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Giacomo Leopardi – Andrea Amici 29/12/20, 17:31

Giacomo Leopardi
Andrea Amici

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Il romanticismo italiano ha due esponenti principali: Alessandro Manzoni


e Giacomo Leopardi; il primo appartiene al filone realistico-oggettivo,
mentre il secondo a quello patetico-soggettivo. Manzoni infatti propone
un’arte basata sul realismo storico, mentre Leopardi un’arte lirica,
filosofica, basata essenzialmente sull’interiorità dello scrittore.

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Profilo biografico
Giacomo Leopardi nacque il 29 giugno 1798, da una famiglia nobile. Nel
suo paese non c’erano particolari stimoli culturali e da giovanissimo lo
scrittore preferì dedicarsi allo studio nella biblioteca del palazzo di
famiglia dove trascorreva giornate intere occupandosi della lettura dei
testi che aveva a disposizione.

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La biblioteca del palazzo Leopardi

In pochi anni, da autodidatta, divenne esperto di lingue classiche,


ebraico, lingue moderne, letteratura, storia, filosofia e filologia (nonché
scienze naturali e astronomia). I sette anni impiegati in questo studio che
lui stesso definì “matto e disperatissimo” da un lato lo resero
enormemente colto ma dall’altro danneggiarono il suo fisico e la sua
salute. Iniziò in questo periodo a scrivere saggi e traduzioni specialmente
di opere classiche. Nel 1816 iniziò invece a scrivere poesie, attuando
quello che lui stesso chiamò il passaggio “dall’erudizione al bello”; in
questo stesso periodo cominciò a intraprendere contatti con vari
intellettuali italiani e stranieri e iniziò anche la stesura dello Zibaldone,
una specie di diario personale nel quale Leopardi annotò fino alla morte i
suoi pensieri e le sue riflessioni permettendo così di avere un quadro
generale del suo pensiero anche se in maniera frammentaria.

Nel 1819 attraversò un periodo di profonda crisi, dovuto al senso di


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frustrazione per la sua vita in un contesto culturale e sociale poco adatto


alla sua sensibilità artistica; appartengono a questo periodo alcuni
componimenti poetici tra i più famosi, come L’Infinito e Alla Luna e nel
contempo una nuova concezione filosofica, che l’autore indicherà con il
passaggio “dal bello al vero”.

Un manoscritto de L’Infinito

Dopo un breve soggiorno a Roma, nel 1823 Leopardi tornò a Recanati

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dove iniziò a scrivere le Operette Morali, un’opera in prosa nella quale si


approfondiscono le teorie filosofiche dell’autore, con la formulazione
della teoria del pessimismo storico, che individuava le cause
dell’infelicità dell’uomo nella ragione, e della teoria del pessimismo
cosmico, che dichiarava la Natura nemica dell’uomo, causa delle
sventure umane, in quanto essa genera nelle persone un continuo
desiderio di felicità destinato ad essere sempre deluso. Dal 1825 riuscì a
lasciare Recanati e cominciò a viaggiare per alcune città italiane,
ritornando nella sua città nel 1828, dove riprese ad approfondire le
tematiche filosofiche della natura matrigna e della caduta delle illusioni.

Nel 1830 si stabilì prima a Firenze e poi a Napoli dove scrisse i suoi ultimi
capolavori fra cui La Ginestra, nei quali l’autore sviluppa ulteriormente il
suo pensiero trovando una possibile soluzione al suo pessimismo
attraverso un senso di fratellanza universale tra tutti gli uomini
accomunati dallo stesso destino di infelicità voluto dalla Natura.

Le opere e la poetica
La poesia di Leopardi nasce essenzialmente da due presupposti di base:
il senso di inadeguatezza nei confronti della realtà e lo scontro fra realtà
umana e dimensione sovrannaturale da una parte e un dolore esistenziale
dall’altra. Il dolore a sua volta è una tematica dai molti aspetti diversi:
dolore personale per la propria realtà individuale, dolore per la morte
intesa in senso materialistico come disgregazione totale, dolore per la
condizione cosmica di infelicità causata dalla Natura. Proprio una lunga
riflessione filosofica sul concetto di Natura è alla base di gran parte del
pensiero e della poetica di Leopardi. La Natura è per il poeta un concetto
filosofico estremamente complesso: non è assolutamente intesa in senso
materialistico e meccanico, come la intendevano i filosofi dell’Illuminismo
settecentesco, ma in un modo estremamente personale: per Leopardi la
Natura è vita, nel senso espresso dalla parola greca physis, cioè l’atto di
venire alla luce nel divenire del tempo.

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L’opera poetica di Leopardi è riunita in alcuni gruppi fondamentali: quasi


tutte le poesie rientrano in un’unica raccolta intitolata “Canti”, dove sono
state riunite in ordine non solo cronologico ma anche tematico varie
raccolte più piccole; la produzione in prosa è costituita dalle Operette
Morali, da altri scritti minori e dallo Zibaldone, il diario personale
dell’autore dove si ritrova tutto il pensiero filosofico leopardiano. Il
linguaggio poetico di Leopardi è classicista e nello stesso tempo
estremamente efficace e ricco e racchiude in sé tematiche romantiche
all’interno di una forma basata sulla metrica tradizionale ampliata per
ottenere risultati di notevole efficacia poetica. Un elemento sempre
presente nella poesia di Leopardi è il paesaggio che ha sempre una
corrispondenza ideale con quello che viene espresso.

