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OVIDIO

VITA
Publio Ovidio Nasone nasce in Abruzzo, a Sulmona, nel 43 aC, e muore a Tomi (sul mar nero) tra il 17 e il
18 dc.
Nasce in una famiglia equestre, nobile, e lui stesso in una sua elegia ci dà le notizie sulla sua vita.
Nel 31 aC si reca a Roma con il fratello e studia grammatica e retori presso i più eccelsi maestri del tempo,
era destinato alla carriera forense, politica, ma da subito lui avvertì una forte inclinazione verso la poesia,
tanto che lui diceva che qualsiasi cosa che tentasse di dire era già in versi.

Naturalmente dopo aver concluso i suoi studi anche Ovidio compì il suo viaggio di miglioramento in Grecia
ad Atene a 18 anni.

Poi tornò a Roma dove esercitò soltanto una magistratura minore, sicuramente rimase sempre negli ordini
dei cavalieri ma non mirò a diventare senatore (umile e poco ambizioso).

Grazie all'incontro con Messalla Corvino, iniziò ad alimentare la sua vocazione poetica, entrò a far parte del
circolo di Messalla, conobbe Mecenate e i maggiori poeti dell'epoca come Orazio, Properzio e Gallo.
Ebbe 3 mogli, i primi due furono matrimoni sfortunati entrambe le mogli morirono, da una ebbe una figlia,
poi sposò una giovane fanciulla della gens Fabia, e tra di loro rimase un tenero amore fino alla sua morte, il
legame coniugale non gli impedì di essere un poeta galante, gaudente, che rappresenta e canta la Roma
ormai lontana dalle guerre civili, che desidera soltanto vivere e godere la vita.

Purtroppo però nelľ8 d.C. quando sembrava che tutto andasse bene nella sua vita, fu colpito da un ordine di
Augusto che lo relegava a Tomi, attuale costanza sulle coste del Ponto (mar nero).
Relegatio, che si distingue dell'esilio, perchè aveva ancora i suoi beni, relegato perché accusato di Adulterio.

Ovidio stesso dà due spiegazioni: 1) Carmen ed 2)Error


1) relegato perché ha scritto ľars amatoria, un trattato in cui viene esaltato ľamore libertino, che andava
contro le intenzioni di restaurazioni di Augusto.
2) error, ingiustamente coinvolto in uno scandalo di corte, ma nello stesso periodo in cui Ovidio fu relegato,
anche la nipote di Augusto, Giulia minore fu esiliata per uno scandalo con un giovane patrizio.

Nonostante i suoi tentativi di chiedere implorare il rimpatrio ad Augusto, nessuno lo ha mai ascoltato e
quindi muore da solo in questa terra isolata e selvaggia tra il 17 e il 18 d.C.

