Sei sulla pagina 1di 12

I PROMESSI

SPOSI
LA VICENDA EDITORIALE
• nel 1821 Manzoni si accinge a scrivere un romanzo storico ambientato nella Lombardia del Seicento avendo come
punto di riferimento i romanzi di Walter Scott e documenti del Seicento che riguardano la carestia e la peste.
• Il 24 aprile 1821 dà inizio alla stesura del romanzo. Il titolo prescelto è quello di Fermo e Lucia . Il romanzo si compone di
37 capitoli in 4 tomi. Manzoni introduce la vicenda simulando il ritrovamento di un manoscritto seicentesco. L’opera è
accompagnata dall’Appendice storica su “la colonna infame” in cui l’autore ricostruisce il processo ai presunti untori
avvenuto durante la peste del 1630. Il testo è noto anche come prima minuta.
• Nel marzo del 1824 Manzoni, insoddisfatto del lavoro, comincia una lunga fase di correzione e modifica e una lunga
revisione linguistica.  Manzoni riprende il lavoro e riscrive il testo della prima minuta: è la versione chiamata seconda
minuta.
Affida la nuova stesura del romanzo a un copista che ne trae una bozza da consegnare prima alla censura e poi allo
stampatore: è la cosiddetta copia della censura.
• Nel 1827 l’opera viene diffusa tra il pubblico, donde il nome di ventisettana.
Il romanzo, nuovo rispetto al Fermo e Lucia, ha come titolo provvisorio Gli Sposi Promessi, poi sostituito con I promessi
Sposi.
• Nello stesso anno Manzoni decide di attuare una revisione linguistica al romanzo definita dallo stesso scrittore “ la
risciacquatura in Arno” del romanzo.
• Nel 1840 Manzoni conclude la revisione e dà avvio all’edizione definitiva, denominata perciò quarantana. L’edizione
definitiva é caratterizzata da una lingua viva, il fiorentino corrente affinché il romanzo sia alla portata di un pubblico più
vasto possibile. 
LA TRAMA
L’autore dichiara, nell’Introduzione, di aver ritrovato un manoscritto seicentesco (una finzione letteraria) nel quale
un anonimo narratore di quel tempo racconterebbe una vicenda svoltasi nei territori del Ducato di Milano e di
averlo pubblicato traducendolo in linguaggio moderno.
Dopo questa premessa apre la vicenda l’incontro tra Don
Abbondio e due bravi i quali intimano al sacerdote di non celebrare le nozze fra Lucia Mondella e Renzo
Tramaglino. Renzo, inizialmente, cerca l’aiuto di un avvocato soprannominato Azzeccagarbugli e tenta inutilmente
di sposarsi entrando di sorpresa nell’abitazione di don Abbondio insieme a Lucia e due testimoni di fortuna. Il
tentativo fallisce proprio mentre i bravi cercano di rapire Lucia; la coppia, con l’aiuto di Fra Cristoforo, si separa e si
rifugia fuori dal paese: Renzo si reca a Milano, mentre Lucia, insieme alla madre Agnese trova ospitalità nel
convento della monaca di Monza. Renzo si trova coinvolto nella rivolta popolare causata dalla carestia ed è
costretto a rifugiarsi dal cugino Bortolo presso Bergamo. 
Lucia viene invece rapita da un nobile e malfattore, l’Innominato per conto di don
Rodrigo. Nel castello dell’Innominato Lucia fa voto alla Madonna, offrendole la propria verginità in cambio della
salvezza. L’Innominato però inaspettatamente si converte e, una volta liberata, Lucia é accolta come ospite nella
casa di don Ferrante e donna Pressede a Milano. Dopo la carestia, a Milano si diffonde la peste, portata dai
mercenari imperiali detti lanzichenecchi. Renzo dopo varie disavventure si reca a Milano e entra nel Lazzaretto
dove sa che è stata ricoverata Lucia. Renzo è indotto da fra Cristoforo a perdonare don Rodrigo morente e può
ritrovare la promessa sposa, ormai guarita dalla malattia. Dopo lo scioglimento del voto di Lucia da parte di fra
Cristoforo, il romanzo si conclude con il matrimonio.
Discutendo fra loro, Renzo e Lucia si domandano quale sia stato il senso della loro vicenda; ne ricavano, infine,
il cosiddetto “ sugo della storia”, le conclusioni che si fondano sulla necessità di aver fede in Dio e sulla fiducia che i
guai diventano comunque utili per una vita migliore . 
SISTEMA DEI PERSONAGGI
È costituito dai personaggi e dai loro rapporti reciproci che, nel caso dei Promessi
sposi, sono guidati da due azioni fondamentali, opprimere o essere oppressi.
OPPRESSI OPPRESSORI

Renzo Lucia L’Innominato Don Rodrigo

AIUTANTI (POSITIVI) AIUTANTI (NEGATIVI)

