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PERSONAGGI
TESEO
IPPOLITA
EGEO
ERMIA
ELENA
DEMETRIO
LISANDRO
SNUG (Placido)
OBERONE
TITANIA
COBWEB (Ragnatela)
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SOGNO D’UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE
SCENA PRIMA
TESEO: Ora, bella Ippolita, il giorno del nostro matrimonio è quasi giunto. Tra quattro giorni
spunterà la luna nuova. Ma come sembra lenta a cambiare la vecchia luna!
IPPOLITA: Quattro giorni diventeranno presto quattro notti in cui sogneremo quel momento.
Poi finalmente, la luna nuova, come un arco d’argento nel cielo, sarà spettatrice
delle nostre cerimonie.
Entra EGEO.
EGEO: Sono qui, colmo d’ira, per lamentarmi di mia figlia, Ermia. Vieni avanti, Demetrio. –
Mio nobile signore, quest’uomo ha il mio consenso per sposarla. Vieni avanti,
Lisandro. – E quest’uomo, mio magnanimo duca, ha gettato un incantesimo sul
cuore della mia bambina. Sì, tu, Lisandro, hai dedicato poesie e scambiato pegni
d’amore con mia figlia. Tu hai finto d’essere innamorato di lei, cantandole canzoni
di finto amore al chiaro di luna della sua finestra, hai rubato il suo cuore
tramutando la sua obbedienza (a me dovuta) in ostinata durezza. – Mio
magnanimo duca, se lei non acconsente a sposare Demetrio, io invoco l’antico
privilegio ateniese. Poiché lei è mia, io posso farne ciò che voglio – in base alla
nostra legge: o sposerà Demetrio o andrà in contro alla morte.
TESEO: Che dici, Ermia? Pensaci bene, bella fanciulla. Dovresti pensare a tuo padre come
un dio, poiché è l’unico che ti ha donato la tua bellezza. Demetrio è un degno
gentiluomo.
TESEO: Per se stesso, certo. Ma siccome tuo padre non vuole che lui ti sposi, Demetrio
deve essere considerato il più degno dei due.
ERMIA: Vorrei che mio padre potesse vederli con i miei occhi.
ERMIA: Vostra Grazia, perdonatemi per essere così sfacciata ma, per favore, ditemi qual è
la cosa peggiore che mi attende se rifiuto di sposare Demetrio?
TESEO: O sarai giustiziata o non vedrai mai più un altro uomo. Pertanto, gentile Ermia,
esamina i tuoi desideri. Devi decidere se accettare la scelta di tuo padre o vivere la
tua vita come una suora, rinchiusa in un convento per sempre.
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Prenditi del tempo per considerare la tua scelta, ma alla luna nuova, quando
Ippolita ed io saremo sposati, sii preparata a morire per aver disobbedito a tuo
padre, a sposare Demetrio o a passare il resto della tua vita come una suora.
DEMETRIO: Per favore, arrenditi, dolce Ermia. – E Lisandro, smettila con le tue folli pretese. Ho
più diritto io su di lei rispetto a te.
LISANDRO: Tu hai l’amore del padre, Demetrio. Quindi sposa lui e lascia a me Ermia.
EGEO: Ѐ vero, sprezzante Lisandro, egli ha il mio appoggio. Ed è per questo che darò
Ermia in sposa a lui.
LISANDRO: (a Teseo) Mio signore, io sono nobile e ricco quanto lui. Ma il mio amore per Ermia
supera il suo, e la bellissima Ermia mi ama – ed è più importante d’ogni altro
vanto. Perché non dovrei avere la possibilità di sposarla? Demetrio – e lo dirò in
sua presenza – corteggiava la figlia di Nedar, Elena, e conquistò la sua anima. Ora
quella dolce ragazza ama questo infedele uomo. Ella lo adora.
TESEO: Devo confessare che ho sentito la stessa cosa e avevo intenzione di parlarne con
Demetrio. Egeo e Demetrio, venite con me. Voglio parlare con entrambi in privato.
In quanto a te, bella Ermia, cerca di adeguare i tuoi capricci alla volontà di tuo
padre, oppure la legge ateniese ti consegnerà alla morte o a una vita solitaria.
Vieni, mia Ippolita.
LISANDRO: Cosa succede, amor mio? Perché il tuo viso è così pallido? Perché il rossore
svanisce così in fretta?
ERMIA: Per la mancanza di pioggia che potrei facilmente dar loro con tutte le lacrime dei
miei occhi.
LISANDRO: Ascoltami, gentile Ermia. Ho una zia che è una ricca vedova e vive fuori Atene.
Non ha bambini e tiene a me come a un figlio. Lì potremmo sposarci, lì dove la
severa legge ateniese non potrà toccarci. Se mi ami, fuggi via dalla casa di tuo
padre domani notte e ci vedremo nel bosco, dove una volta t’incontrai con Elena.
Lì ti aspetterò.
ERMIA: Mio buon Lisandro! Giuro sull’arco più robusto di Cupido e sulla sua migliore
freccia dalla punta d’oro, su tutti i giuramenti che gli uomini sempre infrangono (e
gli uomini ne hanno infranti più di quanto le donne non abbiano mai fatto) – io giuro
che domani notte sarò lì a incontrarti.
Entra Elena.
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ERMIA: Buona fortuna, bella Elena! Dove vai?
ELENA: Mi hai chiamato “bella”? Ritira tutto. Demetrio pensa che tu sia bella. I tuoi occhi
sono come stelle e la tua voce è più musicale del canto d’allodola in primavera. Se
il mondo fosse mio, rinuncerei a tutto, tutto tranne Demetrio, pur di essere te. Oh,
insegnami il tuo modo di guardare e quali inganni hai usato per far innamorare di
te Demetrio.
ELENA: Oh, se solo il tuo cipiglio insegnasse al mio sorriso tale abilità!
ELENA: Ѐ vero, è colpa della tua bellezza. Vorrei avere io questa colpa!
ERMIA: Consolati. Egli non vedrà mai più il mio viso. Lisandro ed io lasceremo questo
posto.
LISANDRO: Domani notte, quando la luna risplenderà sull’acqua, (quel momento che concilia
la fuga degli innamorati) fuggiremo dalle porte d’Atene.
