? rispose Bice. Cerchiamo i funghi, per seccarli. E li avete trovati? Per tutta risposta Bice mostr le palme aperte: Vuoi che ti faccia una carezza? Scommetto che da lei la gradiresti anche cos aggiunse maliziosamente. Enrico guard Anna, che fece finta di nulla. Perch non ci aiuti? disse ancora Bice. Mica mi voglio conciare le mani in quel modo rispose Enrico. Se hai le dita pi gialle delle nostre, con quanto fumi. Ma il tabacco una cosa pulita; mentre sui funghi vattelapesca cosa c' passato. Aspetta che te lo dico: ci hanno sbavato le lumache; ci hanno pisciato i rospi... Smettila per carit fece Bice ridendo; senn davvero non ho pi il coraggio di prenderne in mano uno. Finse di allarmarsi perch la zia era scomparsa: Vado a cercarla; cos state un po' soli. Anna si stizz di quella complicit non richiesta. Era gi pentita di aver detto a Enrico di venire; si rimise a cercare i funghi. Anna. Che c'? rispose senza voltarsi. Devo... dirti una cosa. Lei si raddrizz: Parla; cos'hai da dirmi? Lui aveva appoggiato la bicicletta a un tronco e le era venuto vicino: Anna... siamo soli. E allora? Un'occasione cos, chiss quando ci si ripresenta... Insomma, che cosa vuoi? Lui era impallidito; le mani gli tremavano. Inghiott pi volte; alla fine riusc a dire: Diamoci un bacio. Lei scosse la testa: No disse. Lo guard negli occhi: Enrico, devi stare ai patti. Ho acconsentito a vederti una volta ogni tanto, ma niente pi. Ma perch? Perch? Te l'ho detto perch.
Anna, lascia che ti dia un bacio. Non insistere, ti prego. Un bacio. Uno solo e le si era fatto pi vicino. Smetti, Enrico. Ti prego, fammi questo favore. No, Enrico; non possibile. Guardava dalla parte dov'era scomparsa la sorella, sperando di vederla tornare. Lui interpret quell'occhiata come se avesse paura di esser vista; intese rassicurarla: Non ci vede nessuno. Lo so. Ma io non voglio. Perch? Cosa ti costa, un bacio? Non mi va e cominciava a essere irritata. Enrico, non insistere. Guarda che se fai cos, smetter anche di vederti. E con voce raddolcita: Sii ragionevole, Enrico. Io acconsentir a farmi baciare quando sar sicura di volerti bene. Ma devi lasciarmi il tempo... Lui sembr persuaso; si allontan di qualche passo, tir fuori una sigaretta, l'accese. Era penoso vedere quanto era agitato; ma lei era decisa a non fargli altre concessioni. Per non guardarlo, si rimise a cercare i funghi. Pensava: sono gi andata troppo oltre, con lui. Infine, assurdo che l'accontenti, io non ho nessuna intenzione di fidanzarmi. Forse in questo modo ho fatto peggio, non avrei dovuto incoraggiarlo. S, sar meglio troncare... Mentre si raddrizzava, si sent cingere alla vita. Un bacio implor Enrico. Mi contento di un bacio solo. Lei lo guard fisso: Se avessi saputo che avevi queste intenzioni, non ti avrei detto di venire. Sar bene spiegarci chiaramente, Enrico. Io ti ho voluto lasciare una speranza ma tu non devi abusarne. O io non vorr pi vederti... Lasciami subito, hai capito? O sar peggio per te. Lui sent che non era una vana minaccia, lo sent dalla voce di lei, pi rauca del solito dalla fredda determinazione che si leggeva nei suoi occhi verdi, ma era troppo eccitato, e non pot frenarsi. Si chin per baciarla. Lei torse il viso, lui le sfior la guancia, impresse alla cieca le labbra sui capelli, sul collo. Poi si sent respingere con violenza, barcoll e per poco non perse l'equilibrio. Villano. Si guardarono per qualche istante, lei era furibonda, stava per dirgli che andasse al diavolo, che non le comparisse pi davanti; ma Enrico la prevenne. Bruscamente si volt, afferr la bicicletta, le fece descrivere un mezzo giro in aria; ci mont, e si allontan in fretta. CAPITOLO 5. Nel primo tratto non c'erano case, come non c'erano alberi. I poderi, a cui appartenevano quei vasti terreni seminativi, erano dietro i primi campi alberati. Al podere di Bertini si arrivava per un largo viottolo erboso. In bicicletta, non era agevole andarci, specie ora che i solchi lasciati dal carro si erano riempiti di acqua piovana: Anna e la zia quell'ultimo tratto lo fecero a piedi. Il piazzale era coperto da una mota nerastra: Anna si ferm, timorosa di sporcare le sue scarpette bianche. La zia and avanti spedita, spinse la porta e disse: permesso? Vieni, Anna aggiunse con impazienza. Comparve la moglie di Bertini. Sotto la pezzuola nera che le cingeva la fronte, gli occhi non sembrarono per nulla contenti di vedere una parente. Oh disse. C' anche Anna fece la zia. Entrate disse la donna.
La cucina era uno stanzone che riceveva luce da una sola finestra, per di pi piccola e velata da una rete, messa a protezione dalle zanzare. Ma la poca luce non nascondeva a lungo la povert dell'ambiente. La fuliggine aveva annerito le pareti; dal soffitto pendevano alcuni involti di carta gommata punteggiati di mosche morte; l'impiantito a mattoni in un punto era sconnesso, in un altro avvallato; la scarsit di mobilio faceva apparire ancora pi vasta, nuda e squallida la stanza. Inoltre, Anna fu sgradevolmente colpita dall'odore di cavolo. Ficcando gli occhi nell'oscurit del focolare, distinse il paiolo nero appeso alla catena grommosa, e si accorse che ne usciva un vapore denso e bianco. I Bertini erano ricchi, almeno cos diceva la zia: pure, non mangiavano che zuppa di cavolo. Bertini non c'? a Cecina rispose la donna. I tuoi figlioli come stanno? Anna prestava poco ascolto ai loro discorsi. Non sapendo che fare, si avvicin alla credenza e guard le fotografie infilate nella cornice del vetro. Ce n'era una di Bertini in divisa, con la testa rapata, i grossi baffi neri, l'orlo bianco del colletto che spuntava dal bavero abbottonato della giubba. Doveva essere una fotografia del tempo di guerra. Ce n'era una di Amos, il minore dei maschi, anche lui in divisa: la donna stava dicendo che l'avrebbero congedato al principio del nuovo anno. A Enrico, quando gli toccher partire? pens Anna. non vedo l'ora che parta, almeno finir questa storia. Non lo aveva pi rivisto, da quel giorno in pineta; nemmeno alle prove si era pi fatto vedere. come se l'avessi offeso. Semmai ero io che avrei dovuto sentirmi offesa. Che stai l in piedi. Accomodati le disse la donna. Grazie rispose Anna. Esit un momento prima di sedere sullo sgabello che le era stato indicato; non si giovava di niente, in quella casa. Le poche volte che c'era stata a desinare, non aveva mangiato quasi nulla. E Armida? domandava la zia. Armida era sposata, e aveva gi tre bambini, bench fosse ancora molto giovane. Ora era di nuovo incinta: la donna stava dicendo che aveva una brutta gravidanza. L'abbiamo anche fatta segnare dallo stregone... E pensare che le altre volte li ha tenuti in corpo che nemmeno se n' accorta. Mi ricordo del primo, le si ruppero le acque mentre era alla festa al Braccio di Bibbona.. . Oh, ecco Bertini. Si sentiva il rumore di una motocicletta. Uscirono sul piazzale mentre l'uomo sbucava dal viottolo. Senza far caso a loro, descrisse una semicerchio, andando a fermarsi sotto la tettoia. Poi, con calma, sleg la cesta sistemata dietro il sellino. Lo vedi chi c' disse la moglie, e Bertini per tutta risposta: Salve fece, e aggiunse: Prepara la cesta per domattina. Lui era sempre fuori con la motocicletta, tutto il lavoro nei campi e nella stalla lo facevano le donne. Ma non c'era da scandalizzarsi, in campagna era cos, le donne erano schiave: la zia lo diceva sempre; cosa che non le impediva di rimpiangere quella vita. L'uomo fumava, ignorandole; quando la zia gli ricord la covata, rispose sgarbatamente che le aveva date gi tutte via. La zia non os rinfacciargli la promessa. Era una donna risoluta, che in paese non si faceva mettere i piedi sul capo da nessuno; ma l in campagna, era ripresa dalla vecchia soggezione agli uomini. Andiamo, zia le disse Anna piano. Perch? ancora presto rispose la zia forte.
Voglio fare una visitina alla stalla... Hanno figliato bene le mucche? domand a Bertini. S, rispose lui asciutto. Quanti vitelli hai ora nella stalla? Cinque rispose l'uomo, e con tono appena pi gentile aggiunse: Valli a vedere. Sento trinciare il foraggio, dev'essere Ada. La stalla era lunga e buia, calda dei fiati delle bestie e con un forte odore di strame. Meno nauseabondo, comunque, dell'odor di cavolo. Ada smise di girare la ruota appena le vide entrare, ma non disse nulla, limitandosi a sorridere timidamente. La zia la baci su una guancia. Perch non vieni mai a trovarci? le disse. State cos lontane si giustific la ragazza. Era esile e pallida, coi capelli fini che tendevano al biondo; non la si sarebbe detta una contadina. Era graziosa, se non proprio bella; ma le mancava una mano: le era stata portata via di netto dalla cinghia della trebbiatrice. Quel moncherino faceva impressione a Anna, e le impediva di essere espansiva con lei. Lontane? ribatt la zia. Se c' mezz'ora di strada. La domenica, per esempio: perch non vieni mai a trovarci? La domenica per noi come gli altri giorni rispose Ada. La stalla d sempre il solito lavoro... Tutto a te fanno fare? insist la zia. La ragazza non rispose; sorrideva soltanto. Ora voglio vedere i vitellini; vieni anche tu, Anna. Anna non si mosse. faticoso trinciare il foraggio? domand. Non tanto rispose la ragazza. Per me magari pi faticoso, perch non posso cambiar braccio. Fammi provare. Spinse con forza la ruota, ma questa si arrest subito: la lama penetr appena nel fascio d'erba, che avrebbe invece dovuto mozzare di colpo. Come, dici che non fatica? Io non ce la faccio. In principio, ci vuole pi forza ammise la ragazza. Ma quando s' dato l'avvio... Col moncherino assest il foraggio; impugn la manovella e diede una vigorosa spinta alla ruota. Il mazzo fu reciso dalla lama; la ruota gir liberamente e quasi senza bisogno di un'altra spinta mozz un'altra volta il foraggio. Vedi? disse. Non difficile. Non difficile, ma faticoso ripet Anna. E indicando il mucchio gi tritato: Questo ti basta per tutte quelle bestie? La ragazza si mise a ridere: Ma s! Questo, non nemmeno un terzo di quanto ne devo trinciare. Come se temesse di aver perduto anche troppo tempo, si rimise con lena al lavoro. Anna! Vieni a vedere questo vitellino grid la zia. Era un vitellino che aveva pochi giorni. Ancora non si reggeva in piedi; provava ad alzarsi, ma una volta in ginocchio ripiombava gi. Era libero, accanto alla madre: che ogni tanto si chinava a leccarlo. Dimmi se non un amore. carino ammise Anna. Come? fece la zia. Non si sentiva nulla, col rumore del trinciaforaggi. Ho detto che carino ripet Anna; ma non che lo pensasse. Quel muso roseo, quegli occhi umidi, non erano fatti per piacerle; e poi aveva la pancia e le zampe sporche di giallo. Andiamo, zia; senn si fa tardi davvero. Quando furono sulla strada, e poterono montare in macchina, Anna disse: Cos, abbiamo fatto il viaggio invano. Ma almeno abbiamo preso un po' d'aria rispose la zia, e diede un'ultima occhiata al podere. Voi ragazze, siete proprio pigre; pi in l della pineta, non volete mai andare.
Dovettero mettersi una dietro l'altra, perch il fondo era cattivo. Non c'era che seguire il fascio di strisce lasciate dalle altre biciclette: il quale si spostava da una parte all'altra della strada, per evitare i ciottoli e le buche. Le loro ombre e quelle delle biciclette giacevano sulla distesa uniforme di zolle. Il sole era ormai basso sopra la pineta; questa era una massa oscura, attraversata da colonne luminose. Anna non aveva pi tanta fretta di tornare. Sia pure procedendo obliquamente, la strada si andava avvicinando alla pineta; e la pineta, per Anna, era gi Marina. Quando arrivarono a casa, erano le sei; Anna mangi una fetta di pane condita con l'olio, perch la passeggiata le aveva messo fame; and un momento in camera a ravviarsi i capelli, e si affrett a uscire di nuovo, perch aveva le prove. CAPITOLO 6. C'erano gi tutti: Lina, Livio, Giancarlo e il gruppo dei bambini. C'era anche il figlio di Corrado: che aveva almeno vent'anni, ma se ne stava sempre tra i bambini. Il cappellano la rimprover: Come mai sei in ritardo? Dov' Enrico? aggiunse subito dopo, come se solo allora si fosse reso conto che mancava. Non lo so rispose Anna. Va l che lo sai la stuzzic Livio. Lei si secc: No, non lo so; perch dovrei saperlo? Silenzio intim il cappellano. Era arrabbiato: Cos non si pu andare avanti. O venite tutti, e venite puntuali, o pianto baracca e burattini. Santo Dio! eravate pi seri quando eravate piccoli. Mand un ragazzo a chiamare Enrico, ordin a Anna di studiarsi la parte e fece provare a Livio e Lina la scena del primo atto. Anna leggeva il copione, ma il suo pensiero era altrove. Le seccava che scherzassero gi su di loro. Quando Livio le aveva detto in quel modo, era stata sul punto di rispondergli: Ma se non lo vedo da dieci giorni! Il ragazzo torn di corsa a dire che Enrico stava venendo. Lo sentirono salire le scale e finalmente comparve. Il prete, infervorato a correggere la recitazione dei protagonisti, non fece caso a lui. Invece di venire avanti, Enrico rest sulla porta. Anna fin col provare fastidio di averlo alle spalle; e si gir a guardarlo. Enrico trasal e finse di esaminare con attenzione lo stipite della porta. che sciocco pens Anna. potrebbe mettersi seduto. Comportandosi cos, fa capire a tutti che abbiamo litigato. Enrico! Mettiti accanto a Anna e impara anche tu la parte. Enrico obbed all'intimazione del cappellano. Anna mise il copione nel mezzo. Per cinque minuti stettero a capo chino, fingendo di leggere. Hai letto? Posso voltare la pagina? domand Anna. Enrico non rispose, e lei con un gesto spazientito volt la pagina. Era irritata; e fin col dirgli: Si pu sapere perch fai cos? Faccio cosa? rispose lui piano. Perch non ti sei fatto pi vedere... Perch sei offeso con me. Io non sono offeso. Come se non ti conoscessi! Fai l'offeso... mentre semmai dovrebbe essere il contrario... sono io che dovrei sentirmi offesa. Enrico non distoglieva gli occhi dal copione. Anche questo, che lui non la guardasse, la irritava.
Rispondi. Te lo dico dopo. No, me lo devi dire subito. Lui si agit sulla seggiola: Sono offeso... per quello che mi hai detto. Che cosa ti ho detto? Una parola che non avresti dovuto dire. Quale parola? Io non me ne ricordo. Pensaci bene, vedrai che te ne ricordi. Uff. Quante storie fai. Io, sul serio, non me ne ricordo... Io non sono stata mica pi a ripensarci. Ripensaci ora; vedrai che ti viene in mente. Cosa mai ti posso aver detto di tanto grave perch tu ti sia offeso. Per te non sar stato grave, ma per me, s. Aggiunse: perch non t'importa niente di me che non ti sembra grave quella parola. Ma quale parola. Lui esit, poi disse: Villano. Le venne da ridere; ma si contenne: L'ho detto in un momento di rabbia. A tutti capita di dire certe parole quando ci si arrabbia... Non la dovevi dire quella parola, Anna rispose lui senza guardarla. Ma non avevo intenzione di offenderti, credimi. Si sent la voce di Livio: Venite a tubare sulla scena, piccioncini. Non avevano imparato la parte e dovettero recitarla leggendo il copione. Ma anche se avessero saputo la parte, non si sarebbe potuto immaginare due attori peggiori di loro. Enrico era goffo e impacciato; lei magari avrebbe potuto anche essere disinvolta (gliene importava talmente poco della recita); ma le dava fastidio caricare i gesti e modulare la voce, come avrebbe preteso il cappellano. Questi del resto era rassegnato a una recitazione men che mediocre da parte loro; si limit a redarguirli perch non avevano ancora imparato le battute. Ricominciate: sta a te, Anna. Oh, che noia dover fare le faccende! cominci Anna senza dare alla voce nessuna inflessione particolare. Sono stufa di far la serva. Questa poi unagrande ingiustizia, non vi pare? Io dico che al mondo non ci dovrebbero essere n padrone n serve. Tutte uguali, insomma. No, aspettate: mi viene un'idea migliore. Bisognerebbe che le serve diventassero padrone... Sento bussare: chi pu essere a quest'ora? Chi e? Chi , lo devi dire forte intervenne il prete. Sono l'ortolano disse Enrico. Anche tu, lo devi dire forte. Uff, questo noioso riprese a leggere Anna. Mi ronza intorno come se... Questo invece lo devi dire piano, perch non lo dici mica a lui, lo dici a te stessa... Adesso tu, Enrico, prova a far la scena: entri in punta di piedi, arrivi alle spalle di lei e le di un bacio sulla guancia... Fai finta di darglielo, naturalmente. Tu, Anna, ti rivolti e gli di uno schiaffo. Anche tu fai finta, s'intende. Una scena simile era troppo al di sopra delle possibilit di Enrico, anche se fosse stato nelle migliori condizioni di spirito. Attravers la scena con un'andatura cos goffa che si misero a ridere anche i bambini, subito zittiti dal cappellano; e giunto a un passo da Anna si curv verso di lei in un modo tale che nessuno avrebbe capito che volesse darle un bacio. Anna continuava a stare rivoltata, finch il prete le disse: Dgli uno schiaffo e allora lei si gir e fece il gesto.
Il cappellano non era soddisfatto: Devi avvicinarti di pi disse a Enrico. Livio, mostraglielo tu come deve fare. Livio svelto and nell'angolo, venne avanti in punta di piedi, fece un ultimo passetto, si curv su Anna e le sfior la guancia. Anna si volt e gli assest uno schiaffo: ma sembr che gli facesse piuttosto una carezza. Hai capito ora? disse il cappellano voltandosi a cercare Enrico. Ma dove vai? esclam stupito. Enrico non rispose. Arrivato sulla porta si volt e disse: Accidenti a te e a tutti i Pellegrini. Accidenti al giorno che siete venuti a Marina! Apr la porta e se la sbatt dietro. CAPITOLO 7. Livio si trattenne un po' a scherzare con loro, poi le lasci per andare a fare una partita. una pasta, quel ragazzo comment Lina. Sempre di buonumore, non se la prende mai di niente. Tutto il contrario di Enrico sfugg detto a Anna. Gi fece Lina. questione di carattere aggiunse. C' chi non d peso alle cose e chi invece le ingrandisce... Ma dimmi: perch Enrico se l' rifatta anche con la sua famiglia? Come, non lo sai? Tra i Pellegrini e i Vanni c' stata una questione, un tempo... Dicono che sia stato lo zio di Livio a rovinare il padre di Enrico. No, non ne sapevo nulla. Raccontami. Il padre di Enrico era benestante, aveva tre barche, due case qui in paese: poi si mise in una speculazione sbagliata e perse tutto. Io non me ne posso ricordare, perch ero troppo piccola: ma quel capannone che c' prima di arrivare a casa tua: era uno stabilimento per la lavorazione delle sardine. S'erano messi insieme, il padre di Enrico e lo zio di Livio, e andarono falliti. Ma la colpa, dicono, era di Pellegrini, che si faceva mangiare i soldi dalle donne. Il padre di Enrico se ne fidava ciecamente perch erano tutt'e due massoni... e i massoni dovrebbero essere come fratelli. Un giorno lo trovarono impiccato dentro l'ufficio... Per questo il capannone, quando fu messo in vendita, non lo ha voluto nessuno. Io mi ricordo che con Bice avevamo paura a passarci davanti. Hai fatto male a dirmelo... io ci devo passare ogni sera. Avanti, accompagnami: dopo quello che mi hai raccontato, avrei paura a far la strada da sola e rise. Anna acconsent, bench fosse tardi. Era buio fitto, non si vedeva a pochi passi di distanza. Non ci crederai disse Lina, ma quel capannone mi ha fatto sempre un certo effetto... bench non sapessi del suicidio del padre di Enrico. Ora mi spiego perch la madre nevrastenica... Certo che fu un brutto colpo: da ricchi che erano, si trovarono senza un soldo... Gli lasciarono la baracca giusto perch avessero un tetto. A chi lo dici sospir Lina. Ne so qualcosa per esperienza, non dubitare. Erano arrivate, e Anna si affrett a tornare indietro. Aveva cominciato a percorrere il tratto di strada in cui non c'erano case, salvo il lugubre capannone abbandonato, che del resto era un po' indietro, nei campi; quando sent dei passi alle spalle. Si volt, e scrse un'ombra; distinse la sagoma del berretto: era un soldato. Guardava il primo lampione con una certa ansia: una volta arrivata nel cerchio di luce, si sarebbe sentita al sicuro. I passi si avvicinavano; lo aveva ormai alle spalle; quando si sent prendere per un braccio, gett un urlo. Perch gridi? Sono io fece il soldato. Subito dopo balbett:
Oh, mi scusi, mi scusi.. l'avevo scambiata per un'altra. Ah, niente, niente disse Anna. Il soldato aveva una faccia mortificata; Anna si credette in dovere di aggiungere: Scusi anzi lei se ho gridato; ma a sentirmi prendere per il braccio da uno sconosciuto... Io di dietro l'avevo scambiata per un'altra ripete il soldato. Be'... buonasera disse Anna. Buonasera, signorina rispose compitamente il soldato, portandosi la mano al berretto. Subito dopo le corse dietro: Sar meglio che l'accompagni; si presa uno spavento per colpa mia e non vorrei che le facesse impressione continuare da sola. No, non si preoccupi, non mi fa impressione disse Anna. Arrivata a casa, la zia non le chiese conto del ritardo, e lei si guard bene dal raccontare lo strano incidente che le era capitato. CAPITOLO 8. Aveva smesso di lavorare e guardava nella piazza deserta. A ogni raffica la finestra sbatteva leggermente; insieme con lo sbattimento Anna poteva udire il rumore lontano del vento e del mare. Nel cerchio di luce dell'ultimo lampione la siepe bassa si curvava fin quasi a terra sotto la violenza delle raffiche. Pi in l era buio fitto, non si distingueva nemmeno la sagoma della caserma; solo il vago biancheggiare del mare in tempesta. Anna era alla finestra da mezz'ora, e in tutto quel tempo non era passato nessuno. Che fa Bice? Non sar stata cos pazza da arrivare da Lina. Bench tra loro sorelle si facessero poca compagnia, era sempre meglio che star sola. Quando la stagione era buona, la piazza era il luogo di ritrovo, e la finestra del salottino era un un osservatorio ideale per seguire la vita del paese; ma nelle giornate di libeccio la gente si affrettava a tirar di lungo, perch la piazza era aperta verso il mare e il vento ci mulinava a suo piacere. Mancando le persone, Anna si content di seguire le evoluzioni di un foglio di giornale. Il vento lo aveva scagliato contro la base di un lampione; il foglio gli si era avvolto intorno, sembrava che si aggrappasse disperatamente a quell'appiglio per sfuggire alla presa del vento. Un mulinello lo svolse, e il foglio corse via incalzato dalla raffica; ebbe un momento di tregua, fu di nuovo sbalzato Vid e scomparve dietro la chiesa. a stare in quella baracca c' da diventare pazzi, con questo tempo pens Anna. Eppure Enrico non doveva essersi pi mosso di l, per lo meno lei non lo aveva pi visto passare. Anna avrebbe dovuto esserne contenta, dal momento che non aveva mai avuto l'intenzione di far sul serio; ma se interrogava il suo animo sentiva che non era cos. Non che le dispiacesse di aver perso un corteggiatore; lei non era vanitosa, e che un giovanotto passasse sotto la sua finestra, o la seguisse per strada, non solo non le faceva piacere, la infastidiva. Enrico per non era un corteggiatore come gli altri. Un tempo aveva potuto considerarlo cos, ma ora non pi, dopo che quegli scatti improvvisi le avevano rivelato l'intensit della sua passione. Reag a quest'oscuro sentimento: dovrei proprio perdere la testa per mettermi con Enrico. Quello matto, altro che storie. Come la madre. Come il padre... perch chi si ammazza vuol dire che non ha la testa a posto. Sai che vita ci farei. Zia lo dice sempre, che la gelosia la cosa peggiore in un uomo; meglio un marito che beve di un marito geloso. Venne via dalla finestra e si rimise seduta. Prese in mano il lavoro; ma ricord che doveva prima chiedere alla zia come andava fatto. C'era un giornale illustrato della sorella; lo sfogli: le figure le aveva gi viste e di leggere non aveva
voglia. Sent dei passi sul pianerottolo. Bice disse. Era Lina. Entr quasi di corsa, dicendo: Che stagione, figliole mie e subito dopo fece: Bice dov'? Credevo che fosse venuta da te. Doveva arrivare alla bottega, ma sar un'ora che uscita... Da me non venuta. Anche nella bottega, ci ho dato un'occhiata passando, e non l'ho vista... Allora non so dove possa essere andata. A proposito, il cappellano mi ha incaricato di dirti che tu domani venga. Ha trovato il sostituto di Enrico. E chi ? Un soldato. Un soldato? fece Anna sorpresa. A me non va mica di recitare con uno che non conosco. Be', io bisogna che vada. Bice ormai dovrebbe star poco; se puoi trattenerti un minuto... No, non posso. Ciao, Anna; a domani. Ciao. Lina torn indietro: Posso prendere questo giornale? O lo stavi leggendo tu? No no, prendilo. Torn prima la zia della sorella. E Bice? andata a comprare il latte rispose Anna. A quest'ora? fece la zia. Poteva pensarci prima. Anna si guard bene dal dirle che la sorella era gi uscita da un'ora. Bice aveva un contegno strano: il giorno dopo, non fece che canterellare. Quando ci si cominci a veder poco, pos decisa il lavoro: Vado a prepararmi disse. Esci di gi? Vengo anch'io alle prove. La toeletta di Bice fu minuziosa: si cambi il vestito, si pettin con cura e si mise anche la cipria, come se fosse domenica. Anna si limit a darsi una ravviata ai capelli. Lina chiam da basso, e le due sorelle si affrettarono a scendere. ci sei anche tu? fece Lina sorpresa. Bice non rispose. Quando entrarono, c'era il solo Giancarlo. E il cappellano? di l con un soldato rispose il ragazzo. Arriv Livio, allegro e rumoroso come sempre: Oh, guarda chi c' disse rivolto a Bice. E a Anna: Tu con questo vento sei anche pi spettinata del solito e fin di spettinarla. Fermo, Livio si scherm lei. Tanto mica c' Enrico. A proposito: l'avete fatta la pace? Voi due piuttosto ribatt Anna. E chi l'ha pi visto? Lui, quando viene il freddo, Si rintana nella baracca e non lo tira pi fuori nessuno. Fa come le marmotte, cade in letargo. Io invece non posso stare se non vado fuori osserv Lina. Anche nelle giornate peggiori, la mia giratina bisogna che la faccia. la curiosit che ti spinge ad andare in giro le disse Livio. Tu non puoi stare se non sai i fatti degli altri. Anche a Osso... come si chiama il tuo paese? facevi cos anche l? Domodossola rispose Lina ridendo; non sarai mai buono a impararlo. troppo difficile; l'osso me lo ricordo, ma il resto no. Dopo un po' Lina disse: La sapete la novit? Marisa tornata.
Che vi dicevo? esclam Livio. Lei sa tutto. Voi, scommetto, non lo sapevate. No, non si sapeva ammisero le due sorelle. Quando tornata? gi qualche giorno. Ma non esce di casa. E perch? Perch si vergogna, no? dopo quello che successo. Intervenne Livio: S, ci ho bell'e creduto che si vergogna! Fa un po' la commedia... ma quanto ci si scommette che presto la rivedremo in giro come se nulla fosse? E d'estate torner a ballare, e ad andare in macchina con questo e con quello... E alla fine trover anche l'imbecille che se la sposa. Non sta mica bene che tu parli cos disse Lina severamente. Oh, certo, certo! La vostra amica un fiorellino di virt... e io sono una malalingua... Che c'entra disse Lina seria. Io volevo dire solo che bisognerebbe avere un po' di comprensione... Perch le ragioni per cui una donna pu cadere sono tante. .. Ma s, la ragione sempre una. Quale? La ragione che ne ha voglia... o devo spiegarmi pi chiaramente? civetta sempre stata disse Bice; questo bisogna ammetterlo, Lina. Chiamala civetta fece Livio. Io direi pu.. . e si tapp la bocca per impedirsi di continuare. Ecco: con quella parola siete subito a posto, voialtri disse Lina. Anna si mise a ridere. Livio ha ragione fece poi: noi ragazze lo sappiamo benissimo cosa vogliono gli uomini. Perci non abbiamo scuse, se ci caschiamo. Lina era rimasta seria: Anna, prega Dio che non ti capiti mai di innamorarti davvero... o te ne accorgerai da te che una perde la testa... E gli uomini lo sanno, e se ne approfittano. Io Marisa non la difendo: lo so bene che era una ragazza leggera. Ma quell'uomo lo stesso un mascalzone: perch l'ha ingannata. Le avesse detto subito che era sposato, Marisa avrebbe saputo riguardarsi. Ecco: quello che mi fa rabbia che in queste cose la gente d tutta la colpa alla donna; sull'uomo, nessuno Ci trova nulla da ridire. In quella entr di corsa un bambino dicendo: Livio, smetti di fumare! Sta arrivando il cappellano. CAPITOLO 9. Il cappellano era insieme con un soldato. Buonasera, ragazzi disse. Questo il giovane che sostituir Enrico. Anna lo guard: e riconobbe il soldatino che l'aveva fermata per sbaglio facendole prendere uno spavento. Lui non sembr sorpreso: Buonasera, signorina disse tutto compito. Era un biondino dai lineamenti minuti, con un aspetto infantile. La barba, l'aveva appena un po' sul mento. Si present anche agli altri, rigido, corretto; poi sedette accanto a Anna. Si misero a leggere la parte. Anna rifletteva. A un tratto cap: Lei per chi m'aveva preso quella sera? Il giovane si fece di brace: Io... per un'altra, gliel'ho spiegato... Perch, sua sorella le ha detto qualcosa? Anna scosse la testa:
L'ho capito da me. Dopo un po' lui disse: Io con sua sorella ho intenzioni serie, mi creda. Sarei venuto anche in casa, ma Bice mi ha detto che vostra zia talmente prevenuta contro i militari... Che ha fatto sul collo? lo interruppe Anna. Vedo certi freghi rossi... Ah disse il soldato. Son questi colletti duri che irritano la pelle... io l'ho talmente delicata... Come si chiama lei? Pisani Mario. Sono di Castelnuovo in provincia di Lucca. E continuando a rispondere alle domande di Anna: Da civile faccio il meccanico. Ma cosa dice! Non ce l'ho davvero la fidanzata. Lei, signorina, mi pare che un po' come sua zia: diffida di noi militari. Non soltanto dei militari. Dei giovanotti in genere. Ma lei venuto qui per stare con mia sorella... Be', s ammise il soldatino. Ma dovrei anche imparare la parte... Tanto ce la far leggere disse Anna. Be'? Che aspetta? che non vorrei dar nell'occhio. Alla fine si alz e and a sedere accanto a Bice. Di l a poco Anna li vide che parlavano a testa china, per non farsene accorgere; e anche, un attimo, prendersi la mano. Era sorprendente, la segretezza di cui Bice era stata capace: Anna non finiva di meravigliarsene. In passato, aveva dovuto sorbirsi tante di quelle confidenze da parte della sorella... sul tale che la guardava sempre quando passava, sul tal altro che la seguiva per strada... magari erano cose che s'era immaginata lei. Ma ora che se l'era trovato sul serio un giovanotto, aveva mantenuto il segreto. La sera, mentre si spogliavano, Bice si raccomand che non dicesse nulla alla zia. Stai tranquilla rispose Anna. Credi che gli altri si siano accorti di qualcosa? Speriamo di no. Piuttosto, dimmi: finora come siete riusciti a non farvi vedere da nessuno? Ci davamo appuntamento dietro il capannone rispose Bice. Per, con che batticuore ci andavo... avevo sempre paura che qualcuno mi vedesse entrare nel campo. Cos, mi venuto in mente di fargli prender parte alla recita. In questo modo, nessuno sospetter di niente. Uhm fece Anna, dubbiosa. Comunque, dovete stare attenti. Stasera, gli hai preso anche la mano... Bice arross: Gli altri non se ne possono essere accorti... erano l che seguivano le prove... Davvero, Anna, credi che abbiano avuto qualche sospetto? Erano gi in camicia da notte; Bice, non potendosi frenare, la abbracci dicendo: Oh, Annina! Sapessi quanto sono felice. Anna rest fredda: le davano noia le espansioni, e poi, quando era svestita, provava sempre un po' d'imbarazzo, anche con la sorella. Per tacita intesa, si svestivano stando voltate. Il peggio era l'estate, quando la loro camera veniva affittata, e dovevano dormire con la zia. Questa non aveva troppi riguardi: ai suoi occhi, non c'era motivo perch le nipoti dovessero vergognarsi di lei. Anna, per spogliarsi al buio, tirava fuori la scusa delle zanzare. La zia, che s'era accorta di quello che secondo lei era un pudore ingiustificato, la canzonava: Allora come farai quando avrai marito? Se ti vergogni di me, figuriamoci quando ti dovrai spogliare davanti a un uomo. Una simile eventualit non faceva nessuna paura a Anna. Lei sapeva, sia pure in modo vago, in che consistevano i rapporti
coniugali. Non ci trovava nulla che la potesse preoccupare. Ci che la urtava, era la intimit fra donne: oltre un certo limite, le ripugnava. Quando la sorella l'aveva abbracciata stretta, aveva avuto un moto di repulsione. Si affrett a entrare sotto le coperte. Spengi disse alla sorella. Buonanotte aggiunse subito dopo. Bice non la intendeva cos: Parliamo un po', Anna, ti dispiace? Cos'hai da dirmi? Niente... volevo sapere che impressione ti hA fAtto. Ma sai... l'ho guardato appena; ci ho scambiato solo poche parole. Ma cos, come ti sembrato. E.. . carino disse Anna; e si meravigli lei stessa che le fosse venuta alle labbra quella parola. Ma era la parola adatta. Era carino, con quegli occhi grigi, i capelli biondi, le guance lisce... e con quella pelle tenera, cos facile a irritarsi, come dimostravano i segni sul collo. E poi era carino nel modo di fare. Quante volte era arrossito, nei pochi minuti in cui erano stati insieme! Le era venuta voglia di fargli una carezza. Del resto, gliel'aveva fatta dopo, quando avevano provato la scena dello schiaffo. Bice le raccont di averlo conosciuto alla bottega. Lei s'era trattenuta a chiacchierare con Zaira e c'era l quel soldatino che scriveva a casa... La sera dopo ce l'aveva ritrovato; e la simpatia aveva fatto presto a nascere... Tu lo sai bene, Anna, io non ho mai dato retta a nessun giovanotto, ma di lui ho sentito subito che mi potevo fidare. Il giorno dopo era molto raffreddata: tocc a Anna uscire a comprare il latte. Poi, gi che c'era, arriv da Zaira: non che dovesse comprar niente, ma cos, le venne in mente di andarci... Mario era l; con quel berrettone di pelo calcato in testa era anche pi simpatico, sembrava un bambino che si fosse mascherato. La salut portandosi la mano al berretto; lei si mise a discorrere con Zaira, e ogni tanto gli dava un'occhiata. Zaira dovette salire in casa ad accendere il fuoco; e le disse: Stammici te cinque minuti. Appena la donna fu sparita dietro la tenda, Mario si fece avanti: Signorina Anna, mi aiuta a scegliere una cartolina? E ne sparpagli cinque o sei sul banco. A chi la deve mandare? Alla sua fidanzata? Mario arross: Ma che dice! per mia cugina. una cugina aggiunse dopo un momento ma come una sorella per me. Perch io sto in casa degli zii... mia madre morta, e mio padre in America. Ma queste sono cartoline da innamorati insist Anna. vero, ma non ce ne sono altre... Voglio dire, quelle con le vedute di Marina le ho gi mandate tutte. Per cambiare, penso di mandargliene una di queste: anche se non sarebbero indicate, trattandosi di una parente. meglio che si faccia consigliare da mia sorella disse Anna. Io, le cartoline, non le ho mai mandate a nessuno. Lei ha il fidanzato qui a Marina vero signorina Anna? No no; io non sono fidanzata. Eppure sua sorella mi ha detto... C' un giovanotto che mi sta dietro: ecco tutto. Le sembra strano che un giovanotto mi stia dietro? Lui si confuse: Oh, no no... non lo penso proprio. tutto il contrario, semmai, quello che penso. Lei modesta, a dire che ha un solo innamorato; io credo invece che ne abbia parecchi. Come mai lo crede?