Opere
Possiamo dividere ľattivita poetica di Ovidio in 3 fasi, che stanno per le fasi della sua vita.
1) periodo in cui scrive poesie erotiche (ďamore) elegia d'amore, sullo sfondo della Roma a lui
contemporanea, scrive:
•Gli amores (canzoniere d'amore.
•Heroides (una raccolta di lettere delle eroine ai loro amanti infedeli)
•Ars Amatoria (manuale sull'arte di amare)
•I medicamina facie, trattato di come si truccavano, cosmetica.
 I remidis amoris , come guarire dalle pene d'amore
2) il ciclo della poesia epico- mitologico.
•Metamorfosi opera famosa
•I fasti, doveva illustrare il calendario romano
3) opere dell'esilio.
Scrive:
•I tristia
•Epistule ex Ponto
Canti in cui viene fuori la solitudine, nostalgia e noia del poeta.
Amores: una raccolta di elegie (dal greco elegos=scegliere) una forma metrica della poesia greca era il
distico elegiaco, sono divisi in 3 libri, sono in totale più di 2400 versi, la prima edizione fu pubblicata nel 18
a.C. negli amores troviamo riassunti tutti i topoei nelle poesie precedenti, oltre ad altri argomenti, scritti da
Ovidio soprattutto per assecondare i gusti di Agusto.
La donna amata negli amores è Corinna una donna molto libera, abituata alľadulterio, ľamore presentato
viene anche come amore rubato o in toutcourt.
A differenza di Catullo non abbiamo più quella rabbia caratteristica dell'amante di lesbia, ma in questi
componimenti dominano desiderio e attrazione e il senso di ironico distacco. Tanto che ľamore viene
vissuto come una pratica sociale in questa società gaudente in cui vive Ovidio.
Elegia 2 di Ovidio ripresa da un certo Mozart, il don Giovanni, in questo brano il servo che si chiama
Leporello, spiega al suo padrone quali sono tutte le sue conquiste, dando delle spiegazioni sul perchè gli
piacciono le donne conquistate.
Negli amores ci sono anche dei brani più seri e inquietanti come nelľelegia secondo libro, numero 15, si
parla delle pratiche abortive che erano in uso dalle classi sociali più elevate.
Ars amatoria (opera per la quale venne relegato) è un vero è proprio manuale del perfetto seduttore,
diviso in 3 libri, in cui Ovidio assume il ruolo del magister, professore dell'erotismo.
Ovidio si pone quasi in modo superiore portando le sue esperienze sulla seduzione e le donne.
In quest'opera si fonde sia la forma elegiaca sia la forma didascalica, riprendendo i manuali di retorica
Ovidio spiega quelle che sono le tecniche di persuasione essenziali in campo amoroso.
I primi 2 libri si rivolgono agli uomini e trattano di come individuare e attirare la preda e poi di come portare
avanti la relazione che si è appena instaurata.
Terzo libro si rivolge alle donne dando loro degli insegnamenti che riprendono i primi 2 libri, ma che
sottolineano ľimportanza di non soffrire per amore. Questo concetto verrà ripreso poi in un altro trattatello
nel "rimedia amoris".
Probabilmente i primi due libri sono pubblicati prima del 2 d.C. mentre il terzo successivamente.
La struttura era tipica a quella precettistica le regole da seguire, infatti non si indirizza ad un individuo ma
ad un collettivo, un gruppo di discepoli.
gli argomenti vengono articolati sistematicamente in ordine logico, per presentare gli aspetti salienti di
quest'arte che Ovidio sta insegnando.
Il metro è quello della poesia elegiaca, che era la poesia d'amore.
Ovidio non utilizza quello della poesia didascalica esametro.
Ľinsegnamento vuole essere generale e non esiste più una poesia soggettiva.
Una delle metafore che viene sempre ripetuta è quella della caccia, a gettare ľamo, il verbo venari
=cacciatore è presente molte volte.
Il cacciatore nell'ambito della città e deve cercare di cogliere le occasioni migliori per attaccare.
Ľoggetto di questa caccia non è ľamore come passione ma è come usus= sesso, ľallievo quindi che diventerà
amante dovrà si imparare le tecniche per approcciare ma deve fare anche attenzione a non farsi
coinvolgere troppo.
Deve anche adeguarsi alle caratteristiche della preda scelta deve essere un buon attore, e può tradire
quanto vuole.
Infatti il tradimento è una caratteristica fondamentale nella sua società del tempo e nelľars, sicuramente
non è presentato ľesempio del matrimonio.
Non vuole rivolgersi alle donne per bene, sappiamo che le matrone avevano determinati canoni di vestiario,
e potevano essere accusate di impudicizia.
Si rivolge invece al mondo più libero di schiave e cortigiane.