ERMIA: E nel bosco, dove noi spesso giacevamo su letti di primule, raccontandoci l’un
l’altra i nostri dolci segreti – lì sarà dove io e Lisandro c’incontreremo e volteremo
le spalle ad Atene. Addio, dolce compagna di giochi. Prega per noi ed io spero che
tu possa vincere il tuo Demetrio! Mantieni la tua promessa, Lisandro.
ERMIA esce.
LISANDRO: Addio, Elena. Spero che Demetrio possa amarti quanto tu ami lui!
Esce LISANDRO.
ELENA: Quanto sono felici alcune persone rispetto ad altre. Ad Atene pensano che io sia
bella come Ermia. Ma che importa? Demetrio non la pensa così. Rifiuta di
ammettere ciò che tutti gli altri sanno! Sebbene egli stia facendo un errore
inseguendo Ermia, anch’io sono impazzita inseguendolo. L’amore può far
sembrare bellissima persino la cosa più inutile. Prima che Demetrio vedesse
Ermia, egli mi ricopriva di promesse e giurava che sarebbe stato mio per sempre.
Andrò a svelargli la fuga della bella Ermia ed egli la seguirà. Se mi ringrazierà per
questa informazione, allora ne sarà valsa la pensa vederlo rincorrere la mia rivale.
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SCENA DUE
BOTTOM: Ѐ meglio chiamarli per nome, uno per uno, seguendo la lista.
QUINCE: Questa è una lista di nomi di tutti gli uomini ad Atene che sono stati reputati capaci
di recitare nella nostra commedia per il duca e la duchessa, la sera del loro
matrimonio.
BOTTOM: Prima, buon Peter Quince, dicci cosa riguarderà la commedia, poi leggerai il nome
degli attori.
QUINCE: La nostra commedia s’intitola “La più tragica commedia e la più cruenta morte di
Piramo e Tisbi”.
BOTTOM: Un bel lavoro, vi assicuro. Ora buon Peter Quince, fai l’appello dei tuoi attori.
BOTTOM: Questo richiederà qualche lacrima per recitar bene e se io piangerò, il pubblico
piangerà con me. Farò sgorgare le lacrime come un temporale. – Chiama gli altri.
– In realtà, però, la mia vocazione è il tiranno. Potrei essere un buon Ercole, o
qualsiasi altra parte che richieda urlare e strepitare.
Oh questo era davvero brillante. Ora nomina il resto dei ruoli. – Questa
interpretazione era nello stile di Ercole, nello stile da tiranno. Un amante dovrebbe
piangere di più, ovviamente.
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QUINCE: Ѐ la dama che Piramo deve amare.
FLUTE: No, dai, non darmi la parte di una donna. Mi sto crescendo la barba.
QUINCE: Non importa. Indosserai una maschera e potrai rendere la tua voce quanto più
squillante vorrai.
BOTTOM: In questo caso, posso indossare una maschera e recitare anche il ruolo di Tisbi!
Prima Piramo: “Tisbi, Tisbi!” – E dopo con una voce piccola: “Ah, Piramo, mio caro
amore, ecco la tua cara Tisbi, la tua cara dama!”
SNUG: Hai messo per iscritto la parte del leone? Se l’hai fatto, ti prego di darmela. Mi ci
vuole molto tempo per imparare le cose.
BOTTOM: Lasciami interpretare anche il leone. Ruggirò così bene da consolare il cuore di chi
mi ascolta. Ruggirò così bene che il duca dirà, “Lascia che ruggisca ancora. Lascia
che ruggisca ancora.”
BOTTOM: Be’, allora ammorbidirò la mia voce così da ruggire delicatamente come una
colomba appena nata. Ruggirò come un dolce e calmo usignolo.
QUINCE: Tu non interpreterai altro che Piramo. Perché Piramo è un uomo bellissimo, un
uomo adorabile e garbato. Quindi sei l’unico che può interpretare Piramo.
BOTTOM: Bene allora, lo farò. Che tipo di barba dovrei indossare per la parte?
QUINCE: Quella che ti pare. Qui ci sono le vostre parti. Per favore, imparatele per domani
sera e ci incontreremo nel palazzo di legno, un miglio fuori dalla città. Faremo lì le
prove per tenere la nostra commedia segreta e per non essere disturbati. Vi prego
di non deludermi.
BOTTOM: Ci saremo, e proveremo più audacemente. Lavorate sodo e sarete perfetti. Adieu1.
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Parola francese che significa “addio”.
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SCENA TERZA
TITANIA: Il geloso Oberone? – Fatine, andiamo via. Non parlerò con lui.
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TITANIA: Allora io dovrei essere la tua dama. Ma perché avete viaggiato fin qui dai confini
più estremi dell’India? So che Ippolita, la tua signora e guerriera, si sposerà con
Teseo e tu vieni a dar loro la tua benedizione.
OBERONE: Come puoi dire questo quando so del tuo amore per Teseo?
TITANIA: Ѐ solo gelosia. E mai dall’inizio della piena estate ci siamo incontrati senza
discutere. Le stagioni cambiano. La primavera, l’estate, l’autunno, l’irato inverno
cambiano e il mondo, confuso, non sa che stagione è. E tutti questi problemi
vengono dal nostro scontro, dal nostro conflitto.
OBERONE: Lo ammetti allora? Perché Titania dovrebbe essere arrabbiata con il suo Oberone?
Ho solo chiesto un giovane umano.
TITANIA: Metti il cuore in pace. Non avrai il ragazzo. Sua madre era una delle mie devote
ma è morta durante il parto. Quindi per amor suo crescerò suo figlio e per amore
suo non mi separerò da lui.
TITANIA: Forse fin dopo il matrimonio di Teseo. Se sarai paziente e ti unirai alle nostre
danze, verrai con noi. Altrimenti, lasciami da sola ed io eviterò i luoghi che tu
frequenti.
TITANIA: No, per tutto il tuo regno fatato – Fate, andiamo via!
Ci sarà uno scontro se rimango ancora qui.
TITANIA esce.
