La poesia epica, l’επος, è un genere letterario codificato dagli antichi? Sì —> degli
antichi ne parlano come un genere, come la Poetica di Aristotele.
Dell’Epillio invece non esiste nessuno degli antichi che ne parla o lo teorizza o le
definisce, esattamente come non c’è nessuno che teorizzi o definisca il genere del
romanzo —> i testi sono raggruppati da noi in un genere, sono definiti da noi.
L’epillio, come il romanzo, esiste ma nessuno lo definisce e descrive nelle sue
caratteristiche —> è un paradosso—> ciò però non ci induce a dire che non è
esistito.
L’epillio ha una forma poetica ben definita, nasce in un ambiente culturale ben
definito e ha dei canoni specifiche lo rendono ben riconoscibile —> gli antichi stessi
probabilmente lo concepivano come una tradizione di genere.
Il nome epillio è un diminutivo che viene da επος, con il suffisso -ιλλιον (diminutivo)
—> επος in miniatura.
L’epillio nasce nell’ambiente culturale della poesia alessandrina, perché l’ispirazione
che fa nascere un epos in miniatura è evidentemente un’ispirazione (μεγα βιβλιον
μεγα κακον di Callimaco) di una poesia alessandrina che apprezza una poesia breve,
elaborata, raffinata, erudita, riflessa.
Altra caratteristica è che nell’epillio sono di solito messi in scena elementi che nella
tradizione epica sono tendenzialmente poco presenti, come aspetti della vita
quotidiana, personaggi divini rappresentati in dimensioni umane e non eroiche,
carattere di introspezione e di pathos —> si dà spesso la parola ai personaggi, che
raccontano fatti ed emozioni in maniera anche ampia.
La dimensione breve è collegata ad una selettività —> si selezionano elementi poco
noti di un mito.
Carattere di erudizione —> si ha molto il gusto dell’insolito, nel raccontare l’aspetto
di una storia che non è mai stato raccontato e sovraccaricare la poesia di elementi
eruditi ( si sceglie sempre l’opzione più raffinata).
Poesia complicata che sa di esserlo e si compiace di esserlo, si rivolge ad un pubblico
dotto, erudito, colto, non illetterato.
Alcuni dei poeti che si cimentano nella composizione di epilli appartengono come
Catullo e Cinna ai neoterici (o poetae novi —> termine usato anche da Cicerone, non
esprime un apprezzamento nei loro confronti, perché la poesia era fine a se stessa.
L’aggettivo novus ha connotazioni negative, ‘strano, inusuale’ —> poesia
disimpegnata, cantori dell’otium).
La tradizione latina comprende quindi:
- Carmen 64 di Catullo —> consta di 408 esametri. Racconto cornice: 193;
ekfrasis: 215 —> la storia di Arianna sovrasta la cornice (all’interno
dell’ekfrasis una settantina di versi è il lamento di Arianna abbandonata) —>in
Catullo si ha una netta preponderanza dell’episodio centrale sull’episodio
cornice.
Primi due esametri del carmen: introducono l’episodio della cornice —>
incontro fra Peleo e Teti durante il viaggio di ritorno degli argonauti dalla
Colchide, e poi le loro nozze e la coperta nuziale su cui è intessuta la storia di
Arianna.
‘Si racconta che un tempo i pini nati sulla cima del Pelio avessero navigato
attraverso le limpide onde di Nettuno’
Termini quondam e dicuntur —> segnalano una vicinanza ed una
consonanza di questo carmen con quelli alessandrini —> il dicuntur mostra
una consonanza fra il carmen 64 ed i dettami della poetica alessandrina.
Dicuntur ci chiarisce e semplifica in modo chiaro cosa si intenda per poesia
riflessa —> Catullo dice di raccontare una storia a sua volta raccontata da
altri —> ci fa capire che non sta inventando, ma si sta rifacendo ad una
tradizione preesistente —> non sappiamo a che modello si rifaccia, ma fa
parte della tradizione erudita il collocarsi all’interno di un mito già
raccontato.
Quondam è una marca molto forte che segna la distanza temporale fra il
presente di Catullo e gli avvenimenti che vengono raccontati nell’Epillio —
> quondam marca che la storia che viene raccontata non è borghese o
quotidiana, ma una che si è svolta in una dimensione ideale e in un
passato felice, nostalgicamente evocato —> dimensione sentita dal poeta
come tragicamente lontana dal suo presente, visto con pessimismo.
Il carattere pessimistico di Catullo si legge anche dagli ultimi versi, in cui
dice che gli dei disdegnano gli uomini.
Quondam ci introduce ad una vicenda di un passato distante, evocato con
nostalgia, con il quale il poeta ha un rapporto intenso ed affettivo —> la
partecipazione rende molto diverso il carmen 64 e gli epilli latini dalla
tradizione greca, che vede i propri epilli come giochi eruditi.
L’epillio latino, ed in questo l’influsso di Catullo è determinante, ha come
marca fondamentale una dimensione ideale collocata nel passato e la
partecipazione emotiva di chi racconta alle vicende che racconta.
Nella letteratura latina, gran parte della tradizione letteraria arcaica e neoterica è
perita perché la selezione avviene nelle scuole antiche, quando dal punto di vista
sia linguistico ( —> standardizzazione della lingua) sia si insinua nella prassi
scolastica la convenzione che alcuni modelli siano classici, insuperabili —> quando
l’interesse della scuola diventa indirizzato più su alcuni testi si ha la prima selezione
per cui tutta la letteratura latina arcaica viene in gran parte persa.
Una seconda cesura della trasmissione dei testi è tra la fine del quarto e l’inizio del
quinto, quando il supporto materiale passa dal rotolo (volumen) al codex (libro) —
> qualcosa lì si perde, ciò che non viene copiato.