Heroides
Una variante dell'elegia amorosa. Heroide = eroine.
Appartiene al filone eroico soggettivo in cui il poeta parla in prima persona.
 Qui sono i personaggi che parlano in prima persona.
Sono una raccolta di lettere in distici elegiaci che Ovidio immagina fossero scritte da eroine del mito rivolte
ai loro amanti o mariti.
 La particolarità è che i miti vengono narrati in forma epistolare.
Per Ovidio infatti il mondo del mito può essere rappresentato con diverse forme, l'importante è
comprendere l'essenza di ogni racconto e attraverso l'utilizzo di varie strutture narrative ci fa comprendere
come il mito possa essere riscritto più e più volte.
 Le 21 epistole che compongono quest'opera riscrivono il mito dal punto di vista femminile.
Ovidio si sposta quindi in un punto di osservazione che spesso è scomodo. È come se il poeta si facesse
donna e riscrivesse la storia da un solo punto di vista, che però sempre quello femminile.
Delle 21 lettere 18 sono di donne del mito ad amanti lontani o perduti per sempre, 3 invece sono di uomini
alle donne amate, quindi vanno concepite come risposte alle lettere scritte alle donne precedentemente.
 Il genere espressivo presente in quest'opera è quello del lamento della donna abbandonata.
Tutte le lettere sono osservate dal punto di vista psicologico e morale della donna ed hanno come punto in
comune lo scopo dichiarato di convincere l'uomo a tornare. Sono quindi delle vere e proprio suasoriae
riprese da Ovidio durante lo studio giovanile di retorica. Erano caratterizzate dalla forma della prosopopea
per spiegare il punto di vista di un personaggio.
Le ultime 3 lettere invece che rappresentano una corrispondenza tra gli amanti riprendono invece la forma
della controversia retorica.
 Quando dialogano 2 personaggi con 2 punti di vista differenti sullo stesso argomento .
Quali sono i modelli a cui si rifà Ovidio? Per esempio la lettera che Arianna scrive a Teseo rievoca il carme
64 di Catullo che aveva introdotto il tema del lamento di Arianna abbandonata. Oppure Ovidio si rifà
all'unica novella epistolare in versi dell'elegia 4 libro numero 3 di Properzio. Nel libro di Ovidio troviamo
tanti riferimenti alla Didone virgiliana. Mentre il genere epistolare è caratteristico in età precedenti in
Cicerone. E sarà fondamentale come struttura anche nella produzione di Seneca.
Sicuramente la sensibilità che troviamo nelle Eroine protagoniste di quest'opera si può ricondurre alle
protagoniste della tragedia greca anche se l'approfondimento psicologico è più tipico della produzione
latine che quella greca e Ovidio stesso sarà modello per opere successive che hanno come protagoniste
queste eroine come la Medea di Seneca. Successivamente possiamo trovare nel 1300 Boccaccio elegia
prima donna Fiammetta che rappresenta una raffinata interpretazione dell'animo femminile. In quest'opera
troviamo nell'ultima parte una lunga lettera in cui Fiammetta si rivolge alle donne innamorate raccontando
in forma di confessione ma anche di lamento il suo lamento di dolore per Panfilo che è partito promettendo
di ritornare in breve tempo invece non è più tornato. Fiammetta dice che come tante eroine già nel
momento in cui Panfilo promette il suo ritorno ne comprende la falsità della sua promessa e quindi già
aveva capito la perdita del suo amore.

METAMORFOSI
L’ISPIRAZIONE MI PORTA A CONTARE DI FARMI TRAMUTARE IN NUOVI CORPI
 Ovidio chiedi agli dei ispirazione per scrivere l’opera dall’origine del mondo fino ai giorni nostri
 Ovidio sintetizza l’argomento dell’opera
 Ci introduce i personaggi
 La forma del poema
 L’opera vuole riassumere i caratteri dei poemi cosmogonici, riprende il poema mitologico.
 All’interno troviamo i riferimenti del poeta greco esiodo ai poemi omerici e al de rerum natura di
lucrezio e il pome dell’eneide virgiliana
 Anche la filosofia è presente , nel libro XV dove sono raccolti gli insegnamenti di pitagora da numa
pompilio.
 Molti miti di fondazione e conquista testimoniano l’epica, miti riferiti al circolo degli argonauti,
troiani o i miti fondativi di tebe e roma.
 Poema scritto in esametri , 12mila versi, andamento continuo, (tipico della poesia narrativa) n
 Coniuga la poesia epica con la rielaborazione elegiaca del mito(erotico amoroso)
 Ovidio, esaudiente si vuole mostrare capace di scrivere poesia di più ampio respiro, con un grande
impegno narrativo ed enciclopedico.
 Idea di partenza:

