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SEMINARI
E CONVEGNI
Giornata di studio.
Pisa, Scuola Normale Superiore
8 febbraio 2012
Antiche stelle
a Bisanzio
Il codice Vaticano greco 1087
a cura di
Fabio Guidetti e Anna Santoni
© 2013 Scuola Normale Superiore Pisa
isbn 978-88-7642-485-4
Sommario
Presentazione
Anna Santoni 7
Bibliografia 153
Illustrazioni 177
Presentazione
Anna Santoni
I Fenomeni di Arato e i Catasterismi
di Eratostene nelle illustrazioni del
manoscritto Vat. gr. 1087
La sezione del manoscritto Vat. gr. 1087 che comprende estratti dai
Catasterismi1 e illustrazioni celesti con scoli (ff. 300r-312r: cfr. fig. 5)
presenta così tanti problemi e domande da scoraggiare chi si avvicina
a studiarla.
Per parecchio tempo non si è neanche capito quale fosse l’origine
di questi materiali: i testi mitografici (ff. 300r; 311r-312r), individuati
da Rehm2 come estratti dai Catasterismi, costituiscono una recensio
a sé che ha avuto edizione critica e il giusto rilievo nella tradizione
Questo lavoro non sarebbe stato possibile senza due strumenti di supporto per
la visualizzazione dei manoscritti, entrambi a libero accesso sul web: il database ico-
nografico del Warburg Institute e le schede del Saxl Project di Kristen Lippincott.
1
Si intende convenzionalmente con questo nome parte di un’opera astronomica
attribuita a Eratostene di Cirene, della quale ci restano estratti a commento dei Fe-
nomeni di Arato; l’opera intera conteneva un’introduzione generale all’astronomia e
la trattazione sistematica di ciascuna costellazione, con l’identificazione della figura, i
miti relativi alla sua origine (i catasterismi appunto) e il catalogo delle sue stelle con
astrotesia. Abbiamo due recensioni degli estratti. La prima, denominata Epitome (il cui
manoscritto più importante è l’Edimburgensis Adv. Ms. 18.7.15, autografo di Massimo
Planude, 1290 ca.), è completa di tutte le costellazioni e ampiamente documentata;
dobbiamo la sua conservazione alla tradizione planudea di Arato. L’altra, denominata
Fragmenta Vaticana (nome attribuito agli estratti del Vat. gr. 1087 nella loro prima
edizione, Rehm 1899), è molto più incompleta quanto a numero di costellazioni ed
è rappresentata da pochi testimoni, ma conserva parti di testo molto significative per
la ricostruzione dell’originale, come dimostra il contributo di Jordi Pàmias in que-
sto volume. Documento di tradizione indiretta di straordinario valore è inoltre il De
astronomia di Igino, in particolare i libri 2 e 3. La tradizione del nostro testo, come si
vede dai suoi testimoni principali, si muove tra Planude e Gregora e lascia intravedere
possibili continuità di materiali fra i due: cfr. Bianconi 2005a e i saggi di Filippomaria
Pontani e Mariella Menchelli in questo volume.
2
Rehm 1899.
92 Anna Santoni
del testo solo da Pàmias nel 20043; quanto alle figure, Weitzmann, che
le ha considerate nel suo studio L’illustrazione nel rotolo e nel codice,
rimandava genericamente ai Catasterismi di Eratostene o «a qualche
altro commentatore di Arato (tipo Ipparco, Diodoro di Alessandria o
altri)»4. Weitzmann dubitava della possibilità che i Fenomeni fossero
stati illustrati e relegava questa tradizione agli Aratea latini, traduzioni
e rielaborazioni dal poema di Arato.
Soltanto dopo gli studi di J. Martin5, un filologo che non ha trascu-
rato il ruolo delle illustrazioni nella ricostruzione della tradizione del
testo greco di Arato, sappiamo ormai che l’insieme di questi fogli nel
Vat. gr. 1087 rimanda a una edizione greca di Arato ampiamente com-
mentata e riccamente illustrata, della quale ci restano tracce in alcune
versioni latine (il cosiddetto Aratus Latinus primitivo e la sua recen-
sione revisionata6); lo stesso tipo di edizione commentata e illustrata
ha fatto da modello a un’edizione ugualmente illustrata e commentata
degli Aratea di Germanico7.
Ormai non possiamo più sostenere che le illustrazioni conservate
3
Pàmias 2004a.
4
Weitzmann 1991, p. 124; si avvicinava però di più alla verità a p. 96 dove diceva
che erano probabilmente illustrati i Catasterismi e che da questo testo le immagini do-
vevano essere state successivamente riprese nei commentari e negli Aratea latini. Non
considerava però la possibilità di edizioni greche illustrate di Arato e non riconosceva
di averne i resti davanti nel Vat. gr. 1087. Una presentazione ancora confusa di questi
estratti si legge in Haffner 1997, p. 28 e p. 176; cfr. anche McGurk 1973-1974, p.
198. Una discussione dettagliata del manoscritto è annunciata in Blume, Haffner,
Metzger 2012, p. 76, nota 117 e sarà inclusa nella seconda parte (dedicata al 1200-
1500) del loro amplissimo lavoro sui manoscritti astronomici illustrati.