Perch... lei bella; non soltanto bella, anche simpatica. arrossisce ogni momento pensava Anna, per ha la lingua sciolta. Lei stava aspettando Bice? gli chiese. S... no... balbett lui. Voglio dire che la sera cpito sempre qui; e siccome in genere ci viene anche Bice... Stasera invece sono venuta io. Bice raffreddata, non potuta uscire. Ah disse lui. Allora, quale cartolina sceglie? Mah, fa lo stesso. Una qualsiasi. Aveva le mani piccole, le unghie curate; si vedeva che teneva molto alla pulizia e all'eleganza. La giubba, doveva essersela fatta aggiustare, perch gli stava a pennello. Coi panni spazzolati, gli scarponi e i gambali lucidi, i capelli due dita pi lunghi di quanto prescriveva il regolamento, sembrava quasi un figurino. Tir fuori un momento il fazzoletto, e Anna sent un profumo di lavanda. Ora lei che fa? Va a casa? Certo; dove vuole che vada? No, pensavo che a volte dovesse arrivare dalla sua amica... In questo caso, mi sarei offerto di accompagnarla. Io mica avrei accettato rispose Anna. Qui a Marina guai se una ragazza si fa vedere insieme con un militare. E, assumendo un tono severo: Anche con Bice, dovete star pi attenti... Metta che qualcuno Vi avesse visti andare dietro il capannone: che concetto Si sarebbe fatto di mia sorella? Anche a me sta a cuore la reputazione di sua sorella, mi creda. E che... non sapevamo come fare a vederci... Si udirono dei passi, e Anna si sbrig a dire Allora, arrivederci alle prove. Il raffreddore di Bice peggior. Alle prove, per, voleva andarci lo stesso. Anna la dissuase: Tu sei anche delicata di gola, se poi ti ammali veramente chiss quanti giorni ti tocca rimanere a letto. Cos, fu libera di stare tutto il tempo con Mario. Con la scusa di imparare la parte, stettero seduti vicino e parlarono in continuazione. Anna si sentiva sempre pi attratta da lui. E lui dovette percepirlo, perch i suoi discorsi si fecero subito arditi. Lei non se ne ha mica a male se le dico che bella? Semmai, mi avrei a male del contrario, se non me lo dicesse rispose Anna, e rise. Lui rest serio: Pi di tutto sono belli i suoi occhi. Me ne sono accorto subito, dalla prima sera che ci siamo incontrati: era buio, ma i suoi occhi splendevano lo stesso... Lei bravo nel fare i complimenti. Non sono complimenti; la verit. Mi piace anche la sua voce. cos profonda... come se venisse dall'intimo dell'animo. Ma tutto mi piace di lei. Anche il nome: non c' un nome pi bello di Anna... Non certo la parola che le manca; vero? Ora capisco come ha fatto mia sorella a cascarci. Io per l'avverto che sono meno ingenua... Lei diffida sempre disse Mario tristemente. Ma come! esclam Anna. Lei fa all'amore con mia sorella; e appena conosce me, si mette subito a farmi la corte; e non dvrei diffidare? Mi ascolti, Anna. Riconosco che le apparenze mi sono contrarie. Ma non colpa mia se ho conosciuto prima sua sorella... Sua sorella mi piace, vero; ma lei... Per esprimere quello che provo per lei, non ci sono parole. Nessuna ragazza mi aveva mai fatto l'impressione che mi fa lei. Nessuna, glielo giuro. Insomma, che cosa vuole?
Per tutta risposta, le prese la mano. Lei lo guard, lui sostenne il suo sguardo; le strinse forte la mano. Per un momento Anna smise di lottare, abbandonandosi alla dolcezza di quel contatto. un bambino pensava ma un bambino prepotente; bisogna fare quello che vuole lui. Reag; disse: Mi lasci subito, ha capito? e lui allent la presa, ma un po' alla volta, come per farle capire che la lasciava libera di sua volont. S'erano dimenticati delle prove e furono sorpresi dagli urli del cappellano che s'era arrabbiato con Livio e gridava che avrebbe mandato a monte la recita. Che stato? fece Anna. In quella si sent baciare sul collo. Ma che le prende? impazzito? Io sono innamorato di lei, Anna. Lei finse di essere in collera e smise di guardarlo. Ma il caldo che aveva sentito sul collo le era entrato dentro. E quando lui torn a prenderle la mano, non fece resistenza. Finite le prove, Lina venne a chiederle notizie di Bice. Anche Livio si un a loro. Mario se ne stava da una parte. Mentre se ne andavano, colse il momento giusto per venirle vicino e dirle sottovoce: Domani sera ti aspetto alla bottega. E se Bice vuole uscire? Dille che sono di guardia. CAPITOLO 10. Ora devi andare, Anna. Sono gi le sette e mezzo. Lei lo guard senza capire; lui le dette ancora un bacio e le disse: Vai. Quasi senza accorgersene, Anna si ritrov sulla strada. Si ferm, come se non sapesse in che direzione andare. Prest ascolto al gracidio dei ranocchi; intese il fischio lontano di un treno. Il fanalino di una bicicletta veniva avanti ondeggiando. Anna si riscosse e s'incammin verso il paese. Le sette e mezzo: dunque era gi passata un'ora. E a lei era sembrato che fossero passati solo pochi minuti! Affrett il passo. Era arrivata al primo lampione, quando si sent chiamare. Una ragazza alta, coi capelli ossigenati e le labbra dipinte, le stava davanti. Anna le disse; e la abbracci. Istintivamente si irrigid. Oh, ciao, Marisa disse pOi. Come stai? tanto che non ci vediamo. Scusami, tardi fece Anna; e prosegu. Nell'ingresso la fermarono i bambini della famiglia che abitava a pianterreno; se ne liber e corse su per le scale. Voleva andare direttamente in camera; ma la zia la chiam dalla cucina. C'era anche Bice. Dove sei stata che non tornavi pi? Niente niente rispose lei. Da Zaira. E ti c' voluto tutto questo tempo? Anna cerc una scusa per giustificare il ritardo; si ricord di Marisa: Ho incontrato Marisa... mi ha fatto perder tempo lei. Senti disse Bice interessata. Ti ha raccontato qualcosa? No.. . niente. Guarda come ti sei conciata le scarpe disse la zia. Sembra che tu sia stata chiss dove. Anna si guard le scarpe, erano sporche di fango; e lo sporco si vedeva tanto meglio in quanto erano bianche. Stava a testa bassa, non le veniva in mente nulla. Fortunatamente Bice disse: Scommetto che sei entrata in quella pozza davanti alla bottega. successo anche a me, l'altra sera. A cena Anna fece fatica a mangiar qualcosa. Appena finito, si mise a rigovernare. Cos, almeno, voltava le spalle alla sorella
e alla zia. Queste parlavano, parlavano; chiss di cosa. Anna sentiva il loro chiacchiericcio, lo sciacquio che faceva lei stessa rigovernando non pensava a nulla. Le prudeva una guancia; ma aveva le mani bagnate, si strusci alla spalla... e sent un leggero profumo di lavanda. Barcoll quasi; tanto era stata improvvisa e penetrante la dolcezza del ricordo. Non vedeva l'ora di essere a letto, al buio. Fin di rigovernare, si tolse il grembiule; lo attacc al chiodo disse: Buonanotte e and difilato in camera. In un minuto si spogli, ammucchiando alla rinfusa la roba sulla seggiola; entr sotto le coperte e spense la luce. Arriv la sorella; la luce fu riaccesa; e Bice poi si gingill per la camera. And allo specchio, prese a spazzolarsi i capelli. Le chiese: Davvero Marisa non ti ha raccontato niente? No rispose Anna. Vieni a letto, che ho sonno. Aveva sonno davvero; e fin con l'addormentarsi. Fu Bice a svegliarla, dopo che si fu coricata ed ebbe spento la luce: Anna. Anna, senti. Che c'? fece lei svegliandosi di soprassalto. Volevo dirti una cosa. Domani... Ormai me la dirai domani. Lott contro il sonno; perch voleva ripensare a tutto. Cominci dal principio: da quando lo aveva trovato alla bottega, com'erano rimasti d'accordo. Mentre Zaira serviva un cliente, lui le aveva sussurrato: Vai avanti tu. Lei aveva salutato Zaira e s'era incamminata in fretta. Temeva di incontrare qualcuno di conoscenza; Lina, per esempio. Se avesse incontrato Lina, sarebbe stata costretta a dirle che andava da lei... L'ultimo tratto lo aveva fatto quasi di corsa. Si era sentita al sicuro solo dopo aver imboccato il viottolo. Tirava vento, e lei era mezzo intirizzita; finalmente Mario era arrivato. L'aveva presa per mano e condotta dietro il capannone. Qui, almeno, siamo pi riparati. A un tratto, l'aveva abbracciata. Poi le era venuto vicino col viso. Lei aveva sentito il profumo di lavanda e subito dopo caldo, molto caldo alle labbra. mi bacia, era questa l'ultima cosa che aveva pensato. Poi ricordava solo che avevano continuato a baciarsi, e che baciarsi era provare caldo alle labbra, caldo e umido insieme... Le sembr, per un momento, di provare di nuovo quell'impressione; sorrise beata, e si addorment. Dormiva sempre profondamente quando la sorella apr gli scuri. Ferita dalla luce, brontol qualcosa e si volt dall'altra parte. Bice si vest, poi sedette sull'orlo del letto e la scosse: Anna. Svegliati. Sono gi le otto. Apr gli occhi: il viso sorridente della sorella le apparve confuso, poi assunse contorni definiti. Mi pare che tu abbia dormito abbastanza. Anna si stir. Le dispiaceva uscire dal sonno: quasi presentisse che abbandonava uno stato di incoscienza beata per affrontare una giornata piena d'incognite e di problemi. Zia gi uscita. Si raccomand ancora una volta che si alzasse, e and in cucina. Anna si decise ad alzarsi. Quando fu in sottana, and alla finestra; e rimase a guardar fuori attraverso il vetro che era ancora rigato dall'umidit della notte. Il sole faceva gi capolino tra due gobbe dell'orizzonte; e la sua luce limpida, festosa radeva la pianura, fendendo i vapori che, qua e l, non permettevano ancora alla campagna di uscire dall'indistinto. I tetti delle case brillavano; il fumo che saliva dalle ciminiere indicava che nelle piccole fabbriche
sparse intorno a Cecina il lavoro era gi ripreso. Anche nei campi e negli orti c'era animazione: uomini coi cappelli di paglia e donne con le pezzuole nere in testa attendevano all'aratura, alla semina, ad attinger l'acqua nei pozzi, ad annaffiare i riquadri. Anna indugiava a guardare, contenta della bella giornata, dell'operosit che le sembrava anch'essa lieta e serena. Finalmente venne via dalla finestra; si lav la faccia nella catinella di coccio e si asciug sbuffando. Infil il golf, rabbrividendo al contatto ruvido della lana; con un pettine che aveva perduto la maggior parte dei denti, prese a ravviarsi i capelli. Accost la faccia allo specchio, provando a guardarsi di sbieco: come se avesse voluto vedere in se stessa, capire quello che aveva dentro. Non vide e non cap nulla. oh, ma che importa, si disse, e rise. Con pochi colpi di pettine fin di ravviarsi e and in cucina. Bice aveva gi preparato la colazione. Anna mangi con appetito; e dovette tagliarsi altre due fette di pane. Bice aveva bevuto il latte senza inzupparci. Non hai fame? Ho il naso chiuso rispose Bice; e allora, va via anche la voglia di mangiare. Stanotte non ho fatto che tossire; non mi hai sentita? No. Si vede che dormivi sodo. Mi sono anche alzata, perch non respiravo. Che rabbia aggiunse dopo un momento. Non vorrei proprio essere costretta a rimanere in casa stasera che Mario libero. In caso, vi vedrete domani alle prove osserv Anna. Ma alle prove, a fatica si possono scambiare due parole. Il bello starsene soli... Ora comincer il brutto tempo, e non sar pi possibile vederci fuori. Gi fece Anna. Per lei, sarebbe stato doppiamente difficile: a causa di Bice. Stasera farai meglio a restare in casa disse freddamente. Vedr come mi sento. Pi che altro mi dispiace dovermi soffiare il naso ogni minuto... E poi, ho paura di attaccargli il raffreddore e rise, ma divent anche rossa. Pi tardi, mentre lavoravano nel salottino, Bice le disse: Anna, tu non di importanza all'amore, ma perch non hai ancora provato. Quando un giovanotto ti stringer fra le braccia, capirai che non c' niente di pi bello al mondo. Cosa ne sai che non ho provato? si risent Anna. Bice la guardava meravigliata, e lei: Potrei averlo fatto di nascosto, come te. Ma se con Enrico non ti vedi pi. Mica c' soltanto Enrico a questo mondo. Stai scherzando... ma sono sicura che farai presto anche tu, a trovarti un giovanotto. Te l'ho detto, potrei essermelo gi trovato, e tu, non saperne niente. L'espressione incredula della sorella le fece nascere una sorda irritazione: avrebbe voluto dirle: proprio col tuo Mario, ho provato... Si rifugi nel ricordo dei baci, e questo valse a placarla. Tutto il giorno, ci pens; e l'intensit del piacere non diminuiva. Ogni volta si sentiva le labbra umide e calde e una languidezza dolce per tutto il corpo... Quando cominci ad avvicinarsi la sera, divent inquieta. Bice non aveva pi detto niente; ma dal modo come lavorava, calma, assorta, le pareva indubbio che avesse deciso di uscire. Infatti a un certo momento si alz e disse: Vado a prepararmi. Rimase un bel po' in camera; mentre Anna si ostinava a cucire al
buio con un solo pensiero in testa: voglio vederlo anch'io. Voglio abbracciarlo e baciarlo anch'io. Bice ricomparve. S'era accuratamente incipriata: non riuscendo per a cancellare del tutto le tracce del raffreddore. Si notavano sempre gli occhi rossi e un po' gonfi, e le narici screpolate. Come ti sembra che stia? disse guardandosi un'ultima volta nello specchio del buffet. Si diede da s la risposta: Fosse giorno, non ci andrei; ma di notte, spero che non si veda. Bruscamente Anna pos il lavoro: Aspettami, vengo anch'io. Dove? Alla bottega; almeno, scambio due parole con Zaira. Che vuoi che ci faccia sola in casa? Ma io ho fretta, bisogna che vada. E io, sono pronta. Nemmeno si pettin; non fece che infilarsi il cappotto. Camminavano in silenzio, discoste; finch Bice le disse: Senti, non ci venire alla bottega; se Zaira ci vede entrare insieme, come faccio poi ad andarmene da sola? Vuol dire che entro un momento... e dopo, non so, invento una scusa, dico che vado a comprare il latte. Mario era al banco, che discorreva con la donna; le salut portandosi la mano al berretto, e si tir da parte. Oh! un pezzo che non ti si vedeva esclam Zaira. T' passato il raffreddore? No rispose Bice. Ma sono voluta uscir lo stesso e lanci un'occhiata a Mario. Allora ci vai tu a prendere il latte e fiss la sorella con aria significativa. S rispose Anna. Buonasera. Se ne and a malincuore; dopo aver guardato ancora una volta Mario. Non le bastava averlo visto: avrebbe voluto per lo meno toccarlo, stringergli un momento la mano. A casa, tent di rimettersi a lavorare. Ma un minuto dopo aveva gi lasciato perdere. Dalla finestra, vide Lina; le and incontro sul pianerottolo. Sono venuta a farvi un salutino. Bice non c'? No rispose Anna. Allora sta meglio del raffreddore? S, sta meglio. Be', cosa mi racconti? disse mettendosi a sedere. Oh, ma ho io qualcosa da raccontarti. Disse che il giorno prima era andata a Livorno a cercarsi un posto: un posto qualsiasi, commessa di negozio, segretaria in un ufficio... Perch cos, impossibile andare avanti. Anna taceva. Delle pene dell'amica, non le importava nulla: quelle chiacchiere la infastidivano, e non vedeva l'ora che se ne andasse. Speriamo di trovarlo, questo posto continuava Lina. Sai, con la cosa che so il francese... A una ditta di spedizioni mi hanno dato buone speranze. Sar un sacrificio per me andare su e gi col treno; ma sempre meglio che fare questa vita. Anna la interruppe per domandarle che ore erano. Le sette rispose Lina. Bice doveva essere ancora con Mario... E pensare che la sera prima c'era lei. Ma tu non mi ascolti disse Lina. Sarai stanca, immagino... Scusa se ti ho fatto tutte queste chiacchiere. Ma almeno, mi sono sfogata. Dacch ho la prospettiva di un lavoro, mi sento meglio... non ci credi? Finalmente se ne and; ma prima, Anna le chiese ancora una volta l'ora. Poi rimase alla finestra, calcolando mentalmente lo scorrere dei minuti... Quando vide comparire Bice, sospir; e and in cucina ad accendere il fuoco.
CAPITOLO 11. Il giorno seguente non fu che un'attesa delle prove. Dal momento del risveglio, Anna non ebbe che un pensiero, quello di quando avrebbe rivisto Mario. Bice, stavolta, non glielo poteva impedire. Ma cosa avrebbe detto a Mario, Anna non lo sapeva. Non era nella sua natura fare calcoli o piani. Sapeva che Mario si sarebbe seduto accanto a lei e che con la scusa di studiare la parte avrebbero avuto agio di parlare: questo le bastava. Quando nella stanza non ci si vide pi, Bice si alz per andare a prepararsi; Anna la segu. Bice aveva appena dato inizio alla sua laboriosa toeletta, e lei era gi pronta. Stette un po' a guardare la sorella che non la finiva pi di incipriarsi il naso; improvvisamente disse: Io vado. Che fretta hai? Aspettami. Anna disse che si era annoiata ad aspettarla. Il cuore le prese a battere forte mentre saliva le scale della canonica. La porta era accostata, la spinse; e rimase delusa vedendo che non c'era nessuno. Mario arriv di l a poco, ma era insieme con Livio; e subito dopo arriv Lina. I due giovani continuarono a parlar tra loro. Ventotto mesi filati diceva Livio; mica uno scherzo, la leva di mare. E col rischio d'essere richiamati ogni momento... Tornassi indietro, non farei pi questo sbaglio. Si rivolse alle ragazze: Tornassi indietro, farei come voi: nascerei donna. E che? Non siete fortunate, voi donne? Non fate il soldato; per vivere, non avete bisogno di lavorare... Questo poi esclam Lina anche noi si lavora, eccome. Non mi hai capito. Io volevo dire che, se una donna non ha voglia di lavorare, pu anche farne a meno. Il pane, se lo guadagna lo stesso. Devo spiegarti in che modo? No no, ho capito rispose Lina. Ma proprio questo il concetto sbagliato che avete voialtri uomini: ne prendete una su cento, e da quella pretendete di giudicarci tutte... Una su cento? ribatt Livio. Di' pure una su dieci. Ma io, bada bene, non le biasimo mica. In fondo, sono pi intelligenti delle altre. Io non ci trovo nulla di immorale. Dalla porta in fondo era comparso il cappellano: che aveva sentito le sue ultime parole: In che cosa non trovi nulla di immorale, Livio? In questa moda di tagliarsi i capelli rispose Livio pronto. Noi uomini ce li tagliamo; perch le donne devono essere costrette a portarli lunghi? Oh, certo certo disse il cappellano. una moda... come un'altra. L'immoralit sta in altre cose: nel tingersi, per esempio e diede un'occhiata severa alle due ragazze. Anna, non si tingeva; e Lina, solo le labbra. Ma le aveva fini, a fatica si notava. Be', vedo che ci siete tutti; possiamo cominciare. Tocc a Lina e Livio, e Anna pot finalmente parlare con Mario: Quando ci vediamo? gli chiese. Domani nel pomeriggio rispose lui. La domenica ci dnno il permesso di uscire anche nel pomeriggio. Ma nel pomeriggio, come si fa? Ci vedono. Possiamo andare al cinema a Cecina. Insieme con Bice, naturalmente. Possiamo dirlo anche a Livio e a Lina... Ma non saremo soli. Purtroppo no; ma come possiamo fare? Oh, ecco Bice: voglio parlargliene subito. Erano avanti con le prove, e il cappellano li mand via presto.
Si fermarono subito fuori della canonica. Dianzi per poco non sono scoppiata diceva Lina. Raccont a Bice di quando il cappellano aveva domandato in quel modo a Livio e lui era stato pronto a rispondergli che non trovava immorale la moda dei capelli alla garsonne. Come sei bravo a dire le bugie concluse dando una botta a Livio. E che gli dovevo dire? Che non trovavo immorale che le donne facessero eccetera? Mi avrebbe scomunicato, a dir poco. Tu a volte tiri fuori certe idee che la meriteresti davvero, la scomunica gli disse Bice ridendo. Tutti erano allegri, meno Anna. Allora ci si va al cinema domani? disse Mario. Ma s, andiamoci rispose Lina; sono mesi che non vado al cinema.... Si va in bicicletta? disse Livio. E che, senn, a piedi? rispose Bice. Tu per come vieni? disse rivolta a Mario. Quel tu fece fremere Anna; gli altri invece sembrarono trovarlo naturale. Io? Mi porta Livio in canna. Tu porti in canna me, via ribatt Livio. Mica voglio far questa fatica. Fosse una di loro, ci potrei anche stare... Se porti me, fai poca fatica gli disse Lina ridendo. Non peso nemmeno cinquanta chili... Ci sto; porto te; e tu di la bicicletta a Mario. Ma un soldato su una bicicletta da donna, non una cosa che vada bene disse Bice. Si teneva accosto a Mario e lo guardava con tenerezza. E tu, Annina? fece Livio. Cos'hai stasera, che te ne stai l senza dir niente? Smetti di chiamarmi Annina. E lasciami in pace. Ho capito, sei arrabbiata perch non hai un cavaliere. Io, purtroppo, non posso mica farmi in due... Ho un'idea: perch non inviti Enrico? Cos siamo tre coppie: tu con Enrico, Bice con Mario e Lina con me... Vuoi che glielo dica io, a Enrico? No, tu a Enrico mi fai il piacere di non dirgli niente; io... non so nemmeno se vengo. Bice si allarm: Come, non vieni? Devi venire; zia da sola non mi lascerebbe andare. Ma se a me non mi va di andare al cinema? Anna, non ti riconosco pi; cosa ti preso? le diceva Livio. Sei sempre stata di compagnia... Anche Lina cercava di persuaderla. Soltanto Mario taceva. Non soltanto taceva, nemmeno la guardava: come se non gli importasse nulla che lei ci andasse. Ma certo che viene concluse Livio. Ora fa un po' di storie, ma poi... Allora ci vediamo alle due e mezzo; siamo d'accordo? La mattina quando si alzarono il cielo era coperto. Dalla parte del mare, il tempo appariva anche peggiore: l'orizzonte era cancellato, era come se a met del mare si innalzasse una cortina scura. Anna si augur che venisse gi il diluvio, e che la gita andasse all'aria. Diglielo tu a zia insisteva Bice. Lei non volle saperne. Finalmente Bice si fece coraggio; e la zia, con grande meraviglia di Anna, si limit a obbiettare che il tempo era cattivo e che rischiavano di buscarsi un'acquata. Si lev la tramontana; e il cielo schiar. Alle due e mezzo pass a prenderle Lina; disse che Mario e Livio stavano gi aspettando. La zia alz gli occhi dal giornale: Chi questo Mario? Quel soldatino che recita con noi rispose Lina; e la zia non domand altro. Livio, che portava Mario in canna, si ferm dal tabaccaio; le
tre ragazze proseguirono da sole. Facevano fatica, perch avevano il vento contro. Il rumore di un treno si avvicin; sembr addirittura che passasse a pochi metri da loro, tanto era forte. La strada era diritta per un buon tratto. Non si aveva mai la sensazione di essere proprio in campagna, a brevi intervalli si incontravano gruppi di case e piccole fabbriche. C'erano anche un paio di ville. La prima aveva davanti un giardino coi vialetti inghiaiati e dei sedili di cemento fatti a forma di fungo; il cancello era in un angolo, tra due pilastrini in mattoni sormontati da due leoni di terracotta. La seconda era distante dalla strada e mezzo nascosta da un folto di cedri e di lecci. Largo, ragazze! Largo! gridava Livio; quando le ebbe sorpassate, smise di pedalare e si volt indietro: Ora sono nella posizione ideale per guardarvi le gambe. Se hai tutta l'estate per guardarcele ribatt Lina. L'estate non fanno effetto rispose Livio. A te Bice le ho gi viste, ora voglio vederle a Anna e con una brusca sterzata si port sull'altro lato della strada. Perdi il tuo tempo ribatt Anna, che con una mano si teneva ferma la gonna sui ginocchi. Bada di non fare un ruzzolone, piuttosto. Io in bicicletta ci saprei andare anche con gli occhi bendati disse Livio. Guarda: vado anche senza mani. A questo punto la macchina sband, e Livio fu costretto a mettere un piede a terra, mentre Mario protestava che facesse pi attenzione. Avrei avuto piacere che fossero cascati disse Anna. Lo disse senza acrimonia: l'allegria degli altri aveva finito col contagiarla. Il paese era subito al di l del tunnel sotto la ferrovia. Cominciava con una via larga, fiancheggiata da casamenti a tre piani. Il cinema era nella seconda traversa a sinistra. Stavano appena aprendo i battenti; una piccola folla, composta soprattutto di ragazzi, era gi riunita davanti. Lasciarono le biciclette in un cortile, e Mario e Livio andarono a comprare i biglietti; n accettarono di farsi rimborsare, malgrado le proteste delle ragazze. La galleria era di legno, e conteneva solo tre file di sedie. Loro presero posto nella prima. Anna capit nel mezzo, tra Mario e Livio. Quest'ultimo tir fuori le sigarette, e le offr in giro. Accett solo Lina. Finalmente cominci il film. Subito Anna prov l'acuto piacere di essere trasportata in un altro mondo. Una ragazza usciva correndo da una casa e si recava da un fabbro: un giovane ricciuto, coi baffi. Questi interrompeva il lavoro, sorridendo con tenerezza alla giovane donna, che gli diceva: mio padre acconsente alle nozze. I due, allora, si baciavano. Poi la giovane correva via e per la strada incontrava un uomo vestito di nero, che camminava appoggiato a un bastone. Lo fermava, gli si inginocchiava davanti e gli diceva: beneditemi, padre. Ah, quello il padre comment Livio. Ma che dici? Quello un prete disse Lina. Un prete? fece Livio stupito. Ma se vestito come un uomo... Vorresti che fosse vestito da donna? rispose Lina, e rise. State un po' zitti disse Anna; non mi fate capir nulla. In quella si accorse che Mario teneva Bice abbracciata, non solo, ma che stavano con le guance accostate... Tutto il suo interesse per il film svan; doveva farsi forza per non guardare da quella parte. Si riaccese la luce; Mario e Bice si affrettarono ad assumere
una posa composta. Mario per continuava a circondarle le spalle col braccio. Peggio fu al ritorno. Era gi buio, e Mario e Bice ne approfittarono per restare indietro. Anche Livio, che aveva Lina in canna, fin col far lo stesso. Anna dapprima rallent per aspettarli, poi le prese la rabbia e si mise a pedalare in fretta. Arrivata in fondo al rettilineo, si volt: non si vedevano nemmeno pi i fanali. che vadano al diavolo, pens. E and difilato a casa. CAPITOLO 12. La sera dopo, alla solita ora, Bice smise di lavorare e si chiuse in camera. Quando si fu fatta toeletta, torn nel salottino. Che aspetti a uscire? le chiese Anna alla fine. Non esco mica. Allora perch ti sei cambiata? Perch deve venire Mario. Mario viene qui? Anna era stupefatta. Ma... e zia? Lo sa. Mario ci ha parlato stamani. Bussarono. Bice corse ad aprire; e ricomparve tenendo per mano Mario. Buonasera, signorina. Intervenne Bice: Non chiamarla signorina! E dalle del tu. Su, levati il cappotto. Lui le consegn tutto, cappotto, guanti, berretto e sciabola; si ravvi i capelli con ambo le mani, e si mise seduto. Ah disse fa piacere entrare in una casa, dopo tanti mesi di vita in caserma. Ti piace casa mia? Mi piace, s.. . Hai bisogno di qualcosa? Di nulla, grazie; ho mangiato proprio adesso. Vado a prenderti una caramella. Anna lavorava con la testa china. Sent che lui si agitava sulla seggiola; ma si guard bene dall'alzare gli occhi. Bice torn con le caramelle; ne voleva dare una anche a lei; Anna rifiut. Poi la sorella le disse di smettere di lavorare; aggiunse: Non gentile che tu lavori proprio stasera. Perch, che cosa ha di speciale, stasera? Aveva alzato il viso e li guardava tutti e due. Ma come fece Bice ridendo: la prima volta che Mario viene a trovarci. Viene a trovare te, non me ribatt Anna. Bice rise: qualsiasi allusione ai suoi rapporti con Mario le faceva piacere. quant' sciocca pens Anna. ride beata e non sa che... Fiss Mario; questi abbass lo sguardo, imbarazzato. Ce l'avete un mazzo di carte? disse. Vuoi giocare? gli chiese Bice. Tanto per far qualcosa. Bice prese le carte dal cassetto del buffet. Che gioco possiamo fare in tre? Anna disse che non ne aveva voglia. Pos il lavoro, e and in camera. Non accese nemmeno la luce, e si sdrai sul letto. Non pensava a nulla: era soltanto irritata. Dopo poco la porta si apr e Bice disse: Che fai l al buio? Vieni di qua, ti prego; se torna zia, non voglio che ci trovi soli. Fu sul punto di mandarla al diavolo; ma si domin; e dopo essersi data una ravviata ai capelli, torn in salottino.
