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GIACOMO LEOPARDI

Nasce a Recanati, nello Stato Pontificio (oggi nelle Marche), nel 1798 da una famiglia nobile, ma in decadenza.
Passano così “7 anni di studio matto e disperatissimo” (1809-1816) ed infatti imparò il greco, il latino, l’ebraico, il
francese, poi si dedicò alla filologia, traduce Omero, Esiodo, Virgilio, Orazio e studiò la grande poesia italiana e i filosofi
illuministi, anche se purtroppo tutto ciò gli causò problemi di salite. Nel 1816 ha una conversione letteraria e passa
dall’erudizione (abbandona la filologia) al bello (si avvicina ai grandi poeti) inoltre inviò le sue prime poesie a Pietro
Giordani, che lo aiutò ed infatti scrisse lo Zibaldone (1817-1832) l’enorme diario di appunti, progetti, riflessioni e poi
scrive le prime canzoni civili e le pubblica a Roma. Dopo una visita di Giordani, Giacomo prova a scappare di casa nel
1819, ma viene scoperto e fermato dal padre. Sentendosi prigioniero, cade in uno stato depressivo.
Fu un poeta che viaggiò molto:
- Recanati= paese d’origine, vi ritorna spesso nel corso della sua vita e nel 1823 vi compose le “Operette morali”;
- Roma= tra il 1822 e 1823, fu la prima volta fuori Recanati e fu ospite dello zio Carlo Antici;
- Milano= nel 1825 ebbe una proposta di collaborazione con l’editore Stella;
- Bologna= tra il 1825 e 1827 continua a lavorare con Stella e conosce la contessa Teresa Carniani Malvezzi;
- Firenze= nel 1827 lavorò con Vieusseux, con intellettuali della rivista “Antologia”, partecipò al dibattito politico e
conosce Tozzetti e Ranieri;
- Pisa= tra il 1827 e 1828 fu influenzato dal dolce clima e una tregua con i suoi mali, cos’ compose i “grandi idilli”;
- Napoli= nel 1833 vi risiede insieme a Ranieri, fu in contrasto con l’ambiente culturale a causa del suo materialismo
ateo, poi compose l’ultimo grande canto “La ginestra” e morì qui nel 1837.
La produzione poetica di Giacomo Leopardi, ha delle fasi di composizione:
1818-1822 (primi idilli e canzoni civili) Leopardi è alla ricerca di uno stile personale, ma fu sempre fedele alla
tradizione classica e italiana poiché utilizzò la lingua petrarchesca (questo confluisce nelle canzoni civili). Gli idilli,
invece, vogliono esprimere maggiormente l’interiorità del poeta (io-lirico) e cercano quindi un’espressività più
moderna dove troviamo la poetica del “vago e dell’indefinito”, cioè concetti sfumati e indeterminati;
1823-1827 (silenzio poetico) Leopardi si dedica alla stesura delle Operette morali, che hanno un linguaggio moderno
e si basano, sulla dialettica di Socrate;
1828-1830 (i grandi canti pisano-recanatesi) Leopardi rappresenta l’uomo in generale e non più solo se stesso, con un
desiderio di universalità, con la riflessione filosofica per distruggere tutte le illusioni;
1831-1837 (nuova fase poetica, dal Ciclo di Aspasia ai componimenti impegnati come La ginestra) Leopardi applica
lessico e metrica innovativi, infatti lascia l’effusione lirica e cerca una concentrazione espressiva.

