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Un'infanzia triste
Quella di Cassola non può affatto essere definita come un'infanzia felice, probabilmente a
causa del suo essere l'ultimo di cinque fratelli, tutti molto più grandi di lui, e al sentire, di
conseguenza di essere come un figlio unico per i suoi genitori. A questa particolare
situazione si aggiunge inoltre la sua indole naturale che lo portava ad essere un ragazzo
isolato, con scarso spirito di iniziativa ma dotato di una fervida immaginazione che lo
avrebbe portato, negli anni dell'adolescenza, ad accostarsi a ciò che gli avrebbe dato
maggior successo nella sua vita: la letteratura.
L'educazione scolastica
Un po' come spesso avviene per tutti i poeti e letterati, anche l'educazione scolastica di
Carlo Cassola è piuttosto regolare, anche se da grande lui stesso la definirà un vero e
proprio fallimento, tanto da portarlo, nel 1969, a scrivere: "Scuola di criminalità, ecco cos'è
la scuola oggi, non solo da noi ma dappertutto. E la colpa risale alla cultura laica o
religiosa che sia. A questa grande spacciatrice di droghe; a questo autentico oppio del
popolo". Era appassionato di Giovanni Pascoli e così si appassionò si appassionò alla
letteratura
L'esordio in letteratura
Il suo avvicinamento alla letteratura, come scrittore, avviene all'incirca all'inizio
della seconda guerra mondiale quando, spinto da un fortissimo interesse, si accosta
alla corrente letteraria dell'ermetismo, di cui grande precursore, sappiamo, fu Salvatore
Quasimodo. Di questa particolare corrente, Carlo Cassola ama il gusto dell'essenzialità, il
culto della poesia come assoluto, e l'uso costante della prosa che egli, per quanto riguarda
il suo stile narrativo, come attenzione esclusiva all'esistenziale.
I primi racconti
I suoi primi racconti, scritti tra il 1937 e il 1940, vengono raccolti e pubblicati nel 1942 in
due volumetti: "Alla periferia" e "La vista".
La crisi
Dal 1949 in poi, Cassola comincia a vivere una profonda crisi, sia umana che letteraria,
che si riflette anche sulla sua produzione. Infatti, proprio in quell'anno, muore, a soli 31
anni, la moglie per un fatale attacco renale. Da quel momento in poi il saggista mette in
discussione la sua intera poetica esistenziale sulla quale, fino a quel momento, aveva
basato tutto il suo lavoro di scrittore. Da questo nuovo modo di vedere la vita e la
letteratura, nasce uno dei suoi testi più conosciuti, "Il taglio del bosco", che però incontra
non poche difficoltà per la produzione, che gli venne concessa, dopo i rifiuti di Mondadori
e Bompiani, da "I gettoni", una collana sperimentale diretta da Vittorini, che dà a Cassola
l'opportunità di rivedere la luce. Dal 1950 Cassola collabora a tempo pieno con importanti
case editrici e famosi giornali, tra cui “Il Corriere della Sera”, e coltiva la scrittura con la
realizzazione di numerose opere tra cui “Fausto ed Anna” un romanzo che narra dell’amore
tra due ragazzi costretti a separarsi dalla vita e dalla guerra. Sempre per quanto riguarda il
periodo della Resistenza, Cassola non condivide l'approccio della corrente del Neorealismo
e pensa che il linguaggio popolare e i dialetti siano da condannare in ambito letterario: egli
si considera realista, ama raccontare fatti “reali” ma in lingua letteraria. Già dalle sue
prime opere lo dimostra: egli cerca infatti di cogliere l’essenza della vita e della felicità,
trovando elementi e vicende che facciano capire il reale. Per l’autore il tema principale è la
vita, bisogna amarla, cogliere ogni attimo e non sprecarla. In un’intervista degli anni ’60
Cassola spiega in due importanti principi cosa sia per lui la letteratura: la contemplazione
dell’esistenza che è immutabile, perché i valori reali della vita non cambiano, e la
partecipazione alla vita ovvero la descrizione delle azioni in diversi contesti. L’autore inoltre
aggiunge quali siano per lui i temi principali di un romanzo: la vita, la semplicità, i
sentimenti e la felicità. Proprio tutti questi temi si possono trovare nel romanzo intitolato
“La ragazza di Bube” scritto nel 1960, che ebbe un notevole successo.
Con questo successo e il derivante benessere economico, Cassola si dedica anima e corpo
alla scrittura lasciando il suo lavoro da insegnante nel ’62.