C’è anche chi sostiene che il passaggio dall’una all’altra forma sia stato favorito dalla
cultura cristiana (collegato alla trasmissione tramite libro), ma non sono da
incolpare i monaci.
CARMEN 64 di Catullo
Nella tradizione umanistica è intitolato Epithalanium Thetidis et Pelei —> titolo non
originale, attribuito all’interno della tradizione umanistica e che prende ispirazione
dal fatto che il racconto cornice è quello delle Nozze fra Peleo e Teti.
Le nozze di cui si parla all’interno del Carmen sono due —> Peleo e Teti, Bacco e
Arianna.
Inizia in medias res —> il poeta ci lancia all’interno della vicenda che sta avvenendo
e continua a passare da un piano temporale all’altro (sia nella cornice sia nei
racconti) in un modo repentino e senza creare suture fra i diversi passaggi temporali
del racconto.
L’approccio è selettivo —> viene narrato l’incontro fra i due e poi le nozze, in mezzo
niente —> si passa da un episodio all’altro con una netta soluzione di continuità —>
altro aspetto della compiaciuta erudizione, il lettore è raffinato, ha strumenti per
interpretare anche quello che il poeta non esplicita.
L’incontro fra Peleo e Teti avviene nel momento in cui, terminata la missione degli
Argonauti (Giasone in Colchide per il vello di Eeta), Giasone stava tornando in Grecia
con la nave Argo —> il legame con la saga degli argonauti porta alla memoria del
lettore colto tutta la vicenda, nella quale emerge l’eroina femminile Medea,
personaggio che a tratti emerge nella figura dell’Arianna abbandonata.
Altra caratteristica della lingua poetica sono tutte le figure che si possono intendere
come figure di Traiectio, passaggio/trasferimento —> fenomeno dell’anastrofe
(inversione di due elementi) e i fenomeni di iperbato —> iunctura fra Peliaco e
vertice o Prognatae e Pinus
Tipico della lingua poetica è il fatto di utilizzare una posizione delle parole
particolarmente artificiosa e messe a servizio dell’evidenza —> inizio verso, fine
verso e cesura sono posizioni significative.
Altro elemento interessante della lingua poetica è che le unità di verso tendono,
nell’esametro catulliano, a travalicare il verso (Virgilio è più misurato) —>
enjambement/inarcatura —> dicuntur al verso due.
Tutti gli elementi appena enunciati sono presenti nella lingua latina, Catullo ha
elementi in più:
- Prognatae —> (g)natae = natae; natus/gnatus è indicato con il significato di
‘figlio di’ nella letteratura latina. Gnatus è un arcaismo —> recuperare un
elemento arcaizzante punta nella direzione di uno stile elevato. In questa
direzione vanno tutti gli arcaismi del carmen 64.
- Uso di Neptunus al posto di mare è una metonimia
- Nasse è una forma sincopata dell’infinito perfetto.
- Il terzo verso è un esametro spondaico, ossia un esametro che contiene in
quinta sede uno spondeo, un piede da due lunghe —> la clausola è pesante,
l’aggettivo finale è tetrasillabico —> la clausola tetrasillabica è piuttosto rara
nella letteratura latina, presente invece nel carmen 64.
Negli esametri dattilici il finale è veloce.
- Al terzo verso preferisce la perifrasi alla designazione diretta per indicare la
Colchide —> elemento tipico della poesia alessandrina.
L’utilizzo della perifrasi di tipo geografico è un elemento di erudizione,
presuppone un pubblico colto. Nell’Iliade si utilizzavano gli epiteti, ma erano
più semplici da comprendere.
- Argivus normalmente vuol dire ‘di Argo’, la nave è costruita nella Tessaglia —>
Argivus può voler dire greco per sineddoche, ma il termine richiama il nome
della nave, la nave Argos, la nave ‘veloce’, la prima nave a solcare i navi.
- Gli esametri 5 e 6 sono velocissimi, prevare il ritmo dattilico, ci danno l’idea
della navigazione veloce della nave veloce.
Cita puppi = nave veloce, altro elemento erudito con cui si riferisce al nome
della nave
Vada = indica originariamente il ‘guado’, qui si riferisce al mare.
Undas Neptuni, vada salsa, caerula aequora —> tre espressioni per designare
il mare. A volte il mare è indicato come Sal —> caratteristica tipica della lingua
poetica latina e catulliana —> gusto per la variatio sinonimica. La variatio può
essere dovuta anche a necessità metriche, ma il vincolo del metro è un
elemento poco determinante per autori come Catullo e Virgilio che si servono
di diversi registri linguistici; il vincolo metrico è determinante per i poetastri.
Anche la nave viene rappresentata con diverse forme: puppi (sineddoche),
currus —> la nave argo non viene designata sempre in modo diverso.
VERSI 8-11
Atena aveva come epiteto tradizionale poliouchos, ‘colei che protegge la città’.
Volito, are —> verbo frequentativo, sono verbi più consistenti ed espressivi rispetto
al verbo base. Forme verbali predilette dalla lingua comune e inserite nella lingua
poetica perché più espressive e corpose rispetto al verbo semplice.
Levi con la E breve è l’antenato del nostro ‘lieve’; Levis con la E lunga vuol dire
‘levigato, liscio’.
Flamine —> verbo flo,flare + suffisso strumentale -men.
Il verso 11 ha dato agli interpreti del filo da torcere, la tradizione manoscritta è assai
confusa —> il senso è che la nave argo fu la prima a solcare i mari
Imbuo, ere = lett. ‘impregnare’, ‘insegnare a qualcuno qualcosa’ [litteris
imbutus/doctus]
Illa prima lascia una certa ambiguità, potrebbe riferirsi sia alla nave sia ad
Atena —> ambiguità risolta da coloro che preferiscono la variante prora a
prima —> illa prora è sicuramente la nave, non la dea.