5
Martin 1956, pp. 57 e sgg. La ricostruzione della tradizione aratea proposta da
Martin appare difficile da accettare fino in fondo perché un po’ troppo rigida: egli
ipotizza infatti una sola edizione Φ che sarebbe stata una specie di modello unico, della
quale arriva a definire un paio di recensioni soltanto; tuttavia rimane fermo il punto,
da lui acquisito, che con i testi e le immagini conservati nel Vat. gr. 1087, così come
nella tradizione dell’Aratus Latinus, siamo di fronte ai discendenti di diversi esemplari
di uno stesso modello di edizione greca commentata e illustrata di Arato.
6
In particolare l’Aratus Latinus primitivo, versione latina risalente al secondo quar-
to dell’VIII secolo e realizzata nel nord della Francia, a Corbie, da un esemplare greco
illustrato; cfr. Le Bourdellès 1985.
7
Tale edizione include i cosiddetti Scholia in Germanicum, illustrati, sui quali cfr. le
edizioni di Breysig 1867 e di Dell’Era 1979a.
93 I Fenomeni di Arato e i Catasterismi di Eratostene nelle illustrazioni
nel Vat. gr. 1087 siano direttamente quelle dei Catasterismi: dobbiamo
considerare anche Arato8. Per questo mi propongo di rivedere alcu-
ne di queste immagini tenendo presenti sia quello che ci rimane del
testo dei Catasterismi sia i Fenomeni. Prenderò in considerazione in
particolare le illustrazioni delle seguenti costellazioni: le due Orse e il
Serpente, Engonasi, il Fiume, il Centauro, il Sagittario, Asini e Mangia-
toia e le due mappe celesti, planisfero ed emisferi. Ma prima vorrei dire
qualcosa in generale sulle caratteristiche del poema di Arato, un’opera
molto diversa dai Catasterismi, e sulla funzione che gli estratti di questi
ultimi dovevano avere rispetto ai Fenomeni.
Mentre i Catasterismi raccontano sistematicamente miti di origine
di ogni costellazione (anche più di uno, con preferenza per versioni
rare, erudite e con citazioni letterarie di rimando) e di ogni costella-
zione danno un catalogo di stelle con astrotesia sulla figura9, Arato ha
per il suo poema un’altra finalità: vuole mostrare agli uomini la bene-
volenza di Zeus attraverso i segni dal cielo che il dio ha stabilito per
aiutarli nelle loro attività di vita (agricoltura, navigazione) e insegnare
loro a riconoscerli. Con questa premessa Arato realizza un’opera in
due parti: la prima di descrizione del cielo (Phaenomena) e la seconda
di presentazione dei segni veri e propri, in genere indicazioni del tem-
po meteorologico (Diosemeia).
8
La fortuna delle illustrazioni dei Catasterismi si deve al fatto che estratti da que-
sto testo furono utilizzati per edizioni di Arato: è stato lo straordinario successo dei
Fenomeni nel mondo romano, assieme all’opera astronomica di Igino, a creare le basi
del successo della mitologia delle costellazioni e delle loro immagini secondo i Cata-
sterismi e Arato fino ai nostri giorni. Ma per quanto riguarda il Vat. gr. 1087 dire che
si tratta di immagini dai Catasterismi è davvero fuorviante.
9
Secondo una struttura probabilmente ripresa più tardi da Igino, cfr. Martin
1956, pp. 73-125.
94 Anna Santoni
10
Anche se dimostra di conoscerne di più di quelli che tratta: Martin 1998, II, p.
162.
11
Altre illustrazioni potevano arricchire il poema (Zodiaco, mappe celesti etc.),
come si vede anche nei nostri fogli.
12
Come si vede negli Aratea di Germanico, sia con gli Scholia Basileensia (es.
Aberystwyth, National Library of Wales, ms. 735C) che con gli Scholia Strozziana (es.
Madrid, Biblioteca Nacional de España, ms. 19). I due manoscritti sono visibili, rispet-
tivamente, nelle collezioni digitali della National Library of Wales (<http://www.llgc.
org.uk/index.php?id=250>) e nella Biblioteca Digital Hispánica (<http://www.bne.es/
es/Catalogos/BibliotecaDigital>: digitare nel campo ‘Signatura’ la stringa ‘Mss/19’).
13
Due aggiunte del nostro commentatore (Gregora) introducono qualche notazio
ne sulle stelle. La prima negli estratti di testo, sulla stella Protrigete della Vergine e le
stelle della Chioma di Berenice (Vat. gr. 1087, f. 300r): ἐν τῷ δεξιῷ ὤμῳ τῆς Παρθένου
κεῖται ἀστὴρ λαμπρός, καλούμενος Προτρυγητήρ. πρὸ γὰρ τῆς τοῦ τρυγητοῦ ὥρας
ὀλίγον προανατέλλει. καὶ πλησίον αὐτοῦ εἰσὶν ἕτεροι δ᾽ ἀστέρες καλοί, εἷς μὲν πρὸ
ποδῶν αὐτῆς, εἷς δὲ ὑπὸ τοὺς ὤμους, εἷς δὲ κάτω τῆς ὀσφύος, ἕτερος δὲ μεταξὺ
96 Anna Santoni
τῆς οὐρᾶς καὶ τῶν ὀπισθίων γονάτων τῆς Ἄρκτου τῆς μεγάλης. εἰσὶ τοίνυν οὗτοι
ἀστέρες ἀκατονόμαστοι ε´, καὶ οὐκ ἐπί τινι εἰδώλῳ κείμενοι. Κόνων δὲ ὁ μαθηματικὸς
Πτολεμαίῳ χαριζόμενος Βερενίκης πλόκαμον ἐξ αὐτῶν κατηστέρισεν. ἦν γὰρ ἡ
Βερενίκη Αἰγυπτία γυνὴ τοῦ Πτολεμαίου τοῦ πρώτου
(schol. in Arat. vet. 137, p.