La Natura e il pessimismo
Il pensiero leopardiano parte da una meditazione sull’infelicità in sé, della quale vengono indagate le cause, le
dinamiche e le conseguenze. La colpa della misera condizione umana è la natura, dapprima innocua e poi matrigna:
- natura benigna= identifica la felicità con il piacere sensibile e materiale, crea illusioni positive che aiutano l'uomo a
vivere meglio ma sono distrutte dalla civiltà e da ciò nasce l'infelicità umana. A ciò si lega il pessimismo storico:
▪ l’uomo soffre perché la civiltà lo ha privato delle illusioni, ha perso cioè il contatto con la natura;
▪ la poesia e l’arte possono aiutare l’uomo a ricreare queste illusioni;
▪ Leopardi guarda con nostalgia ai tempi antichi (soprattutto a quello dell’antica Grecia), quando l’uomo aveva un
rapporto privilegiato con la Natura e con le illusioni, anche se illudendosi, poteva aspirare alla grandezza e alla virtù;
▪ troviamo un atteggiamento titanico, dove il poeta è solitario ed infatti si allontana da una condizione originaria di
felicità, pensando che essa nell’antichità era solo un’illusione;
- natura malvagia= è vista come una matrigna, poiché l’infelicità dell’uomo non è più causata da se stesso, ma proprio
dalla natura, che suscita nell'uomo desideri di piacere che non possono essere realizzati. Si tratta di una concezione
meccanicistica e materialistica, che vede la realtà come materia regolata da leggi meccaniche e non più finalistica
ovvero che opera per il bene delle creature. A ciò si lega il pessimismo cosmico:
▪ l’uomo, esiste solo come corpo (e non come corpo più spirito), è frutto del caso ed è un ospite ingrato sulla Terra;
▪ come ogni essere vivente, l’uomo è condannato dalla Natura stessa ad un’insensata sofferenza;
▪ l’uomo poi desidera una felicità irraggiungibile.

Teoria del piacere


Elaborata nel 1820, è la base della sua filosofia pessimistica e l’inizio della sua poetica, egli pensò:
“Il piacere infinito, che non si può trovare nella realtà, si trova così nell’immaginazione, dalla quale derivano la
speranza, le illusioni”
Ciò che stimola la realtà parallela dell’immaginazione è tutto ciò che è “vago e indefinito”, costruendo:
- teoria della visione, dove le idee d’immaginazione e di fantasie sovrastano la visione del reale;
- teoria del suono, dove Leopardi elenca dei suoni suggestivi perché vaghi, come un canto che va poco a poco ad
allontanarsi, o il suono del vento tra le foglie.
Dall’immaginazione, che è l’insieme quindi di illusioni, piacere e felicità, nasce il bello poetico, che per Leopardi si
ricollega sempre al “vago e indefinito” con delle immagini suggestive e sensazioni che ci hanno affascinati da fanciulli.
Perciò si uniscono la poetica dell’indefinito e della rimembranza: la poesia è il recupero dell’immaginazione della
fanciullezza attraverso la memoria e il ricordo.
Leopardi poi fa una differenza tra: antichi che erano vicini alla natura e immaginavano come fanciulli, mentre i
moderni che si sono allontanati dalla natura e hanno perso la capacità d’immaginare come i fanciulli, per colpa della
ragione e quindi diventano infelici.

Il Romanticismo
La formazione di Leopardi era stata rigorosamente classicista ed era stata consolidata anche dall’amicizia con Giordani
(esponente del classicismo) perciò egli appoggiò i classicisti, anche se per lui la poesia è soprattutto espressione
spontanea di un mondo interiore immaginoso e fantastico (proprio dei primitivi e dei fanciulli) e per questo è vicino
ai romantici, ma al contrario loro non condivide la ricerca dello strano, dell’orrido, del truce, il predominio della logica
sulla fantasia e l’aderenza al vero che spegne ogni immaginazione. Per lui i classici antichi sono un esempio di poesia
fresca, spontanea e immaginosa, non contaminata dalla ragione e li ripropone dunque come modelli, ma in senso
opposto al classicismo accademico e con uno spirito romantico, era il classicismo romantico. Tra le varie forme
poetiche, Leopardi predilige la lirica perché è più adatta ad esprimere i propri sentimenti e sensazioni e ad
un’esplorazione immediata dell’io. Anche in ciò è in contrapposizione con i romantici italiani perché essi prediligevano
una letteratura oggettiva, realistica, fondata sul vero e che quindi predilige le forme narrative e drammatiche. Dunque
Leopardi appare più vicino al romanticismo europeo che al romanticismo italiano, anche per le tematiche trattate:
tensione verso l’infinito, esaltazione dell’io, titanismo, conflitto illusione/realtà, culto della fanciullezza e del primitivo,
il vago e l’indefinito, dolore cosmico.

