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Nato a Córdoba in Spagna nel 39 d.c, Marco Anneo Lucano era figlio di Marco
Anneo Mela e fratello di Seneca il filosofo. Educato a Roma, fu allievo dello stoico
Anneo Cornuto e completo la sua istruzione ad Atene.
Fu chiamato a Roma da Nerone stesso, che lo fece entrare nella Rosaria cohors
amicorum e gli conferì l’onore della questura, nonostante la giovanissima età.
Durante la prima celebrazione dei Neronia, cantò con grande successo le Luades
Neronis.
La carriera poetica di Lucano ebbe una brusca svolta quando il favore del princeps
lo abbandonò, trasformandosi in aperta ostilità, al punto che al poeta fu vietato di
pubblicare i sui versi.
I biografi antichi D’Annunzio di tale rottura motivazioni personali e letterarie, alcuni
studiosi moderni preferiscono invece interpretarla in chiave politica.
Ne 65 Lucano aderì alla congiura di Pisone, scoperta la cospirazione, egli, come Seneca e tanti altri illustri
personaggi, cadde vittima della repressione e fu costretto a suicidarsi quando non aveva ancora compiuto
ventisei anni. Di numerose opere perduto abbiamo notizia dai biografi e da Stazio:
Il bellum civile
Il poema epico di Lucano è tramandato dai codici e citato dai biografi con il
titolo Bellum civile “la guerra civile”; esso è noto pero anche con un altro
titolo, Pharsalia, derivato da una definirne del poeta stesso.
Argomento dell’opera, in dii libri, è la guerra civile tra Cesare e Pompeo, che
ebbe nella battaglia di Farsalo il suo momento decisivo. La morte impedì a
Lucano di portare a compimento il poema, che s’interrompe all’inizio della
rivolta contro Cesare scoppiata ad Alessandria d’Egitto. Si suppone fosse sua intenzione scrivere altri due
libri, in cui è avrebbe dovuto narrare la prosecuzione della guerra in Africa fino al suicidio di catone a Utica.
Lucano utilizzo molto probabilmente come fonti principali di Tito Livio e le opre stelle guerre civili di Asinio
Pollione e di Seneca Padre. Sono comunque facilmente individuabili, in alcuni casi le modifiche e anche le
deformazioni e le distorsioni dei fatti storici apportare dal poeta in funzione delle esigenze ideologiche e
artistiche. Il bellum civile è diviso in due parti :
Lucano elimina del tutto del tutto dal suo poema l’apparato divino tradizionale e recupera in parte
l’elemento “meraviglioso” o soprannaturale per mezzo di sogni, visioni, profezie e pratiche magiche.
L’esempio più nt del soprannaturale in Lucano è certamente la macabra scena di necromazia di cui è
protagonista la maga Eritto che anticipa l’esito della battaglia di Farsàlo riportando in vita un solidato morto
in combattimento.
Il bellum civile appare atipico non soltanto per questo aspetto , ma anche e sopratutto perché sceglie un
tema singolare rispetto all’Eneide. L’opera di Lucano si presenta programmaticamente come il racconto di un
evento funesto, in quanto narra la caduta rovinosa e malaugurata della libertas repubblicana, fatta
coincidere con la fine irreparabile della grandezza e della gloria romana. Il poeta pertanto gli event che narra
li biasima e li deplora. Questa impostazione è evidente fin dai versi iniziali secondo la prassi epica.
L’amaro pessimismo del poema, che contraddice radicalmente il tradizionale trionfalismo del filone epico-
storco, contrasta anche l’ideale della virtus, riposto e propugnato in termini inequivocabilmente stoici; la
celebrazione di Catone, presentato come l’incarnazione del sapiente stoico, l’esaltazione del suicidio, isto
come eroica sfida contro la sorte avversa e suprema affermazione di libertà.
L’ostentata negatività del tema incide profondamente sull’idea di sublimità che il poeta prosegue, Lucano
ricerca l’elevatezza richiesta dal genere epico nella grandiosità e nell’eccesso. Questo gusto della
dismisura investe sia i personaggi sia la vicenda; vengono infatti privilegiati i momenti eccezionali, le
circostanze fuori dalla norma, ricche di tensione e di pathos. Tra queste situazioni assume singolare
importanza e frequenza il motivo della morte e rivela quel gusto per il truculento e il macabro attestato anche
dalle tragedie di Seneca.