Fra Cristoforo Cardinale Borromeo Don Abbondio La monaca di Monza


I personaggi sono delineati anche sul piano della religiosità:
• La chiesa popolare, buona e militante: padre Cristoforo
• La chiesa che si fa strumento di oppressione: la monaca di Monza 
• Il mondo popolare e borghese: Renzo, Lucia, don Abbondio e padre Cristoforo
• Il mondo nobiliare: don Rodrigo, l’Innominato, Gertrude, il cardinale Borromeo

LA NOVITA’:
Manzoni colloca accanto a personaggi storici realmente esistiti ( ad es il cardinale
Federigo Borromeo e la monaca di Monza), personaggi di invenzione, quali Renzo
e Lucia. La
principale innovazione del romanzo manzoniano sta nel rendere protagonisti
della narrazione due personaggi umili: un artigiano tessitore e un’operaia di
filanda.
Ci sono due protagonisti : Renzo Tramaglino e Lucia Mondella, c’è un
antagonista, c’è infine la risoluzione della vicenda attraverso la morte
dell’antagonista.
ANALISI DEI PERSONAGGI
Ogni personaggio ha una propria vicenda interiore, indagata con un’analisi sottile in grado di interpretarne i sentimenti
con sensibilità tipicamente romantica.
RENZO è onesto e laborioso, ha inizialmente un carattere irruente e ribelle, che lo porta a entrare in contatto con il
male; supera poi l’illusione di potersi fare giustizia da sé e accetta la volontà divina.
LUCIA è semplice, casta, rispettosa degli insegnamenti religiosi, prima di ogni elemento passionale e erotico, autentico
modello di ideale di donna cristiana.
DON RODRIGO è un superbo aristocratico che per una scommessa vuole impedire il matrimonio tra i due amanti.
LA MONACA DI MONZA si rende complice di don Rodrigo nel rapimento di Lucia. la sua storia è il risultato di diversi
momenti di violenza psicologica e verbale esercitati dalla famiglia della nobiltà milanese, e in particolare del padre, che
la spinge alla vita monacale. 
PADRE CRISTOFORO frate cappuccino che dopo aver vissuto personalmente la violenza e il peccato, si dedica con
esemplare carità all’assistenza dei sofferenti.
FEDERIGO BORROMEO si dedica ad un’attività benefica e caritativa e favorisce la conversione dell’innominato e la
liberazione di Lucia.
DON ABBONDIO è un personaggio ambiguo, carico di debolezze e per questo definito “un vaso di coccio” cioè un
essere umanamente debole, pauroso e pusillanime.
IDEOLOGIA POLITICA
Nel romanzo è esplicita una concezione politica che
sviluppa una critica su due fronti: del malgoverno dei
potenti e della demagogia che alimenta la violenza
irrazionale delle folle.
Manzoni sceglie come periodo storico il Seicento
perché è simbolo dell’arroganza del potere e anche
una metafora universale della conduzione di
sofferenza degli uomini e soprattutto dei deboli il cui
cammino del mondo è sempre travagliato.
Essi però possono trovare la via del
riscatto e della salvezza nella fede: il cristianesimo
non promette solo la felicità ultraterrena ma anche la
possibile conquista del bene.
MORALISMO
Il pensiero manzoniano è incentrato sulla fede
cristiana e sulla centralità del vero.
Manzoni conclude che i guai, cioè gli eventi negativi,
accadono talvolta perché li andiamo a cercare ( e
servono allora a farci capire i nostri errori); essi
possono però colpire anche le persone più innocenti;
in ogni caso la fiducia in Dio li addolcisce, e li rende
utili per una vita migliore ( in questo mondo o
nell’aldilà )
Il tema fondamentale da cui prende avvio la
riflessione di Manzoni riguarda l’interrogativo sulla
sofferenza e sul male: il messaggio pessimistico delle
opere precedenti viene trasformato in una più serena
visione dell’esistenza terrena.
LA QUESTIONE DELLA LINGUA
Manzoni si è lungo dibattuto sul tema della lingua, infatti per il suo romanzo,
voleva una lingua che fosse facilmente comprensibile e non più legata alla
tradizione aulica e destinata a chi aveva una certa formazione culturale.
Lamenta le difficoltà che la lingua italiana oppone alla scrittura di un
romanzo, difficoltà che derivano dalla mancanza di costrutti e specialmente
da un “codice” che consenta a chi legge di comprendere chi scrive.
Manzoni desidera trovare uno strumento comunicativo che sia biunivoco.
Nella stesura del Fermo e Lucia utilizza una lingua di compromesso, costituita
da una base di toscano letterario, arricchito da apporti della parlata viva e da
termini francesi.
Nei Promessi Sposi trova definitivamente la soluzione alla questione della
lingua: la lingua unitaria, quella da usare sia in letteratura che nella vita sociale
e il fiorentino delle persone colte, non la lingua morta dei libri del Trecento e
del Cinquecento, come volevano i puristi, ma lingua viva, parlata ed attuale