Si accost alla finestra. Piove disse. And a sedersi anche lei al tavolo, di fronte a Mario. A che state giocando? domand. Vuoi giocare anche tu? le disse Bice. No no. Io preferisco stare a vedere. Si appoggi coi gomiti al tavolo. Guardava Mario. Tutto le piaceva in lui: i capelli lisci, gli occhi grigi, il naso diritto, le labbra fini; e le mani. Si accorse che le espansioni della sorella non la infastidivano: che Bice desse un colpetto scherzoso sulla mano a Mario o gli facesse addirittura una carezza sulla guancia, non significava proprio nulla ai suoi occhi. Hai imbrogliato! Hai imbrogliato! grid Bice ridendo. Hai fatto sparire una carta. Ma no, sbagli protestava lui con finta seriet. Vero che non ho imbrogliato, Anna? Io non ci ho fatto caso disse Anna. Ma sicuramente sei un imbroglione e rise. Lui fece un movimento col polso, e la carta sbuc dalla manica. Oh, guarda dove m'era andata a finire disse. Bice si alz e per punizione gli scompigli i capelli. Lui fu pronto a imprigionarle i polsi. Imbroglione diceva Bice. Mostro. Anna, aiutami. Anna accolse l'invito; non soltanto lo spettin, ma gli torse un orecchio con quanta forza aveva. Ahiu grid Mario. Lasciando perdere Bice, affront lei; stava per ridurla all'impotenza quando entr la zia. Buonasera, signora disse Mario ricomponendoSi. Buonasera rispose la zia. Ma che stavate facendo? Sentivo urlare dalle scale... Io non ci ho colpa disse Mario. Sono stato aggredito... Rimase fin dopo le otto. Anna si sentiva felice, come se fosse l per lei. CAPITOLO 13. Nei giorni che seguirono, il suo stato d'animo non sub cambiamenti. Aspettava l'arrivo di Mario con la stessa trepidazione della sorella; mentre questa si cambiava, lei metteva in ordine la stanza. Mario compariva alle sei in punto. Le due sorelle erano gi sulla porta: una gli prendeva il berretto e la sciabola, l'altra lo aiutava a togliersi il cappotto; poi sedevano al tavolo, Mario nel mezzo; chiacchieravano, scherzavano, giocavano a carte, oppure lui si produceva in un gioco di abilit. Anna aveva su Mario gli stessi diritti della sorella: poteva guardarlo, scherzarci e fargli quanti dispetti voleva. Se a Bice era permessa qualche confidenza in pi, una carezza, un rapido bacio, lei non se ne aveva a male. Anche la zia sembrava contenta della nuova situazione. Diceva che Mario aveva portato l'allegria in casa. Tutte le sere insisteva perch rimanesse a cena: ma lui era troppo discreto per accettare. D'altronde, aveva gi cenato. Ma il rancio ve lo dnno alle cinque; hai avuto tutto il tempo di digerire gli diceva la zia. Mario scuoteva la testa sorridendo: Ormai ci ho fatto l'abitudine a mangiare presto; chiss quanto mi ci vorr, da borghese, a riprendere l'orario normale. Accennava ad andarsene non appena capiva che la loro cena era pronta: perci la ritardavano deliberatamente. Mentre prima cenavano verso le otto, ora preparavano per le nove, quando lui non avrebbe potuto trattenersi oltre, perch gli scadeva la libera uscita. La sola cosa che dispiaceva alla zia era che le nipoti non
andassero pi fuori. Gi prima stavate tappate in casa, ora poi non uscite nemmeno cinque minuti. Loro protestavano che non ne avevano il tempo. D'altronde, era cominciata la cattiva stagione: non faceva che piovere. Una sera Mario arriv fradicio. La giubba, l'aveva anche pi zuppa del cappotto: perch era stato tutto il giorno di servizio. Disse che a lui l'acqua non faceva nulla: Non ho mai preso un raffreddore. Almeno la giubba, meglio che ti ci passi sopra il ferro caldo disse Bice. Anna si offr lei di farlo, ma Bice si oppose: lo considerava un proprio diritto, di stirargli la giubba. Disse: Cos ti farai un'idea che brava mogliettina sar. Appena il ferro fu caldo, and in cucina a stirare. Hai mica freddo senza giubba? gli disse Anna, premurosa. No no la rassicur Mario. Lei gli tocc le spalle: Ma non hai nulla, sotto. Come, non ho nulla? Ho la maglia. Si sbotton la camicia e le mostr la canottiera. Ma che ti fa quella? Sciagurato, perch non porti la maglia di lana? Bice disse forte lo sai che Mario non porta la maglia di lana? Mi buca rispose Mario sorridendo. Non la posso sopportare. Non la porto nemmeno al mio paese; e l fa freddo davvero: siamo in montagna. Qui, l'inverno mi sembra primavera. Anna non rest persuasa; e and a prendergli un golf. Era un golf verde scolorito: che un tempo era stato di Bice e ora era suo. Mario non se lo voleva nemmeno provare: diceva che non gli stava. Sembro smilzo perch sono magro; ma ho un metro di torace. Ma non hai mica... il petto come noi donne; avanti, infilatelo. Mario se lo infil: gli stava stretto alle spalle e invece lento sul petto; e non gli arrivava nemmeno alla cintola. Anna si mise a ridere: Bice, vieni a vedere come sta Mario. Non posso lasciare il ferro; non vorrai mica che bruci il panno. Si affacci un momento; si mise a ridere anche lei, vedendolo conciato in quel modo. Lui era diventato rosso: Anna lo guard con tenerezza. Devo proprio tenerlo? Certo che devi tenerlo. Non posso nemmeno fare i movimenti... mi sembra di avere la camicia di forza. Meglio, cos se ti faccio un dispetto non puoi reagire. Mise subito in atto la minaccia: spettinandolo, che era il peggior dispetto che gli si potesse fare. Lui aveva sempre i capelli in ordine, bench non usasse la brillantina; ogni qual volta Bice o Anna lo spettinavano, andava allo specchio e si rifaceva la divisa. Lascia disse Anna strappandogli il pettine di mano. Mettiti seduto. Abbassa il capo. Le piacevano tanto i suoi capelli: biondi, fini, lisci. Prima gli fece la divisa, poi glieli schiacci accuratamente dalle due parti. Il signore servito. Non cos che si dice? Mario si alz e si guard nello specchio. Ti ho accontentato? Abbastanza rispose lui. La guard sorridendo: Meriti la mancia. E la cinse alla vita. Che fai? Devo darti la mancia, no? Si curv e le diede un bacio. Lei abbass il viso: Stai buono, via gli disse. L'aveva presa un improvviso
avvilimento: appena s'era sentita abbracciare, le erano mancate le forze. Lui continu a baciarla sulla fronte e sulla tempia. E lei, per impedirgli di continuare, non pot far altro che stringersi a lui. Stai buono, ti prego mormor. Non poteva far altro che stringersi a lui e raccomandarsi che stesse buono: perch, di respingerlo, non ne aveva la forza. Non vuoi pi? sussurr lui. Lei fece segno di no. Ancora un bacio. Uno solo. Le mise un dito sotto il mento e la costrinse ad alzare il viso. Incapace di parlare, Anna implorava con gli occhi che la lasciasse stare. Fatti baciare una volta. Si curv e premette leggermente le labbra su quelle di lei. Anna ebbe la forza di tirarsi indietro, ma lui le raggiunse di nuovo la bocca e questa volta premette fino a schiuderle le labbra. Lei torn a provare quella sensazione di caldo umido; si abbandon completamente, chiudendo gli occhi. Venite a vedere come fuma disse la voce di Bice. Anna torn bruscamente in s: Lasciami... lasciami grid quasi, e con uno strattone lo respinse. Lui era rimasto calmo: Cos' che fuma? disse forte. La tua giubba; vieni a vedere: sembra un vulcano. Mario diede ancora un'occhiata a Anna, poi, con le mani in tasca, and nell'altra stanza. Anna si accasci sulla sedia, affranta. Era la sera del mercoled: la sua felicit era durata due giorni. CAPITOLO 14. In quei due giorni lei e la sorella avevano ingannato il languore dell'attesa parlando: non avevano parlato mai tanto in vita loro. Non parlavano solamente di Mario; un po' di tutto. Di Marisa, per esempio, che dava di nuovo scandalo. S'era messa con un soldato: li avevano sorpresi in pineta. La mattina seguente Anna non aveva pi voglia di parlare: era troppo avvilita. Bice non se ne accorse subito: era tornata dalla spesa e l'aveva trovata seduta in cucina. Oh, Anna, potevi cominciare a far qualcosa! Muoviti, su. Mentre rifacevano le camere, Bice disse: L in bottega di Zaira, per poco non mi son presa un'arrabbiatura... Parlavano di Marisa. Non che io voglia difendere Marisa; ma mi fa rabbia la gente quando dice: Ora s' messa anche ad andare coi soldati. Quasi che fosse un disonore. Oh, certo, il soldato di Marisa me lo posso immaginare. Ma mica sono tutti uguali. Tu sai quanto era contraria zia: non ha pi voluto che mettessimo piede in caserma, da quando siamo cresciute... Eppure su Mario non ha trovato nulla da ridire. La gente dice cos perch pensa che i soldati con le ragazze ci vadano solo per divertirsi... e magari ha ragione. Ma Anna, che dici? Mario... Anna la interruppe: Ti ricordi di una sola ragazza di Marina che sia stata sposata da un soldato? No, ma... I soldati sono come i villeggianti concluse Anna. Non ci se ne pu fidare, dei forestieri. Bice era stupefatta del cambiamento della sorella: Ma se l'hai detto anche tu, che se trovassi uno come Mario, ti ci metteresti subito. L'ho detto.. . perch anch'io sono una stupida.
Oh, ma che vale parlarne? Tu ne sei innamorata; e quando una innamorata, diventa cieca. Bice rimase zitta. Si era fatta pensierosa. Quando si furono messe in salottino a lavorare, le disse: Tu stamani vedi nero... non so perch. Capita, a volte, di veder nero rispose Anna. Per carit, quando ti vengono in mente queste idee, non manifestarle davanti a zia. No no, stai tranquilla. Ti auguro che con Mario ti vada a finir bene: te lo auguro di cuore. Non mentiva; glielo augurava davvero di cuore, a Bice: perch, a lei, era gi andata a finir male. Per questo era triste: perch si rendeva finalmente conto che la sua era una situazione senza speranza. stasera mi chiuder in camera; non voglio nemmeno vederlo. Dir che ho mal di testa, che mi fa male un dente: una scusa la trover. E se proprio ci dovr stare insieme, non gli permetter pi di prendersi quelle confidenze. Lo minaccer di dir tutto a Bice, se non la smette. Per un poco si sent meglio: non succeder pi come ieri. Non gli dar pi confidenza. Lo terr a distanza. E se tenter ancora di baciarmi... Senza accorgersene, si passava un labbro sull'altro. A un tratto ritrov il sapore del bacio, quell'impressione di caldo e umido insieme; e si sent smarrita e senza forze. Anna; mi ascolti? Ti ascolto, s rispose lei con un sospiro. Non vero che strano che io non l'avessi mai notato? Eppure chiss quante volte mi sar successo d'incontrarlo. che noi siamo abituate a non guardarli, i soldati. E poi con quel berrettone di pelo sembrano tutti uguali. Lui invece mi aveva notata aggiunse compiaciuta. Me lo disse subito quando ci conoscemmo. Dapprima credevo che lo dicesse per complimento, ma lui mi ha dimostrato che era vero. Pensa: si ricordava di quel vestito a pallini verdi che portavo in estate... ne portavo anch'io uno uguale pens Anna. me, chiss se m'aveva notato. Oh, ma non devo pi pensarci. Ho perduto la testa per un momento, ma basta che lo voglia e torner a essere quella di prima. Mi servir anzi di lezione per l'avvenire... A forza di dirselo si convinse che era cos, e che lei sarebbe tornata ad avere la testa sulle spalle. non solo non ci cascher pi, ma terr gli occhi bene aperti per proteggere Bice. Perch lei s che debole e senza difesa... Alz il viso: Bice le sorrise coi suoi miti occhi azzurri. Oh, era davvero senza difesa. Le guard la pelle del collo, bianca, delicata; prov un'improvvisa tenerezza: le pos una mano sul braccio, poi le prese le mani e gliele strinse. Bice fu sorpresa e felice di quel gesto: Anna era cos poco espansiva! Quei discorsi non li ho fatti per darti un dispiacere disse Anna, continuando a tenerle le mani. Ma noi non abbiamo esperienza... perci dobbiamo stare attente. Bice sorrise: Di Mario so che mi posso fidare. rispettoso, credimi... Divent rossa: Anche quando ci vedevamo fuori, era lo stesso. Non ha mai manifestato intenzioni cattive... capisci quello che voglio dire? Riflett un momento: Lo so che non abbiamo esperienza, ma in queste cose noi donne abbiamo anche un istinto. Ricordo quando andavamo a ballare al Dopolavoro... e c'era qualche giovanotto che mi stringeva troppo.. . Ma le cattive intenzioni possono venire in seguito. Che intendi dire? Se Mario avesse cattive intenzioni, le
avrebbe gi manifestate. S, quando ci vedevamo dietro il capannone... L, se si fosse voluto approfittare... era buio, non c'era nessuno... Mario ti ha detto quando dovr andare in congedo? No, non me l'ha detto. Perch se qui da pi di un anno, gli mancher poco a finire la ferma. vero disse Bice. Aggiunse: Non ci posso nemmeno pensare che lui andr via. Meglio che non lo sappia. Senn mi metterei a contare i giorni... Starei sempre con quel pensiero. Anna decise di domandarglielo lei. Non solo gli avrebbe domandato quando andava in congedo; ma anche quali intenzioni aveva, per dopo. lo metter con le spalle al muro: dovr dirmi se ha intenzione di sposarla, o se ci s' messo solo per passare il tempo. Me, non mi pu imbrogliare: glielo leggo negli occhi, quello che pensa. Il resto della giornata pass abbastanza in fretta: con Bice trepidante nell'attesa e Anna contenta, o per lo meno rasserenata. Alle sei, dei passi per le scale. Bice corse alla porta; Anna non si mosse, bench anche per lei fosse stato quello il primo impulso. Era Lina, invece. Veniva a vedere se erano morte. In secondo luogo, veniva a dire che il cappellano aveva avuto uno sbocco di sangue. Terzo: dal primo gennaio era assunta da quella ditta di spedizioni. Ora andava tutti i giorni a Cecina da quei suoi lontani parenti svizzeri che avevano la drogheria, per esercitarsi a battere a macchina. Perch bisogna che diventi un'esperta dattilografa. Pensate, ragazze, sono felice come se... Eppure la mattina mi toccher alzarmi alle cinque e mezzo. E la sera prima delle nove non sar a casa. E un terzo del mensile mi andr via per l'abbonamento ferroviario e quello del tram. Eppure sono felice! felice! e batt le mani per manifestare questa felicit. Mi sempre piaciuta l'idea di lavorare, di diventare una donna indipendente... Altrimenti, se una non si sposa, che scopo ha nella vita? Perch, hai deciso che non ti sposi? le chiese Anna. Io non ho deciso nulla rispose Lina, e rise. Ma gli anni cominciano a decidere per me. Non ne ho mica pi diciotto come te, bellezza. E nemmeno diciannove come... oh, ma per te cosa fatta, ormai aggiunse abbracciando Bice. permesso? disse la voce di Mario. Non l'avevano sentito entrare. Ma voi la porta non la chiudete? Di giorno, no: che la dovremmo chiudere a fare? rispose Bice. Lina voleva andare; insistettero perch restasse. Giocarono a carte, poi Bice si ricord che Lina sapeva leggere la mano: e le chiese di farlo. Lina si schermiva: Ve l'ho gi letta tante volte. Ma a lui no. Va bene: la legger a lui. Oh, che mano delicata disse; non sembra la mano di un uomo. Lui arross. Tienila bene aperta. Anna fu seccata che Lina gli desse del tu. Tienila bene aperta, ho detto: hai paura che ti faccia il solletico? Scommetto che lo soffri. Mario protest che non lo soffriva. Lina fece la prova, e lui fu costretto a ritirare la mano. Che vi dicevo? esclam Lina trionfante. Dunque, vediamo e cominci col dire che la linea della vita era lunga; quella del cuore, invece, era breve... o meglio, era spezzata... Si mise a ridere: Stasera non ho voglia di fare sul serio. Continuava a tenergli la mano: e Anna fu presa dalla gelosia. Era irragionevole, assurdo che lei fosse gelosa di quella
momentanea e innocente intimit fra Lina e Mario: quando non s'ingelosiva se Bice, in sua presenza, lo abbracciava e lo baciava. Pure, era cos: indispettiva, volt le spalle alla compagnia e and alla finestra. Era una brutta serata, in piazza non passava nessuno. Bench non ci fosse nulla da vedere, Anna rimaneva col naso incollato al vetro: tanto la infastidiva il chiacchiericcio degli altri. Lina parlava, parlava: diceva che non le importava se la recita andava a monte, perch ormai aveva altro per la testa. Le dispiaceva solo del tempo perso a imparare la parte. Livio? No, non l'aveva pi visto. Ma Bice, cosa s'era messa in testa? e rise. Perch era innamorata lei, voleva che tutti fossero innamorati? E poi lei, Lina, non era pi una ragazzetta e all'amore non ci pensava pi. Guarda: nemmeno se mi capitasse un giovanotto carino come il tuo Mario... Spronata da Bice, cominci a enumerare le bellezze di Mario: gli occhi, i capelli, il naso, la bocca... Anna fremeva. perch fa la civetta con lui? Come si permette? Per fortuna Mario stava zitto, era chiaro che gradiva poco quella commedia. faccia la stupida con Livio; ma lasci stare Mario. E Bice, come glielo permette? Anzi, lei a incoraggiarla. proprio una sciocca. Ud una gran risata della sorella, si volt. Lina s'era messa il berretto di Mario: che le era sceso fino sul naso. Ora devo andare davvero, figliole. Anche Mario disse che doveva andare: aveva da rispondere al padre: La posta ci mette un mese per arrivare in America, sicch bisogna che gli scriva subito. Peccato fece Bice. Domani sera, prometti che rimani a cena. Domani sera sono di guardia. Dopo che se ne furono andati, Anna disse: Mi ha fatto rabbia Lina. Perch? chiese Bice stupita. Perch... fosse una ragazzina, passi; ma ha ventiquattro anni. E allora, cosa si mette a far la stupida... Ma s, il solletico e tutto il resto. Quando s' infilata il berretto di Mario, m'era venuta voglia di dirle il fatto suo. Io... mi sembrava che non ci fosse nulla di male. Tu sei ingenua; ecco cosa sei. Devi tenertelo stretto, il tuo Mario; perch un bel ragazzo, e le altre, ci fanno subito le stupide. Il giorno dopo Bice era di cattivo umore: il pensiero che Mario non sarebbe venuto, le mandava via anche la voglia di lavorare. Perfino il tempo era uggioso: non era smesso un momento di piovere. Quando furono vicine le sei, Bice si alz e and in camera. Ne usc dopo pochi minuti, col cappotto, un fazzoletto in testa e l'ombrello: Io vado da Lina. O da Marisa. Insomma, in qualche posto; non ne posso pi di stare in casa. Anna fu contenta di rimaner sola. Il fatto che Mario non venisse le aveva ridato la calma. Era contenta di starsene l a lavorare, in quella stanza che ormai s'era impregnata della presenza di lui. Richiam alla memoria, in tutti i particolari, il momento in cui l'aveva abbracciata e baciata: non le sembrava di far niente di male a godere di quel ricordo. Bice torn presto: non aveva avuto il coraggio di arrivare da Lina, per paura di bagnarsi troppo; e Marisa, non era in casa. Dopo aver leggiucchiato un giornale vecchio, disse: Accidenti anche al servizio di guardia. Se non puoi stare un giorno senza vederlo, come farai quando sar andato in congedo? Non mi ci far pensare. Ma poi, se fosse lontano, non credo che mi agiterei cos. E saperlo vicino, e che non pu venire.. La sera dopo, Mario si trattenne a cena, cedendo alle insistenze
della sorella e della zia. Quest'ultima gli fece molte domande sul suo paese e sulla sua famiglia: e Mario, anzich esserne infastidito, sembr contento di doverne parlare. Disse che il padre era emigrato quando lui aveva dodici anni. E la madre era morta che ne aveva quattordici. Allora gli zii li avevano presi in casa, lui e la sorella; ma questa non c'era rimasta a lungo: era gi fidanzata, di l a poco aveva sposato e si era trasferita in un altro paese. La gente magari pensa che un ragazzo non soffra, credono che non capisca; invece, quanto ho sofferto io quando mio padre partito... e quando la mia povera mamma morta... e anche quando mia sorella andata via e sono rimasto solo in casa degli zii... Ebbe timore che le sue parole fossero male interpretate, e si affrett a soggiungere: Che c'entra, gli zii hanno fatto tanto per me e gliene sar riconoscente per tutta la vita; ma avevano i loro figlioli, e io, in quella casa, mi son sentito sempre un estraneo. Tanto che sono stato quasi contento di partire militare. Eh, povero ragazzo, sei stato sfortunato anche tu: come queste due figliole disse la zia. Ci sono certe tragedie nella vita... Pensa: il mio povero fratello e la mia povera cognata se li port via la spagnola, in quanto lui mor il 10 dicembre, e lei, il 27... Ma loro, magari, erano in un'et in cui ci si rende meno conto... E nella disgrazia hanno avuto la fortuna di trovar lei, che ha fatto loro da mamma. Mentre io agli zii, per quanto gli sia riconoscente, non mi ci sono mai potuto attaccare. Perch il pap grazie a Dio ce l'ho sempre, anche se sono quasi dieci anni che non lo vedo; e della mia povera mamma me ne ricordo troppo bene. Mi ricordo... di tutto, anche degli ultimi momenti... di quando mi raccomand a mia sorella... elsa le disse elsa; mia sorella si chiama cos; elsa, dovrai pensarci tu a Mario... gli dovrai far da mamma... Sono state le ultime parole che ha detto. Non fu pi buono ad andare avanti. Si fece forza, tir fuori il portafoglio; senza dir nulla porse alla zia tre piccole fotografie. Mentre se le scambiavano, lui guardava fisso un punto della tovaglia. Anna si trov nelle mani successivamente le foto di un uomo, di una donna e di una ragazza: senza dubbio il padre, la madre e la sorella di Mario: ma non le pot veder bene, aveva anche lei la vista appannata. Mario le ripose nel portafoglio, mentre il silenzio continuava: finch Bice si lev di tasca il fazzoletto e si soffi il naso rumorosamente. Allora la zia disse qualcosa a proposito del tempo, e di com'era facile buscarsi un raffreddore; e la conversazione riprese. Finisci di mangiare disse la zia a Mario. La colpa nostra, che ti abbiamo fatto parlare... Il giorno dopo era domenica: per fortuna, era bel tempo. Alle due e mezzo, quando Mario arriv, la zia e le ragazze erano gi pronte per uscire. Presero per il viale dietro la pineta. Mario camminava accanto a Bice, ma senza darle il braccio. Bice era lo stesso imbarazzata: perch tutti ormai sapevano di loro. I tronchi dei pini erano scuri; anche il tappeto d'aghi era lucente, e c'erano pozze d'acqua negli avvallamenti. Proseguirono oltre il viale, imboccando la strada di campagna che portava alla seconda pineta. C'era fango nelle carraie, e le ragazze avrebbero voluto tornare indietro; si rifiutarono comunque di andare pi in l del ponticello. Sedettero sulla spalletta, in vista della campagna. C'era un'unica nuvola bianca e densa all'orizzonte; per il resto il cielo era perfettamente sgombro. La luce si posava sulla distesa di campi lavorati, sulle prime case, sul
reticolato di vigne, sui frutteti spogli; mentre le lontananze della pianura apparivano sfumate. I profili dei monti erano nitidi. Tante volte la zia le aveva condotte l, fin da quando erano piccole. Bice disse piano a Mario: Io ancora non riesco a capacitarmi che sia vero. Che cosa? domand Mario. Di te... Di te e di me, voglio dire e si mise a ridere. Non capisco disse Mario. Anna invece, a cui erano arrivate le parole di Bice, aveva capito benissimo. S, era strano che fossero sedute l sulla spalletta, come tante volte nel passato: e che ci fosse un'altra persona con loro. Uno che poche settimane prima nemmeno conoscevano; e che ora era entrato a far parte della loro famiglia... Guard la zia: come se si aspettasse di cogliere sul suo viso un uguale stupore. Ma la zia, pur essendo stata l'ultima a conoscere Mario, sembrava avesse accettato pienamente la novit della sua presenza. Un leggero sorriso le indugiava sul viso mentre guardava l dove s'era svolta la prima parte della sua vita. Si accorse che Anna la osservava, e disse: Un giorno, bisognerebbe arrivare da Bertini. Con questo fango? Magari per Natale continu la zia senza badarle. Cos gli facciamo conoscere Mario. E, rivolgendosi a lui: Lo vedi quel primo podere laggi? Ci stanno i nostri parenti. Ma zia cosa vuoi che gliene importi a Mario disse Bice. La zia si offese; disse a Mario che le sue nipoti si vergognavano di avere dei parenti contadini. No zia, non che ce ne vergognamo la interruppe Bice; che... ce la diciamo poco con loro. Appunto: perch sono contadini. Ma anch'io sono una contadina; e non me ne vergogno davvero. Anche mio padre era un contadino disse Mario. Vendette la terra per andare in America... Lass la terra rende poco: ci sono addirittura dei poderi abbandonati, che non li coltiva pi nessuno. Qui invece la terra rende, eccome fece la zia. Bertini voi lo disprezzate tanto; invece, ha messo da parte un bel gruzzolo. Ma anche dover vivere in campagna, senti disse Bice. Al ritorno, la zia and avanti per conto suo. Una volta in casa, si mise a lavorare in cucina: per non stare insieme con loro. Fu Mario che si assunse il compito di rabbonirla. Con la scusa di bere, and in cucina; e lo sentirono che ci s'era messo a chiacchierare. Anche a cena, parl pi che altro con la zia. And via alle nove: dicendo che il giorno dopo era di servizio. Sei di nuovo di guardia? chiese Bice stizzita. Di piantone alle scuderie. CAPITOLO 15. La sera dopo Anna era sola in casa quando sent dei passi d'uomo e poi spingere la porta e chiedere permesso. Era Mario. Di fronte alla sorpresa di lei spieg che all'ultimo momento gli era riuscito esimersi dal servizio. E Bice? Dove hai detto che andata? Da Lina. Almeno credo. Lui non sembr troppo proclive a rimettersi in strada. Sedette: Sai come ho fatto? Ho dato una lira a uno, un napoletano, perch montasse di guardia al mio posto. Anna sorrise: Vedi il vantaggio di aver soldi.
Io mica ne ho molti, di soldi disse Mario, serio. Ho solo quelli della cinquina. Ma non ho vizi, e cos, mi bastano. Da casa, non ti mandano nulla? Come potrebbero fare: mio zio un anno che senza lavoro. C' una miseria tale, lass... Mio padre mi ha mandato dei soldi l'anno scorso a Natale... ho ancora da parte una quarantina di lire. Pensavo di farci un regalino a Bice. Anzi, giacch siamo soli: sai mica se Bice ha qualche desiderio? No disse Anna. Ma poi, non devi scomodarti. Pensavo di regalarle un paio di orecchini. La guard: Se ti dessi i soldi, potresti farmela tu la spesa? S, dico, se tu mi potessi andare a Cecina... Ma io, non me ne intendo mica. E poi, una cosa che riguarda voi; io, non me ne voglio occupare. Mario rimase zitto. Alla fine disse: Tu ce l'hai con me; vero? Anna, che non se l'aspettava, non seppe come rispondere. Hai ragione di avercela: con te mi sono comportato male. Ma vedi... Appallottolava una carta di caramella che aveva trovato sul tavolo: Non facile spiegare... Non so nemmeno io com' accaduto. Anna taceva. Non era preparata a una spiegazione. Guardava fisso un ritaglio di stoffa sul pavimento. Senza alzare la testa, disse: Io, mi sono comportata peggio di te. Perch Bice mia sorella.. . A un tratto, come se se lo fossero detto, si guardarono. Lui aspettava che Anna continuasse a parlare; ma lei scosse la testa, e non disse altro. Allora parl lui: Tu devi capire.. un soldato si sente solo... io poi non mi ero fatto nemmeno un amico. Cos, quando ho conosciuto Bice... Ma non avevo cattive intenzioni, credimi. Lo avevo capito subito che era una ragazza perbene. Ma poi ho conosciuto te... e mi sono innamorato. E quando mi sono accorto che anche tu sentivi qualcosa per me... stata proprio una fatalit. Le vide fare un gesto di diniego, e aggiunse con calore: andata cos, Anna, te lo giuro. Mi devi credere. Dimmi che mi credi. Ti credo, s; ma perch ne vuoi parlare? Tra noi due, ormai, non ci pu essere pi nulla; e allora meglio non parlarne nemmeno. Ma fu lei stessa a ricominciare: Una cosa sola ti rimprovero: di esser venuto in casa. Perch lo hai fatto? Mario sembrava non capire, e lei: Perch ti sei fidanzato con Bice? Dal momento che non le vuoi bene. Ma perch... come dovevo fare. Non sono stato io a volerlo. Oh, mica intendo dire che mi ci ha costretto Bice. Ma cos, ho cominciato a farmi vedere insieme con lei... prima alle prove, poi quella volta che siamo andati al cinema a Cecina... e siccome tutti ormai ci consideravano fidanzati... Ma non capisci che in questo modo hai preso un impegno? e ora, non ti puoi pi tirare indietro. Lui si irrit leggermente (era la prima volta che gli succedeva, con Anna). Disse: Lo capisco, s... non sono mica stupido. Ma Anna, l'ho fatto anche per poterti seguitare a vedere; perch non c'era altro mezzo... Aveva di nuovo abbassato la faccia sul tavolo. Lei lo guard a lungo, percorsa da sentimenti contrastanti; finch la tenerezza prevalse. Gli prese la mano e gliela tenne stretta. Si sent canterellare su per le scale: lui ritir precipitosamente la mano. No, una ragazza del piano di sotto, che va nel solaio.