OBERONE: Allora va’ via. Mio gentile Puck, vieni qua. Ricordo di aver visto una volta Cupido,
armato del suo arco, che volava per mari e monti. Prese la mira verso una
bellissima giovane ragazza a ovest e vidi la freccia di cupido mancare il bersaglio.
Cadde sopra un fiorellino d’occidente. Prima color latte, poi purpureo per essere
stato ferito dalla freccia dell’amore. Le fanciulle lo chiamano “viola del pensiero”.
Portami questo fiore. Il suo succo, se versato su palpebre addormentate, farà
innamorare follemente, uomo o donna, con la prima creature vivente che vedrà al
suo risveglio. Cogli il fiore e torna il più velocemente possibile.
OBERONE: Quando avrò quel fiore, sorprenderò Titania mentre dorme e verserò il succo sui
suoi occhi. La prima cosa che ella vedrà appena sveglia, possa essere un leone,
un orso, o un lupo, o un toro, se ne innamorerà follemente. E prima che io la
guarisca, mi farò dare il ragazzo. Ma chi arriva? Io sono invisibile e ascolterò in
segreto.
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Entrano ELENA e DEMETRIO.
DEMETRIO: Io non ti amo, perciò non m’inseguire. Dove sono Lisandro e la bella Ermia? Mi
avevi detto che sarebbero venuti in questo bosco ed ora sono qui, perso, perché
non riesco a trovare la mia Ermia. Dunque va’ via e non seguirmi più.
DEMETRIO: Ti ho chiesto io di seguirmi? Ti chiamo bella? O meglio, è vero che ti dico che non
posso amarti più?
ELENA: E proprio per questo che ti amo di più. Demetrio, sono il tuo spaniel2. Prendimi a
calci, colpiscimi, trascurami, ma permettimi, indegna come sono, di seguirti.
DEMETRIO: Fuggirò da te, mi nasconderò nei cespugli e ti lascerò in balia delle bestie feroci.
DEMETRIO: Lasciami andare. Non dubitare che se dovessi seguirmi io ti farò dispetto nel
bosco.
Esce DEMETRIO.
ELENA: Ti seguirò e muterò l’inferno in paradiso. Anche se dovessi morire per mano di chi
amo.
OBERONE: Dammelo. Conosco una riva sulla quale a volte dorme Litania di notte. Applicherò
il succo di questo fiore sui suoi occhi e le riempirò la mente di terribili delusioni e
desideri. Prendine un po’ per te e cerca in questo bosco una dolce dama ateniese
che è innamorata di un perfido giovane. Versa questo sugli occhi del ragazzo ma
fa’ attenzione che la prima cosa che egli veda sia la dama. Ci incontreremo qui
prima che canti il gallo.
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Tipo di razza canina.
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SCENA QUARTA
OBERONE: Mia dolce Titania, riposa bene. Qualunque cosa vedrai per prima quando ti
sveglierai, sarà il tuo vero amore. Amalo e adoralo, che sia un gatto o un orso, un
leopardo o un cinghiale selvatico d’irsuto dorso. Oh, fa’ che vicino a te ci sia
qualcosa di vile e orrendo quando ti svegli.
LISANDRO: Mio amore, quasi svieni dopo aver errato così a lungo in questo bosco, e a dire la
verità, ho smarrito la via. Riposiamo, se ti va, e aspettiamo la luce del giorno.
ERMIA: Sì, facciamo in questo modo Lisandro. Cerca un posto dove dormire. Io riposerò il
mio capo su questa riva.
ERMIA: No, buon Lisandro. Per amor mio, mio caro, dormi un po’ più lontano.
ERMIA: Ѐ solo appropriato per un virtuoso scapolo e una fanciulla essere così distanti.
Buona notte, dolce amore.
LISANDRO: Molto bene. Questo sarà il mio letto. Dormi bene, gentile Ermia.
ROBIN: Ho scorazzato per l’intera foresta e non ho trovato nessun uomo ateniese su cui
usare il fiore. (Vede LISANDRO ed ERMIA) Aspetta un attimo, chi c’è qui?
Indossano vestiti ateniesi. Questo deve essere l’uomo di cui parlava il mio signore
e che disprezza la fanciulla d’Atene. E qui c’è la fanciulla, profondamente
addormentata sulla terra umida e sporca. Graziosa anima! (mette il succo del fiore
sulle palpebre di LISANDRO) Getto il potere di questo incantesimo sui tuoi occhi
cosicché quando ti sveglierai, l’amore ti tratterrà dal dormire.
DEMETRIO esce.
ELENA: Oh, ho perso il fiato in questo folle inseguimento. Felice è Ermia, ovunque sia, per
i suoi bellissimi occhi. Cosa splende nel suo sguardo? Non pianto. Se così fosse,
lacrime lavate i miei occhi più dei suoi.
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No, no, io sono brutta come un orso, le bestie che incontro fuggono via per lo
spavento. Quindi non c’è da sorprendersi che Demetrio fugga via da me come se
fossi un mostro. (vede Lisandro) Ma chi c’è qui? Lisandro, per terra? Morto o
dormiente? Non vedo sangue, né ferite. – Lisandro se sei vivo, buon uomo,
svegliati.
LISANDRO: (svegliandosi) Passerò nel fuoco per il tuo dolce amore. Radiosa Elena! Mi sento
come se Madre Natura mi avesse permesso di vedervi nel cuore. Dov’è Demetrio?
Oh, potrei uccidere quel nome con la mia spada!
ELENA: Non dite questo, Lisandro. Non dite così. Perché? Perché ama la tua Ermia? Che
cosa importa? Ermia ama comunque te, quindi sii contento.
LISANDRO: Contento con Ermia? No. Rimpiango tutti quei noiosi minuti trascorsi con lei. Io
non amo Ermia. Ѐ Elena che amo. Chi non scambierebbe un corvo per una
colomba?
ELENA: Perché tutti si prendono gioco di me? Cosa ho fatto per meritarmi questo? Non è
abbastanza, giovanotto, che io non abbia mai meritato, né sperato, uno sguardo
dolce da parte di Demetrio? Devi prenderti gioco della mia inadeguatezza?
Pensavo che tu fossi una persona molto più gentile di così. Addio.