I commentatori moderni dicono anche che può essere il mare ad
impregnare il legno della nave
Amphitriten è erudito, la ninfa non è molto conosciuta.
Rudis = ‘rozzo’ —> [e-rudire (‘tirare fuori dal grezzo’); rudimentum]
VERSI 12-18
Descrive le ninfe del mare che emergono per ammirare il prodigio della prima nave,
gli uomini le vedono —> Peleo si innamora di Teti.
Scindo,ere —> ‘tagliare’
Incanuit —> [in-canus (‘bianco splendente’); in-cane-sco = ‘diventare bianco’]
[caneo,ere —> ‘essere bianco’]
Emersere —> terza persona del perfetto per emerserunt
Vultus —> potrebbe essere considerato come un accusativo di relazione, ‘in quanto
ai volti’
Mortales —> sta per ‘uomini’, modo di designare gli esseri umani tipico della
tradizione poetica, tipico della prosa quando questa imita la tradizione poetica e
vuole elevare il proprio registro lessicale.
Versi 22- 30
Vediamo come appare un tema dominante nell’ultimissima parte del carme, il tema
del rimpianto e della nostalgia per questa epoca felice, in cui gli dei e gli uomini
camminavano l’uno affianco all’altro.
La vicenda è ambientata in un passato ideale e rimpianto miseramente.
Gli dei vengono apostrofati come buona progenie di nobili madri.
Vv. 22 —> saecula sono le generazioni —> si parla di un tempo di generazioni
fortunate e desiderabili —> enallage, l’aggettivo dovrebbe riferirsi alle generazioni,
mentre qui si riferisce a tempore. Lo scambio in poesia è molto frequente
Il verso 23b è un verso che non c’era nella tradizione manoscritta, ma era un
emistichio citato negli Scolii Veronensi a Virgilio, è stato inserito nel testo e poi
completato.
Vv. 25 —> il carmen è ciò che si canta, non necessariamente la poesia ma anche il
canto; ha altro il significato di ‘incantesimo’, termine molto più ricco e pregnante
rispetto all’italiano.
Vv. 26 —> felix in latino ha una connotazione quasi sacrale, felice perché gode del
favore degli dei
Vv. 26 —> aucte è il participio perfetto del verbo augeo, ‘far crescere, aumentare’
(pensa ad Augusto), far crescere secondo prerogative divine
Spessissimo i termini greci sono a volte naturalizzati e quindi flessi alla latina, come
succede per Teti; altre volte invece (Nereine vv. 29) i termini sono flessi alla greca —
> registro elevato e nobile.
Vv. 29 —> tene = te + ne, ‘non è forse vero che..’
Vv. 30 —> Tethys e Oceano sono i genitori di Doride, la madre di Teti. Doride sposa
Nereo. —> il fraintendimento con thedys potrebbe essere voluto.
La proposizione relativa al vv. 30 è un po’ come se avesse la funzione di un epiteto
—> la poesia alessandrina si compiace molto di aggiungere alla persona o al luogo
un epiteto che li designi —> in questo caso la relativa potrebbe fare le veci di un
epiteto alessandrino. Questa relativa potrebbe essere il surrogato di un epiteto
greco. —> nella poesia alessandrina, all’Oceano è riferito l’epiteto ‘perirrytos’, ossia
‘che scorre tutt’intorno’ —> al verso 31 la perifrasi potrebbe corrispondere a questo
epiteto alessandrino.
[um] è integrato anche dagli editori dello scoliasta —> gli asterischi indicano una
lacuna, si citava anche la seconda parte del verso, irrimediabilmente perduto.
In Catullo, la parte ‘genus o bona matrum’ è Catullo, mentre ‘progenies salvere iter’
è dello scoliasta.
La um di ‘iterum’ è chiara nella sua origine —> pensiamo al contesto virgiliano e
all’inno a Zeus di Callimaco, si capisce benissimo che ‘iterum’ è una congettura più
che plausibile. ‘Salvete bonarum’ è una delle possibili integrazioni degli studiosi
moderni, questa integrazione è basata sulla fonte antica degli scolia veronensia
Se il verso 23 B finisce come il verso 23 A è facile che il copista passi dal verso 23 A al
24 —> l’origine paleografica della corruptela è dovuta all’omoteleuto, ossia al finire
ugualmente dei versi 23 A e 23 B.
Vv. 32
Inizia la descrizione del giorno delle nozze in Tessaglia, per cui tutti abbandoneranno
i lavori per parteciparvi, e si interrompe la sequenza innica.
Si passa ad una serie di versi che descrivono come la Tessaglia viene abbandonata da
tutti, perché tutti si recano a partecipare alle nozze che si svolgono a Farsalo.
Vv. 32 —> si ha anche quis che sta per quibus, nesso riferito a Peleo e Teti senza che
questi vengano citati nella preposizione precedente.
Il quae è un aggettivo relativo concordato con luces e optates.
Quis è una congettura, non c’entra con la tradizione manoscritta.
Vv. 33 —> frequentare = affollarsi; advenere = forma della terza persona plurale in
poesia, sta per advenerunt.
Vv. 34 —> coetu viene da coeo,ire
I versi 36-38 sono un concentrato di geografia erudita:
I manoscritti al vv. 36 riportano Scyros, isola nota perché vi accadono le vicessitudini
di un eroe del mito antico, ossia Achille. Il problema è che il fatto di citare qui, in un
momento in cui si sta parlando della Tessaglia che si vuota, non si sa se abbia senso
citare un’isola che è al largo dell’Eubea —> domanda che si sono fatti i
commentatori moderni —> ragione per cui il Meineke propone la congettura Cieros,
una città della Tessaglia, a nord ovest di Farsalo.
