Alessandro Manzoni ha impiegato ben ventuno anni della sua vita nella stesura del
romanzo di tutti i tempi, un’opera nata per deliziare, ma non solo. Uno degli obiettivi
dello scrittore milanese, è stato quello di creare un libro che potesse essere compreso
da una fascia di lettori molto ampia, uno scritto capace di dare informazioni
storiche e da cui poter trarre un insegnamento morale. A I promessi sposi va
conferito il merito di aver fatto cultura a ogni livello, trovando adattamento su diversi
piani di lettura e supportando la creazione di una lingua italiana unitaria.
L’Innominato
Il cardinale Federigo Borromeo
padre Cristoforo
Gertrude-La Monaca di Monza
I promessi sposi: l’Innominato
L’Innominato è un personaggio misterioso, nulla si conosce di lui, tanto da non dargli
né un nome né un cognome. Nasce come nemico, trasformandosi poi nella figura
determinante per lo svolgimento del lieto fine. Si legge dell’Innominato nel XIX
capitolo, quando don Rodrigo chiede allo strano figuro di aiutarlo a rapire Lucia. In
realtà L’Innominato ha un’identità ben precisa, sebbene il Manzoni non ne faccia mai
il nome. Secondo lo storico Cesare Cantù, Alessandro Manzoni crea il personaggio
ispirandosi a Francesco Bernardino Visconti dei Visconti di Brignano. Tale
informazione, viene fornita allo storico dallo stesso drammaturgo in un messaggio
fattogli pervenire:
“L'Innominato è certamente Bernardino Visconti. Per l'aequa potestas quidlibet
audendi ho trasportato il suo castello nella Valsassina. La duchessa Visconti si lamenta
che le ho messo in casa un gran birbante, ma poi un gran santo.”
Bernardino Visconti, feudatario di Brignano Gera d’Adda, nel 1596 è un bandito, capo
di ventisei bravi e si macchia di gravi fatti criminali. Viene soprannominato il conte
del sagrato, proprio come L’Innominato in Fermo e Lucia, per la malvagia abitudine
di far uccidere le sue vittime sul sagrato della chiesa. Nel 1619, in occasione della sua
visita pastorale, incontra il cardinale Federigo Borromeo, con il quale parla per circa
due ore. Questo è il momento della redenzione: finalmente il bandito comprende
tutti i suoi errori e si pente. Alessandro Manzoni quindi riprende tutto da Bernardino
Visconti per disegnare i contorni dell’Innominato, comprese le angherie commesse e
la voglia di riscatto. Dopo il rapimento di Lucia e una notte tormentata, L’Innominato
viene informato della visita del cardinale Borromeo e vuole parlargli:
“Gli voglio parlare: a quattr’occhi gli voglio parlare. Cosa gli dirò? Ebbene, quello che,
quello che… Sentirò cosa sa dir lui, quest’uomo!”
Ed ecco il pentimento: dalle tenebre alla luce.
I promessi sposi: il cardinale Federigo Borromeo
Il cardinale Borromeo arcivescovo di Milano, raccoglie la confessione
dell’Innominato, favorendo così la sua conversione…Alessandro Manzoni si ispira alla
reale figura di Federigo Borromeo, patriarca milanese, cugino di San Carlo, venerato
a sua volta come santo. Federigo diviene sacerdote nel 1580 e nominato cardinale nel
1587, usando nel frattempo i beni della casata per opere di elemosina, sino ad essere
nominato arcivescovo di Milano, dove tra l’altro potrà recarsi solo nel 1623 a causa
delle ostilità della Spagna nei suoi confronti. Durante la peste del 1630, la sua
presenza accanto agli ammalati è fondamentale, anche se non si astiene dal credere
agli untori e dal partecipare a riti di stregoneria. Ne I promessi sposi, il Manzoni elogia
la figura del cardinale, dal merito della conversione dell’Innominato, in seguito alla
quale Lucia viene liberata, alle sue opere buone fatte a favore delle vittime della
carestia. Ancora elogi per la figura del cardinale, in merito alla sua benevolenza
mostrata per gli ammalati di peste. Nessun riferimento a quanto di negativo, se così si
può chiamare, la storia narra di lui. Federigo Borromeo, nel romanzo, infatti,
rappresenta l’eccezione: l’unico personaggio potente, di cui il romanziere può
parlare bene, che non si risparmia nell’aiutare gli altri, al contrario dell’alta
aristocrazia, che all’interno della storia si macchia di gravi colpe.
I promessi sposi: Padre Cristoforo
Padre Cristoforo è la più importante figura religiosa de I promessi sposi, uomo di
carità e coraggio, che ricopre un ruolo importante nelle vicende cruciali della storia.
