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Antefatto

Orlando è un personaggio storico di cui si sa solo che fu Governatore della Marca di Bretagna e
che morì a Roncisvalle nel 778. La leggenda ne fece un valoroso e saggio paladino di Carlo Magno.
Il personaggio venne utilizzato come protagonista di romanzi cavallereschi di cui il più importante
nella letteratura italiana è l’Orlando innamorato di Boiardo a cui Ariosto si ricollega elaborando,
con il suo poema Orlando furioso la continuazione delle avventure di Orlando partendo proprio dal
punto in cui l’Orlando innamorato si era interrotto.
PROEMIO DELL’ORLANDO FUROSO
Le ottave sono costituite da otto versi endecasillabi;
lo schema della rima è ABABABCC (primi sei versi in rima alternata e ultimi due versi in rima
baciata)

nuova figura retorica da studiare……..


 Prima ottava

 1Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori, A (ALLITTERAZIONE- R )


 le cortesie, l’audaci imprese io canto, B (CHIASMO )
 che furo al tempo che passaro i Mori (ARGOMENTO : MORI-AGRAMANTE E
ORLANDO )
 d’Africa il mare, e in Francia nocquer tanto, B
 seguendo l’ire e i giovenil furori A
 d’Agramante lor re, che si diè vanto B
 di vendicar la morte di Troiano C
 sopra re Carlo imperator romano. C
(Enjambement versi: 3/4…5/6….6/7…)
…..continua tu ad analizzare le altre ottave….
PARAFRASI
 Io narro le donne, i cavalieri, le battaglie, gli amori,
 le consuetudini cavalleresche, le imprese coraggiose,
 che avvennero al tempo in cui i Mori attraversarono
 dall’Africa il mare Mediterraneo, e in Francia distrussero molto,
 assecondando l’ira e il furore giovanile
 di Agramante, il loro re, che affermò
 di voler vendicare la morte di Troiano
 contro Carlo Magno, imperatore del Sacro Romano Impero.

Seconda ottava
Dirò d’Orlando in un medesmo tratto
cosa non detta in prosa mai né in rima:
che per amore venne in furore e matto,
d’uom che sì saggio era stimato prima;
se da colei che tal quasi m’ha fatto,( INVOCAZIONE DONNA AMATA :BENUCCI A.)
che ’l poco ingegno ad or ad or mi lima,
me ne sarà però tanto concesso,
che mi basti a finir quanto ho promesso.
PARAFRASI
 Al tempo stesso, racconterò di Orlando
 cose che non sono state mai scritte, né in prosa né in versi:
 che a causa dell’amore diventò furioso e pazzo,
 da uomo che in passato era ritenuto molto saggio;
 se da colei, che mi ha reso quasi come lui,
 dato che, a poco a poco, consuma il mio scarso ingegno,
 mi sarà però concesso,
 me ne lascerà quanto me ne occorre per terminare ciò che ho promesso.

Terza ottava

Piacciavi, generosa Erculea prole, ( OPERA DEDICATA A: IPPOLOTO D’ESTE E ORIGINI )


ornamento e splendor del secol nostro,
Ippolito, aggradir questo che vuole
e darvi sol può l’umil servo vostro.
Quel ch’io vi debbo, posso di parole
pagare in parte e d’opera d’inchiostro;
né che poco io vi dia da imputar sono,
che quanto io posso dar, tutto vi dono. 24

 Vi piaccia, Ippolito, generoso discendente di Ercole,


 ornamento e splendore del tempo nostro,
 gradire questa opera che vuole
 e soltanto può darvi l’umile vostro servo.
 Ciò che vi devo, posso pagarlo parzialmente
 con le parole e con i miei scritti;
 non posso essere accusato se vi do poco,
 dal momento che vi do tutto ciò che posso donarvi.