La tecnica narrativa di Lucano è decisamente selettiva: il poeta riassume brevemente talune parti della
vicenda per concentrarsi su eventi di particolare intensità drammatica a cui dedica moltissimo spazio. La
narrazione è dunque costruita mediante una serie di rapidi scorci e di episodi di lunghezza diseguale.
Troviamo inoltre amplissime digressioni, in cui l’autore fa sfoggio della sua erudizione scientifica, geografia,
etnografia e mitologia. Tale struttura risulta caratterizzata da una notevole staticità.
Il narratore interviene di frequente in prima persona a commentare gli avvenimenti con enfasi e gravità.
Ne deriva un testo dal tono oratorio e magniloquente, che rivela il gusto per le declamazioni, tipico della
cultura del I secolo d.C.
Aulo Persio Flacco nacque a Volterra nel 34 d.c e mori in una sua villa nei pressi di
Roma nel 62. Di ricca famiglia equestre, studio a Roma con i migliori maestri di
retorica e di filosofia. Fu allievo dello stoico Anneo Cornuto, al quale si legò di
affetto vivissimo. Condusse una vita ritirata, dedita agli studi e alle lettere; alla sua
morte prematura, Cornuto curò la pubblicazione postuma delle Satire. Il libretto ebbe
subiti un enorme successo.
L’opera di Persio comprende sei satire, per un totale di circa 650 esametri, e un componimento costituito
dai quattordici coliambi, in cui l’autore parla della propria poesia. Persio aveva davanti a se una traccia ben
delineata, costituita dalle affermazioni teoriche e della concreta prassi letteraria dell’Orazio satirico: egli fece
delle posizioni del si predecessore il punto di partenza della propria poetica.
La coscienza, espressa da Orazio, della diversità della satira rispetto alla poesia dei generi alti spinge Persio
innanzitutto a una serrata polemica contro la letteratura dei suoi tempi : nella satira I egli conduce un’aspra
requisitoria contro la cultura contemporanea. Viene posta in ridicolo, la oda delle recitationes, le pubbliche
letture di poesia cosi care ai Romani del tempo, risultando priva di qualsiasi consistenza morale.
Persio nella sua polemica contro la poesia contemporanea, pone in guardia dai rischi di una raffinatezza fine
a se stessa, vuota di contenuti e intrinsecamente immorale. Egli colloca la propria produzione sotto il segno
del verum e dimostra di volersi porre sulla linea dei suoi illustri antecedenti, Lucilio e Orazio.
• Spunti di poetica nella satira V Un altro testo molto importante per definire la concezione che Persio
ha della propria poesia è la sezione iniziale della satira V. In essa l’autore fa intervenire il suo maestro
Anneo Cornuto che si rivolge al poeta in questi termini:
“ Verba togae sequeris iunctura callidus acri, Tu segui il parlare della gente in toga, accorto
ore teres modico, pallentis radere mores nei nessi acuti, tornito nella tua voce misurata,
doctus et ingenuo culpam de gere ludo. Hinc esperto a incidere i costumi malsani e a
trahe quae dicis, mensasque relinque Mycenis inchiodare la colpa con uno scherzo ne. Prendi
cum capite et pedibus, plebeiaque prandia di ciò che scrivi: lascia a Micene le mense con
noris.” sopra teste e piedi e occupati dei nostri pranzi
plebei”.
• La rappresentazione della vita di tutti i giorni Mentre nella satira I Persio si era limitato ad ancorare
saldamente al verum gli argomenti e la funzione della satura, qui precisa che tale “realtà” è costituito dai
mores, cioè dai comportamenti umani. L’adesione al reale si configura dunque come scelta di una
tematica quotidiana, di cui sono simbolo ì plebeia prandia, contrapposti agli inverosimili eccessi della
tragedia.
• La satira come medicina di una società malata Del resto i mores sono presi in considerazione non in
genarle, ma in quando pallentes, “pallidi”, per la malattia, cioè corrotti. Il compito del poeta satirico
consiste in una storia di ingerenti medico per curarli: strumento principale di questa operazione è l’igenuus
ludus, “ lo scherzo non volgare”. Vengono così fidati due punti rilevanti: l’impostazione moralistica della
satira e l’importanza dello spirito, elemento essenziale del meccanismo satirico.
I contenuti delle altre satire
• La satira III La satira III si apre con la visione di una radiosa mattianata estiva passata non ad
approfondire la filosofia, ma a dormire, smaltendo una sbornia. Il satirico afferma la necessità che i
giovani imparino il salutare insegnamento dello stoicismo, che fornisce le norme essenziali per comportarsi
rettamente. La seconda parte del componimento svolge il tema della malattia dello spirito.
