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ALESSANDRO MANZONI

L’autore
Alessandro Manzoni nasce a Milano nel 1785 da nobile famiglia. La madre è Giulia Beccaria, figlia
dell’intellettuale illuminista Cesare Beccaria. Dopo gli studi compiuti in collegi religiosi, frequenta gli
ambienti colti lombardi e si avvicina alle idee illuministiche divenendo anticlericale. Nel frattempo
Giulia, separatasi dal marito, va a convivere a Parigi con il conte Carlo Imbonati, che morirà nel 1805.
A questo periodo risalgono alcune opere poetiche di modello neoclassico e mitologico del giovane
Manzoni, tra cui l’ode In morte di Carlo Imbonati, scritta in occasione della scomparsa del conte. Nello
stesso anno Alessandro, ventenne, raggiunge la madre a Parigi, dove, attraverso l’amico Claude
Fauriel, si accosta alle idee romantiche e dove conosce la ginevrina Enrichetta Blondel, di religione
calvinista, che sposa nel 1808. Nel 1810 rientra a Milano e nello stesso anno, dopo aver affrontato con
serietà morale e intellettuale il problema religioso, ritorna con convinzione profonda al cattolicesimo,
a cui si era intanto convertita anche la moglie. Da quel momento tutta la produzione manzoniana è
sempre ispirata da un profondo senso religioso, unito agli ideali di libertà e giustizia appresi nel
soggiorno parigino. Il nuovo sentimento religioso trova espressione negli Inni sacri (1812-1815), nelle
tragedie Il conte di Carmagnola (1820) e Adelchi (1822), mentre le due odi, Marzo 1821 e Il cinque
maggio sono ispirate agli ideali politici e civili. Nel 1821 Manzoni inizia il romanzo che viene terminato
nel 1823 con il titolo di Renzo e Lucia e che sarà pubblicato con il titolo Gli Sposi promessi. Nel 1827
pubblica il romanzo con il titolo I promessi sposi (chiamata l’edizione ventisettana). Dopo questa
pubblicazione si reca per un certo periodo a Firenze per procedere a una revisione linguistica del suo
lavoro che si conclude nel 1840 (è la definitiva edizione quarantana), e che esce a dispense tra il 1840
e 1842. La vita di Manzoni è rattristata da gravi lutti: la morte della moglie (1833), di otto dei suoi dieci
figli, e della seconda moglie Teresa Borri. Nel 1861 è eletto senatore a vita e fa parte della commissione
parlamentare sulla lingua, nell’ambito della quale scrive una relazione intitolata Dell’unità della lingua
italiana e dei mezzi di diffonderla. Muore a Milano nel 1873.

L’opera: i promessi sposi


I promessi sposi è l’opera più significativa del Romanticismo italiano e rappresenta l’espressione
definitiva della concezione manzoniana della vita, del dolore, della morte. I promessi sposi è la sua
opera principale, ambientata nel 1600 ed ha un lieto fine. È inoltre un romanzo storico, infatti spesso
si trovano dei flash storici. La trama del romanzo si accentra intorno a Lucia e a Renzo, i due «promessi
sposi», umili popolani di un piccolo paesino sulle rive del lago di Como, contro i quali si accanisce la
malvagità di personaggi potenti. Il loro matrimonio è impedito dalla volontà del signorotto locale, don
Rodrigo, che si è invaghito della ragazza. Renzo e Lucia tentano in vari modi di sfuggire a questa
imposizione, ma alla fine sono costretti a fuggire dal paese, con l’aiuto di fra Cristoforo. Mentre Lucia
viene accolta in un monastero di Monza, dove incontra «la signora», una monaca potente e infelice
costretta al convento dalla volontà del padre, Renzo va a Milano, sconvolta dalla carestia e in preda ai
disordini; in seguito si lascia coinvolgere dai discorsi dei più facinorosi, e sfugge al carcere, ma su di lui
pesa una condanna a morte. Riesce a riparare a Bergamo, mentre don Rodrigo ottiene
l’interessamento di un potente, il cosiddetto Innominato, che fa rapire Lucia con la complicità della
«signora» e la porta nel suo castello, dove l’innocenza e la fede della giovane Lucia provocano nel suo
animo l’acuirsi di una crisi che culmina con la conversione. Intanto la città è investita dalla peste, che
mieterà tra le sue vittime lo stesso don Rodrigo.