Le Metamorfosi sono un poema epico in esametri dattilici composto da Ovidio (43 a.C. - 18 d.C.) tra il 2 e l’8
d.C. e suddiviso in 15 libri.
L’argomento dell’opera è mitologico: nel testo vengono infatti narrate
oltre 250 miti e leggende incentrati sulla metamorfosi di personaggi in animali o elementi naturali.
L’ordine scelto da Ovidio è cronologico: si va infatti dall’origine dell’universo dal caos primigenio fino
all’apoteosi di Cesare e alla glorificazione di Ottaviano Augusto 1.
Le Metamorfosi di Ovidio (che, dopo l’Ars amatoria e le Heroides, costituiscono il testo della maturità del
poeta) si presentano come un’opera raffinata e colta, che attinge ad una sterminata cultura mitologica e
letteraria (in primis, l’Iliade e l’Odissea) e si ispira alla poetica alessandrina, dagli Aitia di Callimaco (310 ca.
a.C. - 240 ca. a.C.) alla poesia didascalica e mitologica, dalle Mutazioni di Nicando di Colofone (II secolo a.C.)
alle Metamorfosi di Partenio di Nicea (I secolo a.C.), ai Catasterismi di Eratostene di Cirene (275 ca. a.C. -
195 ca. a.C.) all’Origine degli uccelli (Ornithogonia) di Emilio Macro 2 (I secolo a.C.). Il termine principale di
confronto letterario è tuttavia l’Eneide di Virgilio: al poema della fondazione mitica della gens Iulia Ovidio
contrappone la mutevolezza e l’eterno divenire della metamorfosi e della fusione di umano e divino, di
Storia e mito.

Riassunto
Le Metamorfosi si aprono con un breve e sintetico proemio di quattro versi in cui il poeta espone
l’argomento dell’opera ed invoca gli dei:
Ìn nova fèrt animùs mutàtas dìcere fòrmas
còrpora: dì, coeptìs (nam vòs mutàtis et ìllas)
àdspiràte meìs primàque ab orìgine mùndi
àd mea pèrpetuùm deducìte tèmpora càrmen càrmen
L’ingegno mi spinge a narrare le forme mutate
in nuovi corpi; o dei, ispirate (e voi infatti avete guidato
quelle metamorfosi) il mio progetto, e accompagnate questo poema
dall’origine del mondo fino ai miei giorni.

 Nel primo libro, Ovidio affronta in un’ininterrotta sequenza il caos primordiale, la creazione
dell’uomo da parte di Prometeo e le quattro Età dell’uomo (età dell’argento, età del bronzo, età
degli eroi, età del ferro) dopo l’età dell’oro, le vicende di Deucalione e Pirra e il famoso mito di
Apollo e Dafne, tramutata in alloro. Segue la storia di Fetonte (che prosegue nel secondo libro) e la
storia di Diana e Atteone, che viene trasformato in cervo.
 A questo, seguono i miti di Tiresia e di Narciso ed Eco (libro III). Si susseguono poi le vicende di
Piramo e Tisbe, le imprese di Perseo e il ratto di Proserpina (libri IV-V).
 Nel sesto libro spicca la vicenda di Orfeo e Marsia, scorticato vivo dopo una gara poetica col dio, e
quella di Tereo, Progne e Filomela. Nel settimo libro, Ovidio narra la vicenda degli Argonauti e gli
amori di Giasone e Medea. Poi troviamo miti di Teseo e Arianna, Dedalo e Icaro e Filemone e Bauci
(libro VIII). Il libro nono è occupato dalle imprese di Ercole (ivi comprese le famose dodici fatiche),
mentre il decimo sviluppa i miti di Orfeo ed Euridice 3, di Mirra e Cinira e di Venere e Adone. Orfeo,
Bacco e Apollo sono anche i protagonisti dell’undicesimo libro, mentre nel dodicesimo si assiste al
sacrificio di Ifigenia e alla narrazione della guerra di Troia, fino alla morte di Achille. Nel tredicesimo
libro passiamo dalla mitologia greca a quella romana: prima Ulisse ed Aiace si contendono le armi
di Achille 4, poi si narra la fuga di Enea e, nel libro successivo, i suoi amori con Didone e l’approdo in
Italia. Nell’ultimo libro, ha particolare rilievo la sequenza in cui Pitagora illustra a Numa Pompilio il
principio del mutamento e della metempsicopsi, collegandolo alla storia universale che converge
nel trionfo di Roma e nella deificazione di Giulio Cesare.