Lui torn a prenderle la mano; gliela strinse fra le sue. male anche questo disse Anna. Non dobbiamo farlo. Ma non ci accade mai di star soli. Questa probabilmente sar l'ultima volta... l'ultima volta, pens lei. L'ultima volta che stavano soli insieme... Un altro minuto, allora disse guardandolo con amore. Poi andrai a cercare Bice. Passarono cinque, dieci minuti, e continuavano a guardarsi con amore e a stringersi le mani attraverso il tavolo; finch sentirono dei passi e, stavolta, era davvero Bice. Natale si avvicinava. Un pomeriggio Anna era alla bottega quando entrarono due soldati con la valigia: venivano a salutare Zaira prima di partire per la licenza. Dopo che i due furono usciti, Anna disse: Lei signora ne conosce parecchi di questi soldatini. Cosa vuoi, vengono qui a comprare le cartoline... Qualcuno lo aiuto anche a scriverle. Sul serio: ci sono di quelli che bisogna guidargli la mano, come ai bambini. Tornando a casa, Anna pensava che probabilmente anche Mario sarebbe andato in licenza. Appena arriv glielo chiese: Tu non ci vai a fare il Natale a casa? No rispose Mario. Perch me lo chiedi? Perch ho visto dei soldati che partivano per la licenza e allora ho pensato che ci saresti andato anche tu. Ah, ma quelli sono reclute. Noi anziani non ci mandano; tanto... e si ferm. una bella noia per noi aggiunse subito dopo: ci toccher montare di servizio una sera su due. Bice non aveva capito nulla; ma Anna s. E un momento che la sorella usc dalla stanza, gli chiese: Non vi mandano in licenza perch state per andare in congedo: vero? S rispose Mario. La sai la data? No, la data precisa no... Aggiunse: A te lo direi. A Bice, sar meglio tenerglielo nascosto... La sera Anna prese da parte la zia e le domand se sapeva quando congedavano gli anziani. Lei rispose di no, e Anna: Ma te ne puoi informare. Capisci, bene saperlo.. per preparare Bice... S, certo, fece la zia, e per la prima volta apparve scontenta del fidanzamento della nipote: Proprio con un militare doveva andare a mettersi. Io ve l'ho sempre raccomandato di non confondervi coi militari: anche se una trova un bravo ragazzo, poi, viene il momento che va in congedo... Ora chiss che tragedie far disse indicando la porta di camera. Fossi stata tu, mi sarei preoccupata meno. Ma lei, cos sensibile... Dentro di s Anna sorrise amaramente. Bice avrebbe sofferto, ma mai quanto lei. Perch lei non soltanto lo amava, ma sapeva di esserne riamata! mario non si far pi vivo con noi, e Bice allora lo creder un mascalzone; ci pianger un po' sopra e se ne dimenticher. Mentre io non potr dimenticarlo mai, mai! Perch lo so che non un mascalzone; lo so che mi ama; e che avremmo potuto essere felici... Il giorno dopo ebbe la risposta della zia: Cominceranno a mandarli in congedo via via che tornano quelli dalla licenza. Cos presto, dunque. Tra dieci, quindici giorni. Se era vero quello che aveva detto lui, che una sera s e una sera no gli sarebbe toccato restare di servizio, non lo avrebbe rivisto pi di cinque o sei volte. Cinque o sei volte ancora... poi, non ne avrebbe pi avuto notizie. E Bice che non sospettava nulla. Le faceva rabbia, da quanto era
incosciente. Non sospettava nulla e non si preoccupava di nulla: chiss, forse pensava che avrebbe fatto il soldato a vita. Eppure del congedo ne avevano parlato anche in sua presenza. Ma ci se ne poteva stupire, se non aveva mai sospettato nulla di quello che c'era tra lei e Mario? io, al suo posto, me ne sarei accorta centomila volte, pensava Anna furibonda. Guardava i capelli ondulati e lucenti della sorella: non c' nulla, in quella testolina. Far una tragedia, dice la zia. Certo, striller e piagnucoler... mi sembra gi di sentirla. Ma le passer presto, anche. Oh, ne sono sicura che le passer presto. Io, invece... Alle sei sarebbe venuto Mario, e Bice si sarebbe frapposta fra loro due... e per cosa, poi? per giocarci a carte e per spettinarlo. e tutto quello che sa fare quando c' lui. Mentre per me ogni minuto sarebbe prezioso... Quella sera fu un tormento per Anna. Bice non usc mai dalla stanza, e lei dovette starsene da una parte a guardarli giocare. Bice gli faceva le solite moine, i soliti dispettucci... Alla fine Anna non resse pi: and in cucina. Il giorno dopo era Natale; e a Mario toccava il servizio di guardia. Il 26 fu la solita storia: Bice requis Mario per tutta la sera. Da sola Anna pot parlarci un momento appena: Allora parti i primi del mese. No, non ci hanno ancora detto niente. Ma lo hanno detto a zia. Lui si turb: Non credevo che fosse cos presto.. Anche stamani se ne parlava in camerata, e chi diceva il 10, chi il 15... In fretta lev di tasca il portafoglio, tir fuori quaranta lire e gliele mise nel taschino del golf: Devi farmi questo favore. Ma subito, domattina stessa... Ricomparve Bice, e non poterono dirsi altro. La mattina dopo Anna usc di casa presto; dicendo che andava dalla parrucchiera. La giornata si annunciava bella. Il sole era gi apparso in un varco fra i monti, ma per il momento rimaneva celato dietro la nebbia. Solo un pallido riflesso, simile a un colore stinto, giaceva nei campi arati o era spalmato sulle facciate delle case. Nei primi campi, gli alberi spogli spiccavano nitidi e neri. Poco pi in l le forme diventavano opache; poi tutto spariva in quella nebbia luminosa e calda. Arrivata a Cecina, Anna fu piacevolmente colpita dall'affaccendarsi della gente per le strade. Dov'era il mercato della verdura e del pesce, non si passava: Anna fu costretta a scendere di bicicletta, e anche cos, stentava a farsi largo. Scrse Bertini e Ada dietro uno degli ultimi banchetti. Bertini era occupato a discorrere e lasciava fare tutto alla figlia, che con la mano sceglieva i mazzi d'insalata, prendeva i soldi, dava il resto, mentre col moncherino si ravviava una ciocca di capelli che sfuggita al fermaglio le ricadeva di continuo sugli occhi. Anna rimase l qualche minuto, poi, vedendo che Ada aveva troppo da fare, prosegu verso il negozio della parrucchiera. Se la sbrig in poco tempo e fu contenta di camminare di nuovo per le strade dove peraltro l'animazione era diminuita. Il sole ora aveva dissolto la nebbia e le ombre erano nette. Anna si fermava davanti alle vetrine; finalmente si decise a entrare in un negozio dov'era stata altre volte. Trov subito gli orecchini che cercava. Anche il prezzo andava bene: ventisette lire. Con quel regalo, pens, Mario si metteva a posto la coscienza. Usc dal negozio, ma ci rientr subito. Cercava un oggetto per
s, un gingillo da appendere al bavero del cappotto o da appuntarsi sul golf. Le piacque un cornetto di corallo retto da una spilla. Costava tre lire: lo compr. Era il regalo che avrebbe fatto a se stessa coi soldi di Mario: per averne un ricordo. Torn al mercato. Anche l, c'era meno folla, stavano anzi smobilitando: si notavano gi dei vuoti, nelle due file di banchetti. Oh, ciao, Anna esclam Ada. Era contenta di vederla, ma anche un po' confusa. Non farti mai viva, sai, le disse Anna. Non ho mai tempo si giustific la ragazza Ora mi tocca venire sempre anche al mercato... Ci hanno detto che Bice si fidanzata: vero? S, rispose Anna. Oh, mi fa piacere. E sorrise. Intervenne Bertini, e senza degnare Anna di uno sguardo: Sbrigati Ada, metti a posto la roba, che ce ne andiamo. Subito babbo. Aspetta, ti aiuto, fece Anna, e appoggiata la bicicletta al muro si mise anche lei a sistemare in una cesta la verdura avanzata. Ada alz il carretto, e lo gir, per andarlo a mettere al riparo in un androne. Ti verr a trovare le grid dietro Anna. All'imbocco del sottopassaggio, si sent chiamare. Era Marisa, in bicicletta anche lei. Da dietro mi parevi e non mi parevi le disse. Che fai? le domand Anna. Niente. Sono venuta a comprare le sigarette aggiunse un momento dopo. Non le potevi comprare a Marina? Zaira non me le avrebbe date e scoppi a ridere. Mi tocca comprarle di nascosto, perch non se ne accorgano a casa. Rise di nuovo; e Anna le vide una traccia di rossetto su un dente. Marisa, inoltre, pedalava in modo scomposto, n si cur di tenere abbassata la gonna quando incontrarono due giovanotti. Ci fermiamo un momento? Ho voglia di fumare. No, io non posso... gi tardi. Marisa disse che scoppiava, se non accendeva una sigaretta; e Anna fu contenta di continuare da sola. Giunta a casa, nascose i regali e il denaro avanzato nel cassetto. Poi si guard a lungo nello specchio. Prima, non lo faceva mai; e disprezzava la sorella, che ci stava ore. Perch dunque adesso si compiaceva della propria immagine? Sicuramente per via di Mario. Le pareva, in qualche modo, che la propria immagine evocasse quella di Mario: non si erano forse abbracciati e baciati? Nel pomeriggio, prima di uscire, la zia fece: Stavo per dimenticarmene: Mario venuto a dirmi che stasera di servizio. La delusione di Anna fu ancora pi cocente di quella di Bice. And in camera, tir fuori la scatolina con gli orecchini, l'involtino col fermaglio; torn a nasconderli sotto la biancheria, e richiuse con rabbia il cassetto. Si sdrai sul letto, ma non ci rimase a lungo. Si sentiva una tale irritazione addosso... CAPITOLO 16. Sent dei passi: la porta si apr, e comparve Mario. Per qualche momento si guardarono in silenzio; poi lui disse piano, indicando la porta di camera: Bice, uscita?
S rispose Anna. Lui respir sollevato. Si tolse il berretto, i guanti, la sciabola e il cappotto, e ammucchi tutto sul tavolo. Poi prese una sedia e venne a mettersi accanto a lei. Allora l'hai fatto apposta a dire a zia che non venivi. S rispose lui . Anna abbass gli occhi. Aveva un tremito interno che non le riusciva dominare. Anche Mario, era come paralizzato: la guardava, ma non osava toccarla. Quando fu pi calma, le venne in mente che doveva dargli il regalo e i soldi. Senza guardarlo si alz: Vado a prenderti il regalo. E corse in camera. Ma aveva troppa confusione in testa: prima apr un cassetto sbagliato, poi dovette frugare un bel po' tra la biancheria. Richiuse il cassetto; le venne fatto di guardarsi nello specchio, e scrse Mario. Ecco gli orecchini disse in fretta. Ti piacciono? E, senza aspettare la risposta: Li ho pagati ventisette lire. Eccoti il resto. Aspetta, sono dieci lire soltanto: tre le ho spese per un regalo che ho fatto a me. Questo cornetto di corallo: ti piace? S disse lui. Allora me lo metto e se lo appunt sul golf. Come mi sta? Bene. Torniamo in salottino. Lui non si mosse. Restarono in silenzio, appoggiati al cassettone. Tu in quale letto dormi? L rispose Anna. Non guardare... in disordine. Dopo essersi sdraiata, non s'era curata di rimettere a posto. Si affrett a farlo ora: spian la coperta, e ficc la camicia da notte sotto il guanciale. Andiamo di l disse. Che si vede dalla finestra? Niente. D sull'orto. Ora poi buio, cosa vuoi vedere? Andiamo di l, ti prego. Se torna Bice... Anna. Anna, senti, questa forse l'ultima volta che stiamo soli... E le pass un braccio intorno alla vita. no disse lei. Ti prego, no. Anna, l'ultima volta. Basta; lasciami. Non posso andar via cos; dammi almeno un bacio. La stringeva; la baci sui capelli, sulla tempia; ma lei continuava a nascondere il viso. Dammi un bacio, Anna. Uno solo. Di l. Te lo do di l. No, ora, subito. Era esasperato; volle strapparle a forza un bacio. Lei indietreggiava, finch incontr la sponda del letto e fin col cadere. Lui le fu sopra: le schiacci la faccia con la sua; riusc finalmente a baciarla. Lei continuava a resistergli, a respingerlo: lui perse il lume degli occhi. Con la mano le strinse il viso costringendola a star ferma: lei lo guardava atterrita. Lasciati baciare . Lei non fece pi resistenza, lui la baci, tre, quattro volte. Devi baciarmi anche tu. Lei obbed; e via via che la dolcezza del bacio la penetrava, ogni velleit di ribellarsi veniva meno. Fu lui a smettere: si alz; macchinalmente si pass una mano sui capelli. Lei si tir su a sedere: si vedeva nello specchio; cerc anche lei di ravviarsi i capelli. Si accorse che aveva le gambe scoperte, arrossendo tir gi la gonnella; lo guard confusa; alla fine riusc a dire: Andiamo di l. C'era da rimettere a posto il letto: il materasso sporgeva da una parte, la coperta era finita per met in terra. Aiutami
gli disse. Aspetta, il guanciale va messo sotto. Lui si ferm, prese in mano la camicia da notte; disse: verde, come i tuoi occhi. Su, rimettila a posto. Gliela strapp di mano e la cacci sotto il guanciale. Andiamo, se viene qualcuno e ci sorprende qui bella figura che ci facciamo. Era in vena di scherzare, ora; e anche di far la civetta. Spegnendo la luce di camera, gli disse: Sei cattivo... non ti dovrei pi guardare, dopo quello che mi hai fatto. Va l che potevo farti peggio. Peggio di quello che mi hai fatto? Allora mi ammazzavi addirittura. M'hai schiacciato la faccia; mi hai mezzo rotto un braccio.. Anche una costola, devi avermi rotto e si premette un fianco facendo una smorfia, come se provasse chiss che male. Fingi di non capire, eh? Ma lo sai benissimo che avrei potuto farti peggio... che avrei potuto pretendere qualcosa pi dei baci. Sei uno sfacciato e gli mostr la lingua. Contentati, che te la sei cavata con poco. La spinse avanti dandole un leggero sculaccione. Che ore sono? domand lei. Le sette meno un quarto. Allora Bice star poco a tornare. Vieni: mettiamoci seduti e facciamo i bravi ragazzi. Lui obbed. Lei gli prese il mento e glielo strinse: Lo sai che hai la barba dura? L'hai soltanto qui, ma l'hai dura: mi hai fatto un male... Dove ti ho fatto male? Qui. E qui. Dappertutto. Si toccava le guance, gli zigomi, il collo; lui le andava dietro con la mano e la accarezzava. Pare impossibile, hai un'espressione da bravo bambino e sei cos prepotente. Ma l'ultima volta che mi lascio fare una prepotenza da te. Hai capito? Non ti ci provare pi. Lui smise di sorridere. Purtroppo.. ho paura che sia davvero l'ultima volta. No, non lo dire si ribell lei. No, troveremo il modo di stare insieme da soli. Almeno una volta ancora... Lui taceva. Di' qualcosa, su. Dimmi quand' che ci potremo vedere da soli. Lui la guard: Anna, forse meglio di no... perch ti desidero troppo. Dianzi mi sono dominato... l'hai visto, ho smesso io di baciarti.. perch se continuavo sarebbe andata a finir male. Lei rise: Non solo sei prepotente, sei anche presuntuoso... Credi che io ti avrei lasciato fare? Non volevi nemmeno che ti baciassi... eppure alla fine mi hai lasciato fare. Te l'ho detto, sei un presuntuoso. Sei un presuntuoso, prepotente e sfacciato. Sei un egoista, ecco quello che sei. Non vero protest lui. Fossi stato un egoista, mi sarei approfittato di te. Lei gli diede uno schiaffetto: Sei anche un bugiardo. Inventi le cose. Anna, tu scherzi col fuoco. Lei rise: Sentilo, che cose grosse dice! Crede di farmi paura. Invece non mi fai paura, sai? Io con te ci verrei anche in mezzo a un bosco; e se non volessi, non mi toccheresti nemmeno con un dito. Lui restava serio: Anna, tu sei una fanciulla inesperta. Non negarlo, l'ho capito subito che non avevi esperienza dell'amore.. Perci non puoi capire i rischi che corri. Se invece di me avessi incontrato un
altro, uno senza scrupoli voglio dire... Una donna fa presto a cadere. Lei fin col rimanere soggiogata da quel tono serio, da uomo esperto della vita. Dopo un po' che parlava, lo interruppe per chiedergli l'ora. Sono le sette e un quarto. Allora non perdiamo altro tempo. Quando ci vedremo? Pensaci un momento. Dobbiamo trovare il modo... Non ti preoccupare di Bice, le possiamo inventare qualsiasi cosa. Ecco, domani sera... Domani sera sono di servizio davvero. Lei ebbe un gesto di scontento. Allora domani l'altro. Domani l'altro domenica, ti puoi far dare il permesso, vero? Ascolta, tu stai con Bice fino alle cinque, e poi, dici che sei di servizio. Invece vai ad aspettarmi dietro il capannone... Ma ora freddo, Anna, potrebbe anche piovere... Non pi possibile vederci fuori. Lei batt il piede in terra, contrariata: Anche se freddo, anche se piove, ci vediamo lo stesso dietro il capannone. Oppure in pineta. O sulla spiaggia. Mi piacerebbe tanto star sulla spiaggia insieme con te... Le era tornata in mente quella notte di luna, con la striscia di stagnuola che attraversava il mare, e i cavalloni che s'infrangevano sollevando un polverio di spume. Ma Anna non vorrai che ti faccia prendere anche un malanno. Quante storie... che non vuoi pi stare insieme con me. Lui fece per protestare; lei lo ferm: zitto... mi sembra di sentire dei passi. S, Bice. Dammi un bacio, svelto. Non si stacc da lui finch non sent aprire la porta. CAPITOLO 17. Non ci fu bisogno di nuovi stratagemmi perch potessero vedersi da soli. Il sabato sera Bice aveva un forte mal di gola; la notte non dorm; e la mattina non pot alzarsi, perch aveva la febbre. Bisognerebbe avvertire Mario che non venisse disse la zia. Non si pu mica farlo passare in camera: non starebbe bene. Neanche Bice, del resto, desiderava vederlo, in quelle condizioni. Stava rannicchiata sotto le coperte e la sua sola distrazione era allungare ogni tanto la mano sul comodino e prendere la scatolina con gli orecchini. Non si saziava mai di guardarli: ai suoi occhi erano il segno dell'amore di Mario. Be', quando viene gli diremo che Bice malata e lo rimanderemo via. E cos fecero: solo che Anna lo accompagn fin sulle scale e gli disse sottovoce: Zia va in campagna; tu aspetta che sia uscita e poi torna. Si mise in salottino a lavorare: perch il tempo le passasse prima. La zia si affacci sulla porta, bell'e pronta per uscire: S' addormentata disse sottovoce. Stacci attenta te, Anna, mi raccomando; io cerco di sbrigarmi prima che posso. Pochi minuti dopo, sent i passi di lui. Gli and incontro sul pianerottolo: Fai piano gli disse. Bice dorme. Lo prese per mano e lo condusse in salottino. Lui camminava in punta di piedi, per non far rumore con le scarpe chiodate. Esagerando le precauzioni, si lev il berretto, la sciabola e il cappotto. La sciabola l'aveva appoggiata al muro: scivol, ma fecero in tempo ad acchiapparla. Anna rise silenziosamente: tutti quei sotterfugi la esilaravano. Spero che dormir un bel pezzo gli disse piano. Stanotte non ha dormito un minuto. E ha fatto dormir poco anche me. Del resto, se si sveglia, le diciamo che sei appena
arrivato... E che scusa si trova? Che dianzi avevi dimenticato i guanti. Ma poi, basta che tu te ne vada prima che torni zia; e zia, prima di buio, non torna di certo. Sicch, quanto abbiamo da stare insieme? Almeno due ore. Ma non perdiamo altro tempo, Anna... Vieni qua. Lei gli si accost, e lui la abbracci stretta. Prima di baciarla la guard a lungo negli occhi. Non mi stringere tanto, mi fai male sussurr lei dopo il bacio. Come, ti faccio male? Coi bottoni della giubba. Mi premevi anche su questo cornetto... Lui prese in mano il cornetto; lasciandolo, le accarezz leggermente il seno. Ci mettiamo seduti? disse Anna. No, ci si bacia meglio in piedi rispose lui. Non vorrai stare due ore a baciarmi. Ora lasciami fare cinque minuti. La abbracci con impeto; baciandola lungamente; mentre con la mano libera le accarezzava la spalla, il seno, il fianco. Anna, andiamo in camera. Ma che dici? C' Bice. Nell'altra, dove dorme tua zia. Lei si spavent: Che cosa vuoi fare? Qui... ci si bacia male; stavamo meglio l'altro giorno, sul letto. Aveva quell'espressione di bambino caparbio, che vuole essere accontentato. Ma Bice si pu svegliare da un momento all'altro. Ma la sentiremo. E faremo presto a tornare in salottino. E sostenne lo sguardo dei suoi occhi grandi, verdi. Mario, tu ti sei messo qualche brutta idea in testa. Vedi che non hai il coraggio di rispondere? Vuol dire che ho indovinato. S, hai indovinato. Continuava a guardarla. Lei si sent perduta: perch sapeva che non sarebbe riuscita a resistergli... che avrebbe fatto tutto quello che lui voleva, come nel passato. Mario, che ti saltato in mente? Perch? Non posso andar via cos, Anna. Mario, per carit. Devi essere mia, Anna; lo voglio; lo desidero tanto... Mario, lasciami... Mi fai paura quando mi guardi cos. Ti voglio, Anna, ti voglio le soffi sul viso. L'aveva schiacciata contro il muro e continuava a premere, con tutto il corpo. Lei si divincol: ma questo valse solo a farle sentire meglio la pressione del corpo duro, risoluto di lui. Oh, non ce la faceva; gi si sentiva , dentro quel languore che le toglieva ogni energia. Mario, non possibile. Non possibile! Non qui, Mario, ti prego. Non cos, Mario... Ma un ginocchio di lui era gi entrato fra i suoi; e una mano era scesa gi, frugava tra i suoi indumenti. Non cos, Mario, non cos... Ti prego, no, no, no... Cominci a piangere, appoggiandogli la testa sul petto e aggrappandosi con tutt'e due le mani alle sue spalle. In nome del nostro amore, Mario riusc ancora a dirgli tra i singhiozzi. Lui si scost di poco: Non ti far nulla; ma andiamo in camera. Vieni. Lei lo guard; si asciug gli occhi; prese la mano che lui le porgeva e lo segu a capo chino. La porta era chiusa: lui abbass adagio la maniglia; si ferm al primo cigolio; spinse risolutamente. La camera era immersa nell'ombra: si distingueva appena il bianco della coperta sul letto matrimoniale. Oh, Dio mio, Dio mio mormor lei. Non aver paura; non ti far nulla, se non vuoi
ma intanto la spingeva verso il letto. La costrinse a sedere. A un tratto la baci; poi la rovesci all'indietro. Lei brancol con le mani nel disperato tentativo di reggersi: finch si ritrov supina, con le gambe fuori del letto. Ora non vedeva nemmeno pi il suo viso: come poteva riuscire a persuaderlo che non lo doveva fare? Mario, se mi vuoi bene, non farlo implor piangendo. Ma la sua mano impietosa le accarezzava le gambe, si ferm sul ventre... Mario, Mario, stai buono, per carit. Proprio non vuoi, di'? No, Mario, non voglio. Ma perch? perch? diceva la sua voce irata. Cos brutto, Mario, tanto brutto... Perch vuoi sciupare il nostro amore, Mario? Lui dovette esser colpito dalle sue parole, perch rimase zitto e immobile. Mario, sar tua quando vorrai, ma qui no, qui mi vergogno. Anna, lasciami fare. Far in un momento, non te ne accorgerai nemmeno. Oh, Mario esclam lei, disperata. E va bene proruppe lui. Non ti far nulla... Ma stai ferma, almeno. Stai zitta. Perch stesse zitta, le affond le labbra in bocca. Poi Anna lo sent che le premeva contro il ventre; lo sent muoversi in fretta, sempre pi in fretta; e alla fine fermarsi e rimanere inerte sopra di lei. Anche lei giaceva immobile. Capiva che ormai non aveva pi niente da temere. Improvvisamente prov una grande tenerezza per lui; e si mise ad accarezzargli i capelli. Riusc anche a voltare un po' la faccia e a dargli un bacio leggero sulla tempia. Lui sembrava insensibile. Lo sentiva respirare appena... Dormiva, forse? Anche lei chiuse gli occhi e per un po' perse la nozione di ogni cosa. Anna. Dapprima non cap; poi respinse con violenza il corpo inanimato di Mario e si alz a sedere. Anna chiam pi forte la sorella. Lei svelta scese dal letto, si mise una scarpa che le s'era sfilata; corse nel corridoio e ravviandosi in fretta i capelli si affacci alla porta. Anna... dov'eri? Di l rispose Anna. Per fortuna la sorella teneva il capo sotto le coperte e non poteva vederla. Che ore sono? Mah... non so; aspetta che guardo. In cucina l'orologio a pendolo segnava le tre. Anna torn indietro per il corridoio, vide la forma confusa di Mario che s'era anche lui alzato: Vai in salottino, presto, Bice sveglia. And dalla sorella: Sono le tre... C' anche Mario di l. Mario? S, venuto... aveva dimenticato i guanti. Non lo far passare; non voglio che mi veda cos. No, in salottino. Che cosa fa? Niente. Legge. Dopo un po' la sorella disse: Giocate a carte. Ah... sono tutta sudata. Dammi un fazzoletto, voglio asciugarmi un po'. Anna cerc il fazzoletto; le venne in mente una cosa, e ne prese uno anche per s. Tieni disse alla sorella. Questa a fatica tir fuori una mano. Accostami gli scuri disse. Voglio vedere se dormo un altro po'. Anna accost gli scuri e usc dalla camera in punta di piedi. Fece per andare in salottino; ci ripens, e si chiuse al gabinetto.
Si alz il vestito e la sottana: era tutta bagnata. Col fazzoletto si asciug meglio che pot. Si lav le mani e il viso. Rimase a guardarsi nello specchio rugginoso che era sopra il lavandino; gli occhi le caddero sul fazzoletto appallottolato, pens che doveva lavare anche quello, e si sbrig a farlo. Rimase lo stesso macchiato; lo nascose. Torn nella camera della zia: apr uno scuro. Mario, prima di uscire, aveva cercato di aggiustare la coperta. Fin di rimettere a posto; stava per andarsene, quando not qualcosa... Era il suo cornetto. Lo raccolse, richiuse lo scuro e usc. Si affacci un'altra volta in camera di Bice; dal respiro forte, un po' affannoso, pens che stesse dormendo di nuovo. Entr in salottino. Mario era in piedi nel vano della finestra: guardava fuori. Bice dorme gli disse piano. Vieni, mettiti seduto. Guardandosi nello specchio del buffet, si appunt il cornetto sul golf. Gli and accanto e posandogli una mano sulla spalla: Cosa stai guardando? Niente rispose lui senza voltarsi. Allora vieni; mettiamoci seduti. Le obbed di malavoglia; sedettero al tavolo. Sai? il cornetto mi s'era sfilato... l'ho trovato sul letto. Meno male che me ne sono accorta. Pensa se ce l'avesse trovato zia... Che scusa avrei potuto inventarle? e rise. Ma tu cos'hai che non parli? Sei arrabbiato con me? No, ti pare? Ma sar meglio che vada. E perch? presto. Zia prima di buio non torna. E poi, anche se torna e ti trova qui, non c' mica nulla di male... Anna, io... sono mortificato. Per quello che hai fatto? S, per quello. A un tratto si spavent: Mica sar successo nulla? Come? No, non successo nulla. Per questo, puoi stare tranquilla. che... non avrei dovuto farlo. Su, non ci pensare. Dimmi qualcosa, piuttosto. Su, parliamo. Svelto, che il tempo passa. Parla. Ora non ho voglia di parlare. Ma perch. Perch... mi vergogno. Ho paura di aver sciupato tutto. Non ti capisco; perch dici cos? Ma se lo dicevi anche tu, dianzi... che stavo sciupando tutto. Oh, ma sei buffo! esclam lei, e si mise a ridere. Dianzi non volevi intender ragione... e ora te ne stai l mortificato... Andiamo, smettila; non ci pensare pi a quello che successo. Che concetto ti sarai fatto di me, Anna. E di. La vuoi smettere con questi discorsi? Io... non me ne ricordo nemmeno pi di quello che successo. Gi, non ho nemmeno capito bene... e rise. Ecco, comincia col dirmi che cosa successo. Nulla successo; nulla. Gi; e chi mi ha conciato in quel modo, allora? Mi sono trovata tutta bagnata... Oh, ma sei un bel tipo: prima le fai, le cose, e poi non me le vuoi spiegare. che... come faccio a spiegarti? Mi vergogno. Se non ti sei vergognato a farle, ti vergogni a parlarne? Ma sai, l per l ero eccitato, avevo perso la testa... Uff. Quante scuse trovi. Mi hai messo in curiosit; e ora, mi devi spiegare... Perch io, che vuoi, non so mica niente. Non devi essere curiosa di queste cose disse lui con tono severo. Queste cose una ragazza non le deve sapere. Bravo: mi fa anche la predica.
Anna, dimentica quello che accaduto. Non voglio che tu ti ricordi di me mentre... Insomma, hai capito. No, non ho capito. Ma s che hai capito. Vedi, se avessimo fatto davvero all'amore, allora mi piacerebbe anche che tu te ne ricordassi. Ma cos stata una debolezza da parte mia e basta. Perci, non stiamone a parlare. Una debolezza? Non capisco. S, una debolezza... Oh, ma come faccio a spiegarti. Spiegami una cosa soltanto. Quel bagnato... con quello l che una rimane incinta? S, con quello. E ora basta, Anna; o mi arrabbio davvero. Basta, s disse lei fissandolo con gli occhi che le ridevano. Tanto il resto lo so da me. Un'ombra pass sul suo viso: Cos' che sai? disse stringendole il polso. Be'? Che ti prende? Non hai detto che non ne volevi pi parlare? Voglio che tu mi dica quello che sai. Tu che sei un uomo ti vergogni e io che sono una donna ne dovrei parlare cos, come se niente fosse? Non voglio che tu sappia disse lui cupo. Non devi saper nulla, di queste cose. Ma qualche cosa la so per forza. Chi te l'ha insegnata? chiese lui brusco. Nessuno me l'ha insegnata; ma si sente dire una cosa da uno, una cosa da un altro... Hai visto come sono i giovanotti: fanno sempre qualche allusione. Chi sono questi giovanotti? Ma dicevo cos, in generale. E poi son cose che si leggono sui giornali, nei romanzi... Se ne parla anche tra noi ragazze. Tu invece non ne devi parlare. E non devi frequentare giovanotti... che parlino male. Sentilo, come comanda. Ma mi fa piacere, sai? di saperti geloso. Lui si pass una mano sul viso: Non ne ho il diritto, certo... Ma se penso che... Non and avanti. La gaiezza di Anna svan. Pensi che ancora pochi giorni e poi non ci vedremo pi, vero? che io... finir col trovare qualcun altro. O pretenderesti che ti restassi fedele anche dopo che mi avrai lasciato? Lo guardava indignata; poi divent triste: Tu mi hai fatto innamorare, e lo sapevi che non era una cosa possibile. E ora come far, dimmelo. Tra pochi giorni te ne andrai, e mi lascerai qui, a consumarmi dalla passione. Oh, le pagher care queste ore di felicit... Anna, tesoro. Ma non vorrei tornare indietro lo stesso, sai? Perch ormai fai parte della mia vita... sei la cosa pi bella della mia vita. E lo sarai sempre, qualunque cosa mi succeda. Anche tu lo sarai sempre, Anna. No, tu mi dimenticherai presto. Tu ne hai avute gi altre, di ragazze... Mentre tu sei stato il solo, per me; vedi com' diversa la cosa? Non dire che non cos. Io, per te, sono una delle tante, mentre tu sei il solo che io abbia avuto... Anna, no; non lo dire. Sei anche tu la prima per me; la prima che abbia amato. S? Sul serio? No, lo dici solo per farmi contenta. Mentre dentro di te chiss che cosa pensi di me. No, sei ingiusta, Anna; quel che ti dico, la pura verit. S? Davvero? Oh, non chiederei di meglio che crederlo. Ma allora, su, parla; vedi di convincermi. Dimmi: cos'hai trovato di tanto speciale in me? Se vero che te ne sei innamorato. Lui la guard incerto:
Vuoi che ti dica cos'hai di bello? Non di bello, di speciale e rise. Be'... gli occhi, per cominciare. E poi la bocca. E i capelli. E la forma del viso. Ma ce ne sono tante altre che hanno gli occhi come me, la bocca come me, i capelli come me... meglio di me, anzi. Vuoi mettere i miei capelli con quelli di Bice? No, Anna. Aveva cominciato di malavoglia, ma and scaldandosi via via che parlava: Nessuna come te. No, non sono stati gli occhi, o la bocca, che mi sono piaciuti; qualche altra cosa. Io, quando ti conobbi quella sera, non fui mica colpito dalla tua bellezza. Gi, era buio, nemmeno ti potei veder bene... Ma fui colpito lo stesso, dal tuo sguardo, dalla tua espressione, non so... dal modo come gridasti di spavento... e da come mi dicesti dopo, che non era nulla se ti avevo spaventato. Quanto stemmo insieme? due minuti, nemmeno: eppure, non mi uscisti pi dalla mente. Mi sorprendevo a pensare a te ogni momento: quella ragazza di iersera, pensavo, chiss chi . strano, non l'avevo mai notata prima. Credevo cos, che fosse una semplice curiosit, e invece, era l'amore: dopo l'ho capito. Ma proprio perch l'amore vero non l'avevo mai provato, non sapevo come si manifesta... che uno comincia a pensare a una ragazza, cos, senza saper nemmeno lui perch... Fu pi tardi, mentre ero in camerata, che mi balen la verit: Ma la sorella di Bice! Perch vi avevo visto fuori insieme. E poi Bice me lo aveva detto, di te. Mi aveva detto anche il tuo nome. Cos pensai: Allora era Anna. Poi pensai: Che bel nome Anna. Ma ti giuro, non ci avevo mai fatto caso prima: per me era un nome come un altro. Ma ora, a sapere che lo portavi tu, mi fece quell'effetto... E quando tua sorella mi disse della recita, e che c'era la possibilit di vederci l, accettai subito con gioia: ma non per vedere lei; per rivedere te... Non ricordi com'ero emozionato quella sera? Ci mettemmo seduti accanto e tu mi dicevi: Legga la parte... Ma s, avevo una tale confusione in testa... Perch sorridi? Non ci credi? Lei continuava a sorridere e non diceva niente. Ecco, anche in questo momento sorridi in un modo... Solo tu sai farlo. Oh, Anna, nessuna ragazza come te. Tu non so, hai qualcosa... qualunque cosa tu faccia, la fai in un modo diverso dalle altre. Forse perch sono innamorato che mi sembri diversa. Oh, no, lo sei davvero. Per fortuna che gli altri non se ne accorgono: altrimenti sarebbero tutti innamorati di te. A me basti tu disse Anna, accostando il suo viso a quello di lui. Rimasero cos, con le guance accostate, senza parlare; finch si sent la voce di Bice che chiamava. Vengo disse Anna, e aggiunse piano: Quella noiosa. Ci interrompe sempre sul pi bello... CAPITOLO 18. Bice si alz il giorno dopo Capodanno. Si mise anche lei a lavorare in salottino. Ma ogni momento smetteva per andare a guardarsi nello specchio del buffet. Si vedeva magra, sciupata; quasi quasi, avrebbe preferito che Mario non venisse. Mario arriv alle sei; e fece una faccia contrariata vedendo che Bice era in piedi. Anna lavorava a capo chino. Aveva bisogno di parlargli. Da ultimo trov una scusa per mandare Bice in camera e svelta gli disse: Tra poco, vattene; di' che devi rientrare in caserma. Perch? fece lui sorpreso. Perch esco anch'io; ho bisogno di parlarti.
Mario si mise a giocare a carte con Bice; ma guardava in continuazione dalla parte di Anna. Questa a un certo punto gli fece un segno. Allora lui si alz e disse: Io bisogna che vada. Di gi? fece Bice stupita. S, mi hanno chiamato in fureria per una firma... Ora non posso starti a spiegare. Domani vieni? Anna gli fece segno di rispondere di no. Domani... ho paura che sar di servizio un'altra volta. Oh, che rabbia disse Bice. Ma sta per finire la rassicur lui. Son gi cominciati a rientrare dalla licenza... Gi cominciati a rientrare dalla licenza. Questo significava che lui poteva partire da un momento all'altro. La sua risoluzione di vederlo da sola il giorno dopo si rafforz. Si sarebbero visti fuori; tanto era bel tempo, non faceva nemmeno freddo. Aspettami, esco anch'io disse alzandosi. Si lev i fili rimasti appiccicati alla gonna, si ravvi i capelli con le mani e and a prendere il cappotto. Bice l'aveva seguita in camera: Dove devi andare, Anna? Alla bottega... Zia ha detto di comprare il formaggio. Potrei venire anch'io. No, tu pi prudente che rimanga in casa. Ti sei alzata appena stamani, ricordatelo. Allora, giacch ci sei, perch non arrivi da Lina? e ti fai dare qualcosa da leggere. Lina a Livorno; prendeva servizio oggi, non ti ricordi pi? Oh, gi, che stupida. M' andata via anche la memoria a stare a letto. Mario s'era gi preparato. ciao gli disse Bice abbracciandolo; e lo baci su una guancia. ciao rispose lui infastidito da quelle espansioni. Una volta fuori disse a Anna: Perch manca poco, ormai; senn non potrei pi sopportare questa situazione. Quanto manca? Di preciso non lo so; ma ho paura che sia questione di giorni. Domani sera dobbiamo stare insieme. Ma come facciamo? Fuori; ci vediamo fuori. Io alle sei esco, dico che vado da Marisa... e sto fuori fino alle otto. E se Bice vuole uscire anche lei? Trover una scusa per non portarmela dietro. Allora, dove ci vediamo? Avevano svoltato l'angolo. Un soldato veniva in gi camminando in mezzo alla strada e quando fu alla loro altezza si ferm: Pisani! Proprio te cercavo. Scusami un momento disse Mario. Si mise a parlare con quello; Anna cominciava a spazientirsi. Finalmente Mario la raggiunse. Dunque? disse Anna. Fammi riflettere. Quando furono alla bottega si ferm: Senti, dovresti uscire subito nel primo pomeriggio. Perch io potrei avere un permesso. Ora che stiamo per andare in congedo, ce li dnno facilmente. Ma di giorno, come si fa? Ci vedrebbero. Aspetta, m' venuta un'idea. Potremmo vederci in pineta. Diamoci appuntamento a quel ponticello dove ci mettemmo seduti l'altra volta. Va bene; tu a che ora puoi esserci? Alle due e un quarto... alle due e mezzo. Insomma, vieni prima che puoi. Ma tu, sei sicuro di averlo il permesso?