Lucia si ammala e viene portata al lazzaretto: lì, ormai guarita, incontrerà Renzo, anch’egli risparmiato
dal morbo. I due giovani si potranno sposare e il romanzo si conclude a lieto fine.
Accanto ai due protagonisti vi è molta altra gente del popolo tra cui: Agnese, madre di Lucia; Perpetua,
la domestica di don Abbondio, il parroco del paese che per viltà finisce con l’essere involontariamente
alleato del signorotto don Rodrigo. Contro le mire di questo personaggio, ambizioso e prepotente,
appoggiato dal cugino Attilio e protetto dal Conte zio, si schiera fra Cristoforo, convertito e divenuto
frate, la cui figura severa e austera rappresenta la coscienza cristiana illuminata dalla luce di Dio. Sullo
sfondo c’è il Seicento, con i suoi grandi personaggi ricavati dalla storia, tra cui l’Innominato e il
cardinale Federigo Borromeo, con gli eserciti stranieri che scorrazzano per l’Italia e la depredano, con
i signorotti che la governano attraverso decreti e ordini autoritari e arbitrari, con le carestie, la fame,
la peste. Nei Promessi sposi il Manzoni realizza quella poetica che aveva teorizzato nei suoi scritti. Cioè
l’opera d’arte per essere tale deve avere:
- il vero per oggetto: l’artista deve trarre ispirazione dalla realtà e non dalla mitologia o dalla storia
letteraria; i personaggi e i luoghi del romanzo sono o storici (cioè realmente esistiti, come il
cardinale Federigo Borromeo) o verisimili (cioè immaginati, ma vicini alla realtà, come Renzo e
Lucia);
- l’utile per scopo: l’opera d’arte deve divenire utile introducendo nella società la moralità e la
civiltà. Questo concetto dell’utilità dell’arte, ricavato dall’Illuminismo, fu molto avvertito in Italia,
dove i romantici ebbero forti ideali patriottici e sentirono la necessità di diffonderli fra il popolo;
troviamo il tema del romanticismo legato a quello del cristianesimo per via della sua conversione.
Inoltre, troviamo anche temi patriottici, come l’unificazione d’Italia.
- l’interessante per mezzo: per attrarre l’attenzione del lettore l’opera d’arte deve essere arricchita
da elementi fantastici o sentimentali che ne costituiscono l’elemento piacevole anche se la trama
racconta fatti drammatici. È questa la più autentica ispirazione romantica, alla quale guarderanno
innumerevoli scrittori di romanzi lungo tutto l’Ottocento. Per diffondere i loro principi
utilizzeranno la propaganda illuminista, ma con diversi contenuti.
Manzoni scegli3 il 1600 e la situazione in Italia per far vedere la difficoltà economica e politica dell'Italia
sotto la dominazione spagnola. Voleva quindi far risaltare la bellezza di un Italia indipendente. Quindi
già qua vediamo un aspetto patriottico. Nel romanticismo vediamo come vengano risaltati gli umili,
piuttosto che i nobili, ed è la prima volta nella storia. I protagonisti infatti non sono re, regine o principi,
ma gli ultimi della classe sociale e proprio per questo motivo Manzoni diventa un modello della
scrittura. Nel 1800 si voleva abbassare l’analfabetizzazione e per questo Manzoni decide di scrivere
dei testi proprio su questa categoria di persone. Gli umili credono molto nella divina provvidenza.
Pensano infatti che se finiscono nei guai è perché sono andati fuori dal limite del bene ed hanno
trasgredito agli insegnamenti ricevuti. Vediamo come Manzoni nei suoi testi ha un atteggiamento
critico verso le alte classi sociali e li mette quasi in ridicolo. Non giustifica infatti i potenti con un
pretesto storico. Infatti, la sua idea è che un individuo risponde del proprio incidere nella storia
nonostante le difficoltà che incontra. Manzoni infine crea un parallelismo tra la dominazione dell’Italia
degli spagnoli nel 500 e quella degli austriaci nelll’800.
Fra Cristoforo
Il racconto si apre con Fra Cristoforo, portatore di Cristo, che va a casa di Lucia, poiché si era preso a
cuore la vicenda. Fin da subito viene descritto come un uomo sulla sessantina, molto umile, che non
era nato santo, ma che lo è diventato. Era un uomo serio ed altero. Troviamo una metafora dei suoi
occhi. Vengono paragonati ad un cocchiere che conduce dei cavalli imbizzarriti. Infatti, ogni tanto si
vedeva un lampo di vivacità. Tramite un flashback viene descritto il suo passato. Il suo nome di
battesimo era Lodovico, figlio di un mercante che dopo aver lavorato per tutta la vita, smette e si dà
alla nobiltà. Il mercante si vergognava del suo passato, infatti non permetteva a nessuno di parlarne.
Era circondato da persone che lo elogiavano, ma che non potevano mai dire ciò che pensavano
veramente. Manzoni fa un commento da narratore esterno, poiché vediamo come sia un narratore
onnisciente. Il commento esterno è una cosa che fa spesso. Il mercante si vergognava di vendere, ma
Manzoni l’aveva comparato a comprare. Fa di Lodovico un nobile. Il padre muore presto e lui si trova
