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La poesia epica

Livio Andronico
Per la sua attività di grammatico, Livio Andronico tradusse in latino l’Odissea traslitterando il
titolo greco in Odusia. Venne scelta quest’opera per il suo carattere accattivante e
avventuroso, inoltre l’Odissea era ampiamente letta e studiata e perciò i suoi contenuti erano
ben conosciuti. Il poeta però tentò di romanizzare il testo attraverso diversi elementi: usò il
saturnio, metro dell’antica tradizione latina sacrale e oracolare, ricorse a procedimenti
stilistici tipicamente romani come l’utilizzo di formule proprie dei carmina religiosi, del
linguaggio giuridico e politico e delle formule magiche, l’allitterazione, il parallelismo tra i
membri, la frequenza dei nessi sinonimici e la ridondanza espressiva. Nel primo verso del
poema Livio sostituisce l’invocazione alla Musa con l’invocazione alla Camena, divinità
italica delle fonti a cui i romani attribuivano capacità profetiche e divinatorie. Non essendoci
precedenti epici nella letteratura romana, Livio si propone come l’iniziatore di questo genere
a Roma.

Nevio
Il Bellum Poenicum (220-210 a.C.) è un poema epico-storico che ha per oggetto la prima
guerra punica alla quale lo stesso Nevio aveva partecipato. Quando il poeta scrisse questo
poema, era già scoppiato il secondo conflitto tra Roma e Cartagine pertanto Nevio diede il
suo supporto alla causa esaltando i valori che avevano reso possibile la vittoria di Roma nella
guerra precedente. Come Livio Andronico, Nevio utilizzò il saturnio, inoltre fuse insieme
mito e storia rievocando le leggendarie origini di Roma narrando l’arrivo di Enea nel Lazio,
proprio dalla presenza di questo personaggio e dalla descrizione delle sue peripezie emerge
una somiglianza con Virgilio, anche qui infatti è presente la figura di Didone che può fungere
da aitiov per l’argomento principale del poema.
Ennio
Gli Annales sono un poema epico in 18 libri che continua la tradizione del poema
epico-storico di argomento romano inaugurata da Nevio. Come è deducibile dal titolo, Ennio
ha l’intento di narrare anno per anno tutta la storia di Roma, dalle origini all’età sua
contemporanea, il primo libro inizia con la narrazione della caduta di Troia fino ad arrivare
alla morte di Romolo, alla fine del terzo libro vi è la caduta della monarchia e nei libri
successivi l’età repubblicana e la progressiva espansione di Roma; il titolo infatti rimanda
anche ai documenti ufficiali stilati dai pontefici e alle prime opere storiografiche che
seguirono alla seconda guerra punica. Il metro usato da Ennio fu l’esametro, diverso dal
saturnio usato da Nevio e Livio Andronico e tipico dell’epica greca, nella cui tradizione
l’autore vuole inserirsi; nel proemio infatti, Ennio invoca le Muse venerate a Roma nel
tempio di Ercole, e, sempre nel proemio, narra di aver visto in sogno Omero che gli aveva
illustrato la teoria della metempsicosi e che in Ennio stesso ora rivivesse la sua anima, altri
episodi di investitura poetica sono riscontrabili in Esiodo e Callimaco. Questi richiami poetici
al modello esiodeo-callimacheo e omerico è molto significativo in quanto solitamente i
principi poetici che guidano l’attività poetica sono espressi proprio nel proemio, Ennio infatti
condivideva con gli alessandrini e con Callimaco l’ideale di un’arte che aspirava ad essere
colta e raffinata e lui stesso è un poeta doctus ed è consapevole del proprio valore poetico e
della sua preparazione linguistica e letteraria.