Commento
Ovidio compone le sue Metamorfosi sia con l’intento di celebrare la pax augustea sia con quello di creare
un complesso meccanismo letterario, animato dal gusto per l’affabulazione senza sosta, che attraversi la
storia umana, il mito, le fonti classiche, le tradizioni e le culture e le fonda in un unico, ininterrotto flusso di
racconto. Sebbene la narrazione di Ovidio tenda a uno svolgimento degli eventi in prospettiva cronologica -
l’inizio è quello del caos indistinto, la fine è la contemporaneità storica in cui si colloca il poeta stesso -, i
racconti mitologici che formano la maggior parte dell’opera vengono collegati tra loro in base ad altri
criteri, quali i confini geografici, le analogie, i contrasti tematici, le genealogie e così via. Più che lo sviluppo
lineare, ad Ovidio interessano dunque le corrispondenze, gli scambi e i rimandi continui all’interno della
materia narrata

A questa struttura multiforme corrisponde perciò una narrazione discontinua, che si sofferma di volta in
volta su miti e figure molto differenti, suscitando ora la commozione del lettore, ora il suo interesse, ora il
suo riso. Per mantenere l’attenzione e per rispettare sul piano formale e narrativo il principio della
metamorfosi, Ovidio ricorre spesso alla tecnica del racconto ad incastro, per cui da una vicenda si trapassa
nell’altra seguendo le mutazioni dei protagonisti del mito. Le vicende trascorrono così sulla pagina senza
sosta, sostenute dallo stile raffinato ed elegante (e sempre leggero ma controllatissimo) del poeta, spesso
superando anche i confini di un libro e prolungandosi nel successivo. Anche sul piano tematico, il principio è
quello della pluralità: oltre al tema mitico, alla rievocazione di culture e civiltà del passato e alla
celebrazione della grandezza di Roma, spicca su tutti l’argomento amoroso, in tutte le sue sfumature ed
accezioni.
A governare il tutto, l’idea di una leggerezza non vana e superficiale, ma frutto di stile ed intelligenza:
In una letteratura di solito alquanto seriosa, atteggiata e “letteraria”, qual è la latina (e poi lo sarà anche la
letteratura italiana), Ovidio rappresenta - insieme a Catullo - un esempio raro di levità, disinvoltura,
trasparenza anche spirituale. [...] I suoi capolavori, gli Amores e le Metamorfosi, sono uno stupendo
esempio di poesia che unisce, nella prima opera, superficialità galante, assoluta eleganza formale, senso
acutissimo del divertimento, dei sensi e dell’intelligenza, spregiudicatezza di costumi, ma senza alcuna
concessione alla scurrilità, o peggio all’oscenità; e, nel secondo componimento, sterminata cultura
mitologica senza cadute nell’erudizione, prodigiosa fantasia e qualità formale, e, soprattutto, un gusto
raffinato e al tempo stesso quasi infantilmente incantato per le favole 5.

Fasti
Ovidio ama questo genere elegiaco. Nei Fasti abbiamo sempre l'elegia ma cambia l'argomento.
 È un'elegia eziologica.
Si rifà a Callimaco con la sua opera Aitia. Anche Properzio si rifà a questa elegia soprattutto nella narrazione
di leggende romane. Attraverso i Fasti e attraverso la narrazione delle divinità domani Ovidio si rifà. Il titolo
originario è Fasti dies cioè l'elenco dei giorni, in particolare seguendo il calendario Ovidio si sofferma su
quelle che sono le festività e ricorrenze di Roma e in particolare le sue origini.