A febbraio del 1971 Cassola viene colpito da un infarto, con il conseguente ricovero
all’ospedale Gemelli di Roma.
Nel novembre 1976 infatti pronuncia l’intervento Per il disarmo unilaterale dell’Italia
durante un congresso del partito radicale. Pochi mesi dopo intraprende una campagna con
la Lega per il disarmo, della quale è fondatore e presidente, a scopo di sensibilizzare sulla
difesa della vita e la non violenza la popolazione
Dopo aver scritto alcune importantissime opere e aver collaborato con le maggiori riviste
di critica letteraria, nel 1984 pubblica "Le persone contano più dei luoghi" e si ammala al
cuore. Muore a 69 anni il 29 gennaio 1987, colto da un improvviso collasso
cardiocircolatorio, mentre si trova a Montecarlo di Lucca.
Trama
TEMPO: La vicenda è ambientata nel quadro storico del Secondo Dopoguerra, con lo
sviluppo e la diffusione sempre maggiore delle lotte contro l'occupazione tedesca; le
indicazioni storiche ci sono date dagli eventi citati, non da date ben precise. La vicenda
dura complessivamente un arco di alcuni anni, circa due o tre fino al processo e in seguito
altri sette, solo citati nel finale in cui Bube si trova in prigione mentre Mara lo aspetta al di
fuori. Il tempo della storia è maggiore di quello della narrazione, in quanto la vicenda
ricopre complessivamente una decina di anni, di cui il racconto della gran parte è omesso
e solo accennato.
Narratore Il narratore è esterno e onnisciente. Trasmette anche gli stati d'animo dei
personaggi. I fatti sono narrati in terza persona. In molti capitoli il narratore tende a
scomparire lasciando spazio al discorso diretto
Lessico: Le frasi sono brevi, coordinate e con una frequente punteggiatura. Il lessico è
semplice, rivolto a tutti. Non usa termini tecnici e non fa riferimenti astratti. Cassola è
maestro di dialoghi. La prosa asciutta, ricca di interventi diretti e priva di estetismi,
arricchimenti e descrizioni pompose, rendono i dialoghi una profonda sintesi di emozioni,
descritti con sobrietà espressiva Sono presenti diverse similitudini per descrivere i
personaggi e dei flash-black per ricordare emozioni ed eventi passati. Ci sono numerosi
salti temporali, come alla fine dove c'è un buco di sette anni. Inoltre con il cambiamento di
Mara anche il linguaggio muta l'uso dei vezzeggiativi, delle esclamazioni, la ricerca di
frivolezze che caratterizzano la prima personalità di Mara (Bubino, esclamativo con il quale
spesso si rivolge al partigiano, ridimensionando l'immagine-guerriera, simbolo di
vendicatore), in un secondo momento spariscono a favore di un linguaggio tonico, deciso,
spoglio e granitico. Rappresenta la trasformazione psicologica della protagonista: « Io
sono la ragazza di Bube» .
Personaggi
Mara
Come testimonia anche il titolo, la protagonista del romanzo è Mara, la ragazza di Bube.
Nalle parte centrale del romanzo infatti, Bube diventa un fantasma, il grande assente E'
Mara che giostra gli eventi. Una giovane dinamica, umano che simboleggia e riassume la
vita con le sue piccole gioie, la capricciosità, le emozioni e sofferenze. Mara è un
personaggio non statico, in lei diversamente che in Bube si opera un processo di sviluppo
dei sentimenti, una maturazione del carattere. All’inizio infatti, Mara viene presentata
come una ragazza semplice, vivace, bella, figlia di una piccola realtà contadina povera,
fiduciosa nei risvolti economici che le avrebbe fornito un buon matrimonio, attaccata
quindi ai beni materiali come simboli di vanto con le cugine, e le altre ragazze del paese. I
suoi atteggiamenti sono quelli tipici di un’adolescente, concentrata sul proprio aspetto
fisico: Andava in continuazione da Liliana, che aveva uno specchio grande, dove ci si
poteva vedere per intero. Prova ad impressionare la cugina Liliana dopo il suo primo
incontro con Bube, raccontandole un misto di verità e bugia sulle presunte avances di
Bube: «Signorina, da quando ho visto la sua foto, non ho fatto altro che pensare a lei».