Riassunto e analisi

I primi dodici versi del proemio (la prima ottava e i primi quattro versi della seconda) introducono
due dei tre principali argomenti dell’opera: la guerra tra Carlo Magno e Agramante e la pazzia di
Orlando. I secondi quattro versi della seconda ottava sono invece un’invocazione alla donna amata
(Alessandra Benucci); questo è sicuramente un elemento innovativo notevole perché, classicamente,
l’invocazione era rivolta alla Musa. La terza ottava è costituita dalla “dedica”; sostanzialmente è la
glorificazione del casato estense. In particolare, questi versi sono dedicati al cardinale Ippolito
d’Este; l’espressione “erculea prole” fa riferimento al fatto che Ippolito era figlio di Ercole I d’Este.
Non sfugge il tono ironico del poeta; Ariosto fu al servizio del cardinale come suo segretario per
molti anni, dal 1503 al 1517. Vale la pena ricordare che il rapporto fra Ludovico Ariosto e il
cardinale non fu semplice; Ippolito lo considerò sempre un “cortigiano”, mentre Ludovico avrebbe
desiderato fortemente essere apprezzato come poeta, come artista. Il rapporto si concluderà nel
1517 con il rifiuto di Ludovico di seguire il suo signore in Ungheria.

Per chi volesse approfondire vita e opere di Ludovoco Ariosto………


LUDOVICO ARIOSTO  VITA: Ludovico Ariosto nasce a Reggio Emilia nel 1474. Il padre è Nicolò
Ariosto, funzionario di Ercole I d’Este, mentre la madre è Daria Malaguzzi Valeri. All’età di 10 anni, si
trasferisce con la sua famiglia a Ferrara, città destinata a restare per sempre il luogo principale della sua vita
umana e culturale. Nel 1500, la morte del padre gli impedisce di continuare gli studi, in quanto si trova
costretto a provvedere alle necessità dei suoi numerosi fratelli. Per questa ragione, nel 1503, si pone al
servizio del cardinale Ippolito d’Este e prende, nello stesso tempo, gli ordini minori (per godere dei
benefici ecclesiastici, per quanto modesti). Lavorare con Ippolito d’Este si rivela un compito assai gravoso,
infatti, quest’ultimo se ne serve per svariate faccende pratiche, in particolare, per incarichi amministrativi e
diplomatici, ma sono nel complesso anni felici per il giovane Ariosto in quanto scrive molto e si dedica ai
suoi studi. Nel gennaio del 1507, a Mantova, espone a Isabella d’Este (figlia di Ercole I, dal 1490 sposa del
marchese Francesco II Gonzaga) la trama dell’“Orlando furioso” (ancora in fase di elaborazione). Infatti,
troviamo tre anni di 3 pubblicazioni differenti (1516-22-32). Nel 1513, Ludovico si lega ad Alessandra
Benucci, la quale diviene donna della sua vita. Tuttavia, i due non convivono pubblicamente, proprio per
non rinunciare all’eredità del marito (Benucci era moglie di un mercante ferrarese, Tito Strozzi, morto nel
1515) e per non rinunciare ai benefici ecclesiastici (Ariosto, come abbiamo detto, aveva preso gli ordini
minori). Ad ogni modo, i due si sposano, segretamente, nel 1528. Nel 1517, Ariosto si rifiuta di seguire in
Ungheria il cardinale Ippolito (che deve prendere possesso del vescovato di Agria) in quanto non vuole
rinunciare alla scrittura e alla sua amata, viene quindi licenziato e nell’aprile del 1518, passa al servizio del
duca Alfonso nel 1522 gli viene assegnato lo spinoso incarico di governatore in Garfagnana (Lucca), una
difficile terra di frontiera, con problemi anche di ordine pubblico (infatti Ariosto riesce nel diplomatico
incarico di contrastare le lotte delle bandi locali e riesce ad appacificare la situazione. Per tre anni, egli
riesce ad amministrare con equilibrio e saggezza. Rientrato a Ferrara, la città del cuore che non avrebbe mai
voluto lasciare, si dedica a organizzare recite e spettacoli di corte, sempre comunque pressato dalle tante
incombenze diplomatiche del suo status di cortigiano. Si ritira nel 1529 a vita privata in una casetta
silenziosa e appartata tra i campi, dove spera di poter trovare la serenità per studiare. Muore il 5 luglio
1533.
OPERE:
-L’attività lirica: In gioventù, tra il 1494 e il 1503, Ariosto scrive poesia in latino (i “Carmina”, 77
componimenti), secondo i canoni della produzione umanistica ed ispirati ai grandi modelli della letteratura
latina di Virgilio, Ovidio, Catullo e Properzio