• La satira IV La satira IV sviluppa il luogo comunque diatribico del “conosci te stesso”. Nella scena di
apertura Socrate rimprovera Alcibiade, che intende dedicarsi alla politica senza possente le necessarie
attitudini.
• La satira V La satira V, dedicata al maestro Anneo Cornuto, si apre con un’importanza sensazione
letteraria, di cui abbiamo già tratto. Prosegue poi con espressioni di pronta amicizia e sincera gratitudine
verso Cornuto, che ha scelto di istruire i giovani e ha iniziato l’auto te alla filosofia stoica. Egli poi chiarisce
l’idea di libertas e storicamente la fa consistere nel vivere secondo ragione.
• La satira VI La satira VI si presenta con un’epistola diretta a un amico, il poeta lirico Cesio Basso.
L’autore chiede notizie dell’amico e per parte sua gli comunica di trovarsi a Luni. Il poeta espone le proprie
convinzioni che lo spingono a vivere contento dei suoi beni, lontano dalla prodigalita e della spilorceria.
T1 IL PROEMIÒ - Lucano
Lucano subito nel primo verso afferma di cantare guerre più atroci di quelle civili (a causa del legame di
parentela tra Pompeo e Cesare). Subito dopo viene posto l'accento sulla tragicità della lotta tra
consanguinei, e si fa riferimento alla rottura del primo triumvirato che univa Cesare, Pompeo e Crasso. Invece
di combattere gli uni contro gli altri, i Romani, si sarebbero dovuti impegnare nella guerra contro i Parti, che
avevano ucciso Crasso. Poi Lucano si rivolge direttamente ai Romani, sottolineando che invece di
combattere gli stranieri hanno preferito scatenare guerre civili. Il poeta elenca i paesi e i territori che i Romani
avrebbero potuto conquistare se non si fossero concentrati sulla guerra civile. Poi Lucano si rivolge
direttamente a Roma, riflettendo sulla sua condizione di desolazione e distruzione seguita alle guerre civili.
Poi viene introdotto il tema centrale dell'opera: la guerra civile che coincide con la fine della repubblica e
l'avvento del principato. Poi Lucano fa riferimento alle ultime vittorie ottenute da Cesare sui Pompeiani in
Africa e in Spagna. Segue il riferimento alla guerra tra Ottaviano e Antonio: guerra sanguinosa. Segue l'elogio
dell'imperatore Nerone e la descrizione della sua deificazione: nessun dio sarà pari a lui.
Descrizione dell'oltretomba. Sesto Pompeo, figlio di Pompeo Magno, consulta l’anima di un soldato morto in
un recente combattimento per conoscere l’esito della battaglia di Farsalo. Il cadavere richiamato alla vita
dalla maga Eritto afferma di essere a conoscenza del fatto che sulla terra sta avvenendo la guerra civile. Molti
sono i condottieri che dice di aver visto passare nel regno degli inferi, in particolare si sofferma su quelle
anime beate (Silla, Catone il Censore, padre di Catone il giovane, Scipione ecc.) che piangono per le sorti dei
pompeiani, per l'imminente fine della libertà repubblicana, per la quale tanto loro stessi hanno lottato ma che
è destinata a morire. Il cadavere afferma anche di aver visto esultare le anime dei morti vicine alla fazione
popolare e quindi cesariana (Mario, Druso, i Gracchi ecc.). Poi giunge implacabile la profezia: un destino di
morte attende Pompeo, ma prima o poi esso attende tutti i condottieri.
Il Satyricon è una delle opere più affascinanti ed enigmatiche della letteratura
classica: è un “romanzo” anomalo rispetto agli altri perché misto di prosa e di versi;
deride imparzialmente l’ingenuità libresca dello studente vagabondo che funge da
“io” narrante, la cinica disonesta degli intellettuali da strapazzo mc il cattivo gusto
iperbolico dei liberi arricchiti.
• Le testimonianze Una serie di codici ci ha tramandato degli estremi di un’opera narrativa , mista di
prosa e di versi, intitolata Satyricon e attribuita a un autore chiamato Petronio Arbitro. Oggi la stragrande
maggioranza degli studiosi concorsa nel collocare il Satyricon nel I secolo d.C e nel riconoscere nel suo
autore il Petronio di cui parla Tacito, che nel 66 fu condannato a morte dal principe Nerone.