143,3-13 Martin). La seconda si legge nello scolio all’immagine del Leone e rammenta
Regolo, la stella del re (Vat. gr. 1087, f. 307r): ὁ Λέων ἔχει ἐπὶ τῆς καρδίας ἀστέρα
λαμπρὸν Βασιλίσκον λεγόμενον, ὃν οἱ Χαλδαῖοι νομίζουσιν ἄρχειν τῶν οὐρανίων (sch.
in Arat. vet. 148, p. 151,12-14 Martin).
14
Cfr. Pàmias 2004a.
15
schol. in Arat. vet. p. 8,6-11 Martin: τοῦ βασιλέως Εὐδόξου ἐπιγραφόμενον
βιβλίον Κάτοπτρον δόντος αὐτῷ καὶ ἀξιώσαντος τὰ ἐν αὐτῷ καταλογάδην λεχθέντα
περὶ τῶν φαινομένων μέτρῳ ἐντεῖναι καὶ ἅμα εἰπόντος, ὡς εὐδοξότερον ποιεῖς τὸν
Εὔδοξον ἐντείνας τὰ παρ᾽ αὐτῷ κείμενα μέτρῳ.
16
Cic. rep. 1,14,22: «et eam a Thalete Milesio primum esse tornatam, post autem
ab Eudoxo Cnidio, discipulo ut ferebat Platonis, eandem illam astris quae caelo inhae
rerent esse descriptam; cuius omnem ornatum et descriptionem sumptam ab Eudoxo
97 I Fenomeni di Arato e i Catasterismi di Eratostene nelle illustrazioni
multis annis post non astrologiae scientia sed poetica quadam facultate versibus Ara-
tum extulisse».
17
Cfr. Martin 1956, pp. 104 sgg. per la sequenza originale delle costellazioni in
Eratostene.
18
Cfr. Περὶ τῆς Λύρας (Vat. gr. 1087, f. 311r).
19
Per quanto tendenzialmente caratterizzata da un atteggiamento conservatore
comune all’illustrazione dei testi scientifici (Weitzmann 1991, pp. 173-174), la ripro-
duzione delle immagini della tradizione aratea conserva alcune varianti iconografiche,
oltre alle normali differenze dovute allo stile.
20
Arat. 26-42.
21
Arat. 46: μέγα θαῦμα, Δράκων; cfr. ibid. 15 Χαῖρε, πάτερ, μέγα θαῦμα.
98 Anna Santoni
22
Lo stesso avviene con il Fiume che ha la didascalia: ποταμός ᾽Ηριδανός: anche
questo piccolo particolare mi pare riveli l’interesse per la mitologia celeste che spiega la
presenza dei nostri estratti all’interno di un codice di astronomia scientifica.
23
In Germanico così come nell’Arato Latino, nel De signis e nel De ordine. Questo
gruppo è uno degli elementi che ci indicano che il nostro immaginario celeste proviene
sì in gran parte dalle illustrazioni dei Catasterismi, ma in modo mediato attraverso
l’illustrazione di Arato.
24
Arat. 50-52: ἡ μέν οἱ ἄκρη / οὐρὴ παρ κεφαλὴν Ἡλίκης ἀποπαύεται Ἄρκτου· /
σπείρῃ δ᾽ ἐν Κυνόσουρα κάρη ἔχει. Cfr. Dekker 2013, p. 171, a proposito del plani
sfero.
25
Eratosth. cat. 1 e 2.
26
Eratosth. cat. 3.
27
Gli estratti dei Catasterismi relativi a Orsa Maggiore, Orsa Minore, Serpente e
Engonasi mancano nel nostro manoscritto, ma sono conservati da altri testimoni di
questa recensione (Scorialensis Σ III 3, XV sec., e Salmaticensis 233, XV sec.) oltre che
dalla recensio E: cfr. Pàmias 2004a.
28
Vat. gr. 1087, f. 305r: φασὶν ὅτι ὁ Ζεὺς ἐν Κρήτῃ τιθηνούμενος, εἶτα φοβηθεὶς
99 I Fenomeni di Arato e i Catasterismi di Eratostene nelle illustrazioni
Scoli e Catasterismi
Qualcosa del genere si può affermare per molti degli scoli alle fi-
gure presenti nel manoscritto. All’immagine dello Zodiaco il nostro
commentatore aggiunge un breve scolio per i Gemelli, dei quali non
possiede né l’estratto di testo né la figura singola; in esso riprende l’in-
terpretazione dei Catasterismi: la costellazione rappresenta i Dioscuri,
onorati in cielo per il loro eccezionale amore fraterno29. Bisogna dire
però che in questo caso non c’era contrasto con Arato, perché nei Fe-
nomeni non è proposta alcuna identificazione mitica; inoltre questa
stessa versione del catasterismo si ritrova in forma più ampia proprio
negli scoli ad Arato. Lo stesso vale per il Cancro, per il quale Gregora
aggiunge un altro scolio allo Zodiaco30, e per il Leone, che è la terza di
queste costellazioni zodiacali rammentate insieme in Arato senza con-
notazione mitologica31 ed è, come le altre due, assente negli estratti dai
Catasterismi; questo scolio è uno dei pochi che mostra interesse per le
stelle come si è detto32.