Virgilio
L’Eneide (30-19 a.C.)è un poema epico in 12 libri in esametri al cui centro vi è la storia di
Enea, eroe troiano figlio di Venere e Anchise e capostipite della gens Iulia, a cui apparteneva
anche Cesare Augusto. Il protagonista, già presente nel ciclo troiano diventa incarnazione dei
valori nazionali romani, le vicende sono ampiamente ricollegabili a quelle omeriche, in
particolare la prima parte del poema, quella del viaggio di Enea è ricongiungibile all’Odissea
mentre la seconda all’Iliade. L’indagine psicologica dei personaggi però è molto più
approfondita rispetto ai poemi omerici, soprattutto rispetto all’Iliade, pertanto la figura di
Enea non è sovrapponibile a quelle degli eroi omerici, sono sostanziali però anche le
differenze rispetto a questi poemi in quanto Virgilio rinnovò i materiali omerici secondo il
principio dell’emulatio e dell’arte allusiva organizzandoli però in modo diversi e fondendoli
con altri elementi letterari. Virgilio non volle scrivere un poema sull’attualità ma basò la sua
opera sul mito celebrando Augusto in maniera indiretta, questa impostazione gli permise di
ampliare la prospettiva e il significato della sua poesia. Oltre al modello omerico Virgilio subì
molto l’influsso di Nevio (Bellum Poenicum) e di Ennio (Annales). L’impianto del poema è
tipicamente virgiliano; i significati sono umani e profondi, universali e validi per tutta
l’umanità, si ricollegò molto al mondo tragico greco. Il procedimento con cui viene
recuperato il mito è quello eziologico, l’autore va quindi a ricercare l’aition mitico della
società romana. Un aition che ha grande rilievo è quello dell’ostilità tra Roma e Cartagine
identificato nella maledizione scagliata nel IV libro da Didone, personaggio non presente
dell’epos omerico ma nel Bellum Poenicum, di Didone è approfondita la psicologia,
attenzione che aveva già dimostrato Apollonio Rodio nei confronti di Medea nelle
Argonautiche. La figura di Enea è complessa e originale, la sua realizzazione infatti, che non
ha precedenti, si realizza nel contribuire a una realtà che trascende la sua limitata esistenza, la
virtù principale che incarna è la pietas; il rispetto e la devozione verso gli dei, la patria e la
famiglia. Tuttavia l’accettazione di Enea del suo destino non avviene senza sofferenze e
conflitti interiori, l’eroe è consapevole dell’enorme responsabilità che grava su di lui, ma
nonostante ciò si mette al servizio del bene universale rendendo possibile la realizzazione
dell’impero romano. L’essere complesso e problematico del personaggio di Enea rispecchia
la visione virgiliana della vita, l'autore inoltre abbandona l’oggettività tipica dell’epica
premiando una narrazione soggettiva in cui non mancano interventi giudicanti dell’autore
stesso, elementi che lasciano trasparire simpatia verso i personaggi e παθ𝑜ς.
Lucano
Il Bellum civile o Pharsalia (fino alla morte nel 65) è un poema epico-storico incompiuto in
10 libri che tratta della guerra civile tra Cesare e Pompeo e in particolare della battaglia di
Farsàlo, l’argomento storico segna una rottura del codice epico tradizionale che prevedeva
invece l’argomento mitico; Lucano infatti ritiene che non ci siano più trionfi da cantare e che
il tempo dei miti sia finito, questo suo pensiero ha un riscontro nella descrizione negativa che
fa di Roma, infatti fin dai primi versi della Pharsalia si percepisce un atteggiamento di dura
critica e condanna verso il potere e Virgilio, ma verso quest’ultimo è evidente anche un
atteggiamento di emulatio. L’autore fa una dichiarazione programmatica e polemica rispetto
alla guerra civile, Lucano è un poeta vate nel senso opposto di virgilio: narra di guerre che
non hanno avuto senso, ha lo scopo di narrare la guerra civile come rovina di un popolo, la
sua epica percorrerà strade nuove, non narrerà la grandezza di Roma ma la sua rovina,
decreta la sconfitta di Roma e la fine di un percorso eccezionale. Aleggia in tutta l’opera un
alone di morte. Con questi presupposti l’epica di Lucano non poteva reggersi su antefatti e
basi mitiche e provvidenziali, Lucano narra la storia e non il mito quindi ha bisogno del
“meraviglioso”, elemento tipico dell’epos dall’Iliade/Odissea, che però trova in visioni o
sogni che preludono alla rovina di Roma (anche ciò agli antipodi con Virgilio che vede Enea