• La morte di Petronio Secondo il rapporto tacitiano, egli diede prova fino all’ultimo di quel distacco, di
quell’antico-conformismo e di quella disinvoltura un po’ eccentrica che l’avevano sempre caratterizzato:
“ non sopportò di rimanere in sospeso tra speranza e timore. Fattesi tagliaste le vene, le fece poi legare e
aprire di nuovo, a suo piacimento, conversando con gli amici senza alcuna gravità ne desiderio di
conseguire fama d’intrepidezza. Si mise a tavola , poi si abbandonò al sonno, in modo che la morte,
benché forzata, fosse simile a una fine fortuita”. Tacito aggiunge che nel suo testamento Petronio
descrisse per filo e per segno le turpitudine del principe, sigillo il testamento e lo invio a Nerone.
• I dati e gli elementi ricollegabile all’età di Nerone L’identificazione dell’ autore del Satyricon con il
Petronio tacitiano appare molto probabile non solo perché il ritratto così efficacemente tracciato dallo
storico sembra corrispondere sostanzialmente agli orientamenti e ai gusti dello scrittore. Alcuni contenuti
dell’opera riportano all’età di Nerone :
• i vari passi del Satyricon vengono citati noni di cantanti, attori e gladiatori celebri ai tempi di Caligola e
Nerone
• nell’opera un passaggio polemizza, in modo velato ma inequivocabile, con l’epos di Lucano, cui
contrappone un suo Belim civile d’impianto più tradizionale
• un inserto poetico è costituito da Troiae Halosis “ la presa di Troia”: Nerone aveva scritto un poemetto
dallo stesso titolo
• si colgono nel Satyricon analogie, di forme e di linguaggio, con l’Apokolokyntosis di Seneca e probabili
riferimenti e allusioni parodistiche si temi e allo stile di Seneca losofo.
In generale si può dire che i tempi e i problemi culturali e letterari dibattuti nel Satyricon ripotando alle
temperie culturali del I secolo d.C
• Gli aspetti linguistici: la presenza dei volgarissimi Per quando riguarda l’aspetto linguistico, i
numerosissimi volgarismi presenti in alcune parti del Satyricon trovano riscontro solo in testi molto più
tardi. Petronio riproduce per la particolare ambientazione della sua opera e che non è documentata altrove
bella produzione della prima età imperiale, appartenente a generi letterari da cui i volgarissimi erano
esclusi.
Il contenuto dell’opera
Abbiamo già detto che il Satyricon ci è pervenuto in forma frammentaria e lacunosa. L’opera originariamente
doveva essere molto estesa. La materia è stata ordinata dagli editori in 141 capitoli a cui si aggiungono
alcuni frammenti minori.
I contenuti e la struttura —> La vicenda è narrata in prima persona da un giovane di nome Encolpio, che
rievoca le avventure e le peripezie di un viaggio compito in compagnia di un bellissimo giovane, Gitone, di cui
è innamorato.
Schematicamente il Satyricon si può suddividere in 5 blocchi narrativi.
• Blocco narrativo I —> Encolpio all’inizio del romanzo sta distendo con un retore, Agamennone, sulle
cause della decadenza della eloquenza. Dopo questa dissertazione Encolpio torna alla sua locanda con
Gitone, forse a Napoli o Pozzuoli li sarà dove conosceranno un terzo giovane, Ascilto, è rivale d’amore,
perché anche Ascilto è innamorato di Gitone. Interviene una donna che si chiama Quartilla è una
sacerdotessa di Priapo (dio della sensualità), la quale dice che questi giovani
hanno violato i sacri misteri del Dio , li accusa di non aver seguito i suoi misteri, li
obbliga a un’orgia.
• Blocco narrativo II —> viene raccontata la vicenda della cena nella casa di
Trimalchione (trimalcione), era un liberto che si era arricchito enormemente e
usava dare cene invitando nella sua casa numerosissime persone, tra queste
Encolpio e Gitone. Parla della questione della cena, abbiamo tutti e tre i
personaggi che vengono invitati al banchetto di Trialchione, qui i 3 assistono al
panchetto, dove succede che ce l’ostentazione più volgare pacchiana della
ricchezza accumulata da parte di Trimalchione, è rimasto ignorante però. Questa
scena del banchetto è stata interpretata da diversi attori, in diversi film, e proprio
questo episodio della scena della cena.
