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Una Vita

Una vita è il primo romanzo di Italo Svevo e, quando venne pubblicato nel 1892, a spese
dell’autore, passò del tutto inosservato nel panorama letterario italiano. Il titolo inizialmente
era Un inetto, ma era stato rifiutato dall’editore, così Svevo aveva ripiegato sull’attuale titolo,
che richiama il romanzo di Guy de Maupassant Une vie. Con il titolo precedente l’autore
intendeva evidenziare la natura del protagonista e il suo pessimismo. Vari sono i modelli
possibili di Una vita: da una parte il romanzo naturalista e realista ottocentesco, dall’altra i
moderni racconti basati sull’analisi psicologica e interiore dei personaggi.

La storia ruota intorno ad Alfonso Nitti, trasferitosi da poco a Trieste dal paese natale, dopo
aver trovato lavoro da impiegato presso la banca Maller. Un giorno viene invitato a casa del
banchiere, dove si riunisce un salotto letterario, guidato dalla figlia di Maller, Annetta. Qui,
Alfonso cerca il suo modo di emergere socialmente, mostrando le sue ambizioni letterarie.
Conosce quindi Annetta con cui intreccia una relazione amorosa, un rapporto tra una donna
capricciosa e volubile e un uomo desideroso di riconoscimento sociale e artistico. Fa
amicizia, inoltre, anche con Macario, giovane ambizioso e sicuro di sé. Per Alfonso sembra
essere giunto il momento più favorevole (è sul punto di sposare Annetta), ma l’uomo,
improvvisamente, ritorna nel suo paese, in una sorta di fuga dalla sua nuova vita per
dedicarsi nuovamente alla speculazione interiore e per assistere la madre malata, che
muore poco dopo. Il ritorno di Alfonso a Trieste non corrisponde al recupero della situazione
precedente: Annetta sta per sposarsi con il cugino, al protagonista viene affidato una
mansione meno importante in un altro ufficio e i suoi tentativi di riottenere il favore della
famiglia Maller sortisce l’effetto opposto. Alfonso, ormai, si sente odiato e perseguitato dai
Maller, che ormai pensano che questo voglia ricattarli. Il protagonista chiede ad Annetta di
poterla incontrare per chiarire la situazione, ma all’appuntamento si presenta il fratello, che
sfida l’uomo a duello. Alfonso, vittima della sua inettitudine e credendo che Annetta desideri
la sua morte, si suicida. La notizia del suo decesso viene affidata dall’autore a una fredda,
impersonale e ipocrita lettera della Maller, in cui viene dichiarata, falsamente, sconosciuta la
ragione del gesto dell’impiegato.

Svevo in Una vita presenta per la prima volta la figura centrale dei suoi romanzi e di opere di
altri autori coevi o di poco successivi, l’inetto: incapace di vivere con gli altri, caratterizzato
da un continuo senso di inadeguatezza, dedito all’introspezione e paralizzato nel momento
della scelta. Alfonso Nitti incarna questo personaggio, non riuscendo ad integrarsi nel
mondo alto-borghese che la famiglia Maller incarna, impossibilitato a godere delle gioie che
la vita gli concede, ma concentrato sulla propria drammatica condizione di uomo. La realtà
del protagonista, dopo il ritorno a Trieste, diventa priva di ideali e desideri e culmina con la
sua stanca resa di fronte alla propria inettitudine, il suicidio finale. Tutta l’esistenza di Alfonso
sembra caratterizzata da un pessimismo e una negatività di fondo, sempre pronti ad
esplodere e intaccare la superficiale serenità ottenuta. Non a caso, Svevo ammette di
essere stato influenzato, nella stesura del romanzo, dalla filosofia di Arthur Schopenhauer: e
in effetti nel romanzo ritorna costante il tema della volontà individuale, debole e insufficiente
ad affrontare la realtà del mondo, e quello della negatività della vita sociale, da cui l'uomo
d'eccezione dovrebbe distaccarsi, rifiutando la sorte mediocre degli uomini comuni.
Senilità

Senilità è il secondo romanzo di Italo Svevo; venne scritto tra 1892 e 1897, ma venne
pubblicato l’anno successivo, prima su un quotidiano triestino, “L’indipendente” e poi a spese
dell’autore. Lo scarso successo portò Svevo a un silenzio letterario di venticinque anni.
Venne riscoperto e ripubblicato nel 1927 a Milano, in seguito al clamore letterario dovuto alla
pubblicazione della Coscienza di Zeno e alla critica positiva a questo romanzo da parte di
Eugenio Montale.