A Cassiopea è aggiunto uno scolio che racconta l’intero mito in ter-
mini tradizionali e descrive la scena celeste; l’autore si sofferma però
anche a spiegare il dettaglio iconografico degli oggetti personali di An-
dromeda, esposti insieme a lei nell’illustrazione, rivelando così che il
suo testo è nato guardando la figura33. Questo dettaglio rende lo scolio
unico e diverso dagli altri aratei.
τὸν Κρόνον μετεσχηματίσθη αὐτὸς μὲν εἰς δράκοντα, τὰς δὲ μαίας μετεποίησεν εἰς
ἄρκτους (schol. in Arat. vet. 46, p. 93,8-11 Martin). La denominazione del Serpente
come Drakon è aratea, mentre i Catasterismi usano ancora l’antico nome di Ophis, poi
sostituito con Drakon probabilmente per evitare l’omonimia con il serpente dell’O
fiuco.
29
Vat. gr. 1087, f. 302r: οἰ Δίδυμοι λέγονται εἶναι οἱ Διόσκουροι, ὑπερβαλόντες δὲ
τῇ φιλαδελφίᾳ πάντας, ἠξιώθησαν οὐρανίου τιμῆς (schol. in Arat. vet. 147, p. 149,5-7
Martin).
30
Vat. gr. 1087, f. 302r: ὁ Καρκίνος ἐτέθη ἐν τοῖς ἄστροις ἐξ οἰκονομίας τῆς Ἥρας
διότι τῶν ἄλλων βοηθούντων τῷ Ἡρακλεῖ ὅτε ἐμάχετο τῇ Ὕδρα ἔδακεν αὐτοῦ τὸν
πόδα σπουδῇ ἐπελθών (schol. in Arat. vet. 147, p. 151,8-11 Martin).
31
Arat. 147-149.
32
Cfr. supra nota 13. Lo scolio ricorre nella tradizione scoliastica di Arato: cfr. schol.
in Arat. vet. 148, p. 151,12-14 Martin.
33
Vat. gr. 1087, f. 308r: ἡ Κασσιέπεια, γυνὴ οὖσα τοῦ Κηφέως, ἤρισε ταῖς Νηρηΐσι
περὶ κάλλους. αἱ δὲ ὀργισθεῖσαι κῆτος ἐπαφῆκαν τῇ Αἰθιοπίᾳ. ἔχρησεν οὖν ὁ θεός, εἰ
100 Anna Santoni
Engonasi e il Serpente
36
Le Bourdellès 1985, pp. 63-69.
37
Vat. gr. 1087, f. 304v: Ὄρνις κύκνος ᾧ ὁμοιωθεὶς ὡμίλησε Λήδᾳ ὁ Ζεύς (lettura di
M. Menchelli e F. Pontani). Cfr. schol. in Arat. vet. 275, p. 216,1-13 Martin.
38
Eratosth. cat. 25 (anche se quest’ultima era la versione più popolare secondo
gli scoli ad Arato!).
39
Vat. gr. 1087, f. 304v: Ὑδροχόος ὁ καὶ Γαννυμήδης κενῶν τὸ νέκταρ (lettura di
M. Menchelli e F. Pontani). Cfr. schol. in Arat. vet. 283, pp. 219,19-220,4 Martin e
Eratosth. cat. 26.
40
Vat. gr. 1087, f. 301v, a Hermes: Κηρύκειον, ὃ καὶ [φορεῖν?] εἰώθασιν οἱ περὶ
[τῶν?] σπονδῶν καὶ διαλλαγῶν τοὺς λόγους ποιούμενοι. Devo questa lettura a Ma-
riella Menchelli, la quale mi suggerisce che questa nota possa derivare da un passo di
Diodoro Siculo (D.S. 5,75,1), di cui Gregora possedette e annotò il codice Vat. gr. 130.
102 Anna Santoni
nessuno può dire chi sia, anche se aggiunge che poggia la punta del
piede destro sulla testa del Serpente41.
Nei Catasterismi la sua vicinanza al Serpente è invece un argomento
per identificare la costellazione con Ercole; Engonasi è rappresentato
in modo diverso da come lo rappresenta Arato: tiene in una mano la
clava (con tanto di stella con questo nome, ignota ad Arato) e sull’altro
braccio la pelle di leone42.
In questo caso l’illustrazione è fedele al testo dei Catasterismi e rap-
presenta una scena con le due costellazioni: Engonasi è definitivamen-
te Ercole che brandisce la clava contro il Serpente, il quale sta proprio
attorcigliato intorno all’albero dai frutti d’oro. L’estratto dai Cataste-
rismi manca nel Vat. gr. 1087. La didascalia comunque riproduce il
nome astronomico di Engonasi e non dà identificazione mitologica
alla figura, coerentemente con quanto afferma Arato.