• il primo legame è con i romanzi antichi, la loro principale caratteristica è il viaggio; il viaggio vuole essere il
racconto di avventure e disavventure di alcuni personaggi (di qualsiasi genere) che possono essere di qualsiasi tipo,
imprevisti che accadano, non programmati. I romanzi hanno un altra caratteristica, cioè di narrare sempre di un amore
ostacolato, ci sono personaggi che si inseriscono nella relazione iniziale e presentano gelosia è rivalità. La novità del
Satyricon è che si tratta di un amore omosessuale e pederastico. Una caratteristica dominante è di contenere una
forte parodia, il Satyricon vuole essere una parodia letteraria di un genere in cui il tema dell’amore in particolare
veniva sublimato.
• Abbiamo legami con la satira menippea, che è un punto di partenza da dove si ispira il Satiricon; nasce da menippo
ed era caratterizzata dalla presenza di prosa e poesia (prosimetron), era una mescolanza di prosa e versi. Satura
Lanx, concetto di mescolanza come un piatto di primizie. La satira come genere letterario è propriamente latino,
nell’ambito della satira come genere portato alla perfezione, dobbiamo nominar Orazio. Anche Orazio aveva scritto
una satira descrivendo una cene a casa di nasidieno., in tema hanno quindi il tema gastronomico, cosa mangiare e
come, inoltre il tema gastronomico era presenta anche nella commedia e nel mito. Anche nella commedia,
precedente alla satira, avevano affrontato la tematica gastronomica; il mito rappresenta la quotidianità della vita
comunque romana, raccontava situazione quotidiane ed erano anche abbastanza volgari, di basso livello. È stato
Boccaccio a riprendere questa tematica del vivo, dando anche quell’accento molto volgare e grossolano, diceva le
cose come stavano.
• L’ultimo antecedente è rappresentato dalle novelle Milesie, quindi un racconto breve, si chiamano Milesie perché chi
le ha inventate arriva da Mileto ed era Aristide di Mileto avevano delle caratteristiche che vengono riprese da Petronio,
ma distinte come se fossero dei racconti a se, vengono quindi inserite 5 novelle. Tre sono molto brevi e sono
raccontate da alcuni partecipanti al banchetto nella casa di trimalcione, due sono più lunghe e sono raccolte da
Eumolpo e hanno come tema l’amore ma nel senso proprio erotico e carnale, come per esempio la matrona di Efeso.
Abbiamo il tema dell’amore ma raccontato in modo parodistico quindi sopratutto, in conclusione, tutti questi
antecedenti ci portano a dire che il personaggio era molto colto e ha voluto realizzare una letteratura di
intrattenimento, obbiettivo che si è posto Petronio; non vuole insegnare, non ha un intento moralistico cioè di
trasmettere valori, Petronio ha l’unico obbiettivo di divertire, intrattenere e il pubblico che vuole divertire è sopratutto
un pubblico colto.
Petronio utilizza i modi di esprimersi delle classi sociali più basse utilizza la comicità
che si esprime in tutte le sue forme e, inoltre, viene rappresentata la vita quotidiana; la
vita quotidiana viene descritta in modo molto realistico tanto da essere grottesco, che
suscita le risate.
La quotidianità della vita viene descritta deformata in modo da far ridere, si parla di
realismo comico. Non ci sono motivi moralistici, non si pone obbiettivi morali da far
raggiungere ai suoi lettori, è come se lo stesso autore si divertisse a raccontare la
realtà com’è (un autore che ha avuto le stesse caratteristiche è Boccaccio).
Anche Petronio mantiene questo distacco dalla realtà e la vita che racconta è quella
multiforme, dall’aspetto variegato, racconta appunto le avventure degli uomini, che
vengono raccontati in modo da far divertire, sembra che sopra queste rocambolesche vite ci sia una destino
che si pone allo stesso livello dell’autore, la fortuna
la responsabile di ciò che accade all’uomo,
Naturalmente il linguaggio che utilizza è un la fortuna è quindi imprevedibile fa vivere
linguaggio colloquiale, però Petronio è anche un all’uomo situazioni che lo mettevano in
uomo molto intelligente infatti in alcune parti del di coltà e lo obbligano a trovare soluzioni
romanzo evidenzia la sua intelligenza.
All’interno di questi testi fa un discorso che
rappresenta le fasi iniziali del romanzo, dove c’è
un dialogo tra Agamennone e Encolpio.