come il prescelto per una missione eroica), Lucano vede come crudele e nemico quel fato che
non aveva agito a favore di Roma ma contro di lei. Non c’è una visione provvidenziale:
Lucano mette al centro della vicenda un argomento storico incentrato sulla perdita della
libertà. Con oggettività il poeta nota che la libertà è il prezzo che Roma ha pagato per la pax,
l’accettazione di un dominus che limita la libertas in nome di una pax collettiva, questo
pensiero è riscontrabile in molti autori del consenso. La Pharsalia è stata definita anche
un’opera senza protagonista, alcuni hanno detto che la vera protagonista è la libertas
personificata, a differenza dell’Eneide nessuno dei personaggi può aspirare ad essere il
protagonista non perché il poeta non sia capace di identificare qualcuno come protagonista
ma perché tutti i personaggi sono dei “secondi personaggi”, il titolo stesso evoca la mancanza
dell’eroe non nominando nessun nome di eroe ma esclusivamente il nome di una battaglia. Il
problema dell’identificazione di un protagonista assoluto è riscontrato dai critici che cercano
un personaggio che sia il centro delle vicende. La natura della res, del fatto, condiziona la
struttura dell’opera. Ogni personaggio è ben definito nella sua personalità: Cesare è il genio
del male, gli studiosi hanno ricercato tutti gli aggettivi con accezione negativa nel poema
(violento, assetato di sangue, arrogante, tirannico, genio del male, in preda al furor, ecc.),
risulta il quadro di un tiranno sanguinario e violento, la palese reinterpretazione del
personaggio storico in negativo, Lucano reinterpreta in maniera grave i fatti storici vedendo
in Cesare l’iniziatore della guerra civile e non in Pompeo, solo per sete di potere. Vi è la
trasformazione del personaggio per fini ideologici, testimoniato dalla trascuratezza degli
eventi sul piano storico: molti senatori erano contrari a Cesare. Non c’è in Lucano la coerenza
di uno storiografo; sono facilmente individuabili le deformazioni storiche attuate dall’autore
riscontrabili soprattutto in relazione al De bello civili di Cesare. Il ritratto di Pompeo è meno
omogeneo, luci ed ombre, timoroso del destino, nella seconda parte appare come colui che
asseconda il destino presentandosi come difensore, il suo destino assomiglia sempre di più a
quello di Roma (lo appellerà magnus), presentato come vittima di un destino crudele. La
visione di lucano non coincide con quella di pompeo, Lucano sa che se avesse vinto Pompeo
Roma sarebbe comunque stata sottoposta ad un regime tirannico. Catone Uticense per
rivendicare la sua libertas si toglie la vita come gesto estremo, vero portatore di Lucano,
prototipo di sapiens stoico. Non c’è divinità in questo poema, non c’è mai la dike, su tutto
grava il pessimismo del poeta.

Silio Italico
I Punica sono un poema epico-storico in 14 libri rimasto incompiuto narrante la seconda
guerra punica secondo il racconto di Livio ma attraverso i moduli dell’epos storico. Silio
stabilisce una continuità con l’Eneide che prende come modello discostandosi invece da
Lucano (è pur sempre un modello). Si percepisce il modello virgiliano già dai versi
introduttivi del poema, inoltre l’autore colloca la vicenda in un’atmosfera remotissima
accostandosi ancora di più al modello omerico-virgiliano e discostandosi da quello lucaneo.
Silio ripropone caratteristiche tipiche dell’epos come gli interventi divini, i giochi funebri, le
profezie e gli encomi. Una differenza sostanziale che si riscontra rispetto a Virgilio è l’angolo
prospettico con cui i due poeti guardano al passato; infatti se Virgilio ricerca nel passato gli
aitia del presente, Silio volge lo sguardo al passato poiché ha una visione negativa del
presente. L’influsso lucaneo si nota nella struttura compositiva che vede al suo centro una
battaglia (Farsàlo e Canne) e nell’assenza di un protagonista unitario; nei Punica infatti il
personaggio che assume maggiore rilievo è Annibale, che ricorda il Cesare lucaneo per la sua
energia indomabile e la mancanza di pietas (anti-Enea), Annibale inoltre nel suo essere
destinato ineluttabilmente alla sconfitta ricorda i grandi vinti della tradizione epica (Ettore,
Priamo, Turno, Pompeo…). Mancano però nell’opera di Silio motivazioni ideologiche che
possano sorreggere il poema che è invece basato sull’emulatio della tradizione antecedente.