Le prime opere scritte fra il 1813 e il 1816 sono quasi esclusivamente


esercizi di erudizione; i primi componimenti poetici iniziano tra il 1816 e
1817, con poesie strettamente legate ad esperienze autobiografiche.
Appartengono al 1818 le Canzoni civili intitolate All’Italia e Sopra il
monumento di Dante, scritte in connessione con la situazione politica
italiana.

Tra il 1819 e il 1825 Leopardi scrisse una serie di poesie raggruppate


sotto il nome di Idilli, fra cui L’Infinito, Alla Luna, La sera del dì di festa,
Il Sogno, La vita solitaria; il termine idillio si riferisce a un componimento
poetico scritto in endecasillabi sciolti che parla di situazioni individuali
dell’animo del poeta, messo in relazione con una situazione o un quadro
paesaggistico, riprendendo il modello del corrispondente genere poetico
dell’antica Grecia, introdotto da Teocrito (IV-III sec. a.C.).

Tra il 1820 e il 1823 Leopardi scrisse anche un gruppo di poesie che sono
raggruppate sotto il titolo di Canzoni, di lunghezza maggiore rispetto
agli Idilli, con un pensiero poetico e filosofico più evoluto rispetto al
passato; in particolare è importante quella intitolata Ultimo Canto di
Saffo nel quale si approfondisce la tematica della Natura nemica

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dell’uomo e del suicidio come ultima arma per sottrarsi al divenire della
Natura.

Dopo queste esperienze poetiche Leopardi si rivolge quasi


esclusivamente alla prosa, scrivendo le Operette Morali, nelle quali
attraverso delle allegorie viene presentato in maniera completa il pensiero
filosofico leopardiano sulla teoria del pessimismo e del suo passaggio da
un pessimismo storico a uno cosmico; le Operette Morali sono
ventiquattro brevi scritti, per lo più in forma di dialoghi fra personaggi
reali o immaginari e i temi più ricorrenti sono: la condizione umana, la
morte, il destino, la ricerca inutile della felicità, la dimostrazione della
triste condizione dell’uomo causata dalla Natura.

Dal 1823 al 1832 Leopardi riprende a scrivere poesie con il gruppo


intitolato Nuove Canzoni fra cui quelle che sono le più importanti e i
migliori esempi della poesia filosofica leopardiana: A Silvia, Il Passero
Solitario, La quiete dopo la tempesta, Il Sabato del Villaggio e
il Canto notturno di un pastore errante dell’Asia.

L’ultima fase della poesia di Leopardi è costituita dal gruppo


intitolato Ultime Canzoni, scritte fra il 1832 e il 1837, tutte dedicate
all’approfondimento e all’evoluzione del pensiero filosofico. Fra queste
sono particolarmente importanti: Il pensiero dominante, Amore e
morte, Aspasia e soprattutto La Ginestra.

Il pessimismo leopardiano
Inizialmente il pessimismo di Leopardi è soggettivo e personale, legato
quindi esclusivamente alla sua condizione di vita; in seguito il poeta
introduce il concetto di pessimismo storico: secondo questa teoria
l’infelicità è sempre esistita, solo che nelle epoche più antiche gli uomini
non se ne accorgevano in quanto vivevano più a contatto con la Natura
che li aveva dotati di immaginazione e illusioni che producono nell’uomo
una felicità che non è reale in quanto mascherano la vera realtà che è
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fatta di sofferenza; l’uomo moderno ha distrutto con la ragione le illusioni


che la Natura, ancora considerata benigna, gli aveva fornito. In seguito
Leopardi cambia le sue idee elaborando la teoria del pessimismo
cosmico: la Natura è un’entità maligna, che non vuole il bene delle sue
creature; pur essendo consapevole dell’infelicità dell’uomo, la Natura
continua senza mai fermarsi nel suo meccanismo indifferente e crudele di
prosecuzione della specie e di conservazione del mondo, generando
sempre nuove creature destinate all’infelicità che per di più inganna con
le illusioni; l’uomo non può far altro che rendersi conto di questo triste
destino: la sofferenza è la condizione fondamentale dell’essere umano.
Nell’ultimo periodo della sua vita, senza cambiare opinione riguardo la
Natura e l’uomo, Leopardi propone come soluzione la solidarietà fra tutti
gli uomini accomunati dalla stessa condizione esistenziale.

Leopardi in musica
Andrea Amici, Preludio e Infinito, per soprano, coro e orchestra (2010)

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Andrea Amici: Preludio e In1nito

Goffredo Petrassi, Coro di Morti, madrigale drammatico per voci maschili,


tre pianoforti, ottoni, contrabbassi e percussione (1940-41)

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Coro di morti

Pietro Mascagni, A Giacomo Leopardi, Poema Musicale per orchestra e


voce di soprano (1898)

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Pietro Mascagni - A Giacomo Leopardi

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