La trama (ispirata a vicende autobiografiche, come afferma Svevo stesso) ruota intorno alla
storia d’amore tra Emilio Brentani e Angiolina. Emilio, impiegato con velleità letterarie, vive
un’esistenza monotona e grigia con la sorella Amalia, quando incontra la giovane Angiolina,
di cui si innamora. La donna, tuttavia, fin dal primo istante si dimostra meno coinvolta del
protagonista ed è anzi attratta da diversi uomini, tra cui Stefano Balli, amico di Emilio e
scultore, di cui è innamorata pure Amalia. Il legame tra Emilio e la giovane, che doveva
rimanere libero e disimpegnato, si dimostra invece ben più complesso, poiché Angiolina,
donna opportunista e infedele, può controllare i sentimenti di Emilio. Questo, geloso della
sorella per la presenza di Balli in casa sua, allontana l’uomo da casa. Amalia si ammala di
polmonite, a causa dell’abuso di etere, e muore. Emilio interrompe la relazione con
Angiolina, non cessando tuttavia di amarla. In seguito, scopre che la donna è scappata a
Vienna con un cassiere di una banca. Il protagonista ritorna a vivere la sua esistenza grigia
e mediocre in solitudine, ricordando le donne amate, Amalia e Angiolina, unendo nella
memoria l’aspetto dell’una con il carattere dell’altra.

Come il personaggio di Una vita, Alfonso Nitti, anche Emilio Brentani incarna la figura
dell’inetto, incapace di vivere davvero, ma imprigionato nei suoi sogni e illusioni, in un
continuo ed inconsapevole autoinganno. Sono entrambi due sconfitti dalla realtà a cui non
riescono appartenere. Il primo si suiciderà, ponendo fine al senso di inutilità e inadeguatezza
che lo attanaglia; fine simile a quella della sorella del protagonista di Senilità, che illusa
dell’amore di Stefano a causa delle sue stesse fantasie, nel momento della delusione
amorosa perde il contatto definitivo con la realtà, abbandonandosi all’abuso di etere, che la
condurrà alla morte. Per “senilità” Svevo - come spiega nella nuova prefazione al romanzo
del 1927 - intende proprio l’inettitudine del protagonista, che lo rende incapace da affrontare
la vita e la realtà stessa, chiuso com’è nella sua interiorità. Questa esasperazione di
autoanalisi assume carattere rilevante anche nella forma e nella sintassi del romanzo; Svevo
espone il racconto secondo la coscienza e psicologia di Emilio, seguendo quindi i suoi
sentimenti e le sue considerazioni. Diventa centrale nel funzionamento del romanzo non più
la struttura spazio-temporale delle vicende, ma i moti dell’animo e le reazioni agli eventi dei
personaggi, avvicinandosi sempre più alla struttura e alla forma de La coscienza di Zeno, in
cui il protagonista diventa il narratore delle vicende, raccontate dal suo punto di vista e
attraverso la sua visione personale dei fatti.
La coscienza di Zeno

La coscienza di Zeno è il terzo romanzo di Italo Svevo, scritto dal 1919 al 1922 e pubblicato
nel 1923, dopo il lungo silenzio letterario dell’autore. Raggiunge il successo nazionale e
internazionale grazie a Eugenio Montale, che in un articolo del 1925 tesse le lodi del
romanzo, e a James Joyce, amico di Svevo, che fa conoscere il romanzo in Francia.

Innovativa è la struttura del romanzo, costruito ad episodi e non secondo una successione
cronologica precisa e lineare. Il narratore è il protagonista, Zeno Cosini, che ripercorre sei
momenti della sua vita all'interno di una terapia di psicoanalisi. La Coscienza si apre con la
Prefazione del dottore psicoanalista (identifica dall'ironicamente beffarda etichetta di "dottor
S.", con un sotterraneo richiamo al cognome dell'autore reale) che ha avuto in cura Zeno e
che l'ha indotto a scrivere la sua autobiografia. Il protagonista si è sottratto alla psicoanalisi e
il medico per vendetta decide di pubblicare la sue memorie. I sei episodi della vita di Zeno
Cosini sono:Il fumo, La morte di mio padre, La storia del mio matrimonio, La moglie e
l’amante, Storia di un’associazione commerciale e Psico-analisi. Ogni episodio è narrato dal
punto di vista del protagonista, e il suo resoconto degli eventi risulta spesso inattendibile;
egli presenta la sua versione dei fatti, modificata e resa come innocua in un atto inconscio di
autodifesa, per apparire migliore agli occhi del dottor S. (una sorta di secondo padre, sotto i
cui occhi recitare la parte del "figlio buono"), dei lettori e forse anche ai propri).