Encolpio dialoga con Agamennone che è un retore e si confrontano sulle cause della decadenza
dell’eloquenza; l’eloquenza era una delle due materie che veniva insegnata oltre alla filosofia,
l’eloquenza aveva i maestri maggiori a Roma. Encolpio, il più maturo dei personaggi si confronta con
Agamennone e il motivo della discussione è l’educazione dei giovani e le ragioni per cui l’eloquenza è in
decadimento.
T1 TRIMALCHIONE ENTRA IN SCENA
L'episodio racconta la cena-spettacolo a casa del liberto Trimalchione, a cui partecipano i tre protagonisti
dell’opera, Encolpio, Ascilto e Gitone. La scena della cena non determina alcun avanzamento nella storia di
Encolpio e dei compagni, infatti costituisce una pausa, nella quale l’autore offre uno spaccato della società
del tempo. Trimalchione fa il suo ingresso a cena iniziata. Sontuosità del banchetto -> cibi pregiati. Viene
descritto il suo abbigliamento in modo caricaturale. Raffinata volgarità di T. -> stuzzicadenti d’argento.
Discorso sostenuto in modo goffo e utilizzando un lessico volgare, mentre gioca sulla scacchiera con monete
d'oro ed argento.
T4 IL TESTAMENTO DI TRIMALCHIONE
Trimalchione legge il proprio testamento durante la cena. Nella prima parte dice di voler liberare tutti gli
schiavi in seguito alla sua morte. In seguito decide l’erede di tutto il suo patrimonio sarà la moglie Fortunata.
Poi Trimalchione si rivolge all’amico Abinna, il quale sta curando la costruzione del suo monumento funebre
-> descrizione della grandiosità del suo monumento, vuole esibire le sue ricchezze anche dopo la sua morte.
T5 LA MATRONA DI EFESO
Una matrona, ammirata da tutti per la sua virtù, rimane vedova. Nonostante i tentativi per dissuaderla, la
donna, afflitta da un dolore inconsolabile, rimane nel sepolcro a vegliare il cadavere del marito. In compagnia
della fedelissima ancella, continua per giorni a digiunare e piangere disperatamente, tanto da apparire a tutti
un modello ineguagliabile di fedeltà e amore coniugale. Una notte un soldato di guardia ai cadaveri di alcuni
ladri crocifissi, incuriosito dai lamenti, scende nella tomba e rimane colpito dal comportamento della
bellissima donna. Cerca di consolarla e di persuaderla a vivere offrendole la sua cena, ma invano: la donna,
sempre più disperata, sembra decisa a lasciarsi morire di fame. Il soldato, ostinato e premuroso, persevera
comunque nel suo intento; l’ancella, incapace di resistere alle lusinghe del cibo, cade ben presto e alla fine
riesce a convincere anche la sua padrona a interrompere il digiuno.
Dopo questo successo, il soldato prova a sedurre, la vedova e, complice l’ancella, vince anche la sua virtù.
Per alcune notti i due consumano il loro amore, chiudendosi nel sepolcro così da far pensare a eventuali
visitatori che la donna sia ormai morta di dolore. Intanto, approfittando della mancata sorveglianza, i parenti
di uno dei ladri crocifissi riescono a trafugare il cadavere. Quando il soldato si accorge della croce vuota,
sicuro dell’inevitabile punizione, medita il suicidio e chiede alla vedova di essere sepolto accanto al marito.
Ma la vedova, per non perdere oltre allo sposo anche il nuovo amore, convince il soldato ad appendere alla
croce vuota il cadavere del marito. E così il giorno seguente tutti si domandano stupiti come il morto sia
salito da solo sulla croce.
Encolpio accusa i rettori per la decadenza. I retori hanno dato più importanza alla forma che al contenuto,
hanno insegnato più l’aspetto informale ma non hanno salvaguardato il contenuto.
Agamennone risponde che l a colpa non è dei retori ma dei genitori e dicono che cosa i loro figli devono
imparare. L’ambizione dei genitori è il derisorio che diventi un bravo retore e un bravo uomo politico, e in
secondo luogo i genitori buttano i loro figli nelle faccende politiche quando non sono in grado di affrontarle,
sono ancora immaturi, sono appena nati. Secondo Agamennone è giusto c he ci sia uno sviluppo graduale
che modelli le proprie menti, la mente si modella sui precetti della filosofia, lo stile è importante ma
secondariamente al ragionamento. Il bambino desidera giocare, quindi se io lo a contatto non ara in grado di
affrontare difficoltà diverse, quindi anche se i bambini non vogliono, devono fare comunque questo percorso
graduale.