Se non me lo dnno, me lo prendo da me disse Mario, e rise. CAPITOLO 19. Anna lo vide appena ebbe infilato la stradetta. Pedal pi svelta, ma rallent vedendo venirsi incontro una donna. Era Cesira, la moglie di Corrado. potevo dirgli che mi aspettasse in pineta, invece che sulla strada... Oh, ma che m'importa, e prosegu risoluta. La bicicletta, la nascosero in un cespuglio; poi si avviarono per il viottolo lungo l'argine. Si sentivano dei rumori nell'interno della pineta: forse c'erano a cogliere le pine. Cos decisero di proseguire verso il mare. Si fermarono tra i primi monticelli di sabbia. L erano al riparo dagli sguardi indiscreti, e anche dal vento. Mario piant la sciabola nella rena, e si tolse il cappotto. Lo stese per terra e disse: Senn prendi freddo. Ma tu, non hai freddo senza cappotto? Io sono un montanaro e sorrise. Sedettero; e come sempre nei primi momenti provavano imbarazzo a stare insieme. Tanto per dir qualcosa, lei fece: Lo senti il mare? S rispose lui. Rimasero in ascolto. Era un rumore continuo, uguale, su cui si levavano gli schianti secchi delle ondate che s'infrangevano pi vicino. Lui raccolse una manciata di sabbia: calda disse. Quasi come in estate. Guarda quelle mortelle disse lei. Sembrano pareggiate da un giardiniere. il vento che le ha pareggiate, vero? Ma le ha pareggiate per storto. Perch non mi abbracci? disse improvvisamente lei. vero fece lui, e rise. La abbracci; poi la baci, ma si ritrasse subito. Non hai pi voglia di baciarmi? Ho voglia di guardarti. Non mi puoi guardare anche mentre mi baci? No, mentre ti bacio... sei troppo vicina, non riesco pi a vederti. E poi tu chiudi sempre gli occhi... io invece voglio guardarti negli occhi. Perch li hai tanto belli. E non mi sazierei mai di guardarli. Davvero chiudo sempre gli occhi? Non me n'ero accorta. Anche ora, li hai chiusi. Si strinse a lui: Forse li chiudo perch mi vergogno un po'. Di che ti vergogni? Sciocchina e le fece una carezza. Anche tu ti vergogni. Non quando mi baci, ma per esempio l'altro giorno... Vedi: hai capito subito e sei diventato rosso. Ascoltami, ci ho ripensato... Te lo avevo proibito. Invece ci ho ripensato... e mi venuto il rimorso. Di che? fece lui stupito. Di non averti accontentato. Ora non mi guardare, senn mi vergogno a dirlo. Ho pensato che se anch'io avessi fatto all'amore insieme con te... non te ne saresti vergognato, dopo. Perch ti sei vergognato di averlo fatto da solo: non cos? cos rispose lui. Vedi come sono intelligente: io non sapevo nulla di queste cose eppure ho capito... cos che mi venuto il rimorso. Sono stata una sciocca, proprio. Dovevo lasciarti fare... Ma no, Anna, che dici. proprio cos, invece. E oggi sono venuta per lasciarti fare. Lui rimase turbato; strapp nervosamente un filo d'erba e lo
spiegazz. Anna, tu sei pura e io non so nemmeno se ho fatto bene a baciarti disse senza guardarla. Figuriamoci quell'altra cosa. No, Anna, dobbiamo rimanere come siamo. Quello che c' stato tra noi finora... ci deve bastare. Perch ti fai degli scrupoli... se sono io a chiedertelo? Tu parli cos perch non hai esperienza. L'altro giorno avevi paura e ti vergognavi. E anche ora, se io mi provassi... Avevo paura e mi vergognavo perch eravamo in casa... Qui, non mi vergognerei. Ma se devi ancora imparare a baciare! esclam lui, e la sua voce era tornata gaia. In amore come a scuola: bisogna imparare una cosa per volta. Lei ci rimase male: Dunque, non so baciare? No, Anna, non sai baciare. Parla sul serio. Sto parlando sul serio. E allora come si deve fare? Spiegamelo. Tu stringi le labbra; invece, le devi schiudere... Vuoi che facciamo la prova? No, non voglio. Ti sei offesa. No... ma non voglio. Non voglio baciarti pi. Quanto sei cara... La strinse e le diede un bacio sulla tempia. Lasciami stare. Era mortificata pi che offesa. Sei una sciocchina. Lei rispose con un'alzata di spalle. Ma la mortificazione stava passando; e la prendeva la voglia di provocarlo: Io non so baciare, certo; perch non avevo mai provato, prima... Tu invece sai baciare, vero? Lui la guardava sorridendo, lei si eccit: Chi t'ha insegnato? Nessuno mi ha insegnato; sono cose che uno impara da s. E tu hai avuto modo di impararle bene, vero? E smettila di sorridere: mi fai rabbia. Guardatelo, come se ne tiene. Non me ne tengo; ma mi fai ridere tu... Ah, io ti faccio ridere? E allora rispondi: quante ragazze hai gi baciato, di'? Brutto traditore. Lui fece una faccia meravigliata. S, traditore, traditore: dovevi aspettare di conoscer me. Avrei dovuto essere io la prima... come tu sei stato il primo per me. Tu sei stata la prima che abbia amato: non ti basta? No, non mi basta. E poi non nemmeno vero. Perch sei un bugiardo: un bugiardo e un traditore. Anna, ti giuro che vero. Guarda: in tutto il tempo del militare, non sono stato con nessuna ragazza. A parte Bjce... Di Bice, non me ne importa. Ma delle altre... quante sono state? Nessuna: te l'ho detto. Ma prima di venir militare? Be', prima... Dimmelo, su lo spronava lei. Confessa. Scommetto che sono state talmente tante, che non te ne ricordi nemmeno pi. Sono state due sole, Anna. Una al mio paese e un'altra... che incontrai in treno. Ma l'amore non c'entrava, te l'assicuro. Sentilo, che sfacciato: andava con le ragazze, ma mica per farci all'amore. Non mi hai capito. Volevo dire che non ero innamorato... che ci andavo solo per divertirmi. Scommetto che sei andato anche con le donnacce insist lei. Che intendi dire? Che andavi in quei posti... dove stanno le donnacce. Lui arross: S, ci sono andato... Ma non sta bene che tu ne parli.
Ah, sta bene che tu queste cose le faccia... ma non sta bene che io ne parli. Invece io voglio parlarne. Per farti vergognare. Lui si accigli: Invece, non ne devi parlare... senn mi arrabbio. Sono io arrabbiata, invece: per tutti i tradimenti che mi hai fatto. Ma se non ci conoscevamo... Non vuol dire: sei lo stesso un traditore. Uno svergognato, sei. Anche in quei brutti posti andavi... a rischio di prenderti una malattia. Non lo sai che ad andare con le donnacce c' anche questo rischio? Ma tu come lo sai? Oh, son cose che si sanno anche noi ragazze. Ora, stammi bene a sentire: che tu ci vada qualche volta, te lo permetto; perch lo so che a un giovanotto gli fa anche male alla salute, se non ci va. Per devi stare attento: me lo prometti? Lui non voleva promettere, diceva che son cose che una ragazza non le dovrebbe nemmeno sapere; ma dietro le sue insistenze, promise. Ora un'altra cosa mi devi promettere. Era diventata seria. Quando ti metterai con una ragazza con l'intenzione di sposarla... aspetta, fammi finire: ebbene, me lo devi scrivere. Me lo devi scrivere, perch voglio sapere quanto tempo mi sei stato fedele. Oh, mi contenterei di poco, cosa credi? Io lo so che i giovanotti quando tornano da fare il soldato si cercano subito una moglie. Mi contenterei di un anno. Ecco, se tra un anno ricevessi una lettera in cui mi dici: Cara Anna, ti scrivo per farti sapere che mi sono fidanzato, sarei contenta. Direi: almeno per un anno, ha pensato qualche volta a me. Io penser sempre a te, Anna; io... Zitto; non dire bugie. Te l'ho detto un'altra volta, tu non sai fingere: quando dici una bugia, te ne fai subito accorgere. Cambi espressione, hai un altro tono di voce, non so... Anche ora me ne sono accorta subito che non dicevi la verit. No, che io non ti dimenticher mai vero. Piuttosto... Piuttosto cosa? Dillo, su, non ti fare scrupoli: tanto, ci sono preparata. Ho paura che dovr andare in America disse lui. Sarei gi dovuto andare, perch qui non c' avvenire per me; mentre l mio padre mi ha trovato un lavoro. E sarebbe solo il principio perch una volta l, se uno intelligente e ha voglia di fare... Ci sarei gi andato dopo la disgrazia di mamma, ma non potevo: c' una legge che bisogna fare prima il servizio militare... Ma ora, capisci, non ci saranno pi intoppi. Mio zio mi sta gi facendo i fogli... Lei taceva, affranta. Credeva di essere preparata a tutto: perch non s'era mai illusa che la cosa potesse avere un seguito. Ma venire a sapere che tra loro due ci sarebbe stato di mezzo il mare... In America: come se fosse morto. No, era duro, troppo duro. Si sentiva un'oppressione sul petto... le pareva di non farcela pi a respirare. Se lui le avesse detto: Ho la fidanzata al paese, e appena torno la sposo, non sarebbe stato nulla. Se le avesse detto: Mio zio ha gi preparato i fogli per farci sposare... Ma quegli altri fogli, quelli che gli sarebbero serviti per attraversare il mare, per scomparire... Perch andare in America era come scomparire, era come essere morto... Lui morto per lei, e lei morta per lui... Nemmeno il pensiero li avrebbe pi uniti: lui si sarebbe dimenticato di tutto, anche dei luoghi. Perfino del suo paese si sarebbe dimenticato: figuriamoci di Marina... E lei, l'America, non riusciva nemmeno
a immaginarla. Oh, era terribile. Era la cosa peggiore che potesse capitare. Non aveva pi la forza di fare un movimento. Anna: cos'hai? Lo guard, mosse a vuoto le labbra. Non poteva dirgli nulla; poteva solo guardarlo disperata. Mario, il suo Mario, sarebbe uscito dalla sua vita, per sempre. Era l, e tra pochi giorni non ci sarebbe stato pi, sarebbe sparito per sempre. Non ne avrebbe saputo pi nulla... nemmeno se era vivo o morto. Anna, ti prego, non fare cos. La colpa mia, non avrei dovuto dirtelo. Ma tu avevi detto che eri preparata a tutto... Era preparata a tutto, ma non a questo. Era preparata a saperlo fidanzato, sposato con un'altra; era preparata a non vederlo mai pi. Ma questo, era troppo peggio. Oh, era insopportabile. Doveva in qualche modo liberarsi da quella oppressione, da quel peso che le schiacciava il petto... Lui le aveva preso le mani, gliele teneva strette, mentre lei lo guardava, lo guardava... Si beveva il suo viso, per conservare almeno quello, il ricordo dei suoi lineamenti, del suo sguardo, della sua espressione... L'immagine divenne tremolante, si appann, si scompose... Ecco, lei non vedeva pi nulla, l'immagine era cancellata, lui era sparito! Sparito; sparito: in America, dall'altra parte del mare... Singhiozz forte, mentre lui la prendeva tra le braccia e le diceva: Anna, Anna, amore mio, cara. Sfogati pure; ti sentirai meglio, dopo. A poco a poco lei si calm, ma rimase in quella posizione. Aveva gli occhi ancora pieni di lacrime e non vedeva nulla. Sentiva solo il fragore dei cavalloni, che appena si elevava sopra il frastuono confuso del mare. CAPITOLO 20. Bruscamente lei si sollev: Quando parti? gli chiese. Lui esit un momento: Te l'ho detto... non lo so ancora. No, dimmi la verit. Credo. .. domattina. Lei ebbe quasi un sorriso: Dunque l'ultima volta che stiamo insieme. Ho paura di s. Allora non perdiamo altro tempo, Mario... Dobbiamo fare quella cosa. Anna, cerca di essere ragionevole... Mario, tu non devi avere scrupoli: sono io che te lo chiedo. .. No, Anna, non possibile. Ma perch. Come, perch? Se un destino che non ci si debba pi vedere, come posso farti una cosa simile? Ti prego, Mario... ti supplico. Ma Anna, pensa alle conseguenze. Quali conseguenze? Se ci stai attento, non ci saranno conseguenze... Ma tu non sarai pi la stessa, Anna; non ci pensi, a questo? Ma proprio perch non voglio pi essere la stessa... perch voglio che tu mi lasci un segno... Mario, io sono ragionevole, credimi. Io arrivo anche a dirti questo: che mi far una ragione della tua partenza; che mi trover qualche altro giovanotto, che mi fidanzer, che mi sposer... Ma ora voglio essere tua: non devi dirmi di no. E se fosse proprio questo che t'impedisse domani di trovarti un
fidanzato, un marito? Ma una cosa che si vede? Be'... dicono rispose lui arrossendo. Ma anche se non si vede, tu sei una ragazza onesta: se domani incontri un giovanotto, non vorrai ingannarlo. Ebbene, non lo inganner; gli racconter tutto. Se mi perdoner, bene, e senn, non me ne importa. Ora dici cos, ma domani, chiss quante maledizioni mi manderesti... Mai, mai ti maledir. Tu sarai sempre per me... il ricordo pi bello della vita. Lui s'era preso la faccia tra le mani: come se volesse riflettere, o come se avesse paura di guardarla. Lei si attacc ai suoi polsi, gli tir gi le mani: Se non lo fai, vuol dire che non te ne importa di farlo... che non era vero che mi amavi tanto come dicevi. Anna, gi tanto doloroso separarci; non renderlo anche pi doloroso... Oh, smettila. Siamo io e te, soli; tu mi desideri: e allora, perch esiti? Si alz, si lev il cappotto: lui la guardava meravigliato. Lei si inginocchi: Ora stenditi; non cos, per lungo. Si stese anche lei, tirandosi il cappotto sopra. Ecco, cos e rincalz il cappotto sotto di lui, quasi fosse una coperta. Cos come se fossimo a letto insieme: non ti pare? e si strinse a lui. Sentiva il calore del suo corpo attraverso i vestiti: anche lui, dunque, la desiderava. Ma ancora faceva resistenza: e lei gli sbotton la giubba, poi la camicia, e gli mise la mano sulla pelle... Allora lui non resist pi: si volt verso di lei, le premette il seno, le accarezz il fianco, cerc febbrilmente di denudarla... Aspetta disse lei; si alz e si mise a far qualcosa dopo essersi raccomandata che non guardasse. Quindi torn a sdraiarsi accanto a lui e ad accomodare il cappotto sopra di loro. Lui riprese ad accarezzarla. Sent che sotto il vestito era nuda; ma non poteva prenderla finch lei lo guardava. Allora le copr gli occhi con la mano. Cominciava a imbrunire quando Anna si riscosse dall'assopimento in cui era caduta. Si sentiva i piedi intirizziti; ma il resto del corpo lo aveva caldo, protetto com'era dal corpo di lui. Il cielo era pallido. E il rumore era pi sommesso: come se il mare si fosse allontanato. PARTE SECONDA. CAPITOLO 1. Bice stette tre mesi chiusa in casa. Lina veniva qualche volta la domenica; gli altri giorni, le due sorelle erano sempre sole. Stavano ore senza scambiare una parola; e di che avrebbero potuto parlare, se era inteso che Mario non dovesse nemmeno essere nominato? Anche Anna usciva poco, giusto per andare a far la spesa. Una mattina la ferm Cesira: le domand se era vero quel che diceva la gente, che il fidanzato di Bice era emigrato in America. Anna rispose di s e si mise a spiegarle la situazione: Mario era senza lavoro, il padre l'aveva chiamato presso di s... La donna la interruppe: Da una parte stato meglio in questo modo. Perch tutt'e due non vi poteva mica sposare; non cos? Come? balbett Anna Che intende dire? Va l che mi hai capito. Scosse la testa in segno di disapprovazione: Non la prima volta che succede, del resto. Te per, non t'avrei creduta capace. Passavi per una ragazza perbene... Guardi signora che lei sbaglia. ..
Non sbaglio, no. Ma non aver paura, non dir nulla. Mica per un riguardo a te: tu lo meriteresti, che ti svergognassi davanti a tutti. Sto zitta per un riguardo a quella poveretta di tua zia. V'ha allevato come figliole... s' ammazzata dal lavoro, per tirarvi su. Ed cos che tu la ricompensi... Non hai un briciolo di coscienza, proprio. Anna era annientata. Per un po' visse col terrore che la donna parlasse. Quel che peggio, le era presa la paura di essere incinta. Pass dei giorni d'incubo: le sembrava di diventar matta. Anche quando i suoi timori si rivelarono infondati, la vergogna rimase. L'amore con Mario le appariva una tresca vergognosa. Cos la paura prima, la vergogna poi, la aiutarono a guarire. Quando torn a ripensare a Mario con affetto, il tempo era passato e i ricordi erano meno struggenti. La zia era sempre pi preoccupata per Bice. La spronava a uscire: Ti vergogni della gente? Ma non hai proprio nulla da vergognarti; non mica un disonore, essere lasciata dal fidanzato. Succede a tante... Lasciami in pace, zia, ti prego. Ti vuoi ammalare? Una che sta sempre in casa finisce per forza che si ammala. E poi non mangi, sei magra da far piet. Vuoi finire in sanatorio come il cappellano? Una domenica le persuase ad andare in campagna Anna pedalava fissando la strada: non era pi stata in pineta, e aveva paura di guardare. Sul ponticello, chiuse addirittura gli occhi. Non voleva vedere, non voleva ricordare... Fu contenta quando la strada devi verso l'interno. La campagna era fuori della sfera dei suoi ricordi: tutt'al pi le faceva tornare in mente i tempi della fanciullezza. Arrivate al podere, Bice ricominci a far storie. Voleva aspettarle l, sulla stradina. Anna si irrit: Di chi ti vergogni? Di Ada? Non mi vergogno di nessuno; ma non ho voglia di veder gente. E poi, non siamo venute per stare all'aria aperta? Insomma, figliole, venite o non venite? La zia, al solito, era impaziente di arrivare. Vai pure avanti, ora veniamo disse Anna. Si mise seduta anche lei sull'erba. Bice indic i rametti fitti di bocci sopra le loro teste: Che sar, Anna? Un mandorlo? o un melo? Bisognerebbe chiederlo a zia; io non me ne intendo davvero. bello qui, con tutti questi fiori disse Bice. Ah... e respir profondamente. Quasi quasi ci verrei volentieri, ad abitare in campagna. Pensa, Anna: loro almeno escono quando vogliono... senza la paura di incontrare nessuno... Mentre in paese tutti ti guardano, tutti ti domandano... Sarebbe ora che tu la facessi finita; credi che la gente stia sempre a pensare a te? Anche a me, nessuno domanda pi nulla. La gente cos, chiacchiera per una settimana, poi dimentica. Anche a Marisa, chi ci fa pi caso? Dopo un momento aggiunse: Marisa, mi piace. Perch se ne infischia di tutti. Certo, io mica vorrei fare come lei. Ma se domani incontrassi qualcuno che mi piacesse... fosse pure un uomo sposato... Oh, Anna, che dici fece Bice spaventata. E perch? rispose Anna aspra. Se ti metti con un giovanotto, nove volte su dieci ti va a finir male lo stesso. Almeno, con uno sposato, lo sai fin da principio quello che ti aspetta. vero che Lina si messa con uno sposato? Mah. Lo dicono. Il fatto anche che non si faccia pi vedere da noi...
Meglio per lei disse improvvisamente Anna. Almeno si gode un po', povera diavola. Alzati, su: se ne hanno a male se non andiamo nemmeno a salutare. La moglie di Bertini era sul piazzale che parlava con la zia. E Ada? le chiesero. Dev'essere dietro casa. Dietro la casa c'era l'orto, recinto da una siepe di scope. Presero il viottolo che lo costeggiava, e finirono in un campo in leggera discesa; con pochi alberi fioriti disposti irregolarmente. Vedi che erano meli disse Bice. Hanno gli stessi fiori bianchi... e questi qui, me li ricordo bene che sono meli aggiunse sorridendo. Gi fece Anna, e sorrise anche lei. Ti ricordi quando venivamo a mangiar le mele di nascosto a Bertini? Ada! chiam Bice. Ada si raddrizz: le vide, e sul suo viso apparve un sorriso timido. Non si mosse per andar loro incontro; rest ad attenderle dove si trovava, col falcino in pugno. Bice la abbracci e la baci, e Anna fu costretta a seguirne l'esempio. Intimidita da quelle effusioni Ada se ne stava l senza dire una parola. Cos'hai in quel sacco? le domand Bice. Insalata di campo rispose Ada. Portate al mercato anche quella? No, la mangiamo in casa. Eppure pi buona di quell'altra. Tir fuori una pianticella con le foglie lunghe seghettate: Questa come si chiama? Non so rispose Ada arrossendo. Guardava Anna, come per chiederle aiuto. Dove arriva il vostro podere? Fino alla ferrovia? Almeno ogni tanto avete la distrazione di veder passare un treno. A Anna dava fastidio il chiacchiericcio della sorella. Bice parlava, parlava per mostrarsi disinvolta; per far credere che non gliene importava nulla se aveva perduto il fidanzato. La zia e la madre di Ada erano passate in cucina. Loro due sedettero sulla panca, mentre Ada si mise a pulire l'insalata. Era tanto che non venivate disse la madre di Ada. Specialmente te, Bice, erano anni che non ti facevi vedere. Come la trovi? domand la zia. A me sembra tanto magra... Mangiava poco anche prima, ora poi, col dispiacere che ha avuto... dispiaciuto tanto anche a me disse la madre di Ada. Per te, Bice, e anche per te fece rivolgendosi alla zia. Se almeno ti prendeva marito, era un pensiero levato. Oh, per me sarei contenta se mi rimanessero sempre in casa disse la zia. per lei poverina che mi dispiace. Ma non il caso di farne una malattia. Si sa, qualche volta i fidanzamenti non vanno in fondo. O perch due non si prendono di carattere; o perch le famiglie non vogliono... Ma nel caso suo stata proprio una sfortuna. Era un giovane serio, credimi; senn, non l'avrei fatto venire in casa. La fatalit ha voluto che dovesse andare in America... Zia, ti prego non starne a parlare disse Bice. E che male c'? Con gli estranei, mica ne parlo; ma qui, siamo tra parenti. Alla fine la madre di Ada disse a Bice: Tu, non te la prendere; farai presto a trovarne un altro. Sei una ragazza sana, robusta... e lo stesso tu, Anna. Il guaio quando si ha una figliola come lei aggiunse guardando Ada. Con la disgrazia che ha avuto, mi
rimane di certo in casa. Ada, in piedi contro l'acquaio, continuava a lavare l'insalata come se niente fosse. Doveva essersi abituata a quei discorsi. Una volta Anna aveva sentito Bertini che diceva, in presenza della figliola: Sarebbe stato meglio che fosse morta. Una donna senza una mano, una disgraziata che non pi buona a niente. Al ritorno, sia lei che la sorella manifestarono la loro indignazione per quel modo di parlare: Glielo rinfacciano come se fosse colpa sua, di aver perso la mano. Certo fanno male disse la zia. Ma bisogna anche capirli. In campagna, non mica come in un paese: una donna, bisogna che sia robusta come un uomo. Sono gentaccia, ecco cosa sono disse Bice. Le persone, le considerano meno delle bestie. E poi non vero che Ada non sia buona a nulla osserv Anna. Lavora pi degli altri, invece: pi di Bertini di certo. Quello sempre in giro con la motocicletta: ecco qual il suo lavoro. Ma anche lui, mutilato di guerra disse la zia. Non pu mica pi lavorare nei campi. Mutilato? E dov' mutilato? insorse Bice. grande e grosso, crepa di salute... che non ha voglia di lavorare: altro che mutilato. Non si vede, ma mutilato insist la zia. Gli mancano anche tre dita di un piede... Era meglio se l'aveva persa lui la mano disse Anna; e le due sorelle continuarono su questo tono bench la zia le rimproverasse che non bisognava parlare cos. Tornarono a parlarne la sera, a letto. Ada era proprio da compiangersi, poverina: oltre a essere senza una mano, aveva anche la disgrazia di quei genitori che non le volevano bene. Pensa come siamo state fortunate noi due diceva Bice. Se non c'era zia, saremmo finite all'orfanotrofio. O, peggio ancora, in casa di Bertini... Pensa, Anna: non soltanto zia ci ha allevato, ma non ci ha fatto mai mancare nulla... Noi due, orfane, siamo sempre state meglio di tante che hanno i genitori. Le altre, lo vedi, o sono costrette ad andare a servizio, o vanno a lavorare allo zuccherificio... Non soltanto la fatica, l'umiliazione. Perch far la serva o l'operaia, senti, dev'essere proprio umiliante. Con gli uomini che ti comandano... che magari si approfittano... Oh, dobbiamo davvero ringraziare il Signore, che ci ha risparmiato queste prove. Bice era facile a esaltarsi; Anna ne provava fastidio. Disse che era tempo di dormire. CAPITOLO 2. Enrico part verso la met di giugno. Era un pomeriggio sul tardi: le due sorelle erano state da Zaira, e ora se ne tornavano a casa: quando incontrarono Enrico in bicicletta. Vi saluto, ragazze disse mettendo il piede a terra. Bice not la valigetta appesa al manubrio: Perch? Dove vai? Vado soldato, no? Ah, vero... E dove? Enrico allarg le braccia: Me lo diranno domattina al distretto. Io ho fatto domanda per questi posti vicini, per Livorno, per Pisa... Per quanto, vi dico la verit, preferirei andarmene in Sicilia. O in cima alle Alpi. Ne ho fin sopra i capelli dei pianti, degli strilli, delle lamentele... Anche ora le mie donne hanno fatto una tragedia perch volevano accompagnarmi alla stazione. Te lo immagini che scene: da farci ridere dietro da tutti. Via, ragazze,
accompagnatemi per un pezzo di strada. Si avviarono, Enrico spingendo la bicicletta a mano, e loro due tenendosi a braccetto. La giornata era alla fine: le ombre erano lunghe e leggere, l'aria piena degli odori della campagna, e i rumori smorzati. Allora non ti dispiace troppo di andar militare? gli chiese Bice. No... qui a Marina, non mi ci potevo pi vedere. Almeno, per diciotto mesi, non devo pensare a nulla. Faccio quel che mi dicono di fare, e buonanotte. Io bisogna che torni a casa disse Bice. Ma tu, Anna, accompagnalo un altro po'. Enrico faceva l'indifferente; ma Anna cap che ci teneva. Disse: Va bene; l'accompagno fino da Lina. Allora ciao, Enrico disse Bice tenendogli la mano. Mi saluti cos? Sono un vecchio amico; potresti anche darmi un bacio. Bice si mise a ridere: Va bene, ti dar un bacio e gli sfior la guancia, mentre lui la abbracciava. ciao, Biciona; stammi bene. La guard che si allontanava, le fece ancora un cenno di saluto, poi si accese una sigaretta. E tu: non mi dici niente? Cosa ti devo dire? Enrico sospir: Se tu avessi il carattere di tua sorella... Anna si strinse nelle spalle: Ognuno ha il carattere che ha. Anche tu, non crederai di averlo buono... Per un po' camminarono in silenzio; poi Enrico disse: Senti, Anna; io... t'avrei voluto parlare, prima di partire. Ma m' mancata l'occasione. .. Che avevi da dirmi? Che non ho cambiato idea. Avremo tempo di parlarne quando sarai tornato rispose Anna. Avevano oltrepassato la casa di Lina e s'erano fermati di nuovo. Mi dici che ore sono? Le sette e un quarto... sicch c' tempo. Il treno mi parte dopo le otto. Ma per me tardi, bisogna che torni indietro. Perci, meglio che ci salutiamo. Vide la delusione che s'era dipinta sul suo viso; volle rimediare: Ti dar un bacio anch'io, come Bice, sei contento? Lui la guard: Bice solo un'amica... da te vorrei qualcosa di pi. Ora non essere troppo esigente fece Anna, e rise. Allora? chiese lui. Allora cosa? Me lo di... un bacio vero? Qui in mezzo alla strada? E che importa? Non c' nessuno... Anna strapp una foglia dalla siepe: Senti, Enrico, ora devi star lontano diciotto mesi... e in diciotto mesi, quante cose possono accadere... Gi: potresti anche fidanzarti disse Enrico cupo. Quando torno, potrei anche ritrovarti sposata. Ma no, che dici. Non ho nessuno che mi stia dietro, lo sai. Piuttosto tu... lui fece un cenno di protesta; aspetta, lasciami finire. Io ho sempre sentito che un giovanotto, quando va a fare il soldato, cambia opinione su tante cose... E poi, tra diciotto mesi, potrei essere cambiata io. Potrei... essere diventata grassa; e non piacerti pi. Lo sai, no? che una ragazza fa presto a sfiorire. Lui insisteva, protestando che non avrebbe mai cambiato idea:
Dammi almeno un bacio. Anna si accorse che non le costava nulla, dargli un bacio: E va bene. Ciao. Gli pass il braccio intorno alla testa e lo attir a s, dandogli un bacio rapido sulla bocca. ciao ripet, ma lui la trattenne: Anna mormor. Lei cedette e si lasci baciare. Stavolta ebbe il tempo di sentire l'umido caldo delle labbra; chiuse gli occhi: era troppo forte il ricordo dei baci passati, le sembrava di venir meno. Alla fine reag, si stacc da lui e si allontan in fretta. Si volt: lui era rimasto immobile; gli fece un cenno con la mano. CAPITOLO 3. Una mattina il postino port una cartolina e una lettera. La cartolina era di Enrico: veniva da Bra, e le due sorelle si domandavano in che parte d'Italia potesse essere. La lettera era della signora Bini: spiegava che, quell'anno, lei e il marito sarebbero venuti solo d'agosto; e chiedeva alla zia se per il luglio poteva affittare la camera a una sua amica, che aveva una figliola dell'et delle sue ragazze. La zia non grad la proposta: Oh, sentite, due famiglie una dopo l'altra una noia troppo grossa. Bice e Anna invece insistettero perch rispondesse di s. L'atmosfera che regnava in casa era sempre pi opprimente; e le due ragazze avevano desiderio di novit. Di novit quell'anno a Marina ce n'erano parecchie. C'era, per cominciare, un nuovo bagno in fondo al viale di pineta. Lo aveva messo su lo zio di Livio: quello stesso che dopo la chiusura dello stabilimento delle sardine era sparito di circolazione. La gente diceva che non avrebbe dovuto farlo: non gli bastava aver rovinato il padre di Enrico, essere stato addirittura la causa della sua morte; ora si metteva anche a far concorrenza alla madre. Ma Pellegrini non sembrava preoccuparsi delle chiacchiere. Anna lo vedeva passare spesso in bicicletta, col berretto di traverso, i capelli grigi, il viso affilato. Un pomeriggio andarono a vedere il nuovo bagno. Il mare era liscio come raramente in estate: le onde si rompevano a un metro dalla riva, con uno sciacquio appena percettibile. Anna si scalz e corse a bagnarsi i piedi. calda... sembra d'essere d'agosto. Si tir su il vestito e la sottana e si inoltr nell'acqua. Tu non vieni? Non posso rispose Bice. Ah, gi. Per un momento le tornarono in mente i giorni terribili in cui aveva temuto di essere incinta. E la paura che le metteva Cesira: rabbrividiva ogni volta che la incontrava. Ora tutto questo era alle sue spalle; e lei si sentiva giovane, libera e desiderosa di godere. Da anni non aveva atteso l'estate con tanto desiderio. Facendosi schermo con la mano, guardava i barbagli luminosi che danzavano sulla superfficie ondulata dell'acqua. Anna! andiamo; a stare ferme, si suda. S'incamminarono, Anna sulla sabbia dura, dove ogni tanto il velo d'acqua tornava a bagnarle i piedi, Bice due passi pi in l, sulla sabbia asciutta. Come mai Enrico ti manda tante cartoline? Oh, Enrico fece Anna con un gesto di noia. basta con Enrico, pensava. Non voleva nemmeno pi pensare a Mario... basta coi ricordi, si disse. Si sentiva libera, leggera; tutto le pareva nuovo, bench tutto fosse consueto. Lo stabilimento Vanni era stato montato come gli anni precedenti, con una lunga fila di cabine in cima alla
spiaggia e un'altra pi breve messa di traverso. Subito al di l c'era l'altro stabilimento, con le cabine disposte nello stesso modo: solo, dipinte in azzurro anzich in verde. Poi, per due o trecento metri, la spiaggia era libera; finalmente si arrivava da Pellegrini. Guarda disse Bice anche lui ha dipinto le cabine di verde. Perch, non poteva farlo? No, dico cos, tanto per parlare. La spiaggia qui pi larga... ma scomodo, non ti pare? Voglio dire, troppo lontano dal paese. Ma per questi delle ville, pi vicino. Vedrai quanta gente ci verr. Dice che far le cose in grande, con gli ombrelloni, le poltrone a sdraio... Guarda, c' anche la doccia. E la baracca, non vedi come pi bella? La baracca poggiava su pilastrini di cemento e aveva lo scheletro in muratura. Per il resto era anch'essa di legno, ma le tavole verniciate di fresco davano un'impressione di eleganza e di pulizia. La loro curiosit fu attirata da alcune imbarcazioni basse e strette, provviste di un solo lungo remo con una pala a ciascuna estremit. Pellegrini stava dipingendone una con una tinta bianca abbagliante. Lavorava calmo, con un mozzicone spento in bocca. Che barche sono? domand Bice. Non sono barche rispose l'uomo senza alzare il capo. Sono sandolini. Sandolini? Per Marina rappresentano una novit rispose l'uomo, e sorrise. Scommetto che neanche i pattini avete mai visto. Guardateli: sono l dentro e indic una baracchetta addossata al tombolo. Le due ragazze si fermarono sulla porta. Oh fece Bice e come si fa ad andarci? Bene: come con la barca. Solo che sono molto pi leggeri e si dura meno fatica. Ma le barche non ce le avete? insist Bice. Giusto quella del salvataggio, perch prescritta dal regolamento... Le barche, ormai, non sono pi un divertimento per i bagnanti. S'era alzato e le guardava: Ma voi, siete di Marina? S. Ah, ho capito: siete le nipoti della Cavorzio. Ma chi andava a immaginarlo. L'ultima volta che vi ho visto, eravate bambine. Si gratt il mento: Fate anche voi le sarte, vero? A me occorre una ragazza per la baracca. Poich loro tacevano aggiunse: Naturalmente ci vuole una che si presenti bene, che sappia servire... Ma pi che altro che si presenti bene. Capite cosa voglio dire? Al cliente gli farebbe una cattiva impressione vedere una trascurata, una magari sporca... Mi sono spiegato? Anna lo osservava incuriosita. Pellegrini era piccolo, magro, con le tempie grigie, il naso affilato, le labbra sottili. Provava simpatia per lui: forse perch tutti ne parlavano male. Voi non conoscete mica nessuna ragazza? Marisa fece piano Bice. Non ti pare che Marisa andrebbe bene? Ne conosciamo una che l'altr'anno era a servizio alla Pensione Aurora disse a Pellegrini. E com'? Fidata? Oh, per quello io credo che sia fidata. Tornarono per il viale. Il villino Semoli era gi abitato: la macchina del dottore era ferma davanti al cancello. Loro sono sempre i primi a venire osserv Bice. E gli ultimi ad andarsene. Un'altra sosta la fecero davanti al campo di tennis, che era stato costruito di fianco allo chalet.