Ha senso citare Scyros perché in realtà (ragione per cui alcuni conservano Scyros) la
citazione di Scyros potrebbe non voler ricostruire una geografia esatta della
provenienza degli invitati, ma potrebbe avere un valore prolettico/anticipatorio
della storia di Achille, prodotto del matrimonio fra Peleo e Teti —> l’uso di elementi
prolettici è frequente all’interno del carmen 64.
GUARDO LA CARTINA DELLA TESSAGLIA.
Nel testo si parla di una Tempe nella Ftiotide, cosa che in realtà non è —> a questo
in realtà si dà una possibilità di risposta abbastanza semplice se ricordiamo che i tre
versi sono uno sfoggio di erudizione alessandrina.
Nell’Inno IV di Callimaco, l’inno a Delo, si legge l’invocazione Πηνειε Φθιοτα, ossia O
Ftiota Peneo —> il Peneo è il fiume della valle di Tempe. In Catullo l’intento non è
quello di costruire una geografia della Tessaglia, ma di fare sfoggio di una geografia
letteraria —> non interessa l’esattezza dell’erudizione geografica.
Questo rende plausibile anche la conservazione di Scyros —> il poeta vuole
ricostruire una geografia letteraria, uno sfoggio di erudizione in cui si riprendono i
modelli.
Verso 38 e ss.
I versi successivi al 37 rappresentano la Tessaglia che si svuota per giungere alle
notte di Peleo e Teti.
Adesso si vuotano i campi —> nessuno li lavora più.
I versi dal 43 ci portano invece nella reggia.
La descrizione dal verso 38 al verso 42 ricorda in un certo senso quelle dell’età
dell’oro —> la descrizione dei campi abbandonati e di un’umanità che corre alle
nozze felice non dovendo più lavorare è una descrizione che dovrebbe evocare
l’epoca felice in cui gli uomini non hanno più bisogno di lavorare.
Humilis vv. 39 —> derivazione da humus, la terra; la vitis (vinea per metonimia)
cresceva a terra. Humilis indica una vite non maritata ad un albero (le viti o
cresceveano a terra o si utilizzava un albero come sostegno). Humilis è un termine
tecnico, lo si usa come aggettivo tecnico
Convellere vv. 40 —> vello,ere vuol dire ‘stravolgere’.
Attenuat vv. 41 —> vuol dire rendere sottile, si recupera il significato originario del
verbo.
Squalida vv. 42 —> che rende brutti. Fa parte di una serie di aggettivi costruiti con il
suffisso -idus, aggettivi verbativi (di origine verbale). In questo caso deriva dal verbo
squaleo,ere (essere brutto, squallido). Es. da tepeo > tepidus (tiepido, caldo)
Nei versi successivi entriamo nella reggia in cui si celebrano le nozze e ci avviciniamo
alla descrizione del letto nuziale su cui c’è la coperta da cui inizierà la narrazione
delle nozze di Bacco e Arianna (la narrazione inizia al verso 50).
Vv. 52 e ss.
Con il Namque al vv. 52 Catullo ci introduce in una narrazione che fin da subito
smentisce il proprio carattere di ekfrasis.
I versi riferiti alla fuga di Teseo sono tutti dattilici, veloci.
Il nome di Arianna compare solo dopo qualche verso.
Arianna viene issata nel momento in cui vede Teseo fuggire. Prospecto è un verbo
frequentativo (tipo di verbo utilizzato nel sermo cotidianus per intensificare), vuole
dirci il carattere insistente dello sguardo di Arianna.
L’identità fra Dia e Nasso deriva da Callimaco (geografia letteraria).
Fluentisono vv. 52 —> hapax, formazione unica per quello che sappiamo, si tratta di
un composto nominale che è costituito da due elementi: il secondo verbo del
composto è un elemento originariamente verbale (sonus), il fluent della prima parte
—> fluo,ere vuol dire scorrere; fluentum/a sono le correnti. Fluentisonus è una
coniazione catulliana forse ispirata da qualche modello greco. In ogni caso si tratta di
un elemento pertinente per sua natura ad un registro stilistico molto elevato. Il
latino non tende alla formazione di composti nominali —> composti nominali come
questo non sono una creazione naturale del latino: sono elementi che il latino crea
per essere all’altezza del greco letterario.
Registro linguistico molto vario nel testo.
Vv. 53 —> se letto in restituta l’effetto fonico sarebbe evidentissimo.
Immemor vv. 58 —> i molteplici valori che l’aggettivo potrebbe avere: smemorato
(aggettivo tipico della poesia amorosa: l’amante traditore è perfidus e immemor) —
> qui potrebbe qualificare Teseo in quanto amante traditore.
In realtà è un aggettivo che potrebbe avere anche una funzione prolettica, ossia
anticipatrice della vicenda futura di Teseo, nella quale la smemoratezza di Teseo
farà dimenticare a Teseo di cambiare le tele nere con quelle bianche )il padre si
suiciderà) —> noi lettori colti, pubblico di catullo possiamo leggere un’anticipazione
della futura vicenda di Teseo —> altri elementi del carme 64 si prestano alla
medesima lettura (alludono a storie non raccontate nel carme, ma si riferiscono al
proseguo)
VV. 59 —> molto catulliano non solo per la forma, ma anche per il contenuto: teseo
che parte immemor (aggettivo magari anche prolettico narrativamente); in questo
verso riecheggiano tematiche tipiche della poesia Catulliana.
Di fatto, a proposito della questione con il modello (singolo o duplice), abbiamo
sottolineato un dato: comunque l’impressione che il carme fa, di là dai piani
temporali, è quello di avere un’impronta fortemente catulliana.
Uno degli aspetti in cui questa impronta appare è quella di vivere o rivivere
letterariamente l’esperienza amorosa.
