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Verga e il Verismo

In Italia le tesi francesi arrivano alla fine degli anni ’60 dell’800.
Francesco de Sanctis studiò il metodo di Zola in due saggi ed evidenziò la
necessità di trascrivere la realtà in modo oggettivo.
Villari afferma che il metodo positivista deve essere applicato a tutti i campi del
sapere.
Durante quest’epoca vi erano ancora forti squilibri tra Nord e Sud, la
cosiddetta “questione meridionale”.
Gli esponenti del Verismo sono tre, tutti siciliani: Luigi Capuana, Giovanni Verga
e Federico De Roberto. Capuana può essere considerato come l’iniziatore, è lui
ad enunciare i caratteri del Verismo: amore per il vero, analisi dei rapporti tra
individuo e l’ambiente, l’importanza data ai fattori ereditari e al contesto
sociale, l’obiettività ed infine l’impersonalità.
Nel Verismo non troviamo la scientificità di Zola, inoltre l’opera deve essere
originale sul piano espressivo: qui entra in scena l’impersonalità.
I Veristi preferiscono descrivere la vita umile della gente di campagna, non
toccata dalla modernità. Si concentrano su storie di contadini, pastori e
pescatori del Sud.
Inoltre, i Veristi non assumono nessun impegno politico; infatti la realtà è colta
nella sua astorica immobilità. Elaborano determinate tecniche espressive:
italiano accessibile a tutti, utilizzo del parlato popolare come proverbi e modi
di dire.
Caratteristiche Verismo:
 Origine filosofia positivista
 Rifiuta il romanticismo, basato sul sentimento
 Utilizza la tecnica narrativa dell’impersonalità
 Basa la sua poetica sulla ricerca del vero
 L’ambiente prediletto è il mondo rurale del Sud Italia
 Ha un’ideologia conservatrice
 Ha un atteggiamento pessimista-fatalista
 Il pubblico mostra indifferenza
Temi Verghiani
Giovanni Verga nasce a Catania nel 1840 e fu il maggior esponente del verismo.
La sua opera più famosa è senza dubbio il romanzo "I malavoglia" primo
capitolo del ciclo dei vinti pensato in 5 volumi.
Per Verga lo scrittore, come lo scienziato, deve puntare a una conoscenza il più
possibile oggettiva; Verga, infatti rinuncia a esprimere giudizi, avvalendosi della
regressione, sostituisce il suo punto di vista di scrittore con quello dei
personaggi, così fa emergere a poco a poco la storia e l'ambiente.
Parla un soggetto anonimo e corale, mentre il narratore si manifesta attraverso
lo straniamento: la voce narrante presenta dei modi di fare o pensare come
normali, quando, invece, non lo sono.
Per descrivere il mondo umile, Verga, inserisce modi e costrutti del parlato.
L'ambientazione è una Sicilia mitica e arcaica che rispetta le tradizioni ed è
colma di valori.
I personaggi di Verga sono deboli ma non per questo diventano oggetto di
pietismo: infatti l'autore non dà la possibilità di riscatto.

Un Manifesto del Verismo verghiano


In questa introduzione sotto forma di lettera, Verga espone all’amico Salvatore
Farina i fondamenti della propria poetica e le opzioni stilistiche che segnano la
sua adesione al Verismo. Si tratta, in realtà, di spiegazioni offerte al proprio
pubblico di lettori, disorientanti dal cambiamento di registro dell’autore, ora
consacratosi al “vero” dopo una corposa produzione letterale all’insegna della
ridondanza e della finzione romantica e rinascimentale.
Secondo il nuovo Verga verista, la narrativa dovrà basarsi sulla
rappresentazione di fatti realmente accaduti, ricostruirli con scrupolo
scientifico e riportarli sulla pagina usando il linguaggio popolare. L’autore
rinuncerà a ogni invenzione e abbellimento stilistico per perseguire
unicamente uno scopo documentario: a tal fine egli si ecclisserà, in modo da
eliminare ogni intrusione interpretativa nella vicenda e far sì che l’arte parli da
sola, senza filtri e mediazioni.
Una tale poetica comporta la rinuncia agli ingredienti essenziali del
“romanzesco” per concentrarsi solo sul fatto nudo e schietto, anche a costo di
sacrificare l’effetto della catastrofe, vale a dire la conclusione a effetto delle
vicende, il cui epilogo starà invece al lettore intuire.

Tecniche narrative
Nei Malavoglia Verga utilizza il principio dell'impersonalità e la pura
registrazione dei fatti, affidando la narrazione a una voce popolare all'interno
del villaggio.
Per esprimere il suo punto di vista, Verga ricorre allo straniamento
immedesimandosi nell'ottica degli abitanti.
Accade quando lo stile di vita e di pensiero dei personaggi viene vista
negativamente dalla collettività.
Un altro strumento molto utilizzato per garantire l'impersonalità del narratore
è (insieme ai dialoghi) il discorso indiretto libero, la principale novità verghiana.
Come, ad esempio, all'inizio del 2° capitolo il sensale Piedipapera si rivolge a
Padron' Ntoni con un discorso diretto, ma subito dopo troveremo il discorso
indiretto libero.
Un'altra tecnica utilizzata è quella della concatenazione, ossia la ripresa di
parole o di intere locuzioni da una sequenza a un'altra o da un capitolo a un
altro.
Tutto ciò genera una sorta di eco tra i due capitoli: ciò determina in tutto il
romanzo un'impressione di circolarità: il lettore non si rende conto dei salti
temporali della narrazione.

LA LINGUA (Malavoglia)
Nel romanzo troveremo una sintassi mimetica del discorso popolare.
Inizialmente ciò desta nel pubblico varie perplessità.
Quello che ora turba i lettori è l'anticonformismo delle scelte grammaticali e
sintattiche, ma anche il dialetto siciliano.
Tuttavia, alcuni suoi amici esortano Verga a riscrivere il romanzo in siciliano
puro.
La dialettalità dell'opera risulta di tipo più fraseologico che lessicale.
A conferire una sfumatura siciliana al testo sono le strutture sintattiche; come
le metafore, le similitudini, i modi di dire e i proverbi.

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