CONCLUSIONE PROMESSI SPOSI: capitolo XXXVIII
paradiso domestico e promozione sociale
Gli affari andavan d'incanto: sul principio ci fu un po' La conclusione dei Promessi Sposi è uno dei punti
d'incaglio per la scarsezza de' lavoranti e per lo sviamento e nodali del romanzo, in cui convergono le sue linee
le pretensioni de' pochi ch'eran rimasti. Furon pubblicati Tematiche fondamentali. Giunge innanzitutto al termine
editti che limitavano le paghe degli operai; malgrado
La travagliata vicenda dei due promessi
quest'aiuto, le cose si rincamminarono, perché alla fine
bisogna che si rincamminino. Arrivò da Venezia un altro con la celebrazione del matrimonio che era stato impedito
editto, un po' piú ragionevole: esenzione, per dieci anni, da all’inizio.
ogni carico reale e personale ai forestieri che venissero a
abitare in quello stato. Per i nostri fu una nuova cuccagna. Manzoni utilizza un tono colloquiale
Prima che finisse l'anno del matrimonio,
venne alla luce una bella creatura; e, come se fosse fatto
apposta per dar subito opportunità a Renzo d'adempire Renzo è diventato un piccolo imprenditore :
quella sua magnanima promessa, fu una bambina; e potete La finalità di Manzoni è riscattare la borghesia che avrebbe
credere che le fu messo nome Maria. Ne vennero poi col Fatto l’unità d’Italia
tempo non so quant'altri, dell'uno e dell'altro sesso: e
Agnese affaccendata a portarli in qua e in là, l'uno dopo
l'altro, chiamandoli cattivacci, e stampando loro in viso de' Renzo capisce che l’istruzione è strumento
bacioni, che ci lasciavano il bianco per qualche tempo. E di successo e promozione sociale;
furon tutti ben inclinati; e Renzo volle che imparassero tutti l’ignoranza condanna alla subalternità e all’arretratezza
a leggere e scrivere, dicendo che, giacché la c'era questa
birberia, dovevano almeno profittarne anche loro.
Il bello era a sentirlo raccontare le sue avventure: e finiva Iterazione, sembra quasi una filastrocca (morale negativa)
sempre col dire le gran cose che ci aveva imparate, per
governarsi meglio in avvenire. "Ho imparato," diceva, "a Renzo pensa ancora che l’uomo possa con le sue virtù
non mettermi ne' tumulti: ho imparato a non predicare in
controllare il reale con sapiente calcolo razionale
piazza: ho imparato a guardare con chi parlo: ho imparato a
non alzar troppo il gomito: ho imparato a non tenere in e porre riparo ai colpi della fortuna.
mano il martello delle porte, quando c'è lì d'intorno gente
che ha la testa calda: ho imparato a non attaccarmi un
campanello al piede, prima d'aver pensato quel che possa Lucia, che i guai l’hanno colpita anche senza andarseli a cercare,
nascere." E cent'altre cose. Lucia però, non lo porta a ragionare ed ella esprimerà il «sugo della storia».
che trovasse la dottrina falsa in sé, ma non n'era I due protagonisti acquisiscono una visione più matura
soddisfatta; le pareva, così in confuso, che ci mancasse della Provvidenza e arrivano a capire che anche le sventure
qualcosa. A forza di sentir ripetere la stessa canzone, e di possono essere provvidenziali, se affrontate
pensarci sopra ogni volta, "e io," disse un giorno al suo con la fiducia di Dio e possono essere utili per una vita migliore
moralista, "cosa volete che abbia imparato? Io non sono
andata a cercare i guai: son loro che sono venuti a cercar
me. Quando non voleste dire," aggiunse, soavemente Una vita migliore= una vita non chiusa nell’egoismo,
sorridendo, "che il mio sproposito sia stato quello di volervi ma aperta agli altri nella consapevolezza
bene, e di promettermi a voi.« Renzo, che la condizione terrena è uno stato doloroso,
alla prima, rimase impicciato. Dopo un lungo dibattere e
cercare insieme, conclusero che i guai vengono bensì
su cui il male incombe costantemente
spesso, perché ci si è dato cagione; ma che la condotta piú
cauta e piú innocente non basta a tenerli lontani; e che
quando vengono, o per colpa o senza colpa, la fiducia in Dio
li raddolcisce, e li rende utili per una vita migliore.
Questa conclusione, benché trovata da
povera gente, c'è parsa così giusta, che Apostrofe al lettore, il tono è colloquiale
abbiam pensato di metterla qui, come il
sugo di tutta la storia. La quale, se non v'è Non è un romanzo idilliaco perché Manzoni, data
dispiaciuta affatto, vogliatene bene a chi la sua concezione tragica della condizione umana,
l'ha scritta, e anche un pochino a chi l'ha considera falsa ogni rappresentazione idilliaca della
raccomodata. Ma se in vece fossimo realtà,
riusciti ad annoiarvi, credete che non s'è che ne escluda artificiosamente il negativo, il male e il
fatto apposta. dolore.

Potrebbero piacerti anche