Drammaturgia comica in volgare: La passione per lo spettacolo nasce, in Ludovico, dall’intenso fervore
teatrale della corte ferrarese tra gli anni Ottanta e Novanta del Quattrocento. Nel 1508 e nel 1509, Ariosto
scrive due commedie, rappresentate nel Palazzo ducale di Ferrara in occasione del carnevale (del 1508 e del
1509), a cui spetta un primato storico: sono le prime commedie posse in un toscano di alta dignità letteraria
e inaugurano il nuovo teatro moderno. Queste due commedie sono, rispettivamente:

- “La Cassaria” = che presenta un mondo furfantesco, animato da due scaltri servitori;

- “I supposti” = la cui vicenda è legata a due bambini nati e subito abbandonati, quindi scambiati in modo
da creare una movimentata serie di equivoci.

Terminato il periodo della giovinezza, Ariosto riprenderà la scrittura teatrale soltanto negli anni della piena
maturità. Di questo “periodo” fanno parte le seguenti commedie:

- “Il Negromante” = iniziata nel 1520 e poi ripresa e rappresentata nel 1529. Ambientata a Cremona, vede
in scena le complicate disavventure di due coppie d’amanti, con la presenza pittoresca d’un mago
impostore che si prende gioco della credulità altrui. - “La Lena” = composta nel 1528, è la più brillante
dell’intero repertorio. Presenta, sullo sfondo cittadino ferrarese, un intreccio amoroso a lieto fine, con
protagonista una ruffiana, cinica e arrivista.

Le “Satire”: L’attitudine all’osservazione realistica e il gusto anche della cronaca autobiografica


disincantata, disabbellita e autoironica, china sui piccoli fatti d’una vita comune e per niente avventurosa, si
esprimono nelle “Satire”, che rinnovano la tradizione del genere latino, assumendo, come modello, Orazio.
Le satire sono caratterizzate dal fatto che Ariosto parla in maniera IRONICA, pacata e tranquilla Le “Satire”
sono state composte tra il 1517 e il 1525 .Sono sette scritte in terzine dantesche e sono state composte
dopo la vicenda del primo “Furioso” (1504 – 1516). La satira, in un certo senso, scandisce il declino di
quell’intenso e fervido periodo della cultura europea, di fonte a questo declino culturale caratterizzato
dalla dissoluzione degli stati italiani che stanno prendendo via via una propria indipendenza.
L'EPISTOLARIO= Si tratta di 214 lettere, private e ufficiali, risalenti al periodo 1498-1532. Non essendo
state composte in vista della pubblicazione, esse sono scritte in uno stile semplice e immediato e fanno
emergere il buon senso pratico con cui Ariosto seppe affrontare le diverse situazioni in cui si trovò
coinvolto.

-L’ORLANDO FURIOSO  Il Capolavoro di Ariosto è l’“Orlando Furioso”. In primis troviamo varie


edizioni di quest’opera:

1) Nell’aprile del 1516, in 40 canti

2) La seconda appare nel febbraio 1521

N.B. Con la pubblicazione di “Prose della volgar lingua” di Bembo (in cui si canonizza il modello
petrarchesco per la poesia), Ariosto si concentra su una revisione toscanizzante della lingua.

3) La terza edizione, uscita 1532 è caratterizzata da 46 canti.

L’edizione del 1516 si presenta, strutturalmente e linguisticamente, vicina alla tradizione padana
“municipale”, radicata a una solida cultura locale, con componenti di vigoroso espressivismo regionale, con
fervore di progettazione sperimentale e con fiducia nel ruolo politico preminente della corte estense.
Nell’edizione del 1532, le componenti locali e “municipali” sono cassate in vista di una proiezione
nazionale, mentre ormai sono chiari i segni di crisi della situazione cortigiana in Italia di fronte all’invasione
straniera. Nel 1545 viene pubblicato, in appendice a una ristampa dell’“Orlando Furioso”, un inedito con il
titolo “Cinque canti”. Questo inedito dai toni cupi e drammatici viene composto, con molta probabilità, tra
il 1518 e il 1519 e poi viene toscanizzato intorno al 1526. Tuttavia, Ariosto non lo fa mai entrare
nell’organigramma dell’“Orlando Furioso”, probabilmente perché è caratterizzato da toni asprigni, quindi,
non amalgamabile col tono più disteso e pacato dell’“Orlando Furioso”.

Buon lavoro….v.v.b

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