Questo dà a tutto il carme un’impressione unitaria in chi legge.
Aggettivo irritus —> letteralmente, come origine, fa parte di una famiglia di parole
molto rilevanti. In in questo caso prefisso negativo, ritus è un elemento che a prima
vista ci dice poco, ma potrebbe aver subito indebolimento —> quella I breve
potrebbe derivare da un’altra vocale —> ratus è il participio perfetto del verbo reor,
che vuol dire ‘pensare, considerare’, ma ha anche un significato passivo, ossia
‘ratificato’, ‘giustificato’.
Inritus —> non valido, non ratificato, vano.
Il nomen actionis di reo è ractio,onis.
Inrita in questo caso può essere collocato sia come attributo di promissa, ma può
anche essere inteso in senso predicativo, cioè ‘lasciando le promesse alla tempesta
cosicchè diventassero vane’ —> la due funzioni sono plausibili, attenzione a costrutti
di questo tipi, in cui un aggettivo può essere attributo o con valore predicativo.
I versi che seguono, di fatto spostano il nostro sguardo (ekfrasis) su Arianna che
guarda: 60 e ss.
60 —> ocellis, diminutivo pertinente al registro affettivo e familiare, molto dominato
dalla nota affettiva.
61 —> Arianna è o di roccia o come la marmorea effigie di una baccante (attributo
saxea o attributivo o predicativo).
Due aspetti interessanti:
- Saxea effigies bacchantis è un’espressione ossimorica, la figura di una
baccante è opposta ad un’effigie marmorea —> riflette in piccolo il carattere
paradossale dell’ekfrasis stessa.
- Nell’elemento bacchantis possiamo leggere anche un dettaglio prolettico:
perché è Bacco che entrerà in gioco sposando Arianna abbandonata —> gioco
per cui spessissimo questi dettagli sembrano guardare al futuro.
63-64-65 —> versi dedicati a che fine abbia fatto l’abbigliamento della donna e sono
introdotti tutti e tre dall’anafora non.
Vv. 64 —> alcune versioni hanno velatum (versione della tradizione manoscritta che
ha dato luogo a diversi tentativi di correzione per una ragione inerente al senso) al
posto di nudatum.
Vv. 65 —> strophio è un prestito dal greco, dal verbo strefo, verbo del girare, del far
girare e dell’avvolgere. Questo termine in realtà ha più l’aspetto di un grecismo della
vita quotidiana, non è un elemento epico.
Vv. 67 —>adludebant normalmente non è costruito transitivamente, può essere un
elemento della lingua poetica —> tante di queste variazioni minime rispetto allo
standard si giustificano come libertà che il poeta si prende e che sono pertinenti alla
lingua poetica (come i plurali per i singolari), elementi che danno al tessuto
linguistico e stilistico un aspetto straniante.
Vv. 69-70 —> Totus in latino vuol dire ‘tutto intero’, è un aggettivo pregnante
Vv. 70 —> pendeo,ere ha un significato forte, ‘stare appeso a’, diverso da pendo,ere
= ‘pesare’. Pendeo = verbo di stato, intransitivo, qualcosa che pesa perché sta
appeso; pendo = verbo transitivo; hanno la stessa radice.
Intensivo di pendo è penso, da cui derivano l’italiano ‘pesare’ e ‘pensare’.
Vv. 76-77 —> si sposta di nuovo il salto temporale: facciamo di nuovo un salto
all’indietro nell’antefatto —> si sposta ulteriormente la prospettiva temporale e c’è
un flashback che ci racconta la ragione dell’approdo di Teseo alla costa ateniese.
Vv. 83 —> porto,are in latino ha lo stesso significato di fero, che però viene
abbandonato nella lingua. Porto, rispetto a fero, non è anomalo ed è anche un verbo
che fin dalle origini viene utilizzato come un significato più materiale, ‘trasportare’,
pertinente al sermo cotidianus.
Funera…nec funera —> espressione evidentemente ossimorica e molto difficilmente
traducibile. È riferito ai giovani mandati in pasto al Minotauro: forse vengono definiti
morti non ancora morti (perché erano vivi mentre venivano trasportati), oppure
funera ha valore prolettico (morti e non destinati a morire —> il minotauro sarebbe
stato vinto da Teseo). —> espressione compiaciuta del proprio carattere ossimorico.
Vv. 84 —> niteor ( diverso da niteo,ere), vuol dire ‘sforzarsi’ letteralmente, ma anche
‘poggiare su qualche cosa’.
Da vv. 105 in poi è contenuta la descrizione del duello fra Teseo ed il Minotauro,
scontro che viene in parte descritto con una lunga similitudine —> elemento tipico
della dizione poetica elevata.
Vv. 105 —> Tauro forse è un gioco di parole che indica il toro o è un riferimento
geografico.
Vv. 106 —> coniger = conifer, coniger è un composto che ha lo stesso significato di
‘conifer’, composto da sostantivo + verbo (gero,ere) —> i composti sono elementi di
stile elevato.
Vv. 113 —> -bundus è un suffisso aggettivale che è a metà fra aggettivo e verbo,
indica le ‘vestigie che erravano’, ‘errare’ indica il vagare e lo sbagliare.
Vv. 115 —> error inobservabilis tecti è il percorso che non si può rifare dell’edificio.
La labirinticitàdel labirinto è sottolineato dal verso 114 —> labyrintheus è un nome
polisillabico molto evidente —> è sottolineata l’inestricabilità del labirinto.
Si prediligono parole polisillabiche che danno l’impressione quasi icastica
dell’inestricabilità del percorso, che sarebbe stato inestricabile senza il filo fornito a
Teseo da Arianna.
Le parole molto lunghe rallentano i versi —> danno l’idea della lentezza del ritorno.
Abbiamo visto le raffigurazioni di Arianna che si sveglia e vede Teseo che parla.
