Il periodo successivo al bello, fino alla grande crisi del 1819, è ricco di esperimenti
letterari: idilli pastorali, visioni sul modello di Monti, canzoni su argomenti moderni,
tragedie pastorali.
Fra il 1818 e il 1823 Leopardi compone 10 canzoni che pubblica a Bologna nel
1824 e sempre a Bologna stampa una raccolta di versi, che comprende 2 elegie,
sotto il titolo di Idilli. A Firenze raccoglie le canzoni e al volume dà il nome
complessivo di Canti. Il titolo Canti rimanda al carattere lirico di queste poesie che
traggono alimento dalla soggettività dell’autore e allo stesso tempo vuole
raccogliere generi poetici diversi, alcuni rientranti nelle categorie della tradizione
(canzoni, elegie, epistole in versi), altri invece, delineati da una forma più libera e
originale.
LE CANZONI
Le canzoni sono componimenti di impianto classicistico. Le prime 5 affrontano una
tematica civile. Sono animate da aspri spunti polemici contro l’età presente; a
questa polemica si contrappone un’esaltazione delle età antiche, generose e
magnanime. La più significativa è Ad Angelo Mai dove oltre alla polemica contro
l’Italia presente e alla nostalgia dell’antichità, compare il motivo del caro immaginar
e dei leggiadri sogni, dissolti dalla conoscenza razionale del vero che accresce il
senso del nulla e la noia.
Caratteristiche diverse hanno il Bruto minore e l’Ultimo canto di Saffo. Leopardi non
parla più in prima persona, ma delega il discorso poetico a 2 personaggi
dell’antichità entrambi suicidi. Il pessimismo storico giunge a una svolta, infatti si ha
l’idea di un’umanità infelice non solo per ragioni storiche, ma per una condizione
assoluta. Quindi non si incolpa la natura, ma gli dei e il fato. Ad esse si contrappone
l’eroe singolo che cerca di ribellarsi alle forze crudeli che l’opprimono.
GLI IDILLI
Un carattere molto diverso dalle canzoni presentano gli Idilli, sia nelle tematiche, si
a nel linguaggio. Leopardi compone gli idilli tra il 1819 e il 1821, pubblicati sulla
rivista “Il Nuovo Ricognitore”. La parola Idillio deriva dal greco e significa
“quadretto” venne utilizzato principalmente nella letteratura greca antica da
Teocrito, sicarusano, autore di componimenti ambientati in un mondo pastorale
idealizzato visto come rifugio di pace e serenità. Inizialmente nel 1819 Leopardi
aveva tradotto gli Idilli pastorali del poeta greco Mosco, imitatore di Teocrito, e
aveva composto egli stesso poesie pastorali. Questi idilli non hanno niente a che
fare con la tradizione bucolica classica, infatti Leopardi definì gli Idilli come
espressione di sentimenti, affezioni e avventure storiche del suo animo. Quindi
quello che vuole rappresentare sono momenti essenziali della vita interiore.
Esemplare è l’Infinito, dove vi è lo spunto per una vertiginosa meditazione lirica
sull’idea di infinito creato dall’immaginazione. Alla luna affronta il tema
complementare della “ricordanza”.
La sera del di festa prende avvio da un notturno lunare dove c’è una vasta
meditazione sul tempo che cancella ogni traccia dell’azione umana. In questi
componimenti Leopardi fa la prima prova di un originalissimo linguaggio poetico
giocato tutto sul “vago e indefinito”.
IL CICLO DI ASPASIA
L’ultima stagione di Leopardi (1830) segna una nuova svolta. Il presupposto
filosofico resta sempre sul pessimismo assoluto, ma riesce a stabilire un rapporto
con l’uomo, non solo appare più orgoglioso di sé, anche più pronto e combattivo nel
diffondere proprie idee.
L’apertura si verifica anche sul piano umano. Nasce a Firenze la fraterna amicizia
con Ranieri e si colloca in questo periodo la prima vera esperienza amorosa di
Leopardi: non più un amore adolescenziale ma un’autentica passione. La delusione
poi subita in questo rapporto segna per leopardi la fine dell’inganno estremo e inizia
il ciclo di Aspania, dal nome greco con cui il poeta designa la donna amata.
Abbiamo cinque componimenti scritti: Il pensiero dominante, Amore e Morte,
Consalvo, Aspasia e A se stesso. Si trattano di una poesie profondamente nuove
lontane da quelle idilliche. Il discorso non si basa più sulle immagini vaghe e
indefinite, non vi è più il linguaggio limpido e musicale. Si ha una poesia nuda,
severa, quasi priva di immagini sensibili, il linguaggio si fa aspro, antimusicale, la
sintassi complessa e spezzata.