Quando Bube le chiede di seguirla per conoscere la sua famiglia, in un primo momento
Mara, non intende andare, ma poi compie la scelta al solo scopo di rincorrere un capriccio
e appagare il desiderio di avere un paio di scarpe con i tacchi alti. Mara incarna l'aspetto
esistenziale del romanzo, lo stesso che farà muovere svariate critiche nei confronti di
Cassola. La ragazza è completamente estranea alla politica ma è proprio questa privazione
di connotazione politica che fanno di Mara un personaggio selvaggio e puro. Il suo
candore grezzo in un'epoca segnata dal frastuono della guerra, viene risaltato
maggiormente proprio per queste sue qualità. Il carattere di Mara però, evolve
rapidamente dopo la fuga di Bube: non pensa più a tutte le cose frivole a cui era
affezionata prima di. il dolore e l’amore per Bube servono come “rito di iniziazione” di Mara
nella vita. Quello di Mara è un esercizio di amore fatto di gesti semplici e poche cose, le
prime per entrambi. La ragazza cerca gli abbracci e i baci di Bube. Ricerca tenerezza e lo
trascina alla sua stessa emozionalità quasi infantile, che a tratti commuove. Si sente di
appartenere a un ideale, un'idea fervente di amore, che si promuove lentamente a
diventare un atto di fede. Lotta come Bube, a costo della disperazione e della solitudine.
Rifiuta la comodità, l'idea di una certezza per il raggiungimento di una gioia più alta: quella
che lei desidera.
Bube
La madre di Mara non è molto presente, non è affettuosa col la figlia, non la braccia e
non le da baci. Non sopporta che il padre fosse un partigiano e lo accusa della morte di
Sante, che aveva seguito le orme del padre arruolandosi. Per lo stesso motivo non vuole
che la figlia frequenti Bube, all’inizio cerca di opporsi ma poi diventa quasi indifferente a
tutto. Inoltre è tenuta all’oscuro della faccenda di Bube
Liliana è la cugina di Mara, tra loro c’è molta rivalità, è una ragazza molto superficiale,
che pensa solo ai vestiti di marca e all’aspetto fisico, durante la narrazione perde sempre
più importanza perché Mara diventa più matura e da meno importanza a lei e quei litigi
frivoli
Temi
(Il neorealismo è una corrente letteraria italiana tipica del secondo dopoguerra,
caratterizzata da una "critica del costume e da istanze di rinnovamento sociale maturate
durante la Resistenza". Il neorealismo sorse quindi come conseguenza della crisi tra
il 1940 e il 1945 che, con la seconda guerra mondiale e la lotta antifascista, il dopoguerra,
sconvolse fino alle radici e cambiò il volto all'intera società italiana. Il neorealismo si nutrì,
quindi, di un modo di guardare il mondo, di una morale e di un'ideologia nuove che erano
proprie dell'antifascismo.
In particolare i temi principali di questa nuova letteratura sono:
In questo romanzo Cassola affronta uno dei momenti più sofferti e scottanti della storia
d’Italia, la guerra civile e il dopoguerra, filtrandolo però attraverso la storia d'amore tra
due giovani, Mara e Arturo, detto Bube. All'interno del clima neorealista, predilige trame
quotidiane ed ordinarie da cui far emergere - in accordo con la poetica del
subliminale professata dall'autore - ciò che costituisce il nucleo puro ed originario
dell'esistenza umana, al di là di ogni componente storica, ideologica o morale. (Il sublimine
è l'oggetto spogliato di ogni suo attributo ideologico, etico, psicologico. Coincide cioè col
nudo fatto dell'esistere; o meglio, con l'esistenza e col suo attributo reale che essa
comporti, la coesistenza dei sessi).
Carlo Cassola pur vivendo nel periodo del neorealismo non ne accettava completamente
la poetica perché riteneva che l'utilizzo del linguaggio popolare e pertanto del dialetto
fosse da condannare in ambito letterario. Lo scrittore si considera un realista ma rifiuta il
metodo del Naturalismo e rifiuta la ricerca degli "spaccati sociali" tipici del Neorealismo.