ELENA esce.
LISANDRO: Non ha visto Ermia. – Ermia, dormi qui e non venirmi mai più vicino! Devo andare
da Elena. Userò tutti i miei poteri d’amore per onorarla ed essere suo cavaliere.
LISANDRO esce.
ERMIA: Aiutami, Lisandro, aiutami! Toglimi questo serpente di dosso! Ahimè! Che terribile
sogno ho fatto! Lisandro, guarda come tremo dalla paura. Credevo che un
serpente mi stesse mangiando il cuore mentre tu eri seduto a guardare e a ridere.
Lisandro! – Come, se n’è andato? – Lisandro, mio signore! – Nessun suono,
nessuna parola? – Dove sei? Parla, se puoi sentirmi. Nulla? Allora suppongo che
tu non sia vicino e devo trovarti. Lisandro!
Esce.
SCENA QUINTA
QUINCE: Giusto in tempo. Questo è il luogo perfetto dove provare. Questo spiazzo erboso
sarà il nostro palco, e questo cespuglio di biancospino il nostro camerino.
BOTTOM: Ci sono cose in questa commedia di Piramo e Tisbi che non potranno mai piacere.
Prima di tutto, Piramo deve sfoderare una spada per ammazzarsi, cosa che le
signore presenti nel pubblico non potranno sopportare. Che cosa dovremmo fare?
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SNUG: Questo è un vero problema.
BOTTOM: Assolutamente no! Ho un piano per rimediare. Scrivimi un prologo nel quale si dice
che le nostre spade non fanno male a nessuno e che Piramo non si uccide sul
serio. E per renderlo ancora più chiaro, diciamo loro che io, Piramo, non sono
Piramo ma Bottom, il tessitore. Tanto basterà a evitare gli spaventi.
BOTTOM: Un leone in mezzo alle signore è cosa tremenda. Non c’è un animale più
spaventoso del leone.
SNUG: Quindi abbiamo bisogno di un altro prologo per dire a tutti che io non sono un vero
leone.
BOTTOM: No, dobbiamo dire il nome dell’attore, e lasciare che si veda la sua faccia
attraverso il costume. E dovrà parlare dicendo, “Signore” oppure “Belle signore,”
“Vorrei che voi” o “Vi chiederei” oppure “Vi pregherei di non aver paura, di non
tremare. Non sono affatto un leone. Sono un uomo come tutti gli altri.” E a questo
punto potrà dire loro direttamente che è Snug, il falegname.
QUINCE: Bene, si farà così. Ma ci sono altri due problemi da risolvere. Come porteremo il
chiaro di luna in una stanza? Perché Piramo e Tisbi s’incontrano al chiaro di luna.
BOTTOM: Bene, allora possiamo lasciare la finestra aperta nella grande sala in modo da far
entrare il chiaro di luna.
QUINCE: Già. Oppure qualcuno deve entrare con una lanterna e spiegheremo che
rappresenta il chiaro di luna. Poi, c’è un’altra cosa: dobbiamo avere un muro nella
sala. Perché, come narra la storia, Piramo e Tisbi si parlavano attraverso la
fessura di un muro.
BOTTOM: Qualcuno dovrà recitare la parte del Muro. Potrà avere della malta o della creta, o
dell’intonaco rustico sopra per far capire che è un muro. E facciamogli tenere le
dita così, e Piramo e Tisbi potranno bisbigliare attraverso quella fessura.
QUINCE: Allora è tutto sistemato. Venite, sedetevi e provate le vostre parti. Piramo, devi
iniziare tu. Quando avrai recitato le tue battute, vai a nasconderti in quel cespuglio.
ROBIN: (da solo) Chi sono questi zoticoni che stanno facendo gli spavaldi così vicino al
luogo in cui sta riposando la regina delle fate? Stanno cercando di mettere su una
commedia? Farò da spettatore e forse anche da attore.
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QUINCE: Parla, Piramo. Tisbi, fatti avanti.
BOTTOM: (nei panni di PIRAMO) – odorosi sono come il tuo respiro, mia carissima Tisbi
cara. Ma ascolta, odo una voce! Aspetta un attimo e mi vedrai di ritorno.
BOTTOM esce.
ROBIN esce.
FLUTE: (nei panni di TISBI) Radioso Piramo, sei bianco come un giglio, e il colore di una
rosa rossa su uno splendido rovo. Così vero come il più reale cavallo che non è
mai stanco. Ci incontreremo, Piramo, alla tomba di Ninny.
QUINCE: “La tomba di Nino3”, compagno. Ma non lo devi dire ancora. Questa è la tua
risposta a Piramo. Dici la tua parte tutta di seguito, battuta d’entrata e tutto il resto.
– Piramo entra. Hai dimenticato la battuta. Ѐ “mai stanco”.
FLUTE: Oh (nei panni di TISBI) vero come il più reale cavallo che non è mai stanco.
BOTTOM: (nei panni di PIRAMO) Se fossi bello, Tisbi, continuerei a volere solo te.
QUINCE: Che mostruosità! Che stranezza! Siamo stregati. Correte tutti, correte! Aiuto!
BOTTOM: Perché corrono via? Ho capito cos’hanno in mente. Vogliono farmi passare da
somaro, per spaventarmi. Ma non me ne andrò via di qui, non importa cosa
facciano. Camminerò avanti e indietro e canterò, e allora capiranno che non sono
spaventato.
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Famoso re assiro.
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Piccolo uccello.
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TITANIA: Ti prego, gentile mortale, canta di nuovo. Il mio orecchio s’è innamorato della tua
voce e i miei occhi sono affascinati dalla tua forma. E la forza della tua bella virtù
mi fa dire, a giurare, che ti amo.
BOTTOM: Non credo tu abbia molte ragioni per amarmi. Ma a dirti la verità, oggigiorno la
ragione e l’amore hanno ben poco a che fare l’una con l’altro. Ѐ un peccato che
qualcuno non cerchi di fargli fare amicizia.
TITANIA: Non desiderare uscir da questo bosco. Resterai qui che tu lo voglia o no. Io non
sono una fata qualunque e ti amo. Quindi vieni con me e chiamerò delle fate che
saranno al tuo servizio. Peaseblossom, Cobwed e Mustardseed!