I due gruppi di costellazioni che abbiamo considerato (Orse e Ser-
pente; Serpente e Engonasi) ricorrono in questo modo in tutta la tra-
dizione illustrata aratea, non solo nel nostro manoscritto. Essi ci fan-
no pensare che l’illustrazione del testo di Arato non deve essere stata
una semplice riproduzione passiva di quello che si trovava nei Cata-
sterismi né un’operazione del tutto indipendente da essi, ma sembra
aver prodotto una specie di conciliazione fra i due testi, anche a spese
della coerenza con l’uno o con l’altro. Lo stesso serpente ad esempio
è prima il Serpente divino delle Orse e poi il mostro contro cui lotta
Ercole.
41
Arat. 63-70: Τῇ δ᾽ αὐτοῦ μογέοντι κυλίνδεται ἀνδρὶ ἐοικὸς / εἴδωλον· τὸ
μὲν οὔτις ἐπίσταται ἀμϕαδὸν εἰπεῖν, / οὐδ᾽ ὅτινι κρέμαται κεῖνος πόνῳ, ἀλλά μιν
αὕτως / ᾽Ενγόνασιν καλέουσι. Τὸ δ᾽ αὖτ᾽ ἐν γούνασι κάμνον / ὀκλάζοντι ἔοικεν·
ἀπ᾽ ἀμϕοτέρων δέ οἱ ὤμων / χεῖρες ἀείρονται· τάνυταί γε μὲν ἄλλυδις ἄλλη / ὅσσον
ἐπ᾽ ὄργυιαν· μέσσῳ δ᾽ ἐϕύπερθε καρήνῳ / δεξιτεροῦ ποδὸς ἄκρον ἔχει σκολιοῖο
Δράκοντος.
42
Eratosth. cat. 4: οὗτος, ϕασίν, Ἡρακλῆς ἐστιν ὁ ἐπὶ τοῦ ῎Οϕεως βεβηκώς· ἐν
ἀγῶνι δὲ ἕστηκε τότε ῥόπαλον ἀνατετακὼς
καὶ τὴν λεοντῆν περιειλημένος· λέγεται
δέ, ὅτε ἐπὶ τὰ χρύσεα μῆλα ἐπορεύθη, τὸν ὄϕιν τὸν τεταγμένον ϕύλακα ἀνελεῖν. […]
ἔστι δὲ ὁ μὲν ὄϕις μετέωρον ἔχων τὴν κεϕαλήν, ὁ δ᾽ ἐπιβεβηκὼς αὐτῷ τεθεικὼς τὸ
ἓν
γόνυ, τῷ δ᾽ ἑτέρῳ ποδὶ ἐπὶ τὴν κεϕαλὴν ἐπιβαίνων, τὴν δὲ δεξιὰν χεῖρα ἐκτείνων,
ἐν ᾗ τὸ ῥόπαλον, ὡς παίσων, τῇ δ᾽ εὐωνύμῳ χειρὶ τὴν λεοντῆν περιβεβλημένος. Cfr.
già Eratosth. cat. 3.
103 I Fenomeni di Arato e i Catasterismi di Eratostene nelle illustrazioni
Il Fiume
43
Molto più raramente, nella tradizione aratea, la costellazione è raffigurata come
un semplice fiume di stelle: cfr. Lippincott 2009.
44
Arat. 359-360: οἶον γὰρ κἀκεῖνο θεῶν ὑπὸ ποσσὶ ϕορεῖται / λείψανον
᾽Ηριδανοῖο, πολυκλαύτου ποταμοῖο.
45
Cfr. schol. in Arat. vet. 359, p. 254,1-8 Martin.
46
Eratosth. cat. 37: οὗτος ἐκ τοῦ ποδὸς τοῦ Ὠρίωνος τοῦ ἀριστεροῦ τὴν ἀρχὴν
ἔχει· καλεῖται δὲ κατὰ μὲν τὸν ῎Αρατον ᾽Ηριδανός· οὐδεμίαν δὲ ἀπόδειξιν περὶ
αὐτοῦ ϕέρει.
ἕτεροι δέ ϕασι δικαιότατον αὐτὸν εἶναι Νεῖλον· μόνος γὰρ οὗτος ἀπὸ
μεσημβρίας τὰς ἀρχὰς ἔχει. πολλοῖς δὲ ἄστροις διακεκόσμηται. ὑπόκειται δὲ αὐτῷ
καὶ ὁ καλούμενος ἀστὴρ Κάνωβος, ὃς ἐγγίζει τῶν πηδαλίων τῆς ᾽Αργοῦς· τούτου δὲ
οὐδὲν ἄστρον κατώτερον ϕαίνεται, διὸ καὶ Περίγειος καλεῖται. ῎Εχει δὲ ἀστέρας [ἐπὶ
τῆς κεϕαλῆς α´], ἐπὶ τῇ πρώτῃ καμπῇ γ´, ἐπὶ τῇ δευτέρᾳ γ´, ἐπὶ τῆς τρίτης ἕως τῶν
ἐσχάτων ζ´, ἅ ϕασιν εἶναι τὰ στόματα τοῦ Νείλου· τοὺς πάντας ιγ´.
104 Anna Santoni
47
Non considera questo Haffner 1997, p. 160.
48
Come mi fa notare Fabio Guidetti, che qui ringrazio.