In Fermo e Lucia, il personaggio di padre Cristoforo è già presente, sotto il nome
di padre Galdino. Questo particolare avvalora la tesi secondo la quale il Manzoni, per
la creazione del personaggio, si sia ispirato a Cristoforo Picenardi, padre cappuccino
originario di Cremona e vissuto agli inizi del 1600, dalla gioventù decisamente
discutibile, proprio come il padre Cristoforo del romanzo, (il giovane Lodovico,
aristocratico difensore degli oppressi). Padre Picenardi presta la sua assistenza agli
ammalati del lazzaretto, dove a sua volta si ammala e muore di peste. Padre
Cristoforo è molto presente nel poema e soprattutto nei punti fondamentali e di
svolta della storia:
I promessi sposi: la Monaca di Monza
Gertrude, la Monaca di Monza, è nella realtà Marianna de Leyva, che nasce a Milano
in un nucleo famigliare di alto lignaggio. La data di nascita è presunta non esistendo
documenti comprovanti l’anno esatto dei suoi natali; unico concreto riferimento
viene dato dalla stessa monaca, che durante il processo ecclesiastico del 1607,
dichiara di avere 32 anni, quindi si presume che sia nata nel 1575. Marianna è la
primogenita di una famiglia che consta genitori molto influenti. Il conte Martin de
Leyva, padre della monca di Monza, dedica gran parte della sua vita alla carriera
militare, nominato giovanissimo, comandante di una compagnia di lance a Milano.
Quando compie 26 anni, sposa esclusivamente per interesse, la ricca Virginia Marina,
che sarà poi la madre della monaca. Virginia Marina è figlia del ricchissimo
finanziere Tommaso Marino, che nel 1558 fa costruire a Milano Palazzo Marino,
attualmente sede del Municipio della città meneghina. Virginia quando sposa Martin
è già vedova e dalla loro unione, circa un anno dopo, nasce Marianna. La bimba vive a
Palazzo Marino e di questo vi è una testimonianza certa nell’inventario redatto dal
notaio Giovanni Mazza nel 1576. Il notaio fa un chiaro riferimento ad “una culla con
copertura di grogan goernito di un pasaman di setta bianca foderata di sandal
biancho”. Marianna purtroppo perde la mamma un anno dopo la sua nascita. Nel
1588 Martin si risposa con una nobildonna spagnola e questo lo allontana
inevitabilmente da Marianna. Nel 1589 la ragazza entra nel Monastero di Santa
Margherita a Monza, dove inizia il noviziato. Qui, nel 1591 prende i voti,
diventando Suor Virginia Maria. Tra il 1595 e il 1596 il padre delega Marianna ad
esercitare la potestà sul feudo di Monza e la monaca ne assume pieno potere. Attigua
al monastero è posizionata la casa della famiglia Osio, molto ricca e potente, i cui
giardini sono visibili dal monastero. Il giovane Giovanni Paolo, figlio della ricca
coppia è bello e intraprendente e un giorno viene sorpreso dalla monaca a scambiarsi
effusioni con una novizia. Suor Virginia avvisa i gendarmi dell’incursione del giovane
affinché lo arrestino, ma lui riesce a fuggire e a ricomparire un anno dopo. Inizia così
la relazione amorosa tra i due, da cui nasce un primo figlio, purtroppo deceduto
subito dopo essere venuto al mondo. Nasce poi una seconda figlia, Alma Francesca
Margherita, affidata dal padre ad una coppia di servitori. Nel 1606 una conversa,
Caterina da Meda, minaccia di rivelare la relazione segreta tra la monaca e il giovane
aristocratico. Suor Virginia le intima di non parlare, ma la giovane non accetta.
Giovanni Paolo pensa che l’unica soluzione possa essere ucciderla e commette così il
primo omicidio. Ormai però la voce sulla relazione tra i due si è sparsa e questo
scatena ancora la furia omicida dell’amante di Suor Virginia che ammazza il fabbro e
tenta di uccidere il farmacista. Nel 1607 Osio viene arrestato e imprigionato nel
castello di Pavia. Nello stesso anno il cardinale Borromeo si reca in visita al
Monastero di Santa Margherita, ignaro dei tragici avvenimenti, ma insospettito da
strane missive, sia da parte di Osio, che da parte di Suor Virginia. Osio riesce a fuggire
dal castello e a ritornare a Monza, dove ammazza il farmacista e trova rifugio presso il
convento. Suor Virginia viene trasferita per ordine del cardinale Borromeo nel
Monastero di San Ulderico a Milano, dove confessa la relazione con Osio,
incolpandolo degli omicidi avvenuti. Osio viene quindi condannato a morte e Suor
Virginia alla reclusione perpetua. Dopo quattordici anni di segregazione, la suora
mostra segni di pentimento e viene liberata. Incontra il cardinale Borromeo, che la
incarica di scrivere lettere per le suore che attraversano momenti di crisi. Suor
Virginia muore nel 1650.
Vittime: Renzo e Lucia
Protettori: Padre Cristoforo e Cardinale Federigo Borromeo
Mezzi degli oppressori: don Abbondio e Gertrude
Oppressori: don Rodrigo e l’Innominato
Otto personaggi quindi che nel racconto viaggiano in coppia se pur distanti, tessendo
la trama e rimanendo alla base dell’intera storia.
Abbiamo precedentemente parlato delle figure realmente esistite, vediamo adesso
meglio nel dettaglio i protagonisti Renzo e Lucia.