Quest'anno Marina ha fatto progressi concluse Bice. Bisognerebbe per che sistemassero questo piazzale. Dovrebbero farci la strada e piantarci qualcosa, dei pini, degli oleandri... Anna la interruppe: Sai che ti dico? Che ci andrei volentieri io, a servizio da Pellegrini. Bice fece una faccia scandalizzata: Ma che ti salta in mente? una cosa, giusto, che la pu fare Marisa... Tanto lei ormai non ha pi nulla da perdere. e io? Ho forse qualcosa da perdere?, si chiedeva Anna. CAPITOLO 4. Madre e figlia arrivarono la sera del primo. La ragazza si chiamava Marietta e aveva giusto l'et di Anna. Era bassa e grassoccia; coi capelli neri fini, le gote lustre, le palpebre gonfie, gli occhi piccini, il naso anch'esso piccolo. Anna, invece di dormire in camera della zia, si era portata la branda in salottino. La mattina aveva appena finito di vestirsi, quando la porta si spalanc e comparve la ragazza in costume da bagno: Guarda: come mi sta? Bene rispose . Anna asciutta. Non ti sembra che mi schiacci il petto? Anna diede appena un'occhiata: No rispose. Ma guardami bene! Anna dovette accontentarla. Il costume, le sembrava indecente; intanto, era troppo scollato. Non disse nulla e si limit a ripetere che le stava bene. Soddisfatta, la ragazza apr una boccetta e cominci a spalmarsi un liquido oleoso sulle braccia e sul petto. Ti dispiace darmelo sulle spalle? Anna dovette accontentarla anche in questo: ed era sgradevole il contatto di quella carne diaccia. Finalmente la ragazza se ne and; Anna mise a posto il salottino. I primi giorni sia lei che la sorella si comportarono in modo molto riservato; ma la ragazza era sempre l da loro, con una scusa o con un'altra; cos, finirono col farci amicizia. Non era antipatica, del resto; per lo meno, non si dava arie. Era solo una scioccherella, stava ore davanti allo specchio a rifarsi il rigo delle sopracciglia o a provarsi una nuova pettinatura. La sua croce, erano i peli. Una fitta peluria scura le copriva infatti il dorso dell'avambraccio, il filo della schiena e il solco tra i seni; mentre le gambe se le depilava in continuazione, come pure le ascelle. Voglio diventare subito nera, cos i peli si vedono meno. Ma voi non ci venite sul mare? Tanto abbiamo tutta l'estate davanti. Che carnagione bianca avete! Io, in confronto, sembro addirittura una negra. Marina si era animata da un giorno all'altro. La mattina il brusio della spiaggia si sentiva da casa. La sera, c'era il passeggio in pineta, mentre allo chalet erano cominciate le feste da ballo. Anna e Bice erano in un momento di gran lavoro; per tutta la settimana furono costrette a rimanere in casa. La domenica mattina andarono sulla spiaggia. S'erano messe il costume sotto la vestaglia, e s'erano portate gli asciugamani di spugna. Ma Bice, quando fu l, non si volle spogliare: aveva paura di spellarsi, a prendere il sole subito la prima mattina. Anche Anna rimase in vestaglia. Lei non aveva paura di spellarsi, ma il sole e la confusione, la stordivano. Doveva rifare l'abitudine alla vista di tutti quei corpi seminudi.
Marietta, che era in mare, la chiam; poi usc gocciolante per persuaderla a fare il bagno. Ho paura che l'acqua sia fredda disse Anna. Ma no; caldissima. Io un'ora che sono in bagno. Voglio dimagrire aggiunse seria. Peso sessanta chili, troppo, no? per la mia altezza. Due giovanotti s'erano seduti a pochi passi da loro e le guardavano. Erano tutt'e due alti e robusti e manifestamente compiaciuti della propria prestanza; quando non guardavano le ragazze, si guardavano le braccia o il petto: irrigidendo i muscoli e tornando a distenderli. Li conoscete? domand Marietta. Uno Marcello Mazzei rispose Bice. Quello biondo. L'altro non lo conosco, ma dev'essere anche lui di Cecina. Perbacco, che bei ragazzi ci sono a Cecina comment Marietta. Be', io torno in acqua. ciao. Quando i due giovanotti se ne furono andati, Anna si lev la vestaglia ed entr in acqua anche lei. Il primo contatto la fece rabbrividire; ma il disagio di essere in costume fu pi forte dell'impressione di freddo: si affrett a inoltrarsi e appena l'acqua le fu salita all'altezza della vita si tuff. Riemerse grondante, and ancora avanti e si tuff di nuovo. Dopo una ventina di bracciate, si ferm perch era gi stanca. Si volt a guardare indietro. Intorno a lei la superficie dell'acqua si alzava e si abbassava appena; ma poco pi avanti l'ondulazione si accentuava, sulle creste delle onde fioriva un filo di spuma, e pi in l ancora c'era la linea dei frangenti, con una schiera di ragazzi che si divertivano a farsi travolgere dai cavalloni. Poi c'era la spiaggia: affollata come negli anni scorsi, forse anche di pi. Anna chiuse gli occhi; torn a riaprirli. s, tutto come prima pens; e io sono la stessa di prima... Era definitivamente guarita; era di nuovo libera e in attesa fiduciosa di ci che le riserbava il futuro. Torn verso riva; nuot finch si sent le braccia stanche: ma ormai si toccava. Usc dall'acqua, risal il pendio e si butt esausta sull'asciugamano che Bice aveva gi steso sulla sabbia. Ehi! Nemmeno saluti? Era Livio, stava accoccolato sui talloni accanto a Bice; Anna, nemmeno lo aveva visto. Ah disse che fatica ho fatto. Tenne per un po' gli occhi chiusi. Riaprendoli, vide Livio che si era alzato e aveva acceso una sigaretta. Stava curvo, coi muscoli rilassati: non gliene importava nulla di far bella figura. Richiuse gli occhi. Ascoltava le voci, gli strilli, lo sciacquio del mare: tutti rumori noti, che la riportavano al passato. Sent Livio che canterellava: Fiesta... i muratori quando piove fanno festa...; e Bice che si metteva a ridere e poi gli diceva: Le parole non sono mica cos.. Io le ho adattate al caso mio rispose Livio; faccio il muratore, e dunque... Dopo un po' se ne andarono; Bice si raccomand che non stesse tanto. Anna torn a distendersi e a coprirsi gli occhi. C'era meno chiasso ora: appena qualche voce, qualche grido, incrinava il rumore monotono del mare. La maggior parte della gente se n'era andata. Doveva andare anche lei. Si tir su stordita, infil la vestaglia, la abbotton; raccolse l'asciugamano e se ne and a capo chino. Dopo una settimana, Marietta si era gi annoiata di stare a Marina. Sulla spiaggia, non aveva fatto conoscenza con nessuno: Me ne sto l come una stupida, sai che sugo. La mattina si consolava facendo il bagno; ma nel pomeriggio, era una noia. Durante il giorno Anna e Bice erano occupate, e non potevano tenerle compagnia. La sera ci uscivano insieme: ma far tre volte
su e gi il viale di pineta, o fermarsi davanti allo chalet a veder ballare, non era un divertimento: specie per lei che non conosceva nessuno. Presto le venne meno anche l'entusiasmo per il mare. La mattina si alzava tardi; non aveva voglia neanche di vestirsi. Ce l'aveva con la madre: sempre per causa sua che rimango sacrificata. Perch credete che sia voluta venir qui? Perch in Versilia c' troppa confusione. Voleva un posto tranquillo, per riposarsi. un'egoista: a me non ci pensa mai. Perch io me ne faccio assai del riposo: io sto bene nei posti dove ci Si diverte. Dalla stizza le erano venute le lacrime agli occhi. Anna non pot trattenersi dal ridere. S, ridi, ridi fece lei irata. Io non capisco che ragazze siete. Mi sembrate... due monache. Non andate mai in nessun posto, quella e indic Bice nemmeno fa il bagno... Bel gusto c' a vivere come voi. Bice si risent: Non faccio i bagni perch ho avuto la bronchite... E ballare, si balla tra noi, durante il Carnevale. E poi senti, hai poco da criticare: ognuno fa come gli piace. E se noi a Marina ci si contenta cos, a te che te ne importa? Marietta ci rest male. Dopo un po' disse: Io... mica avevo intenzione di offendervi. che mi va tutto di traverso e fece un gesto di rabbia. Sono anche ingrassata. No che non sei ingrassata le disse Anna. Sei dimagrita, semmai. Dimagrita? Senti: tocca qui e si apr la vestaglia. Questa costituzione disse Anna. Tu sei forte di petto: come diciamo noi sarte. Per questo ti sembra di esser grassa. Invece, hai una bella carne soda... Lo dici per consolarmi. Ma guarda anche addosso. Si tir su la camicia da notte e rimase nuda fino alla vita: Il grasso mi s'accumula tutto qui sui fianchi... Copriti, vergognosa le disse Anna; ma l'impudicizia di Marietta era talmente innocente che non offendeva. CAPITOLO 5. L'orchestra attacc una rumba, ma Livio rimase seduto; e Duilio, lo stesso. Anna li punzecchi: Allora? Che cavalieri siete? Io la rumba non la so ballare si giustific Livio. Io sono all'antica: giusto il fox-trot, il tango... il valzer no, perch troppo faticoso. Comunque il primo ballo non lo faccio certo con te. Tocca a Bice: per diritto di anzianit. A me importa poco di ballare disse Bice. Mi diverto di pi a vedere. Allora, a Marietta: per diritto di ospitalit. Ho capito: me, mi vuoi lasciar seduta tutta la sera disse Anna. Ma tanto me li trovo da me i cavalieri. E come? fece Livio. Quanto ci si scommette che qualcuno m'invita? Oh, guarda fece dando una gomitata a Marietta: i nostri due dell'altra mattina. I vostri due? E chi sarebbero? Quei due che sono entrati ora. Livio si volt: Figuriamoci disse. Non sono due bei giovanotti? insist Anna. Io di bei giovanotti non me ne intendo rispose Livio: m'intendo solo di belle ragazze.
tutta invidia quella che ti fa parlare. invidia, certo: io lavoro come un disperato, mentre quei due fanno la bella vita... Marcello Mazzei ricco, suo padre ha un magazzino di vernici... Quell'altro chi ? domand Bice. Quell'altro Nerio Bonciani, il figliolo della maestra. Anche lui, ha trovato la maniera di vivere senza far niente. Ogni volta che vado a Cecina, lo vedo seduto al caff. Il primo ballo, Livio lo fece con Marietta. Duilio, imbarazzato, non sapeva a chi rivolgersi. Ballaci tu, Anna disse Bice; e Anna si avvi verso la pista senza troppo entusiasmo. Duilio era di media statura, magro, scuro di pelle, coi capelli corti che gli stavano ritti bench li avesse abbondantemente spalmati di brillantina. Aveva gli occhi chiari, quasi bianchi. Ballava bene, ma in modo troppo ricercato. Per di pi stringeva... Lei gli aveva appoggiato la mano libera sul petto e cercava di tenerlo indietro. Non mi stringa tanto gli disse alla fine. Lui sorrise: come se non le credesse. In quel momento fin il ballo e i cavalieri applaudirono per chiedere il bis. L'orchestra riattacc lo stesso motivo, ma affrettando il tempo. Duilio, ora, ballava scostato: Anna sentiva appena la pressione delle dita sulla schiena. Tuttavia, le riusciva lo stesso sgradito come cavaliere: c'era qualcosa di volgare, addirittura di degradante nel suo modo di ballare. Inoltre, aveva la faccia lucida di sudore; e gli occhi che sembravano ancora pi bianchi. Ballare con Livio, invece, le faceva piacere. Non mi dici niente? Zitta. Non farmi parlare, senn sbaglio i passi. Anna rise: Tu, per fortuna, sei modesto. Gi: la mia rovina, la modestia. Perch a voi ragazze piacciono quelli che si dnno un mucchio d'arie... S, i tipi come Marcello Mazzei, come il figliolo della maestra Bonciani... Ma dianzi scherzavo fece Anna. S s, voi dite sempre per scherzo: ma quando qualcuno di quei bellimbusti vi fa gli occhi dolci, gli cascate subito ai piedi. Mentre un bravo ragazzo, non lo degnate neanche di un'occhiata... Anna lo interruppe: Piuttosto, non avevi uno meglio da portare? S, meglio di quello l. Che hai contro il povero Duilio? Anna si vergogn a dirgli che stringeva; cos, rimase zitta. Marietta invece era soddisfatta di Duilio: disse che era davvero un gran ballerino. Il risultato fu che lei continu a far coppia con Duilio, e Anna con Livio; mentre Bice insisteva nel non voler ballare. Finalmente Livio ce la costrinse, prendendola per un braccio e tirandosela dietro a forza. Anna non era dispiaciuta di stare un po' in riposo. Gir lo sguardo sulla pista e fra i tavoli per ritrovare il giovane biondo; ma non le riusc di vederlo. Signorina: permette? Anna non credeva ai propri occhi. Rimase un attimo indecisa, poi si alz, mentre il giovanotto si tirava da parte per lasciarla passare. Era un fox-trot: meno male: fosse stato un ballo pi complicato, avrebbe avuto timore di far brutta figura, perch non era una ballerina troppo brava. Il giovanotto la prese per il polso, anzich per la mano; e la cinse alle spalle, invece che alla vita. Ballava adagio, spostandosi solo di poco.
la prima volta che viene allo chalet? Lei gli diede un'occhiata: S rispose . Ne ero certo. L'avrei notata, se fosse venuta un'altra volta. Visto che lei taceva, continu: Come mai? Non le piace ballare? Mah fece Anna non tanto. Neanch'io mi ci diverto troppo. Il ballo, semmai, un'occasione per parlare... Lei per mi sembra che non abbia voglia nemmeno di parlare. La lasci, e applaud leggermente. L'orchestra riattacc a suonare, e lui torn a cingerla dietro le spalle. Stavolta, nemmeno le prese il polso: ballava tenendo il braccio penzoloni lungo il fianco. Tutte quelle novit la sconcertavano; temeva di commettere qualche errore, che la facesse giudicare male dal suo cavaliere. Respir sollevata quando il ballo ebbe fine. Al tavolo Bice stava litigando con Livio: lo incolpava di averle fatto fare una brutta figura: Ma s, tirava fuori certi passi difficili... apposta perch sbagliassi. Tu facevi apposta a pestarmi i piedi. Lo avete visto anche voi, che pestate mi dava. Tu no aggiunse rivolto a Anna tu non potevi veder niente. Avevi un'aria talmente estatica... sembravi la rclame della cipria Tokalon. S, quella che dice: la sera che ballai col principe. . . Duilio e Marietta se ne stavano per conto loro. Avevano accostato le sedie, e lui le teneva il braccio intorno alla vita. Non parlavano: ma lei aveva un'aria beata, e lui si guardava intorno coi suoi occhi furbi. Anna volt la testa, disgustata. Ti degni di ballare un'altra volta con me? le disse Livio; e appena ebbero cominciato: Cos'hai? Ti sei avuta a male di quello che t'ho detto prima? Niente, ho. Ma quel tuo amico, non lo posso soffrire. Marietta, l'ha conosciuta appena stasera, e gi le mette le mani addosso. E lei che se le fa mettere, scusa. S, lo so; ma mi d lo stesso ai nervi. Non vedeva l'ora di andar via; ma Bice disse che bisognava aspettare Marietta. Uff. Non finisce mai questo ballo. Guardava sdegnata le colonne, il lampadario che pendeva nel centro della sala, le file di lampioncini alla veneziana; le smorfie e i sorrisi ebeti dei suonatori, e le facce dei ballerini, quali allegre, quali compunte; e il loro sgambettare privo di senso. Vide il giovanotto biondo che ballava con aria seria, assorta. sembra che stia facendo chiss che cosa. E io, stupida, che avevo soggezione di lui. Finalmente il ballo fin; Anna, impaziente, s'era gi alzata per andarsene. Marietta non volle saperne: Se cominciamo a divertirci appena adesso. tu un pezzo che ti diverti avrebbe voluto rispondere Anna; ti fai abbracciare e palpare da quello zoticone, che proprio un'indecenza. Disse: Senti, noi la mattina dobbiamo alzarci presto... Ma domani domenica. E che vuol dire? Dobbiamo alzarci presto lo stesso. Ma per una volta... Insomma, se vuoi restare, resta; noi ce ne andiamo. Bice non fu del suo parere; disse che Marietta era stata affidata a loro, e avevano l'obbligo di ricondurla a casa. Restaci tu; io me ne vado fece Anna sgarbatamente. Ti accompagno disse Livio. No, grazie, non ti disturbare. ciao e gli diede la mano. Duilio, non si degn di salutarlo.
Fuori c'era la solita siepe di curiosi, che guardavano attraverso i finestroni. Anna si affrett ad allontanarsi; ma dopo una cinquantina di passi, si ferm. Ah! un po' d'aria, finalmente. Respir a pieni polmoni; poi rimase in ascolto. Percep il rumore del mare: quello s che era un rumore amico, che sentiva da sempre, che avrebbe sempre sentito: senza mai stancarsene. CAPITOLO 6. La mattina dopo non and sulla spiaggia. Rimase in salottino a cucire a macchina. Quando ebbe finito, and in camera sua: approfittando che mamma e figliola erano fuori. Non si erano nemmeno rifatte i letti; tutta la camera presentava tracce della loro presenza. La camicia da notte della ragazza era abbandonata sulla spalliera della seggiola: Anna la prese un momento in mano e not che il collo era sporco, e cos pure le maniche. Marietta aveva la pelle untuosa, faceva presto a sporcare la roba. si cambia d'abito tre volte il giorno, ma farebbe meglio a cambiarsi la biancheria. Con un gesto di schifo lasci ricadere la camicia. Anche sulla mensola della toeletta, tutto era stato lasciato nel massimo disordine: c'era un vasetto di crema aperto, un pettine pieno di capelli, una boccetta di profumo anch'essa aperta... Meglio: cos svanisce, pens Anna, e si guard bene dal riavvitare il tappo. Quel che peggio, c'era nella stanza un tanfo di sudore misto a profumo, il che lo rendeva anche pi nauseante. Anna spalanc la finestra. La campagna languiva sotto il sole. Una nuvolaglia biancastra incombeva sui monti. L'afa pesante stagnava anche sulle case di Cecina. Nei campi non c'era nessuno: solo in un podere un polverio confuso unito al chiasso di un motore indicava che stavano trebbiando. Anche di quella vista, non si sarebbe saziata mai. I luoghi non tradivano... La riscosse lo scampanio di mezzogiorno. Era rimasta l un'ora buona senza far nulla; non per questo si era annoiata. Temendo che la madre di Marietta tornasse da un momento all'altro, si affrett a richiudere la finestra e a lasciare la stanza. Alle quattro, usc in bicicletta. Faceva sempre molto caldo, ma lei non se ne preoccup. Sarebbe andata piano, per non sudare. Faceva caldo anche in pineta. Parecchie persone erano sdraiate qua e l, oppresse dall'afa; qualcuno dormiva. Solo i ragazzi giocavano negli spiazzi. Rifiuti di ogni specie erano sparsi dappertutto: cocci di bottiglia, bucce di cocomero, cartacce. Si vedevano biciclette appoggiate ai tronchi, con una sporta appesa alla canna. Anna guardava tutto questo col disprezzo e l'ostilit che loro di Marina avevano per i villeggianti e i gitanti domenicali. Quegl'intrusi: perch non se ne stavano a casa loro. Una macchina, sorpassandola, sollev un tale polverone che lei dovette fermarsi. Aspett che la polvere diradasse, e risal in bicicletta. Si ferm un'altra volta sul ponticello, a dare un'occhiata dalla parte del mare. L, tra le prime dune... Non c'era pi stata; e prov l'impulso di tornarci. Ma sentiva delle voci: nemmeno la seconda pineta si sottraeva all'invasione domenicale. Non le rimase che continuare. Non aveva pi riparo contro il sole, ormai; e il canto stridulo delle cicale la insegu anche dopo che la pineta si fu allontanata. Il grano, nei campi, era gi stato segato; non si vedeva anima viva. Non c'era nessuno neanche intorno al podere. Anna buss, chiese due volte permesso; non avendo risposta, spinse la porta, scese
i due scalini e si trov nel buio della cucina. C'era odor di mangiare; si sentiva ronzare una mosca. C'era anche un altro rumore, simile a un gorgoglio, e Anna aguzz lo sguardo: ma il focolare era spento. Non era una pentola che bolliva, era qualcuno che russava: Anna intravide una forma oscura accanto al tavolo. Spaventata, indietreggi. Dopo un gorgoglio pi forte, che si sciolse in un colpo di tosse, la forma oscura si agit: Eh? Che c' disse, e Anna cap che era Bertini. Sono Anna. Mi dispiace... Anna? L'uomo si alz pesantemente, and alla finestra e spalanc gli scuri. Ah fece sei tu. Ero venuta a trovare Ada balbett Anna. Mi dispiace di avervi svegliato. Ah ripet lui. Era in disordine, con la camicia mezzo fuori, la cinghia dei calzoni allentata. Ada... credo sia dalla sorella. Impugn la mezzina, vers l'acqua nel catino e si lav la faccia. Dov' l'asciugamano brontol. Finalmente lo vide, lo stacc dal chiodo e si asciug sbuffando. Be'... io vado disse Anna. Scusate se vi ho disturbato. Aspetta, vengo anch'io. Si accomod la camicia e si tir su i calzoni. Lo sai dove sta Armida? S rispose Anna, e fece un gesto vago in direzione della strada. Aveva ripreso la bicicletta e non vedeva l'ora di andarsene. No, si fa prima di qua. Lascia stare la bicicletta: ti porto io con la moto. Ma non importa, io. . . L'uomo non la stette a sentire. Torn un momento in casa e ne usc infilandosi la giacca. Era una giacca striminzita, che a fatica gli entrava. Dal taschino tir fuori un pettine e si diede una ravviata. Aveva i capelli ancora neri, salvo che sulle tempie. La motocicletta era sotto la tettoia. Bertini la port fuori; diede un colpo al pedale d'avviamento, e il motore cominci a ruggire. Monta. E tienti forte a me. La motocicletta sobbalzava sul terreno sconnesso, e Anna doveva tenersi forte a lui, pur cercando di stargli il pi discosto possibile. Finalmente furono sul viottolo sotto il terrapieno della ferrovia: e la moto proced senza troppe scosse. Ada non c'era. Armida non sapeva dove fosse andata. Bertini si trattenne un po' a parlare con la figliola, poi riaccompagn Anna a casa. Qui volle coglierle l'insalata e un mazzo di radici; le diede una sporta e disse che sarebbe passato lui a riprenderla la mattina dopo; perch voleva dare un'occhiata al mercato. Aggiunse: Salutami zia. Anna se ne and stupefatta della sua gentilezza. Il sole, ora, l'aveva in faccia; non aveva pensato a prendere gli occhiali scuri, e doveva guardare in terra, o di sbieco verso i campi, dove le rare ombre si stendevano lunghe e tenui. Stavolta si ferm sul ponticello. Nascose la bicicletta in un cespuglio e si spinse fino al tombolo. Stent a ritrovare il posto. I monticelli erano tutti uguali; e forse, chiss, il vento ne aveva limati alcuni, su altri aveva accumulato ancora sabbia. Alla fine ritrov la loro buca: la riconobbe dal pinastro isolato che montava la guardia all'ingresso. Scese, e si sdrai nel fondo. Credeva di provare una violenta emozione, invece non fu cos. Chiuse gli occhi. Il rumore del mare era ritmico, tranquillo: al fragore delle onde che si rompevano, succedeva il fruscio dell'acqua che si ritirava. Fu riaprendo gli occhi, nel breve istante in cui le immagini stentano a comporsi, che l'emozione la trafisse, le arriv diritto al cuore. Forse fu la pace del cielo chiaro a ricordare
la pace che c'era stata nel suo animo, dopo. Oh, non era durata molto nemmeno allora. Un minuto, due minuti, forse. E ora, solo un breve istante. La felicit, quella gioia acuta che sconvolge il cuore, quella specie di spasimo dell'anima, non pu durare che poco: sarebbe insopportabile, senn. Non pu essere la condizione normale della vita. Ma Anna, a quel tempo, non lo sapeva ancora. Credeva che la felicit le fosse stata tolta dalla sorte avversa, che aveva costretto Mario a partire. E ora, ne andava di nuovo in cerca. La mattina prima delle sette fu svegliata da una scampanellata. Riconobbe la voce di Bertini; sent che la zia lo faceva passare in cucina. Si alz anche lei. In cucina Bertini stava prendendo il caff. La guard compiaciuto: Ah: meno male che sei mattiniera. Per forza disse la zia: con quella scampanellata, avrai svegliato tutti. L'uomo sorrise: Bisognerebbe che passassi tutte le mattine a darvi la sveglia... Anche te, scommetto che ti sei fatta pigra aggiunse rivolto alla zia. Se mi fossi fatta pigra, come avrei potuto tirare avanti? con le quattro lire il giorno della pensione? Eh sospir l'uomo ci hanno trattato bene, noi combattenti. Non lamentarti, via; tu almeno la pelle l'hai riportata. Bertini chiese a Anna se aveva mangiato le radici. Le ho mangiate, s... ma non le ho digerite. Eh, siete un po' delicate, voi. Le altre cose, l'aglio, la cipolla, le digerisco tutte; ma le radici, mi tornano a gola. Zia, invece, ne mangia a mazzi interi; e non le fanno niente. Eh, lei di campagna disse Bertini. Non mica stata allevata nella bambagia... Di' la verit: tu non ti ci ritrovi, in campagna. No no, mi ci piace si affrett a rispondere Anna. Lo dici per non farmici rimaner male. Sospir: Noi contadini siamo considerati bestie... E che, non vero? Contadino, si dice per offendere. Hanno voglia a dire, anche l al Fascio, che la fatica del contadino benemerita... La gente ci disprezza; e ci mette in mezzo, ogni volta che pu. Come per quella faccenda di cui ti parlavo prima fece tornando a rivolgersi alla zia; ma l'altro giorno gliel'ho detto, al segretario politico: io, la guerra l'ho fatta; sono anche mutilato; ero con voi quando in questa zona erano tutti rossi; e se oggi vi vengo a chiedere un favore, ma che dico un favore? una cosa che mi spetta di diritto... Tu hai fatto male a mescolarti con la politica gli disse la zia. Tanto, lo vedi: non t'ha fruttato niente. Alcune sere dopo, Anna si trov a uscire con Marietta. Domani sabato, ci torniamo allo chalet? Veramente ne ho poca voglia rispose Anna. Si era portata dietro Marietta per avere una compagnia; e una volta sul viale si distrasse a guardare il passeggio. Marietta le dava il braccio, a un tratto si svincol: Senti. .. io torno indietro. Anna la guard sorpresa: Perch? Cos... Tanto vedo che ti do noia. Ma no, che ti salta in mente? inutile che neghi, Anna... Voi ce l'avete con me, tutt'e due; me ne sono accorta benissimo. Perch mai dovremmo avercela con te?
Per via dell'altra sera. Secondo voi... ho fatto chiss cosa di male. Perci non volete pi stare insieme con me e cominci a piangere. Smettila disse Anna seccata. C' gente, ti possono vedere. Non me ne importa rispose lei tra i singhiozzi. Leviamoci di qui, per lo meno e la spinse in una stradetta laterale. Lei si lasciava guidare docilmente. Smettila, via le disse con tono raddolcito. Ti sei messa in testa delle cose che non sono vere. Noi... non ti abbiamo mica giudicata male. Marietta s'era appoggiata al muretto di un giardino. I singhiozzi si fecero pi radi e smisero del tutto. Ella tir su col naso, due o tre volte di seguito. Non ho nemmeno il fazzoletto disse in tono lamentoso. Anna tir fuori il suo: Avanti, prendi. Grazie rispose lei. Si soffi il naso rumorosamente, poi disse: Scusami... Ora appena arrivate a casa te lo lavo. Non importa, ridammelo cos. Be'? ti passata? Facciamo la pace? Oh, s, s, Anna. Le gett le braccia al collo e la baci. Allora? Vogliamo tornare sul viale? No, stiamo un po' qui, ti prego. Senti, Anna, ti voglio dire una cosa: l'altra sera, allo chalet... Non ricominciare, via. No, devi ascoltarmi; voglio... spiegarti. Quel giovanotto, Duilio... dopo un paio di balli si permesso qualche confidenza, ma io lo lasciavo fare, perch credevo che lo facesse cos, per scherzare; non volevo mostrarmi musona, comprendi? Allora lui mi ha preso la mano, mi toccava col ginocchio, mi abbracciava... L per l mi ha fatto anche piacere: ma dopo, a ripensarci, m' venuta la rabbia. Perch non se lo doveva permettere. Un giovanotto comincia con le parole, non ti pare? Non so, ti fa qualche complimento, ti dice che gli piaci... Lui invece non m'ha detto nulla. M'ha trattato proprio come una... E ricominci a piangere chetamente. Su, non ci pensare, ora. Tu non hai fatto nulla di male; la colpa semmai nostra, che ci siamo portate dietro un maleducato simile; ma nemmeno noi si sapeva che era cos. Ci siamo fidate di Livio, e invece... Marietta in uno slancio di riconoscenza l'abbracci di nuovo: Tu sei tanto buona, Anna; e sai anche scusare le persone... Ce l'avessi a Firenze un'amica come te. CAPITOLO 7. L'ultimo sabato del mese, tornarono allo chalet. Bice si era opposta fino all'ultimo; ma una volta l, divent allegra, e volle far lei il primo ballo con Livio. Marietta, invece, stava seria. Che hai? le domand Anna. Nulla rispose Marietta, ma poi disse: Ho visto che c'... quello l e accenn col capo. Anna si volt e scrse Duilio appoggiato a una colonna. Be'? e che te ne importa? Come faccio se viene a invitarmi? Prima di tutto vedrai che non viene... Lo sa che ce l'abbiamo con lui: gliel'ho fatto dire da Livio, che non si provi a ripresentarsi. Ma se venisse? Se venisse gli dici di no: tanto semplice. Ma per Marietta non era affatto semplice. Sembrava che ne fosse affascinata. Non distoglieva gli occhi da lui... mentre le sue manine non stavano un momento ferme.