Nelle figure c’è Cupido, nella figura a sinistra c’è anche una figura che poggia la
mano sulla spalla di Arianna, forse Nemesi, ma è una figura di interpretazione
controversa.
Questa immagine sembrerebbe un’iconografia che potrebbe aver dato luogo e
rassomigliare a una delle due scene fondamentali rappresentate sulla coperta, ossia
quella del risveglio di Arianna: ci aiutano a capire cosa poteva essere ricamato su
quella coperta.
Esistono altre due tipologia dell’iconografia di Arianna abbandonata: la seconda è
Arianna che dorme mentre Teseo sta per salpare; nella terza iconografia Arianna
dorme mentre arriva Bacco —> salta il momento in cui Catullo focalizza la sua
attenzione.
Vv. 116-123
Catullo torna con una lunga formula alla fine originaria del racconto, ossia ad
Arianna abbandonata, la linea principale nell’ekfrasis.
Vv. 118 —> frase che grammaticalmente torna,ma semanticamente è difficile
perché si mescolano tanti piani temporali: non sappiamo perché la madre è definita
ora perduta e perché la figlia è misera.
Tutte le proposizioni introdotte da ut sono di tipo interrogativo, ut non è usato così
spesso nelle interrogative (originariamente ha anche questo valore), ma
l’interrogativa retta da ut è piuttosto rara, di solito si preferiscono avverbi
interrogativi con quomodo.
Vv. 116 —> quid commemorem plura formula classica che serve per tornare alla
narrazione principale dopo una digressione —> qui digressus a primo carmine
farebbe pensare a primo carmine come racconto di Peleo a Teti, ma qui si torna alla
situazione di Arianna abbandonata, ossia all’ekfrasis —> torniamo al primum
carmen del carmen alterum.
Si insiste in questi versi sull’abbandono dei familiari (padre, sorella, madre)—> non
viene citato il fratello, il Minotauro che teseo aveva ucciso —> tutta questa
sottolineatura dei rapporti familiari che Arianna ha abbandonato preferendo ad essi
l’amor dulcis di Teseo la fanno molto somigliare a Medea, personaggio che è
collegato alla saga degli Argonauti dalla quale l’inizo del carmen 64 prende spunto.
Medea abbandona anch’essa i propri familiari, causa la morte del proprio fratello
per seguire lo straniero e molti degli elementi che affioreranno nel prosequio del
carmen e che saranno messi in bocca ad Arianna (lamento e maledizione a Teseo)
hanno la propria origine nella Medea di Ennio, imitata anche nell’esordio del carmen
64, quando si parla della costruzione della nave Argo.
La sottolineatura di questi elementi aggravano il peso della scelta di Arianna —> poi
Arianna, dopo essere stata abbandonata, ha molti motivi per diventare un’eroina
tragica —> si aggrava molto la gravità del tradimento di Teseo, perché lei ha
veramente rinunciato a tutto (omnibus his, vv. 120).
Vv. 122-123 —> lumina per gli occhi, pectus è la sede del sentimento, ma ci sono
altri due elementi che sono notevoli: Teseo immemor come gli amanti che
tradiscono e perché non cambierà le vele nere e causa la morte del proprio padre
(elemento descrittivo e prolettico). Coniunx è significativo perché non erano ancora
sposati —> elemento che aggrava la posizione dell’amante traditore, fa intravedere
che dietro questo amore non c’era una passione passeggera, ma c’era il desiderio di
arrivare al matrimonio.
Si torna quindi alla descrizione di Arianna sul lido dal vv. 124.
Siamo tornati al momento dell’abbandono, tutto quello che viene detto in questi
versi smentisce la natura di ekfrasis di questi versi —> Arianna non può muoversi,
non può singhiozzare e non può emettere parole di lamento.
L’ekfrasis è forzata, travalica i limiti stessi dell’ekfrasis —> è come se la saxea effigis
bacchantis prendesse vita sotto i nostri occhi —> i confini che sono inerenti
all’ekfrasis vengono travalicati.
Perhibent —> non sappiamo se Catullo stia facendo riferimento alle sue fonti o se
stia consapevolmente alludendo alla dimensione del racconto (abbandonando la
dimensione della descrizione).
Clarisonas vv. 125 —> composto clarus + sonus (membro verbale), ‘voci che
suonavano forti’ —> elementi pertinenti alla lingua poetica e al registro elevato della
lingua poetica.
Vv. 127 —> aestus è il ribollire, il calore —> il mare non viene presentato come
aequor (placato), è un mare tormentato quasi come le cure e gli affanni di Arianna.
Vastus in latino non vuol dire grande, ma ha dato luogo a devastazione, ha una
connotazione di ‘enorme e spaventoso’. La natura sembra quasi accordarsi a questa
situazione di sofferenza.
Tremulus e frigidulos sono aggettivi alterati, di connotazione affettiva.
Nudatae surae potrebbe essere anche un dativo —> sollevando la copertura al
polpaccio che viene denudato. Va bene anche in genitivo.
Vv. 132 —> inizia il lamento di Arianna, un lamento che per certi versi ricorda parole
messe in bocca a Medea abbandonata da Giasone all’interno della Medea di Ennio
(oggi perduta).
Tutta la prima parte contiene la prima parte del lamento con insulti a Teseo, poi ci
sono versi dedicati ad un tema tipicamente Catulliano —> quando Catullo lamenta
l’abbandono da parte di Lesbia, qui invece colui che abbandonò è Lesbia, il tema fa
affiorare la personalità poetica di Catullo all’interno di questo lamento, che è fra le
lezioni più evidentemente Catulliane del carme 64.