La sua opera è divisa in 12 libri, uno per ogni mese dell'anno, ma nell'8 dopo cristo, quando Ovidio deve
abbandonare Roma, Ovidio ne aveva composti solo 6, da gennaio a giugno.
 È un'opera prettamente Erudita (dotta).
Che riprende il gusto alessandrino che fonde elementi elegiaci con la tradizione didascalica.
Ovidio partendo dalla descrizione delle feste, dei riti, dei giorni importanti per Roma, da delle vere e
proprie lezioni per Roma.
Usanze, tradizioni, feste popolari. Canta storie. Spesso nell'opera troviamo riferimenti all'Imperatore
Augusto o troviamo dialoghi con varie divinità che spesso danno risposta alle varie domande che si pone il
poeta.
È ritenuta una delle opere più importanti e riuscite di Ovidio anche se spesso sono troppo ridontanti e cede
anche nell'erudizioni, facendo sfoggio del suo sapere.
 In quest'opera non troviamo il vero Ovidio, non si diverte o partecipa come nelle Metamorfosi.

MITO DI APOLLO E DAFNE


Questo mito è tratto da un episodio delle "Metamorfosi" di Ovidio.

Apollo, dio greco della poesia, della musica e delle profezie, critica Cupido e, considerandolo poco abile
nell'uso di archi e frecce, scatena la sua ira.

Il dio estrae così dalla sua faretra due frecce: una dorata, capace di suscitare amore, con cui colpisce Apollo
e l'altra di piombo, spuntata, capace di scacciare l'amore, con cui colpisce Dafne, ninfa figlia di Peneo.

Mentre Apollo divampa d'amore per lei, Dafne non fa altro che fuggire da lui, più rapida di un alito di vento.
Apollo la insegue e cerca di fermarla, affermando di non essere un contadino o uno zotico, di essere il figlio
di Giove e di regnare sulla terra di Delfi, Claro e Tènedo.
La ninfa, però, ignora le parole del Dio e continua a fuggire da lui, mentre il vento le scompiglia i capelli
rendendoli più leggiadri e le scopre in parte la veste. Proprio sul punto in cui Apollo sta per afferrare Dafne,
ella implora l'aiuto del padre Peneo.
Il suo aiuto viene ascoltato e la ninfa si trasforma in una pianta di alloro: il petto si fascia di fibre sottili, i
capelli si allungano e diventano fronde, le braccia si trasformano in rami, i piedi si inchiodano in radici e il
volto svanisce in una chioma. Dafne, però, anche sotto questa mutata forma, conserva il suo splendore e
Apollo continua ad amarla: sente ancora trepidare il suo cuore sotto la corteccia, stringe tra le braccia i suoi
rami come se fossero un corpo e bacia il legno che ancora si sottrae ai suoi baci. Così Apollo decide che
Dafne sarebbe diventata la sua pianta e che i suoi capelli sarebbero stati sempre adornati di alloro, così da
portare il vanto perpetuo delle fronde della ninfa

MITO DI NARCISO
Il racconto di Ovidio procede in una direzione molto diversa rispetto a quella seguita dall’originale greco.
Eco, una ninfa, si innamorò di un giovane bellissimo di nome Narciso, figlio di Cefiso, divinità dei fiumi e di
una ninfa, di nome Liriope.

I due avevano dato alla luce un bambino (Narciso) di straordinaria e sbalorditiva bellezza. I genitori,
consapevoli di ciò e molto preoccupati per il destino del figlio, consultarono un sacerdote di
nome Tiresia che li avvertì della possibilità che il bambino raggiungesse l’età adulta solo se non si fosse mai
specchiato e non avesse mai conosciuto la propria natura.
Al raggiungimento dei 16 anni, tutti si resero conto di quanto fosse affascinante anche se il giovane
respingeva tutti. Un giorno, mentre era a caccia nei boschi, una ninfa cominciò a seguirlo per parlargli, ma
era molto timida e si vergognava a parlare per prima, perché costretta a ripetere tutte le ultime parole di
ciò che le veniva detto. Dopo un piccolo scambio di domande, Eco corre incontro al giovane e lo abbraccia,
ma, Narciso la respinge brutalmente. Eco cominciò a vagare in valli solitarie, piangendo per
questo amore non corrisposto, finché di lei non rimase altro che la voce.
Narciso si specchio improvvisamente in uno specchio d’acqua e vide per la prima volta la propria immagine
riflessa e la propria bellezza. Solo dopo essersi reso conto che l’immagine rifletteva se stesso e consapevole
di non poter avere quell’amore, si lasciò morire. La profezia era compiuta e al posto del corpo vennero
trovati dei fiori, cui fu assegnato il nome di Narciso.
Narciso, quando attraversò il fiume dei morti per accedere all’Oltretomba, guardò le sue acque, sperando
di poter vedere ancora quell’immagine riflessa