49
Aesch. frg. 302 Radt: Νεῖλος ἔνθ᾽ ἑπτάρροος; Agatharch., FGrHist 86 F 2a,
p. 19,52-58:
ὁ δ᾽ οὖν Νεῖλος κατὰ τὴν Αἴγυπτον εἰς πλείω μέρη σχιζόμενος ποιεῖ
τὸ καλούμενον ἀπὸ τοῦ σχήματος Δ. τούτου δὲ τὰς μὲν πλευρὰς καταγράϕει τὰ
τελευταῖα τῶν ῥευμάτων, τὴν δὲ βάσιν ἀναπληροῖ τὸ δεχόμενον πέλαγος τὰς ἐκβολὰς
τοῦ ποταμοῦ. ἐξίησι δ᾽ εἰς τὴν θάλατταν ἑπτὰ στόμασιν, ὧν τὸ μὲν πρὸς ἕω κεκλιμένον
καὶ πρῶτον καλεῖται Πηλουσιακόν, τὸ δὲ δεύτερον Τανιτικόν, εἶτα Μενδήσιον καὶ
Φατνιτικὸν καὶ Σεβεννυτικόν, ἔτι δὲ Βολβίτινον καὶ τελευταῖον Κανωβικόν, ὅ τινες
῾Ηρακλεωτικὸν ὀνομάζουσιν.
50
Come mi fa notare Paul Zanker, che qui ringrazio.
51
Martin 1956, pp. 42-51; si tratta di manoscritti che contengono l’Aratus Latinus
nella versione revisionata (Sankt Gallen, Stiftsbibliothek, ms. 902, IX sec; Sankt Gallen,
Stiftsbibliothek, ms. 250, X sec.) o il De signis coeli, a sua volta rielaborato a partire dal
più antico Aratus Latinus primitivo (Laon, Bibliothèque Municipale, ms. 422, inizi
del IX sec.; Rouen, Bibliothèque Municipale, ms. A.292, IX sec.; Amiens, Bibliothèque
Municipale, ms. 222, IX sec.; Montecassino, Biblioteca Monumento Nazionale di
Montecassino, ms. 3, 880 ca.; Paris, Bibliothèque Nationale de France, ms. Latin 5239,
inizi del X sec.). A questi vanno aggiunti alcuni manoscritti con raccolte miscellanee di
105 I Fenomeni di Arato e i Catasterismi di Eratostene nelle illustrazioni
epoca successiva (Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, ms. Reg. lat. 123,
1056; Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, ms. Vat. lat. 643, XII sec.;
Klosterneuburg, Stiftsbibliothek, ms. 685, XII sec.; Zwettl, Stiftsbibliothek, ms. 296,
XII sec.), più il prezioso Igino di Adémar de Chabannes (Leiden, Universiteitsbiblio-
theek, ms. VLO 15, 1025 ca.).
52
Molti esempi delle diverse iconografie del Fiume, compresa questa a mezzo bu-
sto, si possono vedere nel sito internet del Warburg Institute Iconographic Databa-
se (<http://warburg.sas.ac.uk/vpc/VPC_search/main_page.php>). In qualche caso il
busto del Fiume poggia su una base rettangolare che presenta dei puntini, probabile
residuo di un modello che notava le stelle sulla costellazione: cfr. Laon, Bibliothèque
Municipale, ms. 422, f. 30r.
53
Nel caso della costellazione di Engonasi Arato nega esplicitamente la possibilità
di una identificazione certa della figura, eppure in tutta la tradizione illustrata ara-
tea Engonasi è illustrato come Ercole, secondo l’identificazione dei Catasterismi. Nel
caso di un’altra costellazione di non chiara identificazione, l’Ofiuco (‘l’uomo con il
serpente’), in tutti i nostri manoscritti (non solo nel Vat. gr. 1087) l’immagine della
costellazione rimane invece quella di un anonimo individuo con serpente, nonostante
gli estratti dei Catasterismi sostengano l’identificazione con Asclepio.
54
Feraboli 1993 e 1998.
55
Riconducibili ad ambito alessandrino sono anche il riferimento alla stella Cano-
po, che è visibile solo a latitudini così basse, e ancora di più quello alla Corona Austra-
le, presentata da Eratostene come Barca; ripropone un mito egizio l’interpretazione del
Toro come Io, madre di Epafo.
106 Anna Santoni
illustrare Arato nel Vat. gr. 1087 si presenta dunque come un elemento
raro di fedeltà al contenuto dei Catasterismi, che avrebbe ancora più
valore in ambiente alessandrino, dove i Catasterismi furono concepiti.
Il nostro disegnatore ha riprodotto l’immagine del Fiume senza
modifiche e con grande fedeltà rispetto all’originale, comprese le sette
bocche, forse senza comprenderne il significato: come la didascalia ci
conferma, anche un lettore colto e dotto come Gregora poteva consi-
derarla una raffigurazione di Eridano.
Centauro
56
Arat. 431-442: Εἰ δέ τοι ἑσπερίης μὲν ἁλὸς Κενταύρου ἀπείη / ὦμος ὅσον
προτέρης, ὀλίγη δέ μιν εἰλύοι ἀχλὺς / αὐτόν, ἀτὰρ μετόπισθεν ἐοικότα σήματα ϕαίνοι
/ νὺξ ἐπὶ παμϕανόωντι θυτηρίῳ, οὔ σε μάλα χρὴ / ἐς νότον, ἀλλ᾽ εὔροιο περισκοπέειν
ἀνέμοιο. / Δήεις δ᾽ ἄστρον ἐκεῖνο δύω ὑποκείμενον ἄλλοις· / τοῦ γάρ τοι τὰ μὲν ἀνδρὶ
ἐοικότα νειόθι κεῖται / Σκορπίου, ἱππούραια δ᾽ ὑπὸ σϕίσι Χηλαὶ ἔχουσιν. / Αὐτὰρ ὁ
δεξιτερὴν αἰεὶ τανύοντι ἔοικεν / ἀντία δινωτοῖο θυτηρίου. ῎Εν δέ οἱ ἀπρὶξ / ἄλλο μάλ᾽
ἐσϕήκωται, ἐληλάμενον διὰ χειρός, / θηρίον· ὣς γάρ μιν πρότεροι ἐπεϕημίξαντο.