Sicine…sicine —> l’anafora è una figura spesso analizzata. Quel sicine è sic + -ne
enclitica dell’interrogativa. La I in mezzo è un elemento aggiunto, elemento di
aggiustamento fonico, per non avere sicne —> anche quando abbiamo elementi che
terminano in in C (si fa anche per huc-i-ne).
Vv. 132 —> l’inizio e la fine del verso sono di grandissimo rilievo.
Vv. 134 —> neglecto numine divum (divum genitivo arcaizzante).
Numen (verbo nuo, verbo non attestato, mentre conosciamo i suoi prefissati abnuo,
‘dire di sì’, e adnuo, ‘dire di no’ —> il numen è quindi la volontà della divinità.
Numen quindi originariamente è la volontà della divinità che si esprime nel cenno,
nel nudus.
Perfide…perfide —> anadiplosi, ripetizioni
Vv. 135 —> devoveo da voveo, connotazione sacrale che vuol dire ‘fare voto di
qualche cosa’. Devovere = atto del votare agli dei Inferi, è un atto sacrale in negativo,
è una maledizione. In latino esiste il termine devotio, un gesto con il quale un
comandante militare votava se stesso alla morte per guadagnare la vittoria
dell’esercito. Portare a casa periuria devota aggrava di molto il termine periuria.
Alcuni membri della famiglia dei Deci sono famosi per episodi di questo tipo, per
essersi votati alla morte per far ottenere al proprio esercito la vittoria.
Vv. 138 —> miserescere, il suffisso -sco sottolinea il significato di ‘impietosirsi’
Vv. 140 —> problema testuale: miserae dovrebbe essere in accusativo —> iubeo
regga accusativo e infinito, non con una completiva volitiva. La tradizione
manoscritta porta misere, l’avverbio miseramente, che però non è semplicissimo da
spiegare, crea un problema dal punto di vista del significato.
C’è anche chi conferma miserae pensando ad una forzatura del costrutto classico di
Iubeo, una forzatura spiegabile perché a sperare è Arianna, che ha appena parlato di
sé come mihi, quindi forse miserae è attratto da questo mihi. Meglio pensare al
dativo che non standardizzare all’accusativo —> meglio ingegnarsi per conservare
una variante che corregge la tradizione manoscritta ma non troppo (nella traduzione
manoscritta ae spesso diventa e).
Vv. 141 —> cose che Teseo aveva fatto balenare nella giovane.
Torniamo all’iconografia con i versi 152 e 153 —> l’iconografia catulliana privilegia
un momento tragico, un istante tragico, nel quale, dietro alle parole di Arianna,
emergono le parole di Medea.
La Medea di Ennio è perduta —> una delle fonti principali dalla quale attingiamo i
frammenti sono le opere filosofiche di Cicerone, che pullulano di citazioni del teatro
arcaico, in particolare quello tragico —> è da lì che a noi provengono frammenti
della Medea di Ennio che sono confrontabili molto da vicino sia in alcune sezioni del
lamento di Arianna sia nella sezione iniziale.
Per questo sappiamo che la Medea di Ennio fu uno dei modelli dell’Arianna del
Carmen 64.
Quando diciamo che Ennio fu modello di Virgilio, questo lo ricaviamo dai
commentatori Virgiliani antichi, che fanno i paragoni fra i versi Enniani (altrimenti
per noi perduti) e virgiliani.
Per Catullo non abbiamo commentatori che facciano questi paragoni, ma i raffronti
qui sono precisissimi.
Esposizione dei contenuti del saggio di Marco Fernandelli, capitolo che dedica al
carmen 64 nel suo libro Chartae laboriosae, capitolo molto interessante.
Fernandelli parte da una prospettiva di lettura che è una prospettiva della critica
letteraria moderna e contemporanea, centrata sulla risposta del lettore, reader
response criticism.
Si affronta senza timore di scandalizzare la critica letteraria che sostiene che non si
può entrare nell’intenzionalità dell’autore e senza timore di andare contro i Dogmi
che hanno dominato la teoria letteraria dell’ultimo secolo.
Si immedesima in un Catullo che, all’interno del Carme 64, invita consapevolmente il
lettore ad affrontare un viaggio, paragonabile ad una navigazione, che lo porta
progressivamente al significato del carme.
Sostiene che Catullo stesso, nel produrre il carme, assume consapevolmente la
prospettiva di colui che vuole guidare il lettore nella navigazione verso il significato
del carme.
Abbiamo visto che il carme è caratterizzato da scarti, incoerenze, cambiamenti di
prospettive, di piani temporali. È un testo che chiede al lettore di addentrarsi in un
itinerario che è come una navigazione scoscesa.
Catullo costruisce questo lungo carme come una sorta di rotta, dove il lettore
moderno e a lui contemporaneo è tenuto in sospeso e continuamente portato a
domandarsi il significato dei particolari che incontra e poi la totalità del testo.
Fernandelli ritiene di poter fare ciò perché noi di Catullo e di neoterici noi sappiamo
che questi erano poeti dotti e nello stesso tempo abituati ad essere lettori delle loro
composizioni, erano abituati alla pratica della proekdosis, ossia l’edizione
preliminare. Le loro poesie, prima diessere pubblicate, venivano fatte leggere o
recitate di fronte agli amici e quindi sistemate alla luce del parere degli amici poeti
in quanto lettori.
Tutto questo lavorio che la poesia dei neoterici lascia presupporre è evidente che è
un lavorio che presuppone che i suoi protagonisti (i poeti amici di Catullo) siano
poeti e lettori nello stesso tempo.
Pensare ad un Catullo che consapevolmente costruisce un certo etinerario per il suo
lettore non è del tutto fuoriluogo.
Il PROLOGO è fuorviante, perché dalla lettura dei primi versi ci torviamo immersi
nella saga degli Argonauti,e noi sappiamo che il prologo vuole aiutare il lettore a
mettere a fuoco il tema —> il prologo qui sembra parlare della saga degli argonauti
e del loro ritorno, uno si fa l’idea che il viaggio degli argonauti sia il tema, ma dai
versi 8-21 si parla di Peleo e Teti.