Duilio senza parere sorvegliava il loro angolo; e quando Anna si alz per ballare con Livio, venne avanti fra i tavoli e si ferm davanti a Marietta. Non si cur di salutare Bice; non disse nulla nemmeno a Marietta: la guardava col suo sorriso sfrontato, e lei non pot fare a meno di alzarsi e seguirlo. Hai visto? disse Anna a Livio. Marietta balla con Duilio. E che ci trovi di strano? Ma come? Mi sono tanto raccomandata che non ci ballasse... Si sarebbe dovuto provare a invitar me aggiunse irata. Perch non ti piace. Ma se ti invitasse Marcello Mazzei... Che c'entra: lui, mica mi ha mancato di rispetto. Vedi che ci balleresti. E va bene, ci ballerei anche, ma cos, come con qualsiasi altro... Va l che non vedi l'ora che venga a invitarti. Tornando al loro posto, trovarono Duilio tranquillamente installato al tavolo. E tu che ci fai qui? gli disse Livio sgarbatamente. Duilio per tutta risposta sorrise. Marietta teneva il viso basso, come se si vergognasse; poi lo alz e fiss due occhi supplichevoli su Anna. Ma questa non intendeva lasciar correre. Disse: Chi l'ha invitato, lei? Marietta rispose tranquillo Duilio. Ma anche Marietta con noi; e noi, non ce lo vogliamo al nostro tavolo. Intervenne Livio: No, aspetta un momento, Anna. Duilio pu anche rimanere... basta che paghi. L'altra volta ho pagato io, stavolta perci tocca a lui. Cameriere disse forte dov' finito il cameriere? Duilio aveva perduto di colpo quell'aria soddisfatta e sicura di s; non sorrideva pi; era tutto sudato. Appena l'orchestra attacc a suonare, si affrett ad alzarsi e a invitare Marietta. State sicuri che qui non ci torna disse Livio. cos avaro, figuratevi, che le sigarette le tiene in tasca sciolte... perch ha paura, a farsi vedere col pacchetto, che qualcuno gliele chieda. Certe brutte figure capace di fare... Una volta l'hanno buttato fuori da un caff perch aveva mangiato tre paste e ne aveva pagata una. E in autobus, quante volte l'hanno pescato senza biglietto... La previsione di Livio si avver: Marietta torn sola al tavolo. Anna e Bice cominciarono a ridere; anche Marietta si un a loro, quando le ebbero spiegato dell'avarizia di Duilio. Le raccontarono la storia dell'autobus, quella del caff... e Marietta rideva, rideva, come se si sentisse liberata da un peso. Seguitarono a dir male di Duilio: oltre che un avaro, era uno zoticone: bastava vedere la quantit di brillantina che si spalmava sui capelli. Era addirittura repellente, disse Anna: con quelle gocce di sudore che gl'imperlavano la fronte e gli brillavano tra le sopracciglia. Marietta aveva le lacrime agli occhi, da quanto rideva. Ma fu pronta ad alzarsi all'inizio del ballo, appena Duilio le ebbe fatto un cenno. Vacci a capire qualcosa nelle donne comment Livio, alzandosi e prendendo per mano Bice. Questa si ribell: Da quella stupida l, non vorrai giudicare tutte le donne. Ma s, siete tutte uguali fece Livio, dando un'occhiata a Anna. Anna era scontenta. Come mai Marcello Mazzei non era venuto a invitarla? Ballava quasi sempre con la figlia del dottor Semoli. Anna si consol pensando che la signorina Semoli non era poi quella gran bellezza che si diceva. Intanto, aveva un gran naso aquilino; e i baffi. E la bocca larga: quando rideva, metteva in
mostra certi denti lunghi, appuntiti... Sembrava un cavallo. Portava anche la testa in avanti, come i cavalli. Bice sbadigliava; Livio era serio; Marietta continuava a corrispondere da lontano con Duilio; nessuno aveva pi voglia di parlare. Quando Bice disse: Sono le undici passate, si va? furono tutti d'accordo: anche Marietta. Era una serata buia; tirava vento, faceva quasi freddo. Anna prese sottobraccio la sorella e si affrett verso casa. Livio s'era fermato a pagare le consumazioni; le raggiunse a met dello spiazzo. E Marietta? Non era con te? Io credevo che fosse con voi rispose Livio. Ora capisco perch non ha protestato disse Anna. chiaro: s'era gi messa d'accordo con Duilio. un bel lavoro fece Livio. Ora chiss quanto ci toccher aspettarla. Invece non l'aspettiamo per niente disse Anna decisa. Se una sciagurata, peggio per lei. Ma una volta a casa, cambi idea: Tu vai pure a letto disse alla sorella. Io voglio andare a vedere... Prima che Bice potesse trattenerla, era gi in fondo alle scale. Arrivata allo chalet, si ferm: dove pu averla portata? In pineta, forse. Ma era pi probabile sulla spiaggia. I tacchi alti affondavano nella rena; Anna si lev le scarpe. Rischiava di rompersi le calze: bastava che mettesse il piede su uno sterpo o su una radice... Ma and risoluta avanti. Scalati i primi monticelli, si ferm di nuovo. Nemmeno il mare era visibile. potrei provare a chiamarla. Stava per farlo, quando scrse qualcosa a pochi passi di distanza... Si avvicin e s, erano loro: Duilio le era sopra e si agitava... Anna rimase impietrita. Si fece forza e disse: Marietta. Voleva dirlo forte, invece le usc un filo di voce; ma fu sufficiente perch i due sentissero. Lasciami... lasciami disse Marietta; si alz e le comparve davanti. Anna fu invasa da un'ira incontenibile: Che facevi? Svergognata e la schiaffeggi. Marietta barcoll senza reagire. Intervenne Duilio: Come si permette? La lasci stare subito... Anna lo guard. avessi un'arma pensava; un pugnale, un bastone: lo ammazzerei. A un tratto Duilio si volt; affrettandosi ad allontanarsi. Vigliacco gli grid dietro Anna. E tu a casa, svelta. Marietta non se lo fece dire due volte. Arrivate a casa, si slanci per le scale; ma Anna fu pronta a raggiungerla prima che si potesse rifugiare in camera. La prese per il braccio e la obblig a seguirla in salottino. Marietta era pallida, stravolta; le mani le tremavano. Sulla nuca, aveva la rena appiccicata ai capelli; una guancia era sempre rossa dagli schiaffi. Cerc di assumere un'aria di sfida: Che cosa vuoi da me? Parla piano. Io... faccio il comodo mio; hai capito? Stai zitta; vuoi degli altri schiaffi? Disgraziata. Ringrazia Dio che sono arrivata in tempo. Le venne un dubbio: Alzati il vestito, presto. Lei non obbed, ma nemmeno si oppose a che glielo alzasse lei. Quando Anna si fu assicurata che non era successo il peggio, la sped a letto. A sua volta si rifece la branda e and a dormire. Ma non le riusc prender sonno. schifosa... schifosi..., continuava a pensare. Le aveva fatto una tale impressione vederli sulla rena... Era stato come quella volta che si era
imbattuta in un groviglio di serpi. Allora era una ragazzetta ed era rimasta ferma: senza avere la forza di scappare n di distogliere lo sguardo. Finch era sopraggiunta Bice, che poi era corsa ad avvertire gli altri. Bertini s'era messo a ridere: Giusto, la stagione che le serpi vanno in amore e si era cercato un bastone per ammazzarle. La zia gli diceva: Lasciale stare, povere bestie. E lui: Gli faccio un piacere: non potrebbero desiderare una morte migliore.... Lasciami almeno portare via le bambine. Ma lei, Anna, era voluta rimanere. Era venuta via solo dopo che le due serpi insanguinate avevano smesso di contorcersi anche dianzi, avevo voglia di ammazzarli. Svergognati; schifosi... E allora lei e Mario? Non avevano fatto lo stesso quella volta in pineta? E se qualcuno ce li avesse sorpresi? No, non era un paragone da farsi. Loro due si amavano... E poi Mario era bello, mentre Duilio era repellente. Ma dopo si chiese: perch l'ho fatto? S, che cosa l'aveva spinta ad agire cos? La sollecitudine per Marietta? L'avversione per Duilio? O non piuttosto... Senza il suo intervento, sarebbe magari accaduto il peggio; ma che gliene importava a lei, di Marietta? Questa, dal canto suo, non le fu affatto grata. Aveva assunto un'aria offesa: nei tre giorni che ancora rimase, non le rivolse la parola una volta. E al momento di partire, fece in modo di non salutarla. CAPITOLO 8. La stagione era al colmo. Anna non ricordava di aver visto mai la spiaggia tanto popolata di bagnanti, n il mare cos fitto d'imbarcazioni. A dir la verit, non ricordava nemmeno pi l'aspetto che aveva la spiaggia negli anni passati. Per esempio, s'era talmente abituata ai sandolini e ai pattini, che le sembrava ci fossero sempre stati; e lo stesso il bagno nuovo, coi suoi ombrelloni multicolori. Tutto questo non sarebbe durato a lungo. Gi dopo il 15 la stagione declinava: era successo cos ogni anno. I villeggianti si riducevano a poche famiglie, i villini cominciavano a chiudere, le feste allo chalet diradavano. Il 31 era il suo compleanno. ancora pochi giorni pensava Anna e poi... Un pomeriggio era uscita in bicicletta. Girell svogliatamente per i viali di pineta, poi imbocc la strada che portava al canale; una volta l, le venne l'idea di arrivare sulla spiaggia. Dall'alto delle dune stette un po' a guardare la distesa liscia e calma, attraversata dal riflesso del sole; poi scese per la china e quando fu a pochi passi dalla riva si butt in ginocchio. Il primo bagno era lontano almeno mezzo chilometro. Era bella la solitudine, dava serenit all'animo. Anche il pensiero che tra pochi giorni avrebbe compiuto diciannove anni, non le caus angustia. Si volt a guardare la propria ombra, lunga dietro le spalle. Poi segu la balza frastagliata del tombolo; e il profilo nitido dei monti. I suoi occhi tornarono a posarsi vicino, sulle conchiglie disposte in una fila sinuosa, come un vezzo interminabile; su un tronco d'albero mezzo sepolto nella sabbia; su un sasso rosso poroso, su una scheggia di mattone che chiss perch si trovava l. Prese in mano la sabbia, la lasci scivolare lungo il palmo. Era molto pi fine che al loro bagno. sembra semolino, pens. Poi smise di guardarsi intorno. Si riposava gli occhi nella immensa distesa liquida, e si lasciava riempire l'anima da quel rumore sempre uguale, e che pure non stanca mai.
A un tratto si volse. Un giovanotto e una ragazza, tutt'e due in costume, erano usciti dal tombolo, un centinaio di metri pi in gi. Non dur fatica a riconoscerli. Lui spicc la corsa verso un sandolino che era stato tirato in secco (come mai Anna non lo aveva notato prima?), lo afferr per la punta e lo trascin in acqua. Con una spinta gli fece superare la linea dei frangenti, e ci salt dentro agilmente. La ragazza invece attraversava in diagonale la spiaggia. Veniva verso di lei. si separano per non dar nell'occhio, pens Anna. Lei sarebbe tornata a piedi lungo la spiaggia, lui bordeggiando col suo sandolino. Prov l'impulso di alzarsi e andarsene; ma ormai era tardi, l'avevano gi vista. La ragazza veniva avanti facendo finta di niente. Quando fu a pochi passi, si ferm anche: si prese in mano un piede, curvandosi a esaminare il tallone: come se fosse stata punta da uno spino. Passando, la guard appena: e sembrava voler dire: so cosa pensi di me, ma me ne infischio. Ma Anna la guardava solo per trovarle dei difetti. Aveva l'attaccatura delle gambe troppo alta; le spalle un po' curve e le vertebre sporgenti. Era sgraziata, ecco. Lui remava senza fretta. Si volse verso di lei quando le fu davanti; anche Anna lo guardava. Poi lui entr nella striscia dorata, e si oscur, insieme con la sua fragile imbarcazione. Appena li aveva visti, Anna s'era messa seduta, con una gamba ripiegata sotto. Si guard la gamba distesa: le parve troppo grossa, informe e legnosa, simile a quel tronco mezzo sepolto sotto la sabbia. Seccata, guard altrove, verso il varco del tombolo da cui erano usciti i due. forse sono stati in quella stessa buca in cui io e Mario... Dianzi, avevo l'intenzione di arrivarci: se l'avessi fatto, li avrei potuti sorprendere. Cercava di scherzare, ma era di nuovo rsa dall'inquietudine. Tra pochi giorni la stagione sarebbe finita, e lei avrebbe compiuto diciannove anni. Risal il pendio a testa china. Quando fu in cima, si volse a guardare il mare. Facendosi schermo con la mano, pot vedere anche il sandolino, che navigava sempre nel sole, piccolo e nero, simile a un insetto posato sull'acqua. Quell'insetto, era bastato a distruggere la pace della sua anima. Si volt con rabbia e riprese il cammino tra le dune. CAPITOLO 9. Il 31, ci fu la festa di chiusura allo chalet. Anna desiderava andarci; ma la sorella non ne volle sapere. Un pomeriggio Anna era capitata al bagno Pellegrini; ne parlava con Marisa. Piacerebbe anche a me esclam Marisa. Pensa, quest'anno non ho ballato una volta. Ci riflett un momento: Sai che si fa? Ci andiamo insieme. Tanto, per una sera, Pellegrini pu fare anche da solo. Ma chi ci accompagna? Io non ho pi il coraggio di dirlo a Livio. L'abbiamo sacrificato gi due volte... Si va sole. Oh, Anna, non tirarti indietro, ora. Almeno per una sera, me la voglio godere... Anna si lasci convincere. Del resto, nel profondo era il suo desiderio: andarci senza la sorella, senza Livio: per essere libera... Il difficile, era dirlo alla zia. Ma la sorte la favor: alla zia si era acutizzato un vecchio dolore alla spalla; e appena i signori Bini furono partiti, and qualche giorno ai fanghi. Bice cerc di dissuaderla. Disse che due ragazze sole si sarebbero attirate le critiche della gente; che farsi vedere in pubblico insieme con Marisa non era consigliabile... Anna la lasci dire. Voleva godersela, almeno per una sera...
Cominci a godersela appena si furono sedute al tavolo. Era sufficiente l'atmosfera della festa a eccitarla. Not che Marcello Mazzei era solo; e aspett senza impazientirsi che si facesse avanti a invitarla. Si fece avanti all'inizio del ballo seguente. Dietro di lui c'era il figlio della maestra Bonciani, che invit Marisa. Come mai sua sorella non c'? s'inform subito il giovanotto. Oh... cos rispose Anna. E... il suo fidanzato? Ma s, quello che era con lei queste altre sere. Non mica il mio fidanzato. Nemmeno io sono fidanzato e la guard. Con quei baffi lunghi e fini, quel sorriso a fior di labbra, aveva un'aria sorniona; Anna fu ripresa dalla diffidenza. Lui dovette avvertirlo, perch cambi discorso. Si mise a parlare delle novit di quell'anno, del tennis, del nuovo bagno. Le chiese se fosse mai stata in sandolino. Disse che Pellegrini era un filibustiere: Ma ci voleva un uomo cos per Marina. Parlava come se fossero semplici conoscenti; Anna ne fu rassicurata. N trov compromettente che i due, dopo il ballo, sedessero al loro tavolo. beve qualcosa, Marcello? Certo fece Marcello, e chiam il cameriere. Anna non voleva nulla; poi si decise per una cedrata, come Marisa. I due giovanotti presero un bicchierino. Avendo saputo che era il compleanno di Anna, Marcello propose un brindisi. Lo fecero, e si misero a ridere. Una conversazione non s'intavolava. Sembravano paghi di stare insieme. I due giovanotti, fumavano; anche Marisa aveva accettato una sigaretta. Pellegrini la chiude la baracca? domand Nerio. O la tiene aperta anche l'inverno? No, la chiude, la chiude rispose Marisa. Ci mancherebbe altro aggiunse ridendo. Ho voglia di prendermi un po' di riposo, cosa credete? Invece a me ricomincia il lavoro sospir Marcello. Da domani il vecchio mi rimette sotto. Chi il vecchio? domand Anna incuriosita. Mio padre. Poveraccio, ha anche ragione: quest'estate, ha sgobbato sempre lui. Ma un giovanotto ha pure il diritto di divertirsi, no? E qui, se non ci si diverte l'estate... Allora, forza, divertiamoci disse Nerio: prese per un braccio Marisa e la trascin a ballare. Vuol ballare anche lei? No rispose Anna. Il mozzicone di Marisa continuava a fumare nel portacenere: lo schiacci. Poi lo apr e sparpagli il tabacco. Vogliamo fare una passeggiata in macchina? Anna fu sorpresa, ma non scandalizzata dalla proposta. Oh, mica dico noi due soli. Con Marisa e Nerio... Arriviamo fino alla seconda pineta: c' la luna piena, stasera. Lei scosse la testa: No... tardi, devo andare a casa. Ma con la macchina si fa in un momento. Anna smise di occuparsi dei fili di tabacco: alz il viso e lo guard ridendo. Disse: inutile che lei cerchi d'imbrogliarmi. Lui fece un gesto come per dire: peccato. Gli venne un'altra idea: Se non si fida a venire con me in macchina, potremmo arrivare sulla spiaggia. Non c' niente di pi bello del chiaro di luna sul mare... Cos, se qualcuno ci vede, bella figura ci faccio. A quest'ora non c' pi nessuno in giro, chi vuole che ci veda?
oh, non si sa mai rispose Anna. Lo fiss maliziosamente: Per esempio l'altro giorno lei e la signorina Semoli... eravate sicuri che nessuno vi avrebbe visti. Spero che non lo sia andato a ridire. Anna alz le spalle: Cosa vuole che me ne importi. Gi sospir lui purtroppo di me non gliene importa nulla. E che me ne dovrebbe importare? C' qualcun altro di cui le importa? Perch dovrei venire a raccontarlo a lei? Lui alz le braccia in segno di resa: Non ce la faccio con lei, Anna. Ma ricominci subito: Le dispiace se l'ho chiamata Anna? Perch mi dovrebbe dispiacere? Mi chiamo coS. un bel nome. un nome come tutti gli altri. Ma il suo nome; e lei non come tutte le altre. Oh, che discorsi difficili fa. Dopo un po' lui disse: Si divertita, stasera? Certo che mi sono divertita; perch, lei no? Lui fece una smorfia: Mica divertente essere preso in giro. Chi che l'ha preso in giro? Lui sorrise: Mi domando se fa cos con tutti i giovanotti. Se faccio cos, come? Parli chiaro, per favore; altrimenti io non capisco. Andiamo sulla spiaggia? E di. Mi ha detto di parlar chiaro... e io ho parlato chiaro. Che vorrebbe fare sulla spiaggia? Oh, niente. Guardare la luna. Allora vada, non faccia complimenti. Senza di lei, non c' gusto, a guardare la luna. Oh! com' romantico. Il ballo era finito da un pezzo, e gli altri due non tornavano. Anna aveva un bel guardare in giro, non riusciva a vederli. Dove sono andati a finire? domand inquieta. Chi? Marisa... e quel suo amico. Avranno avuto la nostra stessa idea... voglio dire, la mia stessa idea. Andiamo a cercarli? Lei aveva ripreso a giocherellare coi fili di tabacco. Disse: Senta, bene mettere le cose in chiaro. Lei si fatto l'idea che con me sia facile... perch mi ha visto insieme con Marisa. Ma io non sono come Marisa. Lo so rispose lui sorridendo. Crede che io mi perderei con un tipo come Marisa? Il suo amico, vedo che ci si perde. Il mio amico, non come me... Lo ha detto lei che non bisogna giudicare le persone dalle compagnie. Anna esit un momento: Perch la signorina Semoli non con lei, stasera? Potrei risponderle come mi ha risposto lei prima: che non sono tenuto a dirglielo. Glielo dir, invece: con la signorina Semoli... finito tutto. E sa di chi la colpa? Sua. S, sua, di lei, Anna. Quante bugie dice. Senta, io avr tutti i difetti del mondo: ma le bugie non le dico. Come posso avere io colpa di qualcosa se ci conosciamo appena? Se prima di stasera... a fatica avevamo scambiato quattro parole? Perch, uno non si pu innamorare di una ragazza anche
vedendola solamente? Innamorare: che parolona. Va bene: non parliamo di innamorare. Diciamo: interessare. Io non sar ancora innamorato, ma lei m'interessa molto. E credo che anche lei s'interessi un pochino a me. Anna stette zitta. Lo sa che chi tace acconsente? Vede concluse trionfante: lei come me: incapace di dire le bugie. Ma io non ho detto nulla. Ma nemmeno ha negato. E se anche fosse? disse lei, piano. Tra noi due non ci pu essere niente di serio, lei lo sa meglio di me. Perci, grazie della compagnia, e arrivederci concluse alzandosi. Si alz anche lui: Non vuole nemmeno arrivare sulla spiaggia? Un minuto solo... Via, cerchi di essere ragionevole. Ma stasera l'ultima festa della stagione! C' tutto l'anno per essere ragionevoli... No disse lei. La accompagno a casa, allora. Non mi va che la gente ci veda uscire insieme. Ma non necessario uscire insieme... Lei esce, e io tra un minuto la raggiungo. Anna fece un cenno di assenso, si mise addosso lo scialle e passando attraverso i tavoli usc dalla portafinestra. Si volt, vide che Marcello era occupato col cameriere, e allora si affrett a raggiungere il tombolo. Di l si godette la scena di lui che usciva, si guardava intorno indeciso, poi si metteva a correre in direzione del paese. Soddisfatta, attravers il tombolo e scese verso la riva. Ora poteva godersi lo spettacolo della luna sul mare. E per un po' non ebbe sensi che per quello. Le onde avanzando ingigantivano finch arrivate sulla linea dei frangenti s'impennavano: restavano un attimo cos, come sospese, e ricadevano rompendosi fragorosamente. Anna prosegu fin dove la sabbia diventava soda. A un tratto la sua attenzione fu attratta da due figure nere sedute a riva, cinquanta passi pi in l. Si abbracciavano; si baciavano; erano Nerio e Marisa. Anna torn indietro senza fretta. A met del pendio si ferm: gi dal tombolo le veniva incontro Marcello. L'ha fatto apposta a dirmi che andava a casa, vero? S rispose lei. Guardi che bella luna e indic dalla parte del mare. Vogliamo andare sulla riva? No. Ci sono quei due. Dove? L e indic col braccio. Spenga la sigaretta, senn ci vedono. Lui lasci cadere la sigaretta, ed ebbe cura di pestarla. Le venne vicino e la abbracci. Non vuole proprio...? sussurr. Lei avrebbe voluto respingerlo, ma gi un buon odore di tabacco la investiva, stordendola... La sola resistenza che ancora faceva era di tenere il capo chino. Lui le pose un dito sotto il mento per obbligarla ad alzare il viso; e bast quella pressione leggera ma ferma perch il ricordo del primo bacio si impadronisse di lei. Lo guardava: finch non lo vide pi, le si era fatto troppo accosto. Avvert il contatto delle labbra, poi il caldo umido del bacio. La sensazione si prolungava; finch lei si sent completamente senza forze. Lui si stacc; disse: Volevo soltanto questo. Quando si chin di nuovo, lei gli punt le mani contro il petto:
No disse. Lui non voleva forzarla; la stringeva appena. Basta, vero? disse lei; e gli fece una carezza perch acconsentisse. Come vuoi tu... Anna. Lasciami, ora. Lui la lasci, e lei si affrett ad allontanarsi. Si volt: Non mi venire dietro. Ciao. Arrivata tra le dune, si volt ancora per assicurarsi che non la seguisse. Lui era fermo, stava accendendo una sigaretta. CAPITOLO 10. Era la fine di settembre. I giorni le erano passati lentamente. Per di pi era stato quasi sempre cattivo tempo. domani andr a Cecina a farmi i capelli. Lo decise una sera che non riusciva a dormire. Il giorno dopo pioveva; ma Anna si ostin nel suo proposito. Viene il momento in cui si sente il bisogno di rompere la monotonia delle giornate facendo qualcosa di diverso: pur sapendo che non servir a nulla. E lei, da quella gita a Cecina, non si aspettava che questo: una giornata diversa dalle altre: anche se ugualmente vuota. Quando scese dall'autobus, pioveva a dirotto. Non le rimase che dirigersi dalla parrucchiera, camminando rasente il muro. C'era un'altra cliente prima di lei; Anna si secc, come se non avesse avuto tutto il tempo che voleva. Uscendo, la aspettava una gradita sorpresa: era smesso di piovere. Bench da una parte il cielo fosse ancora buio, c'era il sole. Di l a un momento, scomparve; e dopo poco torn ad arrossare la fila di case dall'altra parte della strada. Anna si affrett a raggiungere la via principale. Si mise a camminare adagio, guardando i passanti e fermandosi davanti alle vetrine. Osservava la merce esposta e dava anche qualche occhiata alla propria immagine. Aveva in programma alcune spesucce, ma non si decideva a farle. Dopo essere stata due ore ferma, sentiva il bisogno di muoversi. A un tratto fu investita da uno sgocciolio. che? Ricomincia a piovere? Sarebbe stato un guaio, perch aveva un bel po' da stare a Cecina. Ma no, qualcuno aveva provocato lo sgocciolio aprendo una finestra proprio sopra di lei. La merceria dove andava sempre era dall'altra parte della strada. Attravers; stava per entrare nel negozio, quando la sua attenzione fu attratta da un'insegna: Mazzei. Colori e vernici. curioso pens non l'avevo mai notato, prima. Dopo averla salutata, la donnetta la guardava con aria interrogativa. Anna dovette fare uno sforzo per ricordare gli acquisti. Chiss se Marcello era in magazzino. Le venne voglia di andare a vedere: invece la donnetta pareva lo facesse apposta a perder tempo. Sbagliava scatola; per due volte le diede la misura sbagliata del nastro. Con una lentezza esasperante fece il pacchetto di nastri, bottoni e fermagli. Aspetti, glielo incarto meglio; ma Anna pag e usc. Dentro il magazzino c'era soltanto un uomo anziano, al lavoro dietro uno scrittoio. Anna lo guard con curiosit: era tozzo, sembrava anche basso. Non somigliava per niente a Marcello: eppure non poteva essere che il padre. Continu a camminare adagio. Al Caff Centrale il cameriere aveva messo fuori i tavolini e ora girava l'argano per tirar gi il tendone. Anna si ferm a osservarlo; e non si accorse di Marcello che proprio in quel momento stava uscendo dal caff. Se lo vide improvvisamente davanti; e non pot fare a meno di salutarlo. Come mai a Cecina? Oh, niente. Ho fatto delle spese.
Che c' di nuovo a Marina? Lei alz le spalle. Com' venuta? In autobus? S rispose Anna. E di qui alla partenza dell'autobus... che cosa fa? Niente, che vuole che faccia? Potrei... riaccompagnarla io con la macchina. Il no di Anna venne con un po' di ritardo; e lui si ritenne autorizzato a insistere: Posso aspettarla al sottopassaggio: l nessuno la vedrebbe salire. Magari tra un po', quando far buio. Alle sette: va bene? Anna non rispose niente. Riprese a camminare dicendosi: alle sette al sottopassaggio. Trov la forza di insorgere: era assurdo, anche se nessuno l'avesse vista salire in macchina, per la strada avrebbero potuto sempre far qualche incontro... E poi, la gente che era sull'autobus all'andata, non vedendola al ritorno si sarebbe immaginata qualcosa. Insisteva nel dirsi che era impossibile: perch, se fosse stata una cosa possibile, l'avrebbe fatta. Eppure sapeva chi era Marcello Mazzei; sapeva che una ragazza doveva guardarsi da un tipo come lui. Venendo a Cecina, aveva preso in considerazione l'eventualit di incontrarlo; e si era detta che avrebbe fatto finta di non vederlo. anche se passa e mi saluta, faccio finta di non essermene accorta. Non deve credere di aver acquistato dei diritti su di me solo perch quella sera... Quella sera. Meglio non evocarlo, il ricordo di quella sera. Perch ricordava bene che s'era lasciata baciare, non solo, ma che aveva restituito il bacio... se l'avessi visto in tempo, l'avrei evitato. Mi ha colto di sorpresa. Stavo guardando il cameriere che svolgeva il tendone, e cos, mi ci son dovuta fermare per forza. Ma non aveva scuse per essere rimasta zitta quando lui le aveva proposto di riaccompagnarla in macchina. avrei dovuto dirgli no, voltargli le spalle e andarmene. Perch non l'aveva fatto? Era davvero inspiegabile. Ma invece di prendersela con se stessa, se la rifece con lui. quello stupido. Perch un bel giovane, crede che tutte le donne siano ai suoi piedi. S'era fermata davanti a una vetrina; e si specchi. Stava bene, coi capelli in ordine; era contenta che lui l'avesse vista appena uscita dalla parrucchiera. sono meglio della Semoli... cento volte meglio. La Semoli alta, ma le donne tanto alte mica stanno bene. E poi, ha quel naso... Quasi a farlo apposta, poco dopo la vide. quante arie si d. I loro sguardi s'incontrarono un momento; e la Semoli trasal. Certo doveva essersi ricordata di quel giorno, quando lei l'aveva vista uscire di pineta insieme con Marcello. oh, stai tranquilla che non l'ho detto a nessuno. Sono fatti tuoi. Me ne importa assai. Gliene importava, invece; la odiava. Ora la Semoli attraversava la strada. che vada da lui? No, entrava in quella stessa merceria dov'era stata lei. lui potr anche sposarla; ma per interesse. figlia unica, il padre ricco... Ma sono sicura che non ne innamorato. Sarebbe assurdo che un bel giovane come lui fosse innamorato di una brutta simile. Aveva voglia a farsi i vestiti a Livorno; a sfoggiare borsette e cappellini: il naso le rimaneva lungo, e quell'andatura da cavallo, non gliela poteva levare nessuno. I negozi, erano gi illuminati; anche i fanali si accesero. L'orologio sopra il caff, segnava le sei e trentacinque. Alle sette, sarebbe stato completamente buio. Anna cominciava a sentirsi stanca: era poco abituata a portare le scarpe coi tacchi alti, a Marina stava sempre con un paio di ciabatte. La domenica, si metteva magari le scarpe col mezzo tacco. Bice no, Bice si metteva le scarpe coi tacchi alti anche
per andare a comprare il latte. Si sarebbe seduta volentieri. E ne aveva per quasi un'ora da stare in piedi: perch l'autobus partiva solo alle sette e mezzo. che rabbia non avere un orologio. La zia gliel'aveva regalato quattro anni prima, ma lei lo aveva portato sul mare e c'era entrata la sabbia. Lo aveva fatto accomodare due volte, ma era tornato a guastarsi. inutile, doveva decidersi a comprarne un altro. Ecco, poteva intanto dare un'occhiata alla vetrina dell'orefice. Ci rimase cinque minuti; ma non riusciva a concentrarsi. Torn a guardare l'orologio sopra il caff: segnava le sette meno un quarto. allora? Che cosa faccio? Vado con l'autobus oppure... Non riusc a decidersi. Fu solo quando l'orologio segn le sette meno cinque, che prese a camminare a passo svelto. Una volta in piazza della stazione, pieg lungo lo steccato della ferrovia. Scrse la macchina ferma all'imbocco del sottopassaggio. bisogna che mi calmi; non voglio che si accorga che sono agitata. Lui l'aveva vista, era sceso di macchina; le veniva incontro. Non si dissero niente. Lui apr lo sportello, lei si chin e sal in macchina; si accomod sul sedile, si tir gi il vestito. Teneva il pacchetto sulle ginocchia, con tutt'e due le mani posate sopra. Marcello era salito al suo fianco. Chiuso bene lo sportello? domand. S, chiuso bene rispose Anna, ma lui non rest persuaso, si sporse, afferr la maniglia; apr, e torn a chiudere con un colpo secco. Ecco, ora chiuso bene. Mise in moto e part. In un baleno, furono all'altezza dello zuccherificio: Anna aveva guardato sempre davanti a s, nel tratto illuminato dai fari. E lui, era sembrato unicamente intento a guidare. A un tratto, fece una brusca frenata; poi accost piano la macchina alla siepe. Lei lo fiss interrogativamente. Per tutta risposta, lui guard l'orologio: Sono le sette e cinque. Possiamo stare insieme una mezz'ora, no? Lei aveva detto che mi riaccompagnava, mica che... Ma il suo autobus, prima delle otto meno un quarto non arriva a Marina. gi, pens Anna. Lei non poteva tornare a casa prima dell'arrivo dell'autobus. Possibile che non ci avesse pensato? che fosse divenuta cos sventata? Lo guard. Sembrava occupato a cercare qualcosa: Anna sent lo scatto del portasigarette, poi gli vide il profilo illuminato dalla fiamma dell'accendisigaro; e subito dopo un fumo bianco e denso uscire dalla bocca e dal naso. Incav di nuovo le guance per aspirare il fumo, e la punta della sigaretta si consum visibilmente. Anna stava rigida, pronta a respingere il suo assalto. Ma lui si occupava solo di fumare. Finalmente butt il mozzicone e si volt verso di lei. Allora? disse. Allora cosa? Non mi dici nulla? E che cosa... le dovrei dire? Dammi del tu, ti prego. Perch dovrei darle del tu? Hai gi dimenticato... quella sera? Io non l'ho dimenticata aggiunse dopo un momento. Ho cercato, ma non mi stato possibile... Bruscamente la abbracci; ci fu una breve lotta, e si ritrovarono con le guance accostate. No disse lei no, per favore, ti prego. Hai visto che mi hai dato del tu? sussurro lui.