Encolpio e Agamennone concordano che l’eloquenza sia caduta, ma divergono su chi sia la colpa; peer
Encolpio è cola de maestri che li fanno soffermare su contenuti che non hanno attinenza con la realtà mentre
per Agamennone è colpa dei genitori.
Gli studiosi dicono che Petronio si torvi in entrambe le situazione, in altri casi per nessuno dei due ma ha
dimostrato di essere un attento conoscitori della situazione senza mettersi in mezzo.
Petronio decide di aderire alla vita, l’obbiettivo è quello di presentare la vita cosi com’è.
Da vespasiano ad Adriano
• Vespasiano • Nerva
• Tito • Traiano
• Domiziano • Adriano
L’opera di Marziale è completamente dedicata all’epigramma, un genere
caratterizzato quasi soltanto dalla finzione dei componimenti, che vanno dalla
poesia funeraria a quella erotica.
La poetica
Le frequenti riflessioni sulla propria poesia Erede di un genere antichissimo, ma piuttosto vago, Marziale
sente spesso il bisogno di chiarire i punti essenziali della propria concezione poetica. Marziale è contrario alla
mitologia in quanto truculenta, sostiene invece la necessità di una poesia radicata nella realtà quotidiana e
imperniata sull’essere umano.
Persino si era violentemente scagliato, in nome del verum perseguito dalla sua arte, contro la vacuità della
letteratura contemporanea.
Marziale identifica la realtà con i comportamenti umani, come viene proclamato, con formulazione
memorabile, in un lasso in cui la stessa Musa dice al poeta:
at tu Romano lepidos sale tingue libellos: Ma tu cospargi di arguzia romana i tuoi scherzosi libretti,
adgnoscat mores vita legatque suos. ove la vita possa riconoscere e leggere i suoi costumi
In entrambe le raccolte Marziale si adopera con inesausta fantasia e vivacità a illustrare la sua materia:
—> Basso ha comperato per diecimila sesterzi un mantello di Tiro, di colore bellissimo. Ha fatto un affare. “ L’ha
comparto tanta a buon prezzo?” chiedo. No, ma non lo pagherà”
il minimo impianto svenuto di questo epigramma è tutto in funzione dell’affermazione finale, che giunge imprevista e
fulminate ( fulmen in clausula)
T1 UNA POESIA CHE “SA DI UOMO”
T3 MATRIMONIO DI INTERESSE
Gemello vuole sposare Maronilla: lo desidera ardentemente, di da un gran da fare, prega la donna, le invia
regali. È dunque tanto bella? Tutt’altro: non c’è nulla di più repellente. Che cosa dunque cerca in lei, che
cosa gli fa gola? Tossisce.
Paola vuole sposarmi, ma io non voglio spostala, perché è vecchia. La sposerei volentieri, se fosse più
vecchia.
O Filerò, questa ormai è la settima moglie che tu seppellisci nel campo. A nessuno il campo rende più che a
te, O filerò.
Orbus es et locuples et Bruto consule natus: senza gli e ricco, nato sotto il consolato di Bruto: tu
Esse tibi veras credis amicitias? credi di avere amicizie vere?
Sunt verae, sed quas iuvenis, quas pauper sono vere, ma quelle che avevi da giovane, quelle che
habebas. avevi da povero. l’amico recente è quello che ama la
Qui novus est, mortem diligit ille tuam. tua morte.
Vita
Affronta subito il rapporto tra la retorica e la filosofia, si apre subito una polemica nei confronti dei filosofi,
dice :“ i filosofi pretendono di saper educare i giovani” . La posizione di Quintiliano è che la filosofia è solo
una delle discipline che concorrono all’educazione di un giovane, quindi la sua posizione è analoga a quella
già esposta da Cicerone ( è in sintonia con Cicerone).
Quindi esprime dei giudizi molto pesanti sui filosofi contemporanei che hanno invece la presta di essere gli
unici depositari dell’educazione.
I contenuti
• Nel primo libro Quintiliano si propone come un educatore esperto, che ha fatto esperienza e quindi
saggio, fa delle affermazioni molto importanti “dice “che gli adulti devono seguire le inclinazioni dei
fanciullo, un fanciullo per avere successo deve seguire le proprie passioni, non può essere forzato su una
certa strada, ma deve seguire le sue inclinazioni”. Dice inoltre che è assolutamente contrario alle punizioni
corporali, perché era una consuetudine allora e lui non era assolutamente d’accordo. perché in questo
modo il docente non instaura nessun rapporto con il discente. parla degli argomenti che devono essere
affrontati nei primi anni.
