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SATIRE

le sette satire di Ariosto sono le opere, dopo l’Orlando furioso, più apprezzate
di Ariosto. Traggono origine da eventi biografici e rispondo per lo più a un
bisogno di difendersi o di affermare il proprio punto di vista; ma sempre
determinante è il riferimento ai dati concreti della realtà. È esclusa ogni
idealizzazione letteraria, ogni sublimazione degli elementi autobiografici.
1. Indirizzata al fratello e all’amico Ludovico. Ariosto espone i motivi per
i quali si è rifiutato di seguire il cardinale Ippolito; difende la propria
dignità.

2. Chiede al fratello Galasso di procurargli un alloggio a Roma e critica


severamente il Papa e il mondo ecclesiastico.

3. Dopo che è  entrato a servizio del duca Alfonso, espone al cugino


Annibale il suo ideale di vita semplice e schivo da ambizioni mondane e
il suo desiderio per una moglie e per la pace della coscienza.

4. Composta da Garfagnana, si rivolge probabilmente Malaguzzi e in


questa satira Ariosto descrive la sua vita difficile ed esprime la nostalgia
per Ferrara e per la donna amata.

5. Rivolta a Malaguzzi, che si stava per sposare e riguarda la vita


matrimoniale e parla dei rischi di quest’ultima.

6. Rivolta a Pietro Bembo, e gli chiede consigli per il figlio Virgilio, prk
vuole educarlo saggiamente quindi ha bisogno di un precettore.

7. In Garfagnana rivolta al cancelliere del duca Alfonso, nel quale Ariosto


rifiuto di diventare l’ambasciatore degli Estensi presso la corte di papa
Clemente; in questa lettera delinea anche il suo ideale di vita donna
amata, libri, amici, al di fuori dalla mondanità.

METRICA: ricorre alla terzina dantesca, anche se in quei decenni questo


modello stava entrando in ombra. Di originale ha l’utilizzazione
stilisticamente disimpegnata, Ariosto non ricorre alla libertà stilistica per
intensificare il dettato poetico ma per dare spazio alla colloquialità diretta, ad
un parlato, con tono confidenziale.

IL POETA E I CORTIGIANI
Quando Ippolito d’Este deve trasferirsi in Ungheria, Ariosto dovrebbe seguirlo
per prestare ancora servizio alla sua corte. In questo testo si possono
evidenziare tre parti, nella prima Ariosto espone i vari motivi per i quali ha
deciso di non seguire Ippolito, incarica i destinatari, Ludovico e suo fratello
Alessandro, di riferire al suo ex-padrone che ha deciso di non seguirlo in
Ungheria per problemi di salute. In realtà Ariosto coglie lo spostamento di
Ippolito come un’opportunità di abbandonare la vita di corte; in questo testo,
infatti, descrive il suo ribrezzo per la vita cortigiana spiegando ai destinatari
che Ippolito non lo considerava un poeta, ma un servo. Il cardinale infatti non
riconosceva i meriti poetici di Ariosto, ma preferiva di gran lunga le persone
che svolgevano un’attività pratica. Il vero motivo per cui l’autore ha rifiutato
di seguire Ippolito è per difendere la poesia e la sua libertà.

Nel secondo punto Ariosto attraverso il satirico paragone ad Apollo e le Muse


spiega le due opposizioni tra la visione del mondo di Ippolito e la sua. In
questa parte del testo il cardinale viene descritto come una persona mediocre,
senza alcuna aspirazione culturale, infatti un’idea che ricorre in questa parte
dell’opera è l’idea del servire, vista da Ariosto come meschina e insulsa, ma
fondamentale per il cardinale, che la utilizzava come criterio per dare
promozioni e benefici.
Infine nell’ultima parte del testo Ariosto racconta la favola dell’asino e del
topo, per rimarcare la sua indignazione e il suo rifiuto nei confronti della
corruzione servile delle corti.
Una caratteristica spesso presente nelle satire ariostesche è la struttura
dialogica, perché Ariosto evoca frequentemente nei suoi testi i suoi
interlocutori, riservando a quest’ultimi dello spazio fisico all’interno del testo
nel quale fanno delle domande o esprimono la propria opinione, che spesso
rispecchia quella dello scrittore.
In una parte di questo testo l’autore rivolge la sua ira anche agli altri
cortigiani, perché sicuramente si staranno schierando contro di lui per mettersi
in buona luce con Ippolito d’Este.

TEATRO
Ariosto compose 5 opere teatrali, due scritte in prosa e in versi, mentre le altre
3 scritte solamente in versi.
Con le sue opere teatrali tentò di sviluppare il teatro in modo da riuscire ad
elevarne il contesto letterario, riuscendo a mantenere le rappresentazioni
vivaci e spontanee questo problema fu risolto con il recupero del modello
latino, che in seguito fu fuso con delle fonti letterarie contemporanee a lui.
Le prime 2 opere furono i suppositi, opera che narra di una serie di scambi di
persona, ambientata a Ferrara e  la Cassaria, storia di un rapimento e del
riscatto che fornirà a due giovani la libertà.
Le altre opere , scritte in seguito, di Ariosto sono il Negromante, la storia di
due coppie di amanti e di un mago imbroglione, la Lena, invece, parla di una
donna ruffiana attratta solamente dalle ricchezze e dai beni materiali.

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