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Petronio Arbitro (Petronius Arbiter) è uno dei personaggi più singolari della letteratura latina, autore di un'opera tra

le più vive e originali di ogni tempo.

Riguardo all’identità di Petronio si apre una questione alquanto controversa. Secondo alcuni critici è vissuto nel
II/III secolo d.C., la maggior parte però sostiene nel I secolo, durante il principato di Nerone, ricavando l’informa-
zione dagli Annales di Tacito, in cui si parla di un personaggio stravagante vissuto da Nerone, nell’ambito della corte
modello di stile, comportamento ed eleganza: Petronius elegantiae arbiter (Petronio, arbitro di eleganza). Ecco quanto
tratto dagli Annales:
«Petronio trascorreva le giornate dormendo, la notte invece la passava negli obblighi del suo ufficio e nei piaceri; e come
altri con l'operosità, così costui era divenuto famoso proprio con la sua ignavia; era peraltro ritenuto non un crapulone né
un dissipatore, come sono la maggior parte di coloro che sperperano il patrimonio, ma un raffinato nel lusso. Era stato
proconsole in Bitinia e poi console, mostrandosi pieno di vigore e pari all'alto compito. Poi, ricaduto nei vizi oppure
dandosi l'aria di vizioso, fu assunto tra gli intimi di Nerone, come arbitro di eleganza, al punto che l'imperatore non
stimava piacevole ed elegante, se non ciò che Petronio gli avesse approvato.» (ANNALES XVI, 18-19)
Evinciamo anche che Nerone lo nomini come governatore della Bitinia, ed anche console a Roma, dove dimostra
buone doti di comando.
A un certo punto, non si sa per quale motivo, cade in disgrazia ed è costretto ad uccidersi nel 66 d.C. (congiura di
Pisone). Anche nel momento della morte non smentisce il suo modo di fare. Nuovamente negli Annales si dice che
le ore prima del suicidio le trascorse conversando, recitando poesie e scagliandosi contro Nerone (di cui mette in
luce le sue nefandezze).
«Poi andò a banchetto e cedette al sonno in modo che la sua morte, per quanto coatta, fosse simile ad una casuale. Nel
suo testamento, diversamente dalla maggior parte di quelli che morivano in quel momento, non adulò Nerone né Tigellino
né nessun altro dei potenti, ma descrisse le scelleratezze dell’imperatore, col nome dei suoi amasi e delle sue amanti, e la
singolarità delle sue perversioni sessuali: lo firmò e lo mandò a Nerone, e spezzò il sigillo, perché non venisse usato in
seguito per rovinare altre persone.» (ANNALES XVI, 18-19)




Il Satyricon di Petronio ha vari titoli: quello ufficiale è Satyricon libri, tuttavia può anche essere chiamato Saturae. I
manoscritti che tramandano l'opera sono discordanti riguardo al titolo, riportandone diversi: Satiricon, Satyricon, Sa-
tirici o Satyrici (libri), Satyri fragmenta, Satirarum libri. È consuetudine, però, riferirsi all'opera di Petronio con il titolo di
Satyricon, da intendersi probabilmente come genitivo plurale di forma greca (dov'è sottinteso libri). Nel complesso di
satira “estetica” si tratta, sicuramente comica e di contenuto licenzioso.
L'opera, però, è frammentaria e lacunosa. Stando ai codici, il Satyricon doveva essere originariamente molto ampio:
le uniche parti pervenuteci risultano essere frammenti appartenenti ai libri XIV e XVI, giunteci in gran parte grazie
alla conservazione degli antichi manoscritti, ed integralmente il libro XV. Riassumendo, ci rimane la parte cen-
trale…ad ogni modo, è possibile ricostruire l’antefatto!