da solo. Per tutta la sua vita era stato abituato ad essere superiore, e una volta che entra a far parte
di una cerchia più alta, si trova al pari di tutti gli altri, e questo lo porta a isolarsi poiché non si sente
più importante. Si mette quindi in competizione con loro. Odiava i loro atteggiamenti verso i più
deboli, quindi lui cercava di proteggerli, ma rispondeva alla violenza con altra violenza. Inizia così ad
essere il protettore degli oppressi e il vendicatore dei torti. Inizia quindi a circondarsi di criminali per
proteggersi, ma la situazione non gli piaceva. Pensa quindi di farsi frate, poiché era il modo più
semplice per fuggire. Avviene poi un flashforward, in cui ci viene mostrato un momento della vita di
Lodovico molto importante. Era con un altro uomo, Cristoforo, che era sempre stato un amico di
famiglia. Stavano girando con i bravi, fino a quando incontrano un altro brav'uomo, con i bravi a
seguito. Secondo un'antica usanza Cristoforo non si sarebbe dovuto spostare dalla strada per dare la
precedenza, ma secondo l’altro uomo l’avrebbe dovuto fare poiché di una classe sociale inferiore.
Iniziano così a scontrarsi con insulti, fino a quando tirano fuori le daghe. Lodovico non mirava ad
uccidere, ma voleva solo schivare. Cristoforo colpisce il brav’uomo, il quale risponde uccidendolo.
Lodovico d’istinto lo uccide. Si trova quindi con i due cadaveri tra la folla, la quale gli suggerisce di
scappare. Lodovico sviene e viene condotto dalla folla in una chiesa di cappuccini. Quando si riprende
si trova nell’infermeria della chiesa. Il frate gli dice di consolarsi perché Cristoforo era morto con onore.
Per il gentiluomo invece gli dice di avere un'angosciosa compassione. I duelli per le strade avvenivano
spesso, ma questo colpisce Lodovico perché aveva ucciso una persona e perché qualcuno si era
sacrificato per lui.
In questo testo Manzoni ci vuol far vedere diversi aspetti:
- Ci fa vedere cosa prova il protagonista
- Ci fa notare come già in questo testo Lodovico sia un personaggio a tutto tondo, poiché ha
avuto dei cambiamenti, che non vuol dire cambiare la propria persona, infatti Fra Cristoforo
rimane sempre Lodovico, ma un Lodovico completo
Fra Cristoforo e Don Rodrigo
Fra Cristoforo dice a Lucia che andrà lui da Don Rodrigo. Così mentre cammina per arrivare al suo
castello, inizia a pensare cosa avrebbe potuto dirgli una volta incontrato. Si vedono e Fra Cristoforo è
cordiale, mentre Don Rodrigo risponde in malo modo e prosegue con l’arroganza. Iniziano a parlare
del passato del frate e gli dice che faceva ciò per espiare i peccati passati. A quel punto Lodovico
inizia ad uscire fuori e risponde a sua volta in modo arrogante. Comunque si trattiene e corregge le
frasi che gli venivano fuori dal profondo, un tempo non si sarebbe trattenuto, ma ora in sé c’è Don
Cristoforo che funge da cocchiere. Ora alla violenza non risponde più con altra violenza, ma sempre
con umiltà, decide di togliergli le colpe e gli parla della coscienza e dell’onore. Don Rodrigo gli
risponde che della sua coscienza ne parla con il suo confessore e che lui era il custode del proprio
onore. Qui Fra Cristoforo capisce di aver superato i limiti e decide di mordersi la lingua, mostrarsi
sottomesso ed abbassare i toni. Don Rodrigo inizia a prenderlo a parole, ma Fra Cristoforo non si
abbatte, perché sapeva che il suo scopo era più importante del suo onore, poiché per lui, in quel
momento, la cosa più importante era salvare Renzo e Lucia. Don Rodrigo gli risponde che rispettava
il suo vestito, ma non lui come persona, poiché si stava intromettendo in cose che non lo
riguardavano. Gli dice di mettere da parte il suo orgoglio, poiché si, era potente, ma dopo la morte
tutti avrebbero fatto la stessa fine. Gli dice che se lui era la, era per volere di dio, che cercava di
salvarlo dalle sue grandi colpe. Don Rodrigo fa per andarsene, ma Fra Cristoforo si mette davanti.
Allora a questo punto il padrone di casa gli fa una proposta, poiché tutti e due tenevano tanto a
lucia, sarebbe potuta rimanere da lui, così da garantirgli protezione. In questo modo avrebbe vinto la
scommessa fatta in precedenza. A quel punto Don Rodrigo Non sente più ragioni ed esce Lodovico,
guidato dal primo. Ora non ha più paura di lui poiché ha capito che non vale nulla come persona,
mette la mano come per prendere la daga in un duello, ma ora lì non c’era più niente. Pronuncia il
nome di Lucia, per far capire che la conosce davvero e perché magari qualcuno poteva sentire, gli
dice che ha ignorato i segnali di dio e che sarebbe arrivata la sua fine, poiché verrà il giorno in cui
morirà. Davanti ad una premonizione divina Don Rodrigo si spaventa, ma poi gli afferra la mano e il
frate ascolta in silenzio, con la testa bassa. Gli dice che doveva essere grato alla veste che non gli
facesse quello che meritava. Fra Cristoforo se ne va.