Valerio Flacco
Gli Argonautica (70-90 circa) sono un poema epico-mitologico incompiuto che narra in 8
libri la spedizione degli eroi greci guidati da Giasone alla conquista del vello d’oro, il titolo è
ripreso dall’opera di Apollonio Rodio, che Flacco riprende inserendo però la tematica bellica
della guerra tra Eeta e Perse, inserzione che avvicina l’opera all’Eneide, come quest’opera
inoltre la struttura degli Argonautica è bipartita; la prima parte è incentrata sul tema del
viaggio mentre la seconda descrive le prove che Giasone e gli argonauti devono superare,
questa seconda parte inoltre si discosta dal modello di Apollonio Rodio in quanto integra tre
elementi diversi: la guerra, Medea e le prove di Giasone e gli interventi divini che provocano
l'innamoramento di Medea, figura più originale del poema. Nella descrizione di questo
personaggio Flacco mette in evidenza entrambe le caratteristiche di Medea: una principessa e
una potentissima maga, inizialmente può essere paragonata a Nausicaa (Odissea). A seconda
delle circostanze quindi prevale una caratteristica dell’animo della fanciulla; nella descrizione
della passione amorosa è rievocabile l’eco della Didone virgiliana. Gli eroi non hanno
caratteristiche epiche, sono “pallidi” nelle loro azioni, benché Giasone inizialmente sembri
avere le qualità di Enea, con il progredire dell’azione sembra effettuare una sorta di deroga
della sua posizione di eroe, a Giasone manca la statura morale che faceva di Enea un modello
etico. L’impostazione ideologica del poema rimane esteriore; l’opera trova il suo senso e i
suoi limiti esclusivamente nella letteratura in quanto manca una visione storica e
provvidenziale.
Stazio
Stazio si dedicò alla composizione di due poemi epici: la Tebaide (80-92) e l’Achilleide; la
prima è un poema epico-mitologico in 12 libri dedicato a Domiziano in cui sono narrate le
vicende del ciclo tebano e quindi del conflitto tra Eteocle e Polinice. Nei primi 6 libri è
esposto l’antefatto ed è narrata la preparazione alla spedizione guidata da polinice contro il
fratello mentre la seconda esade narra dello scontro e della reciproca uccisione dei due fratelli
e nell’ultimo libro il re ateniese Teseo dichiara guerra a Creonte che si rifiuta di dare
sepoltura ai nemici caduta in battaglia e lo uccide. Questa struttura bipartita e la ripresa dei
topoi del genere epico richiamano Virgilio ma a differenza di quest’ultimo Stazio non
trasmette un messaggio edificante attraverso il suo poema. Nel proemio della Tebaide, oltre
ad esserci un riferimento esplicito all’Eneide e a Lucano, il tema della guerra fratricida si
ricollega a quello delle guerre civili, vi è anche un augurio del poeta alla sua opera che
consiste nella speranza che questa possa sopravvivergli. Come l’opera di Lucano, inoltre, la
Tebaide individua la propria tematica nella brama di potere e nell’odio feroce tra congiunti,
ne deriva un gusto caricato per il pathos e per l’orrido che avvicina l’opera anche alla
tragedie di Seneca ma certamente non a Virgilio. Come il Bellum civile, la Tebaide è un
poema senza eroe, è privo di un protagonista positivo e l’autore condanna entrambi i
personaggi principali, il re Teseo è l’unico a ristabilire l’ordine dal caos ma lo fa in un modo
che non è credibile. Questi personaggi inoltre sono privi di psicologia in quanto l’attenzione
di Stazio si concentra quasi esclusivamente sull’elaborazione formale in vista delle
recitationes. Il secondo poema di Stazio, l’Achilleide, è rimasto incompiuto alla sua morte;
quest’opera avrebbe dovuto narrare per intero le vicende di Achille ma si interrompe prima
della partenza dell’eroe per Troia. Vi sono grandi differenze con la Tebaide a causa dei temi
trattati, in questo secondo poema infatti prevalgono tono idilliaci e sentimentali e si
percepiscono gli influssi dell’elegia, nonostante ciò i modelli rimangono anche Virgilio, per
la scelta del soggetto mitico e per l’idea della struttura che sarebbe dovuta essere un dittico, e
Lucano.

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