A questo proposito egli disse: «Mi ritengo uno scrittore realista nel senso che amo la realtà
e non desidero evaderne. Nel senso che amo il mio tempo. Nel senso che non ho una mia
mitologia o se la ho, è una mitologia legata al mondo moderno. Insomma, se io penso a
un bosco, mi piace immaginarlo abitato dai boscaioli e non dalle ninfe e dai fauni. Se
penso a una passeggiata in pineta con una ragazza, mi piace immaginare che la ragazza si
chiami Anna e non Ermione. Se poi mi ci si vuole proprio appiccicare un'etichetta, allora mi
si appiccichi quella di sublimale. Qualsiasi altra, la rifiuto»
Il valore della fedeltà: «I miei sentimenti non c’entrano nella decisione che ho
preso: io… sono la ragazza di Bube» (tema che emerge dal titolo stesso)La fedeltà
è il sentimento che permea il romanzo di Cassola: quella che ha Mara nei confronti
di Bube, quella del padre verso il comunismo, quello di Bube verso il partito e i suoi
compagni. E anche verso la sua stessa Mara. Devota all'idea di essere la sua donna,
a rispettare l'impegno , nonostante Bube le avesse detto di ritenersi libera, data la
sua imminente fuga e la separazione che li avrebbe coinvolti. La devozione di Mara
a quel sentimento diviene impegno di fedeltà.
Amore: «Ascoltami: quando saremo sposati , non saremo più due , ma una persona
sola. Saremo felici insieme. Per esempio, se ti farà male un dente, anch'io sentirò
male a un dente...oh, Bubino, ma tu ti annoi coi miei discorsi. E hai ragione, sai...
Dice tante sciocchezze la tua Mara... Ma non gliene devi volere. Perché sono
sciocca, è vero, ma in compenso ti voglio tanto bene... mi sembra di non poterlo
contenere il bene che ti voglio.» Quei brevi incontri tra i due amanti segnano il
destino dei personaggi dichiarando il legame che li unirà fino alla fine nonostante le
circostanze avverse. L'amore, dunque come epifania esistenziale. Come legame
profondissimo. Come espressione semplice proferite dai semplici. l'amore, che è
contrapposto al tema della situazione storico-politica, in quanto è l'unica cosa in
grado di combatterlo e vincerlo. Infatti Bube dopo aver conosciuto Mara inizierà a
comprendere quali sono i veri valori e a vedere con un'altra ottica tutto ciò per cui
avrebbe dato la vita fino a quel momento. Mara stessa cambia in seguito all'azione
dell'amore, matura considerevolmente e decide di limitare la sua libertà e seguire
Bube per sempre. Amore e politica si intrecciano. Amore unica forza a darci
conforto nei momenti difficili. “”Questo era l’amore: qualcosa che riscaldava il cuore
e distruggeva le membra.”
Guerra e dopoguerra, situazione storico-politica che influisce nei personaggi stessi.
Questa situazione difficile incide molto sui personaggi, modificandone le idee, i
modi di agire e istigando alla violenza, fatto di cui è un esempio lampante Bube
stesso. Infatti i continui scontri di quegli anni avevano inciso su tutti gli aspetti della
vita delle popolazioni, soprattutto i giovani, che si erano ritrovati a combattere da
ragazzini per delle idee magari estranee e dalle quali erano stati assorbiti a causa
dell'ambiente in cui vivevano.
una «sorta di Resurrezione»: conduce i protagonisti, da principio tutti istinto e
brutalità, verso una presa di coscienza morale. Il dolore, la snervante lontananza, il
senso di ingiustizia per una vita che non dovrebbe andare in quel modo
rappresentano le stazioni del percorso. Romanzo di formazione
La coesistenza della dimensione esistenziale ne La ragazza di Bube accanto a quella
resistenziale è stato un tema frequente nella critica al romanzo. Tutti gli studiosi
osservarono, infatti, come l’elemento La ragazza di Bube di Carlo Cassola tra
Resistenza ed esistenza esistenziale contrassegnò e arricchì il romanzo accanto al
tema politico e storico della Resistenza.
CRITICA
Cassola è un romanzo che ha avuto tanto successo ma ha ricevuto anche molte critiche
soprattutto dagli intellettuali marxisti che vedono nel romanzo un affresco del fallimento
dei valori comunisti. In realtà nel romanzo non c'è un vero e proprio scopo politico quello
che vuole fare Cassola è semplicemente descrivere una storia sì tragica in
un'ambientazione del dopoguerra. Anche un politico come Togliatti(guida del partito
comunista), esprimersi negativamente che lo definì lo scrittore come “un diffamatore della
Resistenza". Calvino pure.