Dal testo vediamo come più di una volta Fra Cristoforo abbassi il capo e questo ci fa chiedere se è un
sottomesso:

- No, perché ha sempre detto la sua idea


- No, perché ha deciso di chinare il capo per rispetto
- No, perché il sottomesso è colui ha paura e Fra Cristoforo non ce l’ha

Nel testo vediamo anche un momento in cui Fra Cristoforo non riesce più a trattenersi e le sue parole
escono con facilità. Questo accade quando Don Rodrigo Inizia a parlare di Lucia. Succede perché Lucia
era una persona a cui Fra Cristoforo era molto legato, gli insulti su di lui non gli pesavano perché era
consapevole di essere un poveretto, ma non riusciva a rimanere indifferente alle ingiustizie verso le
persone care o più deboli, come possiamo già vedere nel suo passato.
La tragica notte di due disperati
L’innominato fa uscire Lucia dal convento e la rapisce. Questo gesto lo compie per fare un favore a
Don Rodrigo. Va nella stanza della serva, nel testo chiamata: “vecchia”. Li vede Lucia rannicchiata in
un angolo della stanza. L’innominato gli ordina di alzarsi, ma lei non lo fa, pensando che l’avrebbero
uccisa. Non erano però queste le intenzioni dell’uomo. Infatti, il giorno seguente avrebbe dovuto
consegnarla a Don Rodrigo. Lucia era una donna molto credente e quindi, durante la discussione
nomina Dio. Qui vediamo l’innominato infuriarsi, perché secondo il suo parere solo i deboli e coloro
che non sapevano difendersi da soli nominavano Dio e la sua volontà. In questo momento la
situazione si ribalta poiché era lucia che faceva delle domande riguardanti il suo rapimento. Inizia a
chiedergli di liberarla e che Dio avrebbe perdonato questo fatto, poiché era pieno di misericordia, gli
chiede anche di riportarla da sua madre. L’innominato avrebbe voluto che lei avesse fatto qualcosa
di male, qualche torto, così da sentirsi più sollevato e addirittura godere da quella situazione. Lucia
capisce che nell’innominato stava succedendo qualcosa per via dell’esitazione dell’uomo. Lei pensa
che sarebbe morta lì e dice all’innominato che anche lui un giorno avrebbe fatto la stessa fine, ma
avrebbe pregato per lui, per la sua morte. Così l’innominato risponde con una tale dolcezza che stupì
anche la vecchia. L’innominato non la libera ma pensa al domattina. L’innominato se ne va e ordina
alla vecchia di dar da mangiare a Lucia e di farla dormire in un posto comodo. La ragazza era curiosa
di sapere della vita dell’innominato e quindi lo domanda alla vecchia, la quale risponde con gelosia,
dicendo che la ragazza veniva trattata bene, mentre lei veniva trattata male, solo con insulti, senza
un minimo di riconoscenza per il lavoro svolto durante gli anni. La vecchia guarda Lucia solo come un
intralcio per il suo pasto e il suo letto e non per quello che è veramente, una povera ragazza rapita e
tenuta prigioniera. Con questi personaggi Manzoni ci vuol far notare una grande differenza, la
differenza di chi guarda e scava nella superficie e di chi decide di rimanere superficiale e darsi
all’indifferenza. Lucia soffre delle grandi pene e la vecchia crede di aiutarla, ma non l’aiuta con le
cose di cui ha realmente bisogno; quindi, tra le due si instaura un'incomunicabilità. Decide di non
andare a letto e di rimanere nel suo angolo. In quel momento non riesce a dormire perché è in uno
stato di smarrimento e confusione, ripensa alle sue ingiustizie. Riesce ad addormentarsi, ma subito
dopo si risveglia ed è piena di domande, tanto da desiderare di morire. In quel momento si ricorda
che gli rimaneva ancora la sua fede e quindi decide di iniziare a pregare, le ritorna la speranza,
poiché credeva nella visione provvidenziale. Questo si differenzia dall’ottimismo, poiché anche in
una situazione buia si riesce a trovare qualcosa che fonda e da un senso alla speranza. Decide di
pregare la vergine Maria, colei che ha pregato altre volte, decide di offrirle in cambio la cosa più
preziosa che aveva, ovvero l’amore per Renzo e quindi fa voto di diventare suora. Sente parole di
salvezza nella frase dell’innominato che dice Domattina e quindi cade in un sonno perfetto.