Ma nei versi dal 22-30, quelli che rievocano i passati tempi eroici, in cui gli dei si
manifestavano, la prospettiva viene ancora mutata —> si capisce che il tema è tutto
già contenuto all’interno dei primi versi in tutti quegli avverbi di tempo (quondam)
che proiettano il racconto in un passato lontano e nostalgicamente rievocato.
Il prologo è quindi un inizio fuorviante, già dà nel suo spezzettamento l’impresione
di una continua necessità del lettore di cambiare la prospettiva.
L’EKFRASIS da 50 a 266 —> è necessario sottolineare che si apre con i versi 50-51
con la vestis e si chiudono con i versi 265-268 che tornano alla vestis, questi sono i
versi che incorniciano l’ekfrasis.
In effetti l’ekfrasis è una sezione nella quale, da un lato, c’è sicuramente un
elemento visivo (pensa alle iconografie pompeiane) che rende plausibile che Catullo
avesse sotto gli occhi qualche oggetto artistico che rappresentava le due scene; però
quasi fin da subito accade percepibilmente quando troviamo il verbo perhibent alla
fine del flashback (vv.124) che il lettore non è portato a guardare la descrizione di un
oggetto artistico, ma diventa l’ascoltatore di un racconto —> si passa dalla
descrizione al racconto.
Ai versi dal 125 in poi si passa da una descrizione di ciò che si può vedere al racconto
di ciò che non si può rappresentare nella fissità di una coperta —> in questo l’akme
sarebbero i versi fra 63 e 70, quelli in cui si dice che Arianna in piedi rimane senza
niente a dosso; Catullo ai versi 69-70, rivolgendosi a Teseo, dice che ‘da te teseo
Arianna pendeva con tutto il petto, con tutto l’animo, con tutta la mente’ —>
Arianna è un personaggio ridotto a tutta interiorità, la nudità esteriore è l’emblema
di Arianna ridotta a pura anima, interiorità, abbandonata sia da Teseo sia alla
immedesimazione del lettore e all’interpretazione del lettore.
La prima parte dell’ekfrasis non c’entra nulla con tutto il racconto cornice —> si
pone come una parentesi tragica e priva di soluzione, aperta nella sua tragicità.
È solo nella seconda metà della coperta che arriva Bacco e sposa Arianna —> si
ripristina, dopo una lunga parentesi, la simmetria con la cornice perché c’è la
descrizione delle felici nozze con Bacco, parallele alle felici nozze di Peleo e Teti.
La Tessala Pubes rappresenta una sorta di pubblico interno della ekfrasis, che ci
esemplifica come questa ad un lettore ingenuo possa non destare nessuna domanda
e lasciarlo totalmente sazio di una fruizione superficiale —> Catullo, che è narratore
e lettore acuto, richiede al suo lettore di entrare dentro nell’ekfrasis e coglierla nel
suo significato più profondo: le due scene raccontate nella coperta (abbandono e
nozze) non costituiscono semplicemente una fabula lineare, ma il focus della
coperta in realtà è asimmetricamente l’episodio di Arianna, che è una tragedia in sé,
in senso proprio e vissuta dal proprio protagonista.
D’altra parte l’episodio di Bacco rappresenta la soluzione della tragedia secondo i
criteri che potevano essere in vigore nell’età degli Eroi —> Arianna è un’eroina che,
grazie all’attenzione di Giove, riceve la giusta ricompensa con le nozze di Bacco.
L’ekfrasis quindi sollecita con le sue simmetrie e incongruenze a farsi delle domande
sul senso totale dell’ekfrasis e del carme, e il lettore accorto e sapiente ad un certo
punto comprende che ha assistito ad una tragedia e alla sua soluzione secondo una
giustizia che solo nei tempi degli eroi poteva vivere.
Terza sezione è IL FINALE DEL CARME, dopo la ekfrasis si torna alla scena delle
nozze, scena che contiene diverse incoerenze: manca Apollo, le Parche cantano
l’epitalamio. Però è anche vero che nei versi finali, dal 384 in poi, emerge il senso —
> la descrizione di quella che Fernandelli chiama l’età teossenica (Theos + Xenia), in
cui era possibile l’ospitalità degli uomini, finalmente ci svela il senso, perché il senso
del Carme è nel contrasto che sussiste fra l’età dell’oro e il degrado del presente.
Il lettore accorto si rende conto che tutta la sezione finale sembra finalmente
illustrare qual è il movente totale del carme, che diventa chiara agli occhi del lettore
solo negli ultimi versi, in cui si capisce che il movente del poeta è rappresentato dal
degrado capillare e totale del presente.
Si capisce che tutto il racconto precedente è la ricerca dell’antitesi (cit. Fernandelli),
ossia un tempo che sia l’opposto del presente, un tempo in cui succedevano delle
cose e in cui il criterio era la giustizia.
Tutta la parte preliminare sono due racconti che rappresentano una sorta di
evasione narrativa dal presente per gettarsi in un passato che era felice, ideale e
nostalgicamente evocato.
A questo punto ci rendiamo conto che il vero tema del carme è il narratore, la
coerenza del carme non sta in ciò che viene narrato, ma nel suo narratore e nel
legame che sussiste fra il presente del narratore e il passato in cui esso evade.
Questo spiegherebbe anche il perché della scelta di un genere minore come l’epillio
—> l’epos canta una lettura della realtà armonica, ma la realtà con la quale ha a che
fare Catullo non si può spiegare con un genere grande come l’epos, si accontenta
della misura minima dell’epillio, che in un tono minore riflette sulla caoticità del
presente.