Satira e romanzo insieme: si tratta di un seguito di mirabolanti avventure, vissute dal protagonista Encolpio, coi suoi
compagni di bagordi Gitone ed Ascilto (impossibile sunteggiare le intricatissime avventure).
In generale, individuiamo sei sequenze per riassumere il contenuto della satira:
I. Apprendiamo che Encolpio viaggia in compagnia di un altro avventuriero dal passato burrascoso,
Ascilto, e di un bel giovinetto, Gitone; fra questi personaggi corre un triangolo amoroso (per via della
loro omosessualità si pensa che il Satyricon sia del II/III secolo, dove vi è un contesto degenerato). Entra
in scena una matrona di nome Quartilla, che coinvolge i tre in un rito in onore del dio fallico Priàpo.
Questa buffa divinità, che simboleggia il sesso maschile, sembra avere un ruolo importante in tutte le
storie narrate da Encolpio. Comunque, i riti di Priàpo si rivelano più che altro un pretesto per asservire
i tre giovani ai capricci lussuriosi di Quartilla.
II. Appena sfuggiti da Quartilla, i tre vengono invitati a un banchetto in casa di Trimalchione un ricchis-
simo liberto dalla sconvolgente rozzezza.
III. La rivalità omosessuale tra Encolpio e Ascilto precipita; i due gelosi dell'amore di Gitone hanno un
violento litigio, e Ascilto si porta via il ragazzo. Encolpio, affranto, entra casualmente in una pinacoteca,
e qui conosce un nuovo personaggio, che avrà un ruolo centrale in tutte le successive avventure. Si
tratta di Eumolpo, un poeta vagabondo: un uomo anziano e però insaziabile, sia come (falso) letterato
sia come avventuriero. Dopo una rapida serie di peripezie, Encolpio riesce a recuperare il suo Gitone
e a disfarsi di Ascilto (che scompare, a quanto sappiamo, dalla vicenda); ma non a liberarsi di Eumolpo,
che si rivela sempre più come un nuovo aspirante alle grazie di Gitone. Si costituisce così un nuovo
terzetto amoroso.
IV. Encolpio, Eumolpo e Gitone lasciano precipitosamente la città imbarcandosi, in incognito, su una nave
mercantile. Durante la rotta, il padrone della nave si rivela essere il peggior nemico di Encolpio: è un
mercante di nome Lica, che ha motivo di vendicar si per qualche precedente avventura (narrata, ovvia-
mente, nella parte per noi perduta). Il minaccioso Lica, però, viene spazzato da un naufragio in mare; i
tre si trovano sulla riva e la barca precipita.
V. Inizia così una nuova avventura: Eumolpo scopre di essere nei paraggi di Crotone. Questa città dal
passato glorioso è attualmente tutta rivolta a un'attività deplorevole: la caccia alle eredità. Imperversano
infatti ricchi senza eredi e cacciatori di testamenti, che li colmano di onori e favori per ottenere le
eredità. Eumolpo ha un'illuminazione: recitare la parte del vecchio facoltoso e senza eredi, assecondato
da Encolpio e Gitone, che impersoneranno i suoi schiavi.
VI. In principio, la commedia di Eumolpo funziona, e i tre vivono comodamente alle spalle dei cacciatori
di testamenti. Encolpio ha un'avventura, ma improvvisamente è abbandonato dalle sue facoltà sessuali,
perseguitato – come lui stesso sostiene – dal dio Priàpo. Nell'ultima scena del testo che ci è rimasto,
Eumolpo escogita un bizzarro espediente: si dà lettura di un assurdo testamento, per cui chi vuole
godere dei lasciti di Eumolpo dovrà cibarsi del suo cada vere (Eumolpo è malato, o è morto, o finge di
esserlo: questo particolare ci sfugge). Ma i pretendenti, accecati dalla cupidigia, sono pronti a farsi can-
nibali...
Non sappiamo come si concludesse l'avventura di Crotone, né quanto ancora si estendesse la narra-
zione.
Come visibile, la trama è inconsistente rispetto a quelle delle altre opere latine. Nell’opera, infatti, si ha la rappresen-
tazione satirica della realtà degradata e senza valori (simbolicamente rappresentata da liberti e cacciatori di eredità)

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e licenziosa (rappresentata da questi omosessuali, da Quartilla, etc.). Rispetto alla mentalità vecchia è una situazione
che esce parecchio dagli schemi!

La questione sul genere del Satyricon rimane ancora oggi aperta: esso nasce da un incrocio di genere diversi, e pertanto
è assimilabile a vari generi della letteratura classica. Fra questi:
Genere Caratteristiche
Vi è un protagonista con carattere che fa procedere l’azione.
Novità

Romanzo Dal momento che l’epoca è quella in cui gli imperatori non sono più buoni, il pub-
blico chiede opere divertenti e non edificanti.
Satira È un prosimetro con le medesime caratteristiche dell’Apokolokyntosis di Seneca; si
menippea differenziano, però, per la lunghezza: la satira senecana era decisamente più breve.
Ispirazione diretta

Si diffonde moltissimo in questo periodo. L’autore Orazio aveva scritto satire, tut-
Genere tavia Orazio dopo aver presentato la realtà esprime un giudizio, mentre Petronio
satirico non lo fa: si parla di “realismo comico del distacco”: non avendo una moralità, non
posso esprimere dei giudizi morali!
Fabula È un tipo di novella che si diffonde in Grecia (da Mileto, colonia greca d’oriente) nel
milesia II/I secolo a.C. , dal contenuto licenzioso incentrato su sesso, amore e beffa.
È un romanzo che raccontava le vicende di una coppia di innamorati, che avevano
Romanzo erotico greco delle disavventure. Si tratta ovviamente di una parodia, perché la coppia in questione
Parodia

è omosessuale.
Vi sono rimandi all’Odissea di Omero: Odisseo ha una serie di avventure provocate
Genere epico
da Poseidone; qui il dio Priapo è fallico, quindi è una parodia.

Lo stile dell’opera è realistico e si basa sul linguaggio della classe media (sermo familiaris: linguaggio usato in modo da
esprimere il modo di parlare dei ceti medi, che alle volte si innalza cercando di riprodurre delle forme lessicali tratte
da forme classiche come l’Eneide e altre volte si abbassa – sermo plebeius – per i personaggi meno colti).

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