Il secondo disperato del racconto è l’innominato che a differenza di Lucia non si è mai affidato alla
fede, ma solo a sé stesso e al suo potere. SI domanda il perché ha voluto vedere lucia, fa il sostenuto
e si domanda perché Lucia l’aveva colpito più delle altre donne, poiché ne aveva sentite già altre
nella sua vita. Capisce che questa cosa non era mai successo. Una serie di ossimori: molesta pietà,
rabbia di pentimento, lo tirano fuori dall’immagine che si era costruito di sé. Cerca di cercare nelle
esperienze passate qualcosa di simile, lo fa per darsi forza, ma genera l’esatto contrario. Inizialmente
vuole cancellare la reazione di pietà, cerca di liberarsene pensando ad altro, ma poi capisce che
grazie a quella pietà si sente meglio. Per un momento pensa di chiedere perdono, ma poi pensa che
sono solo sciocchezze che è andato a pensare. Non trova qualcosa che lo occupi così da non pensare,
anzi, così facendo ottiene l’effetto contrario, poiché pensa anche al male passato compiuto. Quelli
che prima erano i suoi desideri, ora non avevano niente di desiderabile. Pensa ai suoi bravi e a cosa
avrebbe potuto dire. Prova ancora a farsi qualche domanda, ma poi si convince. Si crea quindi un
nuovo lui che giudica il vecchio per le atrocità commesse e non capisce nemmeno lui perché le ha
commesse. Ora lui non è più schiavo dei suoi vecchi sentimenti. Ora è libero, non di scegliere, ma di
aderire al bene e al vero. Per l’innominato la sguardo di Lucia è stato l’evento che gli ha cambiato il
modo di vedere la vita, per questo, difronte ad un fatto così impattante, è cambiato così
velocemente. Pensa alla ragione del perché ha fatto tutto quel male, ma si rende conto che non c’è.
Questo lo porta a pensare al suicidio. Si sente la vita pesante e inizia a pensare al mondo dopo di lui,
si immagina i suoi nemici gioiosi che godono della sua morte. Inizia a pensare alla vita dopo la morte,
di come non gli avrebbe portato sollievo perché probabilmente sarebbe stato giudicato. Decide
quindi di lasciare la pistola e decide anche che nella sua vita avrebbe compiuto buone azioni così che
Dio sarebbe stato clemente e lo avrebbe giudicato in un altro modo. Aspetta trepidamente la
mattina per liberare Lucia e cerca di passare il tempo durante la notte. Pensa di tornare indietro, ma
poi capisce che è meglio il lui nuovo, ma comunque rimane tormentato. Capisce che da solo una
coscienza così complessa di sé non riesce a sopportarla e che aveva bisogno di qualcuno. La mattina
seguente, affacciatosi alla finestra del castello vede persone di tutte le età che si divertivano e
tenevano compagna tra di loro. L’innominato non riesce a cogliere la fonte della gioia di quelle
persone così diverse tra loro, così sente il bisogno di avvicinarsi, immagine che riporta al bisogno di
avvicinarsi a Dio.

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