57
La didascalia ἱπποκένταυρος è singolare per indicare la costellazione, anche se il
termine è diffuso nella letteratura mitografica.
58
Eratosth. cat. 40: ἔχει δὲ καὶ ἐν ταῖς χερσὶ τὸ λεγόμενον Θηρίον, οὗ ποιοῦσι τὸ
σχῆμα τετράγωνον· τινὲς δὲ ἀσκόν ϕασιν αὐτὸ εἶναι οἴνου, ἐξ οὗ σπένδει τοῖς θεοῖς ἐπὶ
τὸ Θυτήριον. ἔχει δὲ αὐτὸ ἐν τῇ δεξιᾷ χειρί, ἐν δὲ τῇ ἀριστερᾷ θύρσον. Cfr. Pàmias
2004a, pp. 236-241.
59
Il tirso fa parte della raffigurazione della costellazione in Ipparco (Hipparch.
2,5,14; 3,5,6) e in Tolomeo (Ptol. Alm. vol. 1.2, p. 158,14-16 Heiberg).
60
Molti esempi delle diverse iconografie del Centauro si possono vedere nel sito
internet del Warburg Institute Iconographic Database.
107 I Fenomeni di Arato e i Catasterismi di Eratostene nelle illustrazioni
ta diverse varianti, la più diffusa delle quali è uno spiedo con infilzata
una preda61: questo attributo corrisponde al carattere di cacciatore, già
suggerito dalla bestia che il Centauro tiene nell’altra mano. In qualche
altro caso il braccio sinistro è libero62, in altri il Centauro tiene un ramo
frondoso o fiorito che è probabilmente un’interpretazione del tirso63;
pochi rari esempi sembrano rifarsi alla nostra stessa iconografia, ma in
genere con non così evidente consapevolezza del significato dell’attri-
buto64.
Il Sagittario
61
Paris, Bibliothèque Nationale de France, ms. Latin 12957, f. 90r (Aratus Latinus re-
visionato); Montecassino, Biblioteca Monumento Nazionale di Montecassino, ms. 3, f.
192r (De signis coeli); München, Bayerische Staatsbibliothek, ms. CLM 210, f. 120v (De
ordine ac positione); Cologny, Fondation Martin Bodmer, ms. 7, f. 44r (Germanico).
62
Paris, Bibliothèque Nationale de France, ms. Latin 5239, f. 224r (De signis coeli).
63
Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, ms. Lat. VIII, 22, f. 35v (De signis coeli).
Questo tipo di iconografia può essere una derivazione dal tirso non più riconosciuto
come tale, ma interpretato come ramo fiorito o frondoso.
64
London, British Library, ms. Harley 647, f. 12r (Cicerone, Aratea); Basel, Univer-
sitätsbibliothek, ms. AN IV 18, f. 38v (Germanico).
65
Arat. 399-401; lo stesso per Ipparco e Tolomeo: Hipparch. 3,3,6; 3,4,6. Ptol.
Alm. vol. 1.2, p. 114,14-18 Heiberg.
66
Eratosth. cat. 28: oὗτός ἐστιν ὁ Τοξότης, ὃν οἱ πλεῖστοι λέγουσι Κένταυρον
εἶναι, ἕτεροι δ᾽ οὔ ϕασι διὰ τὸ μὴ τετρασκελῆ αὐτὸν ὁρᾶσθαι, ἀλλ᾽ ἑστηκότα καὶ
τοξεύοντα· Κενταύρων δὲ οὐδεὶς τόξῳ κέχρηται· οὗτος δ᾽ ἀνὴρ ὢν σκέλη ἔχει ἵππου
καὶ κέρκον καθάπερ οἱ Σάτυροι.
108 Anna Santoni
Asini e Mangiatoia
Questa immagine (f. 302v, fig. 17) è molto rara nella tradizione ara-
tea illustrata. Come si vede pur nella confusione dei fogli che ha altera-
to la sequenza originale delle figure67, essa doveva essere l’ultima della
serie delle costellazioni nell’originale del nostro manoscritto, tanto che
si trova nello stesso foglio con la prima. Allo stesso modo l’estratto che
ne racconta il mito si trova dopo il Procione, che è l’ultima delle costel-
lazioni trattate nella descrizione del cielo stellato68. Si tratta dunque di
una posizione non dovuta a guasti meccanici e che costituisce una ca-
ratteristica significativa del modello dei nostri fogli: essa orientò subito
Rehm a riconoscere una parentela di questi testi con l’Aratus Latinus,
che è l’unica traduzione di Arato a presentare il mito di origine di Asini
e Mangiatoia in questa posizione69.