PEASEBLOSSOM: Eccomi.
COBWEB: Anch’io.
MUSTRDSEED: Anch’io.
TITANIA: Siate gentili e garbati con questo gentiluomo. Dategli da mangiare albicocche e
lamponi, grappoli d’uva violacea, fichi verdi e more. Inchinatevi a lui, fate, e fategli
la riverenza.
COBWEB: Ave.
MUSTARDSEED: Ave.
BOTTOM: Vi chiedo scusa, signori. – Per favore dimmi il tuo nome, signore?
COBWEB: Cobweb.
PEASEBLOSSOM: Peaseblossom.
BOTTOM: Ti prego di portare i miei saluti a tua madre, la signora Squash e tuo padre, il
signor Peascod. – E tu, posso chiederti il nome, signore?
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MUSTARDSEED: Mustardseed
BOTTOM: Egregio signor Mustardseed, ti conosco molto bene. Ti garantisco che i tuoi parenti
mi hanno fatto lacrimare diverse volte.
Escono tutti.
SCENA SESTA
OBERONE: Mi chiedo se Titania si sia già svegliata, e se sì, mi domando su chi si sia posato il
suo primo sguardo.
Entra ROBIN.
Ecco il mio messaggero. – Che cosa succede, pazzo folletto? Che scompiglio hai
causato in questo boschetto infestato?
OBERONE: Questo è meglio di quanto avessi immaginato. Ma hai versato il succo sugli occhi
del giovane ateniese come ti avevo chiesto?
ROBIN: Sì. L’ho trovato addormentato e vicino a lui c’era una donna ateniese. Quando si
sarà svegliato, dovrà aver visto lei.
DEMETRIO: Perché sei così scortese con qualcuno che ti ama così tanto? Riserva questo
linguaggio crudele per i tuoi nemici.
ERMIA: Ora ti sto solo rimproverando, ma dovrei trattarti molto peggio, perché temo che tu
mi abbia dato ragione di farlo. Hai ucciso Lisandro mentre dormiva? Era più fedele
a me che il sole al giorno. Sarebbe mai sgattaiolato via da me mentre dormivo?
Sarebbe più facile credere cha ci sia un buco al centro della terra attraverso il
quale la luna può passare dall’altra parte. L’unica possibilità è che tu l’abbia
ammazzato.
DEMETRIO: Stai calma, hai frainteso. Non ho ucciso Lisandro, e per quanto ne so, non è
ancora morto.
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DEMETRIO: E se lo facessi, cosa avrò in cambio?
ERMIA esce.
DEMETRIO: Non serve a nulla seguirla quando è così arrabbiata. Quindi rimarrò qui per un po’
e riposerò dal peso dei miei dispiaceri.
Si addormenta.
OBERONE: Che cos’hai combinato? Hai fatto un errore e per questo il vero amore di qualcuno
è diventato malvagio, invece che il falso amore di quest’uomo diventasse vero. Vai
a cercare Elena di Atene. Con qualche illusione portala qui ed io incanterò i suoi
occhi per quando sarà arrivata.
ROBIN: Vado, vado. Guarda come vado, più veloce di una freccia scoccata da un arco.
ROBIN esce.
OBERONE: (versando il succo del fiore sugli occhi di DEMETRIO) Tu, fiore viola, colpito dalla
freccia di Cupido, affonda nella luce dei suoi occhi. Quando vedrà la ragazza,
dovrà amarla, falla sembrare a lui splendida come la stella della sera.
Entra ROBIN.
ROBIN: Elena è vicina. Anche l’uomo che ho scambiato per questo qui è vicino, e la
supplica di amarlo.
LISANDRO: Perché pensi che io ti prenda in giro quando ti dico che ti amo?
ELENA: Hai fatto le stesse promesse a me e a Ermia – non possono essere entrambe
vere! Devono essere entrambe false. Questi voti appartengono a Ermia.
L’abbandonerai?
DEMETRIO: (svegliandosi) Oh Elena, dea, perfetta, divina! Oh, le tue labbra sono mature come
due invitanti ciliegie. La pura neve bianca di montagna sembra nera come un
corvo rispetto alla tua mano. Oh, lasciami baciare questa candida principessa.
ELENA: O dispetto! O inferno! Vedo che vi siete messi tutti contro di me per divertirvi. Se
aveste un po’ di buone maniere, non mi trattereste così. Potete non odiarmi, anche
se so che è così? Dovevate mettervi d’accordo per prendervi gioco di me?
Siete entrambi rivali dell’amore di Ermia e ora entrambi rivali della beffa a Elena. Ѐ
una magnifica idea, una cosa molto virile da fare – far piangere una povera
fanciulla!
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LISANDRO: Sei scortese, Demetrio, perché ami Ermia. Questo lo sai tu e lo so io. Qui e ora
giuro di rinunciare al mio diritto e la cedo a te. In cambio, lascia andare Elena che
amerò fino alla morte.
DEMETRIO: Tieniti la tua Ermia. Non la voglio. Se dovessi averla mai amata, tutto quell’amore
è ormai andato via. Il mio cuore è, e sempre sarà, di Elena.
DEMETRIO: Non insultare un amore profondo che neanche comprendi, o ne pagherai il prezzo.
Guarda, ecco la tua amata.
Entra ERMIA.
ERMIA: Ѐ difficile vedere chiaramente nell’oscurità ma rende più facile ascoltare. Non
potevo vederti Lisandro, è stato il mio orecchio che mi ha guidato a te. Perché mi
hai lasciata così sgarbatamente?
LISANDRO: Il mio amore per la bella Elena, che illumina la notte più di tutte quelle ardenti
stelle. Perché mi cercavi? Non hai capito che ti ho lasciata perché ti odio?
ELENA: Quindi anche lei fa parte di questa messinscena! Si son messi d’accordo tutti e tre
per farmi questo scherzo crudele. Sgarbata Ermia! Hai dimenticato tutte le nostre
conversazioni, le promesse d’essere come sorelle, tutte le ore passate assieme,
sperando di non doverci mai dire addio – l’hai dimenticato? La nostra amicizia dei
tempi della scuola, la nostra innocenza infantile? Vuoi distruggere la nostra
vecchia amicizia unendoti a questi due e insultando la tua povera amica? Non è
amichevole e non è da signorina!