• secondo libro parla della scuola di retorica. Si sofferma sugli esercizi proposti, su quali esercizi far
lavorare i ragazzi e quindi proprio sugli esercizi dice quali sono le caratteristiche della retorica.
• terzo libro, c’è un escursus (digressione), sulla storia della retorica. In questa fase riprende Cicerone, e
da lui riprende le parti fondamentali del discorso. Le parti del discorso sono :
• Inventio —> è trovare tutto ciò che attiene quell’argomento, tutte le idee che lo riguardano.
• disbosititio —> le metto in ordine ( la nostra scaletta), disposizione e ordine
• eloqutio —> aspetto formale.
• memoria e Actio —> si attengono al discorso. si tratta quindi di sapere parlare o scrivere, la
produzione linguistica avviene su due livelli, a livello di discorso orale o scritto
Nel testo viene esplicitato come formare il perfetto oratore, il quale viene definito come un uomo onesto, che
deve essere un eccellente oratore, e deve avere tutte le virtù dell’animo. Successivamente critica i filosofi, i
quali si consideravano i depositari del sapere, i sapienti per eccellenza, e gli unici che potevano educare i
giovani, invece secondo Q. sono gli oratori che si dovrebbero occupare della formazione dei fanciulli.
Tuttavia non esclude completamente la filosofia. L’oratore è anche colui che esercita l’attività politica.
L’oratore deve avere la capacità di parlare ed esprimersi (facondia).
L’istruzione fino ad ora è stata individuale, tuttavia per Q. la classe (istruzione collettiva) ha solo vantaggi. Tra
questi: il confronto/condivisione di un’esperienza -> i vantaggi sono:
• l’ottimizzazione dei tempi (vantaggio soprattutto per il maestro);
• la competizione, vista in modo positivo come forma di sollecitazione -> spinta
all’azione del discente.
Questione morale -> (polemica di Q.) i genitori sorvolano sulle questioni sociali, poiché vogliono che l’alunno
acquisisca la tecnica a discapito della morale.
Svantaggi delle scuole pubbliche:
1. il ragazzo può fare entrare in contatto con ragazzi che potrebbero corrompere moralmente (visione
negativa dei giovani -> più inclini ai vizi);
2. l'insegnante non può dedicare tutto il suo tempo su un solo bambino, ma deve dividerlo per seguire tutti
i suoi alunni.
Si crede che la scuola possa corrompere i costumi, ma può succedere anche in casa se il precettore non
segue dei principi morali ed è disonesto, quindi dipende dal maestro, ma anche dai genitori che devono
scegliere la persona giusta. In realtà i ragazzi possono essere rovinati dalle abitudini dei genitori, poiché
magari gli impediscono di fare fatica, gli viziano. Alcune volte i genitori accolgono con baci e risa le scurrilità
dette dal proprio bambino, infatti sono proprio i genitori che gliele insegnano. Non è dalla scuola che si
imparano questi mali ma vengono introdotti.
Il futuro oratore deve imparare fin da ragazzo a non essere timido in pubblico. L’attenzione deve essere
tenuta viva ed deve essere sollecitata, questa invece viene meno con lo studio individuale. Il paragone con gli
altri è importante, perché serve ad acquisire consapevolezza di sé. L’uomo è relazione, deve vivere in un
contesto comune (vale anche per gli animali). La scuola diventa una palestra di vita. L’apprendimento avviene
anche guardando gli altri, si impara in modo indiretto.
L’ambizione diventa la ricerca di un miglioramento -> sollecitazione, ed è spesso uno stimolo alla virtù.
T6 IL MAESTRO IDEALE
(elenco delle qualità del perfetto mastro -> Vir bonus dicendi peritus, uomo onesto ed esperto tecnico)
(Testo costruito su congiuntivi esortativi)
Il maestro deve assumere l’atteggiamento di un genitore nei confronti dei propri alunni, e deve sostituirsi a loro. Non
deve avere vizi. Deve rispondere a chi gli pone delle domande (deve essere paziente, non tutti hanno gli stessi tempi), e
deve sollecitare chi non le fa. Non deve essere maligno nei rimproveri (-> provoca tedio, noia), non deve essere
esagerato con le lodi (-> provoca troppo orgoglio). Nella relazione educativa viene corretta l’azione non la persona. Ogni
maestro deve fare da esempio.