Smettila, non pu esserci nulla tra noi. Ma perch. Lei non seppe come rispondere. Aveva un braccio immobilizzato; l'altra mano, se la sent prendere e accarezzare. Poi lui smise di accarezzarla, smise anche di tenerle la mano. Lei ora avrebbe potuto liberarsi, ma non lo fece. Il calore della guancia di lui, la snervava. Alla fine trov la forza di reagire. Si stacc senza che lui facesse nulla per trattenerla, e fissando il suo viso in ombra, in cui poteva appena distinguere il brillio delle pupille: Smettiamola, tanto inutile. Lo disse con tono risoluto, ma subito dopo la sua voce divent supplichevole: Lasciami, ti prego. Oh Marcello, perch vuoi farmi del male? Cara disse lui. Smetti. Smetti... Cosa vuoi da me? gli chiese disperata. Lui taceva e stava immobile. Te ne supplico: lasciami stare. Perch mi vuoi far del male? Perch non mi lasci in pace? Io ti amo, Anna. No; non vero; non vero grid quasi. Sapeva bene che lui non l'amava; che voleva solo divertirsi. E tuttavia non aveva la forza di respingerlo; poteva solo implorarlo di lasciarla stare. Perch non mi vuoi credere? Io ti voglio bene. Se mi volessi bene, mi lasceresti stare. Perch ti approfitti della mia debolezza? Oh, era terribile esser ridotta cos, a doverlo supplicare. Era terribile avere la volont paralizzata, essere incapace di reagire. Cara ripet lui. Sei tanto cara. E la baci. Lei si abbandon a quell'acuta sensazione di piacere: pur sapendo che non avrebbe dovuto farlo e che le sarebbe costato caro. Fu lui a staccarsi: Sta arrivando l'autobus. Rimise in moto, e fil via a grande velocit. Lei ebbe appena il tempo di ricomporsi, ed erano gi davanti al gruppo di case dove abitava Lina. Ferma gli disse. Marcello ferm, lei fece per scendere, ma lui la trattenne. Lei credette che volesse darle un ultimo bacio, invece fu per dirle: Vediamoci gioved. Ti aspetto alle tre al principio della seconda pineta... d'accordo? Lei non pot rispondere niente. CAPITOLO 11. Dove mi porti? domand Anna. Lui alz le mani dal volante come per dire: in un posto qualsiasi. Ma, giunto a un bivio, non ebbe esitazioni; e pieg a destra, per una stradetta sterrata che conduceva di nuovo sul mare. Finiti i campi, la strada si perse nel terreno sabbioso. Lui and a fermarsi in una depressione all'ombra del tombolo. Vedi? disse sorridendo. Qui siamo al riparo dagli sguardi indiscreti. Ma tu che hai che non parli? Mi sembri triste; come mai? Anna lo guard: Perch dovrei essere allegra? Perch siamo insieme. Che ore sono? Le tre e un quarto. Alle quattro, bisogna che sia a casa. Alle quattro? Si scur in volto: Io speravo di star con te
tutto il pomeriggio. Lei scosse la testa: Alle quattro, devo essere a casa ripet. Lui non disse nulla. Le prese la mano; gliela carezz. Poi si chin e la baci sul polso e sull'avambraccio. Ma non c'era la complicit del buio: quelle carezze, quei baci, la lasciavano indifferente. Quando volle baciarle la bocca, lo ferm con un gesto annoiato. Lui ci rest male: si aspettava di vederla cedere, come le altre volte. Che hai? le chiese. Niente; che devo avere? Lui ricominci con le carezze sulla mano, sul braccio. Lei restava fredda. Alla fine lui si stanc; si frug nervosamente in tasca, tir fuori il portasigarette. Ti do noia se fumo? No; perch dovresti darmi noia? Sai, a volte in macchina. .. Vogliamo scendere? Per andar dove? Non so... sulla spiaggia. Ma la sabbia sar umida... E poi tra poco bisogna tornare indietro. E va bene rispose lui brusco. Allora che si fa? disse dopo un momento. Si sta insieme; non dicevi che ti bastava stare insieme? Non sei per niente carina, oggi. E che posso farci? Lui la squadr: Hai accettato di venire per levarti il gusto di prendermi in giro disse cupo. Dovevo capirlo che sei una ragazza fredda. E di fece Anna divertita. Lui ne fu sorpreso: Perch hai detto cos? Perch me l'hanno rimproverato anche altri, di essere senza cuore. Vedi che vero? Magari fosse vero. Le era passata di colpo la voglia di scherzare: Purtroppo io ce l'ho, un cuore... magari non l'avessi. Non avrei sofferto come ho sofferto. Lui sembr scosso: Chi ti ha fatto soffrire? le chiese dolcemente. Le aveva preso di nuovo la mano, e la guardava con un sorriso di speranza negli occhi. Uno che non conosci rispose lei. Sent che Marcello le lasciava la mano, ma non ci fece caso. Guardava un insetto che svolazzava sul vetro, e pensava a Mario. Gli s'era data senza ombra di calcolo, solo perch lo amava. E doveva sentirsi dire che non aveva cuore... Quando vuoi andare disse lui freddamente io sono pronto. Che ore fai? Le quattro meno un quarto. Possiamo aspettare ancora un po'. Lui aveva acceso un'altra sigaretta. Gli disse: Quanto fumi. Fumo... quando sono nervoso. Perch sei nervoso? Perch sei venuta con me... per parlarmi di un altro. Sei tu che me l'hai chiesto. uno di Marina? le domand lui. Se fosse di Marina, lo conosceresti. un villeggiante, allora. Nemmeno. Allora uno che ti sei inventato in questo momento. Ma la voce di lei, calma, seria, gli tolse ogni speranza: No, vero.
Quando successo? chiese lui di l a poco. L'inverno scorso. E... ne sei sempre innamorata? Lei riflett qualche istante: Non facile rispondere. Oh, non che non te lo voglia dire; ma non lo so pi nemmeno io. E ora basta, non parliamone pi. Lo guard sorridendo, improvvisamente allegra: Non mi di nemmeno un bacio? Lui la guard, incerto; a un tratto le prese la faccia tra le mani e cominci a baciarla furiosamente. La baciava come capitava, sui capelli, sulla fronte, sugli occhi; anche sulla bocca, ma solo per un momento, e riprese a baciarla con furia dappertutto. Lei rideva, come se le facesse il solletico. Ma non era rimasta insensibile e quando lui torn a cercarle avido la bocca, lo lasci fare e restitu il bacio. Dopo, stettero con le guance accostate, tenendosi la mano. E Anna si sentiva calda e contenta. Io sono innamorato di te, Anna. Lei non disse nulla. Sul serio; prima magari no, mi piacevi e basta... Ma ora sento... che ti amo davvero. Non mi credi? Lei si scost per guardarlo: S, ti credo disse, e torn ad appoggiarsi a lui. Anna, qui stiamo male; perch non scendiamo? Io ci sto bene; e poi tardi, dobbiamo andare. Davvero devi tornare alle quattro? Ho detto le quattro tanto per dire... ma davvero, non posso far tardi. Sai che fino a gioved non ci possiamo rivedere? Mio padre mi d la libert solo il pomeriggio del gioved... Dopo un po' le chiese: Anna, tu non hai mai occasione di andare a Livorno? No, che ci andrei a fare? Perch non possiamo seguitare a incontrarci qui. Prima o poi qualcuno ci vedrebbe, e allora... E allora cosa? Ma non so, tua zia... e anche mio padre... Lei rise: le sembrava impossibile che quel giovanottone avesse paura del padre. Quanti anni hai? gli chiese. Venticinque... quasi ventisei. E tuo padre... ti picchia sempre? Rise, e gli schiacci il naso. Su, andiamo gli disse. Obbed sospirando. Quando ebbe ricondotto la macchina sulla strada, le pass un braccio intorno alla spalla. Guidando, la stringeva a s. Era bello anche stare cos. Ma il tempo passava in fretta. Il podere di Bertini rest indietro sulla loro destra, mentre sulla sinistra la pineta si avvicinava. Scese di macchina prima di arrivare al canale; gli diede un bacio rapido e and a riprendere la bicicletta. Bice, quando entr, la guard interrogativamente; lei non disse nulla, e si mise a lavorare. Dopo poco arriv Lina. Oh fece Bice, chi non muore si rivede. Potrei dir lo stesso io di te rispose Lina; anche tu, non ti sei fatta pi vedere. Oh, io sto sempre in casa. Come mai sei qui, oggi? Sei tornata prima? le domand Anna. No, non ci sono andata per niente. Stamani mi sono svegliata col mal di denti... cos, invece che in ufficio, sono andata dal dentista. Me l'ha dovuto levare, disse aprendo la bocca. Quando ci si comincia a levare i denti, brutto segno... Perch? Come, perch? Vuol dire che s'invecchia. Io gi il terzo che
mi levo. Aveva due capsule di metallo: quando rideva, si vedevano. Aveva anche qualche capello grigio; ed era sempre pi magra. Pure, lo sguardo era pi vivace e giovanile che mai. Forse perch aveva un amante? Bice continuava a lavorare. S'era raffreddata con Lina da quando erano cominciate a circolare quelle voci. Cos Lina era diventata pi amica di Anna: sebbene anche loro si vedessero di rado. Oh, sentite, faccio una brutta vita, ma credetemi, la preferisco. La sera sono stanca morta, ma almeno ho la soddisfazione di guadagnarmi da vivere... e mi c'entra anche aiutare i miei. E poi a me piace lavorare. Sentirsi indipendente una gran cosa, per una donna. Io sono della tua opinione disse Anna. Allora perch non ti decidi anche tu a cercarti un lavoro? Che specie di lavoro vuoi che sia capace di fare? Anche il lavoro di sarta. Be', quello lo sto gi facendo. Ma mica cos come lo fai adesso, tanto per dare una mano a tua zia... Un lavoro fisso, in un laboratorio. A Livorno ce ne sono parecchi. Anche qui a Cecina c' quella sarta, come si chiama? che ha almeno sei o sette lavoranti... Ah, ma quelle sono diplomate obbiett Anna. E te, chi t'impedisce di prendere il diploma? Vieni a Livorno, frequenti una scuola di taglio... e in capo a tre mesi ti prendi anche tu il tuo bravo diploma. Cosa vuoi che Anna si confonda col diploma intervenne Bice. Anna vedrai che tra poco prende marito. Be', se prende marito, tanto meglio... Guard Anna: Davvero hai in vista di sposarti? Ma s; una cosa che si messa in testa Bice. Perch Enrico seguita a scrivermi... Ah, Enrico fece Lina delusa. Per un momento aveva creduto che si trattasse di qualcun altro. Perch Anna una stupida disse Bice. Enrico, non le pare abbastanza per lei. Anna si arrabbi: Perch non pensi per te? Io, ai fatti miei, so guardarci da sola. Speriamolo disse la sorella. Appena Lina se ne fu andata, Anna chiese: Prima, che intendevi dire? Oh, niente, niente rispose la sorella. Alz gli occhi: Ti hanno visto a Cecina parlare con Marcello Mazzei... E che c' di strano? L'ho conosciuto quest'estate allo chalet. E poi, ci avr parlato un minuto... Ma non lo sai, quello l, quante ragazze ha preso in giro? Lo so, s; e con questo? Bice la guard; poi disse risentita: proprio vero che le fortune le ha chi non le merita. Enrico ha la costanza di starti dietro da anni, e tu, invece di esserne contenta.... Oh, falla finita con questa storia. La guard: Enrico, sempre Enrico: alle volte penso che tu ne sia innamorata. Bice divent verde: Tu Anna sei cattiva vedi. Cattiva e maligna. Pensi subito al male. E io, come una stupida, che mi preoccupo di te, che.... Non pot continuare; e cominci a piangere. Anna la guardava senza provare compassione. Le dava fastidio, anzi, con quei capelli morbidi, quelle mani grassocce con cui s'era coperta il viso, quelle spalle pienotte che sussultavano. Bice in pochi mesi era ingrassata parecchi chili; ma sfido, non
usciva mai. Finiscila le disse. Poich lei non accennava a smettere, se ne and in camera. Era buio, ormai: Anna apr la finestra e rimase a guardare l'oscurit della campagna punteggiata di luci. Diritto davanti a lei, c'era un chiarore diffuso. Cecina era l, dietro il terrapieno della ferrovia, e Anna con l'immaginazione poteva vedere le vie animate, le vetrine dei negozi illuminate, i giovanotti seduti ai caff... Bice, certo, non avrebbe mai attirato l'attenzione di un giovanotto come Marcello. Specialmente ora che era diventata grassa. d della stupida a me, ma lei cos', allora? Io per lo meno mi sono goduta qualcosa, e ripens alla corsa in automobile, con lui che le cingeva le spalle. Sentiva freddo, e chiuse i vetri. Seduta sul letto, prese a limarsi le unghie. Aveva le mani piccole e tozze, come la sorella; anche le caviglie, le aveva un po' grosse. ma lui innamorato, pens per consolarsi. S, lui era innamorato... s'era messo con lei per divertirsi, ma poi s'era anche innamorato. lo so che non ha intenzioni serie, lo so che uno scavezzacollo; ma quando dice di essere innamorato, sincero. Poi, s'intende, gli passer. Ma intanto mi ama... Bice non l'ha mai saputo, cosa vuol dire sentirsi amata. Nemmeno Mario l'ha amata; perch amava me... Era pazza, lo sapeva, a buttarsi a capofitto in quella nuova avventura. Ma non si sarebbe voluta cambiare con nessun'altra. E meno di tutte con la sorella. Quando la zia torn, Bice aveva sempre gli occhi rossi. La zia lo not e le chiese che aveva. Niente niente. Subito dopo aggiunse: Domandalo a quella l. La zia interrog con lo sguardo l'altra nipote. Ma s, l'ho fatta piangere, povera piccola proruppe Anna. Io sono tanto cattiva e ho fatto piangere la sorellina. Bice la guard con odio: Hai anche il coraggio di canzonarmi... dopo quello che mi hai fatto?. Io non ti ho fatto nulla. Bugiarda. Anna alz le spalle: Va bene, sono anche bugiarda; poi sono cattiva maligna... Sentiamo: che altro sono?. Sei... una svergognata; ecco cosa sei. Improvvisamente cominci a piangere e a gridare insieme. Gridava che Anna si stava compromettendo con Marcello Mazzei, e che era una vergogna, e che figura faceva fare alla loro famiglia... Alla fine scapp in camera, e quando Anna and a chiamarla perch era pronta cena rispose che non voleva mangiare. Fu la zia a rompere il silenzio: Eppure ci dev'essere una ragione se Bice fa cos. Prima, non bisticciavate mai. .. . Io non le ho fatto niente disse Anna. Ma quella l, dacch le andato a male il fidanzamento, diventata peggio di una matta... Eh sospir la zia. Anche lei, non mi ha voluto dare retta... Io ve l'avevo sempre detto, mettetevi con chi vi pare, ma con un soldato, no. Stette un momento in silenzio: Chi questo Marcello Mazzei? Il figliolo di quello che ha il magazzino di vernici rispose Anna. Ah fece la zia; e non domand altro. La settimana dopo Anna e Marcello tornarono nel solito posto. Anche oggi devi rientrar presto? domand lui. Per forza; sono uscita dicendo che andavo a prendere una boccata d'aria: mica posso star via tre ore. Ma tua zia fuori, che ne sa a che ora rientri?
Mia zia fuori, ma mia sorella in casa. Lui sorrise: Be', tra voi sorelle vi terrete mano, no? S, Bice mi tiene mano davvero! L'altra volta mi ha fatto una scenata... ha perfino detto che sono il disonore della famiglia e rise. Lui si agit: Ma perch? Cosa ne sa di noi?. Sapere, non sa niente... ma se lo immagina. Sai, corre gi la voce. Lui fumava in silenzio. Alla fine disse: Dovremmo fare come ho detto io: vederci a Livorno. Gi, ma io che scusa trovo per andare a Livorno? Una scusa potrei anche trovarla aggiunse piano, e come parlando tra s. Gioved allora ci vediamo a Livorno. Senti: tu prendi il treno delle tre; e alla stazione, ci sono io ad aspettarti con la macchina. Anzi, per essere sicuri che nessuno ci veda, non proprio davanti alla stazione: ti aspetto nella prima traversa del viale. E poi dove si va? Ormai comincia a far freddo... Oh, possiamo trovare anche un posto dove stare al caldo rispose lui sorridendo. In un caff, vuoi dire? Ma in un caff c' gente; e anche se gente che non ci conosce... Lui sorrideva sempre: Tu non ci pensare. Lascia fare a me . Soddisfatto, si lisci i baffi, poi guard l'orologio: Sono le quattro meno dieci; tu a che ora devi essere a casa?. Sembrava quasi impaziente di lasciarla. S, sar meglio andare. Ma tu che farai, dopo? Mi dispiace di averti sciupato la giornata. Andr al cinema. Guidando, fischiettava. Anna guardava la campagna soleggiata; vide avvicinarsi il podere di Bertini, chiuso fra gli alberi, poi il suo sguardo spazi lontano, verso i tetti rossi e le ciminiere brune. Diede una sbirciata a Marcello, alla sua espressione soddisfatta. tu vuoi giocarmi un tiro, ma lo giocher io a te. Pagherei per vedere la tua faccia quando il treno sar arrivato... e io non ci sar. Guard la pineta che andava ingrandendo, poi vide una donna in bicicletta, che andava anch'essa avvicinandosi. Presto la raggiunsero: senza pensarci Anna si gir a guardarla, la donna volse anch'essa gli occhi: era la moglie di Bertini. Accidenti fece Anna. Quella mi conosce. Oh, un bel guaio. Ora lo dir certo a zia. Forse non ti avr visto bene. Che dici, mi sono anche voltata a guardarla. Ma pensa che stupida... Chiss dov'ero con la testa. Per l'appunto la domenica la zia propose di andare da Bertini. Anna si affrett a dire di no. Bice, invece, acconsent; andarono via subito nel primo pomeriggio. Sola in casa, Anna non sapeva che fare. Non era pi come un tempo, che per non annoiarsi le bastava mettersi alla finestra: magari a quella di camera, da cui non si vedeva altro che campagna. allora era diverso. Allora avevo l'avvenire davanti... L'avvenire. Che parola grossa. E qual , poi, l'avvenire di una ragazza? L'amore; solo l'amore. Lei non era come la sorella, che parlava sempre di queste cose: pure, era l'amore che faceva capolino in fondo a tutti i suoi pensieri... bisognerebbe non conoscerlo mai, l'amore. Continuare a sperarci... ma che non venisse mai. Guardava la campagna che aveva avuto sempre sott'occhio fin da
quando era bambina: e in cui nulla era cambiato, nemmeno il pi piccolo particolare. Ma lei era cambiata: per questo la vista dei campi, dei gruppi di case, delle ciminiere, dei monti che chiudevano l'orizzonte, non le dava pi un brivido di felicit. No, la sua anima non avrebbe pi trasalito come le era accaduto tante volte in passato. Cos'erano quei soprassalti se non il presentimento della felicit futura, di quella pienezza di vita che sarebbe cominciata per lei quando avesse conosciuto l'amore? Ebbene, l'amore era venuto. ma non aveva riempito la sua vita: l'aveva anzi svuotata della dolcezza dell'attesa. Perci la vista di quei luoghi familiari non le diceva pi nulla. Sbadigli, e si ritrasse dalla finestra. Era meglio dedicarsi a qualche occupazione utile, darsi lo smalto alle unghie, provarsi il rossetto che aveva comprato la settimana avanti. Lei che in passato non si era mai occupata della propria persona, ora vi dedicava ogni cura. L'anima non era pi un bene per Anna: perci si occupava solo del suo corpo. La prese la paura che la moglie di Bertini avesse raccontato di averla vista in macchina. Ma la zia, quando torn, aveva la solita faccia. Cenarono presto; e Bice and subito a letto, lasciando a Anna la cura di rigovernare. La zia era rimasta seduta al suo posto, in atteggiamento pensieroso. Anna ebbe l'impressione che le volesse dir qualcosa. Pens bene di prevenirla: Sai, Lina mi ha detto che a Livorno ci sono delle scuole di taglio. Magari uno di questi giorni vado e m'informo. La zia ne fu sorpresa: E perch, scusa?. Come, perch? Se fosse una cosa possibile, che per esempio bastasse andarci due volte la settimana... Alla fine del corso, rilasciano un diploma; e con quello, domani potrei entrare in un laboratorio. La zia, in questi casi, diventava irragionevole: Ma cosa ti saltato in mente? E poi, vai a dar retta a quella stupida di Lina. Che ne sa lei di queste cose. Il diploma; io non non ho nessun diploma. Eppure faccio la sarta da vent'anni. Si sentiva offesa personalmente, che Anna avesse manifestato un proposito simile, di frequentare una scuola di taglio e di entrare in un laboratorio. Disse che la sarta non era un mestiere che si imparava a scuola. Aggiunse: Ti ho fatto mai mancare qualcosa? E allora perch vuoi cambiare?. Ma zia, che c'entra. Anche lei cominciava ad accalorarsi, come se ci tenesse davvero alla scuola di taglio. Tu sei una sarta militare, ma per far la sarta civile bisogna frequentare un corso. Disputarono un bel po', restando ognuna della propria opinione. Erano tutt'e due irritate, e a fatica si augurarono la buonanotte. ma allora gioved andr a Livorno? pens Anna. Non lo sapeva nemmeno lei quello che avrebbe fatto. ho tempo per decidere, pens alla fine, e pot addormentarsi. CAPITOLO 12. Anna lasci la bicicletta al posteggio e and a fare il biglietto. C'era la fila davanti allo sportello, e lei aspett pazientemente che venisse il suo turno. Poi attravers i binari sul tavolato e raggiunse il marciapiede. Una piccola folla era in attesa del treno; lei se ne stette da una parte a guardare una locomotiva che faceva manovra nell'intrico di binari verso la campagna. Il viaggio la assorb completamente. Era rimasta nel corridoio, bench fosse stanca di stare in piedi e negli scompartimenti ci
fosse posto; e guardava la campagna correre veloce, piatta e brulla, con la pineta in fondo. Poi la pineta dirad, e dietro la linea del tombolo fu possibile scorgere una striscia di mare, lucente sotto il sole. Il treno fermava a tutte le stazioni. Non potendone pi di stare in piedi, Anna entr nello scompartimento e si rannicchi in un angolo. Si guardava le mani che stringevano la borsetta; ma sentirsi addosso gli occhi degli altri viaggiatori, la urtava: bench fosse tutta gente che non la conosceva. Le dava fastidio anche sentir parlare. Erano i due uomini accanto al finestrino che parlavano: di treni, lamentando che ci fossero poche corse da Livorno. Io smonto alle sei, e l'accelerato parte alle sei e cinque... Quando in ritardo mi riesce prenderlo, ma il pi delle volte mi tocca aspettare quello delle sette e mezzo. Basterebbe che lo facessero partire dieci minuti dopo... Ma quello, vedi, l'hanno istituito per gli operai della Solvay. Mica si va tutti a lavorare alla Solvay. Siamo almeno cinquanta che si lavora a Livorno. S' fatto anche un esposto alla direzione delle ferrovie, s' mandata una lettera al giornale... Anna torn nel corridoio. Il paesaggio era mutato: ora il treno correva sopra una fila di villette, poi sul ciglio di un bosco, e a un tratto si affacci sul mare. In basso c'era un'insenatura, e le onde si rompevano contro una catena di scogli che affioravano appena. La vista fu interrotta di colpo da un muraglione scuro, e il treno entr in una galleria. Il buio e il frastuono stordivano Anna, che chiuse gli occhi e si tapp gli orecchi. Poi di nuovo sfilarono ville, forre, e squarci di mare col biancheggiare delle onde che si sfasciavano sugli scogli. Dopo Ardenza, il corridoio si riemp di viaggiatori impazienti di scendere. Ma il treno ferm al disco davanti a uno squallido casamento di quattro piani. C'erano file di panni tesi, una donna scarmigliata a una finestra; dei bambini che giocavano nello spiazzo antistante. Fu un sollievo scendere. Prese a camminare in fretta, sorpassando gli altri viaggiatori. Ma prima di uscire dalla stazione, esit un momento. Sul piazzale c'erano due tram, uno dietro l'altro, e una fila di carrozze. Anna attravers in diagonale, e scrse subito la stradetta dove Marcello l'aspettava. Era dentro la macchina; appena la vide, si affrett a scendere. Indossava un impermeabile bianco, e un berretto con la visiera. Anna non lo aveva mai visto vestito cos; le sembr un estraneo. Quasi non le veniva fatto di dargli del tu. Allora? Possiamo andare? disse Marcello. Ma dove andiamo? Oh, da qualche parte rispose lui, e rise, per nascondere l'imbarazzo. Non vorrai mica rimanere qui. Allora senti, portami in Via Grande: devo informarmi di una scuola di taglio. Lui non sollev obbiezioni. In silenzio fecero il viale; sbucando poi in una lunga piazza, di cui Anna aveva un vago ricordo. In tutto, non c'era stata pi di tre volte, a Livorno. In che punto di Via Grande? domand lui. Al numero ottantasette. Marcello andava a passo d'uomo, abbassandosi a leggere i numeri. ci siamo; scendi; io non posso fermarmi qui. Ti aspetto nella prima traversa. Anna scese, trov il portone: c'era scritto: Scuola di Taglio. Secondo Piano. Sal le scale sentendosi mancare il respiro... Era assurdo quello che stava facendo. Ma suon il campanello e alla donna che venne ad aprire disse con voce ferma che voleva informazioni sui corsi. La donna la fece passare in un salottino
e torn con un foglietto dov'erano stampate le istruzioni. Lei prese il foglietto: lo teneva in mano senza leggerlo. Il prossimo corso comincia il primo dicembre disse la donna. Ma le iscrizioni chiudono il 20. Se lei vuole frequentare, signorina, bisogna che si decida subito: perch siamo quasi al completo. Anna non diceva nulla: porgeva l'orecchio al rumore delle macchine da cucire che veniva dalla stanza accanto. Sent anche delle voci femminili, e una risata. Dunque? disse la donna. Non lo so... ora non ho i soldi. Non importa, li verser all'inizio del corso. Si metta seduta, le porto un modulo per la domanda. Trasognata, lei riemp il modulo, con l'aiuto della donna. L'indirizzo. Dove abita. A Marina... Cecina. Ah, senti. Ce ne sono altre di Cecina che hanno frequentato i nostri corsi. Disse due o tre nomi; ma Anna non le conosceva. Si ritrov per le scale, poi sul marciapiede. Per un momento non seppe da quale parte andare. Le venne da ridere, al pensiero dei pasticci che stava combinando. Il corso durava quattro mesi, doveva andarci tre volte la settimana... Era impossibile che lo potesse frequentare. Oh, ma che importava. E poi, era sempre in tempo a non farne di nulla. Era stupida a preoccuparsi del corso, quando aveva una preoccupazione ben pi immediata. Perch aveva capito benissimo quali erano le intenzioni di Marcello... e se me la svignassi? Potrei tornare alla stazione e prendere il treno... quando diceva quell'uomo che c' un treno? Pensava cos, ma continuava a camminare; raggiunse la macchina, apr lo sportello; si trov di nuovo seduta accanto a lui. Hai fatto? le chiese Marcello, premuroso. Mi sono iscritta al corso. Dovrai venir qui tutti i giorni? No, tre volte la settimana. In quali giorni? Non so, scritto in un foglietto. Guardaci un po', per favore. Anna apr la borsetta, tir fuori il foglio; leggeva, ma non capiva quello che c'era scritto. Fai vedere a me disse lui spazientito. Marted, gioved e sabato: benissimo. Cos il gioved hai la scusa per venire. Be', andiamo, ora. Dove? chiese Anna; ma non ebbe risposta. Ora percorrevano una strada che lei non ricordava di aver visto mai. Poi Marcello prese lungo un canale. Anna guardava quell'acqua scura con un senso di repulsione. Arrivarono a una piazzetta; e Marcello infil un vicolo. Doveva suonare in continuazione perch la gente si scansasse. Dove mi porti? domand ancora lei. Nemmeno questa volta ebbe risposta. Lo guard: le parve che sorridesse soddisfatto. E aveva ragione di essere soddisfatto: perch lei non aveva pi la volont di resistergli. Non che si sentisse attratta da lui: gli pareva anzi un estraneo, con quel berretto peloso calcato sulla fronte. Lo guardava incuriosita, come se lo vedesse per la prima volta. Scopr che aveva un neo sulla narice, e un intrico di venuzze a fior di pelle sullo zigomo. Lui si ferm; si volt verso di lei: Siamo arrivati; scendi. Lei obbed. Una volta scesa, si guard intorno: erano in una viuzza tortuosa. Da una finestra bassa una donna la guardava. Marcello aveva chiuso la macchina; la raggiunse. Disse: Qui a Livorno bisogna stare attenti, perch a rubarti
qualcosa non ci rimettono niente... Dove mi porti? gli chiese ancora. Vedrai. E la spinse verso un portoncino. Prima di varcarne la soglia, lei gli rivolse ancora la domanda, ma solo con gli occhi... La scala era stretta e sudicia, con le pareti chiazzate di umidit. Lui la cinse alla vita; lei gli abbandon la testa sulla spalla. Saliva uno scalino dietro l'altro, spinta e quasi portata da lui, e si sentiva una grande stanchezza addosso. Arrivata sul pianerottolo, si ferm. Su, che c' poco sussurr lui. Aveva scambiato la sua stanchezza per abbandono. Si appoggiava ancora a lui mentre cercava di aprire una porta; lo impacciava nei movimenti, tanto che lui si svincol: Accidenti disse, e girava spazientito la lunga chiave arrugginita dentro la serratura. Oh! meno male. La porta s'era spalancata: Marcello accese la luce, e Anna vide la finestra con gli scuri accostati, la toeletta, il cassettone, il lavabo, il letto con sopra una coperta a fiorami. Ecco: avrebbe potuto distendersi e riposare. Oh, no, non doveva farlo. Doveva restare in piedi, e respingerlo quando avesse tentato di... Lui aveva richiuso la porta. vieni le disse sottovoce. Lei non accett la mano che lui le tendeva e rimase ferma dov'era. vieni, non aver paura ripet lui. Le prese la mano e l'attir a s. La sua debole volont cerc di resistergli. Era assurdo quello che stava succedendo... Ma era troppo stanca; e quando, dopo una breve lotta, si ritrov sul letto, sent che le forze la abbandonavano del tutto. Chiuse gli occhi, e lasci che si compisse ci che la vita aveva stabilito. PARTE TERZA. CAPITOLO 1. Una striscia chiara attraversava di sbieco il soffitto e scendeva per la parete, accendendo un debole riflesso nello specchio della toeletta. Era ancora giorno, dunque: Marcello s'era sbrigato pi presto del solito. Anna non gliene voleva. Non gliene voleva nemmeno per quel sonno repentino in cui cadeva ogni volta: anzi, solo allora provava un po' di tenerezza per lui. Lei restava sveglia, la sua mente acquistava perfino una lucidit maggiore: pensieri, ricordi si susseguivano rapidi. Ecco, le tornava alla memoria la gita che aveva fatto al forte della finanza insieme con la sorella e la zia. Quanti anni aveva, allora? Undici; forse dodici. Ricordava la mole massiccia del forte, e le finestre invece piccole, quelle basse provviste d'inferriata. Ricordava una fila di panni tesi ad asciugare tra due finestre. Altri panni erano stati messi ad asciugare sui cespugli. Un cane le aveva spaventate, sbucando chiss di dove e mettendosi ad abbaiare furiosamente. Lei e Bice s'erano nascoste dietro la zia. Poi era comparso un ragazzotto, e la zia gli aveva detto di richiamare il cane. Ma quello non se n'era dato per inteso. Alla fine era venuto un finanziere, e il cane si era subito quietato. Il finanziere era un uomo grosso, con la faccia bonaria. Teneva uno stecchino fra i denti. Qui dovete starci come papi diceva la zia. L'uomo scuoteva il capo: era una sistemazione che aveva anche i suoi inconvenienti. L'inconveniente peggiore era l'umidit delle stanze, che gli aveva rovinato il mobilio. Quando andr via di qui, me lo dovr rifare nuovo. S, quel
ragazzo era figliolo suo; ne aveva altri due pi piccoli. Eh, ce ne voleva per tirar su una famiglia. Erano in tutto tre famiglie, l al forte. La spesa l'andavano a fare a turno, no, non a Cecina: al Braccio di Bibbona. . . Lei e Bice s'erano addentrate nel tombolo, in cerca di violette. Il ragazzotto aveva buttato loro addosso una manciata di rena. Poi s'era messo a pestare apposta le violette. Bice gli aveva intimato di smetterla; e lui: Mica sono vostre Ma nemmeno tue. Sono pi mie che vostre aveva ribattuto il ragazzotto; alla fine aveva smesso e s'era seduto su un monticello di sabbia. Lei lo guardava di sottecchi: aveva i calzoni corti e le gambe lunghe e magre, piene di graffi e di lividi. Come ti chiami? gli aveva chiesto Bice, e il ragazzotto per tutta risposta aveva fatto una boccaccia. Credi di essere spiritoso? gli aveva detto Bice. Lei continuava a sbirciarlo. Poi la zia le aveva chiamate: era tardi, bisognava rimettersi in cammino. Anna s'era voltata ancora a guardare il ragazzotto. E lungo la strada, aveva detto pi d'una volta alla sorella: Ma quel ragazzo, com'era dispettoso. Le tornava in mente di continuo, anche a distanza di settimane. E sempre ripensava a lui come al ragazzo pi dispettoso che avesse mai incontrato. Anche ora, dopo tanti anni, il ricordo si manteneva vivo. Forse stato lui il mio primo amore, pens Anna. S, era cos, non c'era altro modo di spiegare la persistenza del ricordo. chiss di cosa m'ero innamorata. Forse di quelle gambe lunghe coperte di lividure... Sorrise contenta. Subito dopo si ricord di un altro fatto, anche questo accaduto durante una passeggiata lungo la spiaggia. Era pi piccola, allora: aveva al massimo dieci anni. Lei e Bice erano rimaste indietro, forse si erano attardate a raccogliere le conchiglie. A un tratto avevano udito un fischio. Bimbe! Siamo qua. Due ragazzi erano in piedi tra i monticelli di sabbia: s'erano abbassati il costume. Guardate, bimbe! Lo volete un regalino? Loro s'erano messe a correre e avevano raggiunto la zia. Ma non le avevano detto nulla. Nemmeno avevano avuto il coraggio di riparlarne tra loro. Qualche tempo dopo avevano incontrato i due ragazzi in paese. Bice aveva proposto di seguirli, per sapere dove abitavano: cos avrebbero potuto denunciarli ai carabinieri. Ma secondo lei non c'era punizione sufficiente per una colpa come quella. Nemmeno la prigione? aveva chiesto Anna. No, meritavano la morte, cos aveva detto Bice: meritavano di morire e di andare all'inferno: certo Dio non poteva perdonare chi aveva commesso un simile peccato. Un pomeriggio giocavano a coltellaccio sulla spiaggia, lei, Bice e Enrico. Enrico era il pi bravo, toccava sempre a una di loro due far la penitenza. Era toccato a Bice, e Enrico le aveva detto: Per penitenza mi racconterai quante volte hai giocato a marito e moglie con un ragazzo. Io non lo conosco questo gioco aveva ribattuto Bice. Allora perch sei diventata rossa? Vuol dire che