MITO DI PIGMALIONE
Secondo il mito greco, Pigmalione, re di Cipro era uno scultore, che non aveva voglia di pensare all'amore,
tuttavia, questo suo atteggiamento dispregiativo, indifferente e sfrontato nei confronti dell'amore, provocò
la reazione della dea Afrodite che punì Pigmalione facendolo innamorare di una statua da lui stesso creata.
Fu così che Pigmalione si innamorò della sua statua, ma era un impossibile amore a senso unico, che, gli
faceva vivere una condizione drammatica e malinconica.
Il re supplicò allora la dea dell'amore che, dopo aver sadicamente goduto della sofferenza del re, alla fine,
Afrodite ebbe pietà di lui e trasformò la statua in una vera donna.
Dal mito prende il nome un effetto psicologico noto come "Effetto Pigmalione" o "profezia che si
autoavvera", che è stato dimostrato sperimentalmente in ambito scolastico da Rosenthal e Jacobson.
Questo effetto consiste nel fatto che desiderare qualcosa condiziona in modo tale i nostri comportamenti
da poter fare in modo che ciò che desideriamo si avveri. Ciò dimostra quanto le aspettative influenzino
inconsapevolmente la nostra comunicazione non verbale e il nostro comportamento e, di conseguenza le
risposte e i comportamenti degli altri.

MITO DI ARACNE
nell’antica Lidia, in Asia minore, vive Aracne, figlia del tintore di porpora Idmone di Colofone. La sua abilità
nel lavorare la lana è talmente ammirata e idolatrata che tutti, perfino le ninfe del fiume e dei vigneti, si
recano da lei per osservare come dalla spola e dal telaio prendono vita immagini superbe e dai colori vivaci.
La popolana Aracne inizia così a credersi più brava degli dèi, a spingersi oltre i suoi limiti di donna e di
essere umano. Quando la fama delle sue prodezze giunge alle orecchie di Minerva, la dea si traveste da
anziana per ammonirla e consigliarle di non perdere l’umiltà, rispettando i confini tra dèi e uomini.
Racconta Ovidio nelle Metamorfosi che Aracne le risponde in malo modo, e quindi la dea sceglie di
mostrarsi in tutto il suo abbacinante splendore e sfidarla.
Le due donne, la mortale e la divina, si mettono all’opera: intrecciano porpora e oro per due trame diverse.
Quella di Minerva (così Ovidio, latino, si riferisce alla dea greca Atena) esalta la grandezza degli dèi e la
punizione dei superbi.
Quella di Aracne narra invece le volte in cui i numi – Giove, Febo, Nettuno – hanno abusato del loro potere
trasformandosi in animali e violando fanciulle indifese.
Una metamorfosi denunciata all’interno di un’altra metamorfosi.
Minerva perde la pazienza, sia perché la tela di Aracne è perfetta, colorata e vivida quanto la sua, sia perché
il gesto della giovane è un chiaro affronto. La colpisce con la spola, e lei corre a suicidarsi per la vergogna.
Solo allora la dea della ragione, delle arti e delle armi si pente, decidendo di trasformarla in un ragno.
L’anatema è spietato: «Vivi pure, ma penzola, malvagia, e perché tu non stia tranquilla per il futuro la stessa
pena sia comminata alla tua stirpe e a tutti i tuoi discendenti!».
Ecco che gli arti diventano zampe sottili, e il corpo di Aracne si fa sempre più piccolo. La giovane sarà
destinata a tessere per l’eternità appesa ai rami, alla mercé del vento e delle intemperie, e a forgiare trame
di un solo, triste colore.

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