ERMIA: Sono stupita dalle tue appassionate parole. Non ti sto offendendo, sembra più che
tu offenda me.
ELENA: Non hai mandato tu Lisandro, come insulto, a seguirmi e lodare i miei occhi e il
mio viso? E non hai indotto il tuo altro innamorato, Demetrio – che mi ha colpito
con il suo piede – a chiamarmi dea, divina, rara e preziosa? Perché parla così a
qualcuno che odia? E perché Lisandro nega l’amore che ha per te, che gli
arricchisce l’animo, e dimostra affetto per me, se non gliel’hai chiesto tu?
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ELENA: Bene. Va’ avanti, continua con il tuo giochetto. Fingete d'essere compassionevoli,
ma poi ammiccate e fate le facce non appena mi giro di spalle. Se avete un
qualche sentimento di pietà o di buone maniere, non fareste finta di litigare per me.
Dunque addio. In parte è stata colpa mia, un errore al quale posso rimediare con
la morte o l’assenza.
LISANDRO: Resta, gentile Elena. Ascolta le mie scuse. Amore mio, vita mia, anima mia, bella
Elena!
LISANDRO: Non puoi costringermi più di quanto ella possa pregare. Le tue minacce non sono
più forti delle sue deboli preghiere. Elena, ti amo, lo giuro. Darei la mia vita per
provarti che lui mente dicendo che non ti amo.
LISANDRO: Stai lontana! Scansati gatta, spina. Lasciami stare o ti scaglio come una serpe.
ERMIA: Perché sei così scortese? Che cambiamento è questo, dolce amore mio?
LISANDRO: Amore tuo? Il tuo amore è come veleno per me. Stai lontana!
LISANDRO: Vuoi che io la maltratti, la colpisca, l’ammazzi? Sebbene la odi, non le farò del
male.
ERMIA: Può farmi più male che con l’odio? Odiarmi? Perché? Che cosa ti è successo,
amore mio? Non sono Ermia? Non sei Lisandro? Sono bella ora come lo ero
prima. Mi amavi quando ti sei addormentato, ma quando ti sei svegliato mi hai
lasciato.
LISANDRO: Sì, l’ho fatto e non volevo vederti mai più. Quindi smetti di sperare e meravigliarti,
non dubitare. Stanne sicura, è vero e non uno scherzo: odio te e amo Elena.
ERMIA: Ahimè! Tu, imbrogliona! Tu, serpe! Tu, ladra d’affetto! Sei venuta di notte e hai
rubato il cuore del mio adorato?
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ELENA: Oh Ermia! Non hai pudore, né virgineo ritegno. Nessun imbarazzo? Vergogna,
vergogna! Tu simulatrice, tu marionetta, tu!
ERMIA: “Marionetta”? Oh, capisco il tuo gioco. Sta parlando della nostra differenza
d’altezza. Egli ha un’alta opinione di te perché io sono nana e bassa? Quanto son
bassa, tu pertica dipinta? Parla. Quanto sono bassa. Non sono così bassa da non
poter raggiungere i tuoi occhi con le mie unghie.
ELENA: Vi prego, anche se mi state prendendo in giro, signori, non lasciate che mi faccia
del male. Forse credete che poiché è più bassa di me io riesca a tenerle testa.
ELENA: Buona Ermia, non essere così piena di rabbia nei miei confronti. Ti ho sempre
voluto bene. Non ho mai fatto nulla per ferirti – se non – dire a Demetrio del tuo
piano per scappare via. L’ho fatto perché lo amo tantissimo. Lui ha seguito te ed io
ho seguito lui. Ma mi ha detto di andare via e mi ha minacciato di colpirmi,
prendermi a calci – e persino uccidermi. Ora, lasciami tornare ad Atene con calma.
Non ti seguirò più.
LISANDRO: Non aver paura. Non può farti alcun male, Elena.
ERMIA: “Piccola” di nuovo? Nient’altro che “bassa” e “piccola”! Perché le stai permettendo
di insultarmi così? Lasciami andare da lei!
DEMETRIO: Fai troppo per difendere una persona che non vuole avere niente a che fare con
te. Non parlo di Elena. Non prendere le sue parti. Se continuerai a trattare Ermia in
questo modo, la pagherai.
LISANDRO: Ermia non ha più presa su di me. Seguimi, se hai il coraggio, per provare chi di noi
due è più degno di Elena.
Escono.
ERMIA: Per colpa vostra, signora, si è creato questo subbuglio. State lì dove siete.
ELENA: Non mi fido di voi né voglio stare in vostra compagnia. Le vostre mani possono
essere più veloci nelle risse ma le mie gambe sono più lunghe per la fuga.
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ELENA esce.
OBERONE: Ѐ colpa tua. Commetti continuamente errori, e poi provochi questo tipo di guai di
proposito.
OBERONE: Questi due amanti stanno cercando un luogo dove combattere. Sbrigati, Robin, e
rendi la notte scura e nuvolosa in modo che questi due rivali si perdano
completamente nel bosco. Falli girovagare finché non saranno entrambi
abbastanza esausti da dormire. Poi spargi quest’erba sugli occhi di Lisandro.
Questo cancellerà tutti i danni che sono stati causati e vedrà di nuovo
normalmente. Quando si sveglieranno, tutti i loro conflitti sembreranno un sogno e
questi amanti ritorneranno ad Atene. Mentre tu farai ciò, io andrò da Titania e le
chiederò ancora una volta il ragazzo indiano. Poi cancellerò l’incantesimo che le
ho gettato sopra e non sarà più innamorata di un mostro, e tutte le cose
ritorneranno al loro posto.
SCENA SETTIMA
TITANIA: Vieni a sederti su questo giaciglio fiorato mentre io accarezzo queste adorabili
guance. Metterò delle rose muschiate sulla tua liscia e morbida testa e bacerò le
tue grandi e bellissime orecchie, mia dolce gioia.