Il 28 giugno alla presentazione dei finalisti del premio Strega nel 1960, con un attacco di
violenza letteraria inaudito, lo scrittore, Pier Paolo Pasolini, interviene parlando de "La
morte del realismo". Prende la parola estrae un fascicolo di versi dalla tasca e, quasi fosse
un'ode shakesperiana, come lui stesso la definisce, dice: L’eletto Cassola vivacemente
attesta ch’esso era ambizioso: se così fosse sarebbe, questo, un gran demerito, ed equa
quindi, la sua fine. S’egli lo concede – e Cassola è un rispettabile scrittore - tutti i neo-
puristi son rispettabili scrittori - son venuto qui io a parlare della morte del realismo
italiano. L'ode va avanti rancorosa nei confronti dello scrittore romano, ma Pasolini non
sarà l'unico a schierarsi contro lo scrittore. Pasolini criticò Cassola per due motivi
fondamentali: in primo luogo per la sua speranza che il premio Strega del 1960, vinto da
“La ragazza di Bube”, andasse invece a “Il cavaliere Inesistente” di Italo Calvino, che egli
aveva profondamente apprezzato. Riteneva infatti che l’opera di Cassola si allontanasse
dal realismo italiano per avvicinarsi ad uno stile più lirico da lui non condiviso. Ed in
secondo luogo perché riteneva che nel suo romanzo, Cassola avesse attaccato la
Resistenza italiana affermando che l’assassinio di molti fascisti, come quello da parte del
coprotagonista del suo libro, Bube, fosse spietato e contro gli ideali dell’umanità.
In realtà come ci spiega Cassola stesso, c’è stato un profondo fraintendimento da parte
degli intellettuali italiani riguardo la sua poetica. Egli infatti celebra nei suoi romanzi i
sentimenti, la semplicità, ma soprattutto la vita, e ritiene che i valori di quest’ultima siano
essenziali e da proteggere in un momento storico nel quale si uccideva per motivi
ideologici.
“Non si tratta di essere dalla parte del comunismo o del fascismo, si tratta di essere dalla
parte della vita”. Ciò significa che indipendentemente dal partito che appoggiava, egli era
contro la violenza, quindi a favore della vita. Inoltre Cassola aggiunge che la letteratura è
contemplazione dell’esistenza: l’esistenza umana è immutabile, cioè i valori della vita non
cambiano, infatti in tutti i suoi romanzi i valori celebrati sono la vita, la semplicità e i
sentimenti. Allo stesso tempo però, la letteratura è anche partecipazione alla vita: essa
descrive diverse situazioni in vari contesti, quindi i valori veri sono immutabili, ma devono
essere adattati al contesto e al modo di vivere. Questo il più bel insegnamento che ci ha
lasciato l’autore.
La vicenda narrata da Carlo Cassola nasce da un fatto di cronaca vera. Nada Giorgi era la
Mara Castellucci del romanzo, ma contro la storia così come l'aveva raccontata lo scrittore
Carlo Cassola, lei non smise mai di lottare. Non accettava che il suo Bube, nel romanzo
Arturo Cappellini, nella realtà Renato Ciandri, fosse descritto come il colpevole del duplice
omicidio maturato nell'ambiente partigiano nel 1945 a Santa Brigida (nei pressi di
Pontassieve) quando venne ucciso, in seguito a una lite, un maresciallo dei carabinieri e
suo figlio.
"Gli elementi essenziali della storia sono veri. Il viaggio in corriera di Bube e Mara lo feci
anch’io in compagnia di Bube e della sua ragazza, cioè delle persone vere da cui ho tratto i
personaggi del romanzo. Il vero Bube lo conoscevo appena. La ragazza l’ho conosciuta su
quella corriera. Avvenne nel ’45 e quindi nei suoi lineamenti essenziali la storia è vera.
Vero il fatto del maresciallo, vere le botte al prete. Mi colpì l’incoscienza di Bube e della
fidanzata. La confessione che Bube nel romanzo fa a Memmo, in realtà la fece a me”.
Cassola non presenta al lettore un romanzo di cronaca. La storia personale del giovane
“Ciandri-Bube” innesta tutto l’intreccio del rapporto tra Bube e Mara che, pur esistendo
veramente, fu un personaggio “inventato” nel senso che non ricorse a nessuna
connotazione fisica o morale della vera ragazza.
“Della ragazza avevo un ricordo molto vago, a ogni modo ero consapevole di star
commettendo dei falsi: fisicamente non era in quel modo, e non era in quel modo
nemmeno moralmente. Ma a me serviva un personaggio che all’inizio fosse
completamente inconsapevole e completamente in balia della vanità e della civetteria: una
sorta di bestiolina amorale. Per mostrare appunto come l’esperienza dell’amore e
soprattutto del dolore la maturi, facendone quasi un’altra persona”.
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