Dopo una Prefazione e un Preambolo sulla propria infanzia, nel terzo capitolo Zeno scrive
del suo vizio del fumo (Il fumo): fin da ragazzino il protagonista è dedito a questo vizio, da
cui cerca inutilmente di liberarsi con diversi tentativi infruttuosi, testimoniati dalle pagine di
diari e dai libri (nonché dai muri...) su cui vengono scritte la data e la sigla u.s. (ultima
sigaretta). Infine per liberarsi dal fumo il protagonista si fa ricoverare in una clinica, da cui
fugge, corrompendo con una bottiglia di cognac l’infermiera che lo sorveglia. L’episodio del
fumo permette a Zeno di riflettere sulla propria mancanza di forza di volontà e sull'incapacità
di perseguire un fine con forza e decisione. Tale debolezza è attribuibile al senso di vuoto
che egli sente nella sua vita, e all’assenza nella sua infanzia di una figura paterna che
fornisca regole e norme comportamentali.

Il secondo episodio (La morte di mio padre) è appunto incentrato sulla figura del padre di
Zeno. Il protagonista-narratore analizza il difficile rapporto con il genitore, che non riesce a
identificare come figura di riferimento e guida. Zeno infatti non ha mai tentato di stabilire un
rapporto affettivo e di reciproca intesa con il padre. Quando quest'ultimo è colto da paralisi, il
figlio, in cerca di approvazione e giustificazione, prova ad accudirlo prima che sia troppo
tardi. Ma durante la notte, il padre viene colpito da un edema cerebrale. Ormai incapace di
intendere e volere l’uomo è destinato a morte certa, e Zeno spera, per evitare ulteriori
sofferenze al padre e soprattutto fatiche per se stesso, in una fine rapida e indolore.
Nell’estremo momento della morte in un gesto incontrollato il padre schiaffeggia il figlio, per
poi spegnersi; gesto che segnerà irrimediabilmente il protagonista e ne orienterà tutti i
malcelati tentativi di spiegare quel gesto, o di giustificare il proprio atteggiamento.
Terzo evento del romanzo (La storia del mio matrimonio) è la storia del matrimonio di
Zeno. Il protagonista, dopo aver conosciuto Giovanni Malfenti, uomo d’affari triestino, inizia a
frequentare la sua casa e la sua famiglia. Zeno si innamora di una delle quattro figlie di
Malfenti, Ada, la più bella, che però è innamorata di un altro, Guido Speier. Il protagonista si
dichiara ad Ada, da cui viene rifiutato. Si rivolge allora anche alle tre sorelle con la stessa
proposta di matrimonio, ma tale proposta viene accolta solo dalla meno affascinante,
Augusta, che tuttavia sa garantire all’uomo un matrimonio borghese ed apparentemente
felice, dato che entrambi i coniugi vedono realizzati i loro desideri inconsci (e cioè, trovare
una seconda "madre" per il protagonista, o trovare un marito per Augusta). In questo
capitolo il personaggio appare come l’inetto dei due romanzi precedenti (Una vita e Senilità):
immerso nelle sue fantasie, viene trascinato dagli eventi senza essere in grado di scegliere.

Il quarto episodio della vita di Zeno è la storia dell’amante (La moglie e l'amante): in un
desiderio di conformarsi a un costume sociale il protagonista trova una giovane amante,
Carla. La relazione con la donna si rivela ambigua per Zeno, che da una parte non vuole far
soffrire la moglie, mentre dall’altra è attratto dall'esperienza trasgressiva del tradimento
coniugale. La storia con Carla (nei confronti della quale Zeno prova sia desiderio che senso
di colpa) si conclude, tuttavia quando la ragazza, stanca delle contraddizioni del
protagonista, sposa il suo insegnante di canto, mentre Zeno ritorna dalla moglie incinta. In
Storia di un’associazione commerciale si assiste invece al fallimento dell’azienda messa in
piedi da Zeno e Guido, marito di Ada, a causa dello sperpero del patrimonio da parte di
quest’ultimo. Guido, dopo due tentativi di suicidio simulati per avere ulteriore denaro dalla
moglie e salvare così l'impresa, riesce erroneamente a uccidersi. Zeno, dopo aver sbagliato
corteo funebre, riscuote successo negli affari, ma ciò non serve a conquistargli le simpatie di
Ada, che ormai lo disprezza e parte per il Sudamerica.

Infine nell’ultimo episodio, intitolato Psico-analisi, Zeno riprende, dopo sei mesi di
interruzione, a scrivere le sue memorie, per ribellarsi al medico, esprimendo il suo disprezzo
e il suo rifiuto per la psicoanalisi. Ma in questo ultimo atto si rende conto che la malattia
interiore di cui si sentiva vittima e da cui riesce a curarsi è una condizione comune a tutta
l’umanità e che coincide con il progresso del mondo intero. Il romanzo si conclude con una
drammatica profezia di un’esplosione che causerà la scomparsa dell’uomo dalla faccia della
Terra.

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