PEASEBLOSSOM: Eccomi
BOTTOM: Grattami la testa, Peaseblossom. Devo andare dal barbiere perché sto diventando
molto peloso in faccia. Ed io sono un asino così delicato che non appena la barba
mi solletica, devo grattarmi. Dov’è Cobweb?
COBWEB: Eccomi.
BOTTOM: Signor Cobweb, buon signore, Prendete in mano la vostra arma e ammazzatemi
un calabrone su di un cardo. E, degno signore, portatemi la borsa del miele. Oh, e
signore, fate attenzione a non rompere la borsa del miele. Non vorrei vedervi
affogar nel miele.
BOTTOM: A dire il vero, vorrei qualche chilo d’erba. Potrei sgranocchiare della buona avena
secca, o magari un fascio di fieno. Non c’è niente come del buon fieno, del dolce
fieno.
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TITANIA: Ho una fata avventurosa che cercherà la scorta di uno scoiattolo e ti porterà delle
nocciole fresche.
BOTTOM: Preferirei di più una manciata o due di piselli secchi. Ma ora, non lasciate che
qualcuno mi dia fastidio perché devo dormire.
TITANIA: Allora dormi. Ed io ti abbraccerò. Oh, quando ti amo. Oh, quanto ti adoro.
OBERONE: Benvenuto, buon Robin. Vedi che dolce vista? Ora inizio ad avere pietà di Titania
per essere così malata d’amore. L’ho presa in giro e ho litigato con lei finché non
mi ha pregato di lasciarla da sola. Allora io le chiesi il bambino indiano rapito e lei
mi disse subito di sì. Ora che ho avuto il ragazzo spezzerò l’incantesimo. (Spreme
il succo del secondo fiore sugli occhi di TITANIA) Sii colei che solevi essere, e
guarda come eri abituata a guardare. Ora, mia Titania, svegliati, mia dolce regina.
TITANIA: Mio Oberone, che visione ho avuto! Ho sognato di essere innamorata di un asino.
OBERONE: Robin, togligli quella testa in modo che quando si sveglierà, potrà ritornare ad
Atene con gli altri.
ROBIN: Quando ti sveglierai, vedrai di nuovo le cose con il tuo sguardo stolto.
OBERONE: Prendi la mia mano, mia regina. Ora che tu ed io siamo di nuovo amici, possiamo
ballare per il duca domani e benedire il suo matrimonio.
OBERONE: Allora, mia regina, viaggiamo silenziosamente per il mondo dov’è ancora notte e
giriamo più veloci dell’errante luna.
TITANIA: E mentre camminiamo, puoi raccontarmi cos’è successo questa notte e perché mi
sono ritrovata qui a dormire per terra con un mortale.
TESEO: Ora che abbiamo compiuto il rito di maggio ed è ancora mattina presto, abbiamo la
possibilità di ascoltare la bellissima musica dei miei cani da caccia mentre
inseguono la loro preda.
EGEO: Una volta ho sentito i cani da caccia di Sparta. Non ho mai udito dei latrati così
notevoli. Le foreste, i cieli, le montagne e ogni cosa intorno a noi sembrava l’eco
del latrato dei segugi. Non ho mai sentito un così dolce tuono.
TESEO: I miei cani hanno sangue spartano. Hanno lo stesso pelo color sabbia e orecchie
penzolanti che spazzano via la rugiada mattutina. Sono più lenti nell’inseguimento
ma il loro latrato assomiglia al suono delle campane, ognuno perfettamente in
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sintonia con l’altro. Giudica tu stesso quando li sentirai abbaiare. Ma aspetta un
attimo! Chi sono queste fanciulle?
EGEO: Mio signore, questa che dorme distesa a terra è mia figlia. E questo è Lisandro, ed
ecco Demetrio. Questa è Elena, figlia del vecchio Nedar. Ma perché sono tutti qui?
TESEO: Di certo si sono svegliati presto per celebrare il rito di maggio. Ma dimmi, Egeo,
questo non è il giorno in cui Ermia dovrà esporre la sua decisione e fare la sua
scelta?
TESEO: Per favore, voi tutti, alzatevi. So che voi due siete nemici rivali. Il mondo è
diventato così gentile che due persone che si odiano possono dormire
pacificamente accanto?
LISANDRO: Mio signore, ciò che dico potrà sembrare confuso poiché sono per metà sveglio e
metà ancora dormiente. Giuro che al momento non posso esattamente dire com’è
che mi ritrovo qui. Ma ora che ci penso e credo sia vero, sono venuto qua con
Ermia. Avevamo pianificato di lasciare Atene e fuggire dalla legge ateniese –
EGEO: Basta, ne ho abbastanza, mio signore. Avete udito ciò di cui avevate bisogno!
Insisto che la legge lo punisca – Volevano fuggire, Demetrio, per battervi
portandovi via vostra moglie.
DEMETRIO: Mio signore, la bella Elena mi disse del loro piano di fuga. Io ero furioso e ho
seguito loro qui e la bella Elena, per amore seguì me. Ma, mio buon signore, io
non so da quale potere, ma in qualche modo il mio amore per Ermia si è dissolto
come la neve. Adesso l’unica persona che io amo e in cui credo, è Elena. Io l’amo,
la desidero e sempre rimarrò fedele a lei.
TESEO: Vaghi amanti, siete fortunati a ed esservi incontrati qui. Parleremo di questo più
tardi. – Egeo, io revoco il tuo volere, perché nel tempio, insieme a me e a Ippolita,
queste coppie si vedranno sposate. Venite, dobbiamo tornare ad Atene per dare
inizio alle celebrazioni.
DEMETRIO: Siete sicuri d’essere svegli? Mi sembra come se stessimo ancora dormendo,
ancora sognando.
ERMIA: Ѐ come se i miei occhi fossero sfocati, e ogni cosa pare doppia.
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DEMETRIO: Dunque siamo svegli. Seguiamolo e lungo la strada possiamo raccontarci i sogni
che abbiamo fatto.
Escono tutti.