Dal punto di vista astronomico Asini e Mangiatoia sono un asteri-
smo incluso all’interno della costellazione del Cancro, che si colloca
nel carapace dell’animale, secondo l’astrotesia consueta antica e mo-
derna, descritta anche nella parte catalogica dell’Epitome70.
67
Cfr. supra i contributi di Allegra Iafrate e Leyla Ozbek.
68
f. 300r: Περὶ τῶν Ὄνων καὶ τῆς Φάτνης.
69
Rehm 1899.
70
Eratosth. cat. 11: ῎Εχει δὲ ὁ Καρκίνος ἐπὶ τοῦ ὀστράκου ἀστέρας λαμπροὺς β´,
109 I Fenomeni di Arato e i Catasterismi di Eratostene nelle illustrazioni
οὗτοί εἰσιν οἱ ῎Ονοι· τὸ δὲ νεϕέλιόν ἐστιν ἡ ἐν αὐτῷ ὁρωμένη Φάτνη, παρ᾽ ᾗ δοκοῦσιν
ἑστάναι.
71
Il De ordine ac positione stellarum in signis è un catalogo delle costellazioni con
stelle e figure. L’ultima edizione a me nota è Dell’Era 1974.
72
Cfr. per es. il cod. 3307 della Biblioteca Nazionale di Madrid, f. 56v, visibile nel
Warburg Institute Iconographic Database.
73
Anche nell’Aratus Latinus e nel manoscritto Scorialense, che si rifanno alla stessa
edizione greca di Arato del nostro Vat. gr. 1087, il mito di origine di Asini e Mangia-
toia è inserito proprio a questo punto del testo di Arato (al v. 898); per questo Rehm
1899 aveva subito pensato a una parentela con l’Aratus Latinus.
110 Anna Santoni
Le Mappe
74
Germanico: Boulogne-sur-Mer, Bibliothèque Municipale, ms. 188, IX sec.;
Aberystwyth, National Library of Wales, ms. 735C, 1000 ca. Aratus Latinus primi-
tivo (?): Basel, Universitätsbibliothek, AN IV 18, 830 ca. Cicerone, Aratea: London,
British Library, Harley 647, IX sec. Excerptum de astrologia e De ordine ac positione:
München, Bayerische Staatsbibliothek, CLM 210, 818 ca.; Berlin, Staatsbibliothek zu
Berlin – Preußischer Kulturbesitz, Phill. 1830, IX sec.
75
Spatharakis 1978; Wright 1985; Tihon 2011, pp. 34-40. Per una immagine
cfr. Stückelberger 1994, tav. 4; Dekker 2013, tav 2.
76
La Libra si afferma gradualmente a partire dal I secolo d.C., soprattutto nel mon-
do romano, cfr. Le Bœuffle 1977, pp. 171-173.
111 I Fenomeni di Arato e i Catasterismi di Eratostene nelle illustrazioni
Conclusioni
Le didascalie delle immagini del Vat. gr. 1087 portano dunque senza
dubbio in ambiente arateo e confermano in questo l’ipotesi interpreta-
tiva di Martin, per il quale questo materiale proviene da una edizione
commentata e illustrata di Arato. Inoltre gli esempi delle immagini del-
le costellazioni del Vat. gr. 1087 che abbiamo considerato ci mostrano,
nel loro rapporto con i due testi (Fenomeni e Catasterismi), come già
l’illustrazione greca dei Fenomeni sia da considerare, almeno in prima
ipotesi, un processo composito, che attinge sicuramente per lo più alla
tradizione iconografica delle costellazioni nei Catasterismi (così come
attinge al loro testo per il commento ad Arato), ma in cui l’illustratore
sembra proporre, almeno in alcuni casi, un adattamento alle diverse
identità mitologiche, utilizzando sia immagini che corrispondono alla
descrizione di Arato, come è il caso delle Orse con il Serpente, sia im-
magini che corrispondono alla descrizione dei Catasterismi, ma con
didascalia aratea, come è il caso di Engonasi o Eridano.
Questa varietà di soluzioni nella fedeltà a una versione o all’altra del-
le figure impone grande prudenza circa una conclusione generale sul
modo di procedere e sui criteri ispiratori dell’intera serie delle illustra-
zioni, ma ci permette, nello stesso tempo, di ritrovare ‘barlumi’ delle
immagini dell’antico Eratostene perduto.
Anna Santoni
77
Il copista del Vat. gr. 1087 non ha riprodotto il piccolo ricciolo assieme al picciolo
della foglia d’edera, forse perché non ne comprendeva il significato.
78
Ptol. Alm. vol. 1.2, p. 100,9 Heiberg: οἱ περὶ τὸν Λέοντα ἀμόρφωτοι.
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f. 303r (© Biblioteca Apostolica Vaticana).
186 Anna Santoni
13. Eridano. Paris, Bibliothèque Nationale de France, cod. Latin 5239, f. 223v
(© Bibliothèque Nationale de France).
14. Centauro. Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, cod. Vat. gr.
1087, f. 301r (© Biblioteca Apostolica Vaticana).
190 Anna Santoni
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1087, f. 306r (© Biblioteca Apostolica Vaticana).
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f. 302r (© Biblioteca Apostolica Vaticana).
191 Anna Santoni
19. Coppia di emisferi. Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, cod.
Vat. gr. 1087, ff. 309v-310r (© Biblioteca Apostolica Vaticana).
Finito di stampare nel mese di ottobre 2013
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