BOTTOM: (svegliandosi) Ditemi quando tocca a me e dirò la pia prossima battuta. La mia
prossima battuta è “Bellissimo Piramo”. Ehi! Peter Quince? Flute, l’aggiusta
mantici? Roba da matti! Sono scappati via e mi hanno lasciato qui a dormire. Che
starno sogno ho fatto. Non si potrebbe neanche descrivere un sogno così strano.
Mi pareva d’essere e mi pareva d’avere – ma un uomo dovrebbe essere folle per
provare a dire cosa mi pareva d’avere. Occhio non ha mai udito, orecchie non
hanno mai visto, mani non hanno mai gustato o lingua provato, o cuore narrato ciò
che ho sognato. Dirò a Peter Quince di scrivere una ballata su questo sogno.
S’intitolerà “Il Sogno di Bottom” perché non ha un finale. E Ia canterò per il duca
nel mezzo della commedia. O magari… (continua con le sue idee mentre esce.)
SCENA OTTAVA
SNUG: Nessuno ha sue notizie. Sono certo che sia stato rapito.
FLUTE: Se non dovesse tornare, la commedia è rovinata. Non andrà avanti, vero?
QUINCE: No, sarebbe impossibile. Non c’è un uomo in tutta Atene che possa interpretare
Piramo, eccetto Bottom.
SNUG: Compari, il duca sta arrivando dal tempio. Se fossimo stati in grado di mettere in
scena la nostra commedia, ci saremmo tutti sistemati.
FLUTE: O caro Bottom! Avrebbe ricevuto sei penny al giorno per il resto della sua vita. E
se li sarebbe anche meritati. Piramo vale sei penny al giorno, o niente.
Entra BOTTOM.
--BOTTOM: No, non mi caverete una parola. Tutto ciò che vi racconterò, è che il duca ha
cenato. Mettete insieme i vostri costumi, buoni lacci per le barbe e nastri nuovi per
le scarpe. Incontriamoci il prima possibile al palazzo. La nostra commedia sarà
messa in scena per il duca!
Escono tutti.
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SCENA NONA
TESEO: Più strani che veri. Non ho mai creduto a nessuna di queste vecchie leggende o
favole. Amanti e pazzi fantasticano e hanno le allucinazioni su cose che le persone
sane di mente non possono capire. Il folle, l’amante e il poeta sono tutti dominati
dalla loro immaginazione iperattiva.
IPPOLITA: Ma sembra che loro abbiano visto e sentito esattamente le stesse cose della storia
che questi amanti stanno raccontando, e ciò mi fa pensare che ci sia molta più
realtà che fervida immaginazione.
Entra QUINCE.
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MURO: Qui in questa scena, tocca
Che io, di nome Quince, rappresenti un muro;
E codesto muro, come vorrei farvi credere,
Ha un piccolo buco o crepa,
Attraverso la quale gli amanti, Piramo e Tisbi,
bisbigliano spesso assai segretamente.
BOTTOM: (fuori dal suo personaggio) No signore, in realtà, non dovrebbe. “Avermi
ingannato” è la battuta d’entrata di Tisbi. Sta per arrivare e potrò vederla attraverso
il muro. Eccola.
PIRAMO: Sento una voce. Ora guarderò attraverso il buco per cercare di vedere il viso della
mia Tisbi. Tisbi?
Escono.
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MURO: Io, Muro, ho fatto la mia parte.
E, avendo recitato, il Muro deve andar via.
Esce il MURO.
TESEO: Ora è crollato il muro tra i due vicini. Avrebbero dovuto aspettare.
TESEO: Se immaginiamo loro come loro immaginano se stessi, allora potrebbero passare
per attori eccellenti. Ecco che vengono due nobili fiere, un uomo e un leone.
Entrano SNUG nei panni del LEONE e QUINCE nei panni del CHIARO DI LUNA.
TESEO: Be’ allora, questo è l’errore più grande di tutti. L’uomo dovrebbe essere all’interno
della lanterna. Come altro sarebbe l’”uomo nella luna”?
CHIARO DI LUNA: Tutto ciò che ho da dire è che la lanterna è la luna; io, l’uomo nella luna;
questo cespuglio di spine è il mio cespuglio di spine; e questo cane, è il mio cane.
Entra TISBI.
LEONE: (ruggisce)
TESEO: Ben fatto, Leone! Scuotilo come farebbe un gatto con un topo.
Entra PIRAMO.
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PIRAMO: Dolce Luna, ti ringrazio per i tuoi splendidi raggi.
Ti ringrazio, Luna, per risplendere ora così intensamente.
Perché attraverso i tuoi graziosi, dorati, scintillanti bagliori,
Spero di vedere la mia più vera Tisbi. –
Ma aspetta, O dispetto!
Ma guarda, povero cavaliere,
Che cosa terribile v’è qui!
Occhi, vedete?
Come può essere?
O graziosa paperella! O cara!
Il tuo bel manto,
che cosa, macchiato di sangue?
Accorrete, fiere infernali!
O Parche, venite, venite,
Tagliate filo e fialaccia.
Conquistate, distruggete, finite e sedate!
PIRAMO muore.
IPPOLITA: Se il Chiaro di Luna se n’è andato prima che Tisbi ritorni, come troverà il suo
amato morto nell’oscurità?
Entra TISBI.
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TISBI: Dormi, amore mio?
Cosa, morto, mia colomba?
O Piramo, alzati!
Parla, parla. Del tutto muto?
Morto, morto? Una tomba
Devo coprir i tuoi dolci occhi.
Queste labbra di giglio,
Questo naso rosso,
Queste guance fiorite d’oro,
Non son più, non son più.
Amanti, gemete.
I suoi occhi erano verdi come i porri.
Lingua, non una parola.
Vieni, fidata spada;
Vieni lama, trapassa il mio petto.
TISBI si pugnala.
E addio, amico;
Questa è di Tisbi la fine.
Addio, addio, addio.
TISBI muore.
TESEO: Nessun epilogo, per favore. La vostra commedia non ha bisogno di scusanti. Mai
chieder scusa dopo, perché quando i personaggi sono tutti morti, nessuno può
esser colpevole. L’orologio ha suonato la mezzanotte ed è tempo di andare a letto.
Continueremo le celebrazioni, ma per ora, cari amici, a dormire.
THE END
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