Operette morali
Le Operette morali rappresentano l'ultima fase del pensiero leopardiano e dialogando con opere sia antiche che
moderne formulano una critica agli ideali progressisti della contemporaneità. Leopardi scrisse delle Operette a Pietro
Giordani in una lettera del 1819, le abbandonò per qualche anno e le riprese alla fine del 1823. La 1^ edizione
dell'opera è del 1827 e ha toni molto più cupi di quelli del primo progetto annunciato a Giordani. Nelle Operette
morali di Leopardi sono trattati i temi più cari al poeta: la crudeltà della natura, l'infelicità della vita e l'irraggiungibilità
del piacere, la critica alle visioni ottimistiche tipiche di Illuminismo e Positivismo. Le Operette morali segnano il
passaggio di Leopardi alla fase del cosiddetto pessimismo cosmico, caratterizzato da una visione negativa del mondo e
delle regole stesse su cui l'universo si fonda. Nelle Operette morali Leopardi affida l'espressione delle proprie posizioni
a numerosi alter ego: è una maschera di Leopardi, Tristano, che viene affidata, nella chiusura dell'opera, l'ironica
ritrattazione del suo contenuto. L’opera raccoglie 24 prose (in forma di narrazione, discorso o dialogo) di breve
dimensione, molto varie per stile e struttura. Alla mancanza di omogeneità legata a questa grande varietà di stili
corrisponde però una grande coerenza nei contenuti: Leopardi torna costantemente sui temi che gli sono più cari e,
servendosi di un linguaggio vivace e colloquiale, riesce a offrirne un’immagine molto chiara. Leopardi aveva 2
intenzioni:
- denunciare attraverso il riso la corruzione dei costumi italiani e criticare una delle idee dominanti della cultura del
suo tempo: l’antropocentrismo: che pone l’uomo e le sue esigenze al centro del mondo;
- fornire all’Italia un modello di scrittura comica e satirica.

I Canti
Sono una delle raccolte di poesie più famose ed importanti di Leopardi, con l’ultima edizione scritta nel 1845 e sono 41
componimenti:
- la prima fase sono i Piccoli Idilli, che si basano sulla realtà esterna, per arrivare a quella interna del poeta e
contengono poesie com: l’Infinito, Alla luna e La sera del dì di festa;
- la seconda fase sono i Grandi Idilli, che parlano di poesie filosofiche e del rapporto tra uomo e natura e contengono
poesie come: A Silvia e La quiete dopo la tempesta;
- la terza fase è il Ciclo di Aspasia, che sono poesie sull’amore, sul senso della vita e sulla morte e le compose quando
si innamorò di Fanny Targoni Tozzetti.

Le scelte stilistiche e metriche


Leopardi utilizza un linguaggio molto vario: termini elevati e ricercati, insieme a termini semplici e quotidiani, ma
privilegia i termini di significato “vago e indefinito”. Per quanto riguarda la metrica utilizza:
- sequenze di endecasillabi liberi da uno schema;
- la canzone libera o canzone leopardiana.
Tra gli scritti più celebri di Leopardi ricordiamo:
▪ LA GINESTRA, è un appello alla solidarietà degli uomini ed il titolo nasce proprio dalla ginestra che cresce sulle
pendici del Vesuvio. Il poeta ricorda che un tempo su quella terra si trovavano città gloriose (per esempio Pompei) che
il vulcano ha distrutto. Questo gli offre lo spunto per polemizzare contro chi esalta l'uomo e la sua condizione vuole
farci capire che l'esistenza umana non vale niente e la natura non si cura dell'uomo, non si fa problemi a spazzare via
in un istante lui e le sue creazioni. L'uomo è consapevole della propria condizione misera ma la vive a testa alta ed
invece di dare la colpa ad altri uomini per le sue sofferenze, riconosce che l'unica responsabile è la Natura stessa;
▪ LA QUIETE DOPO LA TEMPESTA, è una canzone libera, essa narra dell'arrivo della pace dopo un violento temporale e
quindi della ripresa delle attività quotidiane da parte della gente del borgo natio (Recanati). Ma il poeta percepisce che
questi momenti di calma sono soltanto brevi interruzioni del dolore, che è inevitabile;
▪ IL SABATO DEL VILLAGGIO , nella 1^parte del canto Recanati è in preparazione della festa ed è la sera del sabato
appunto: giovani e vecchi si preparano e si affrettano a terminare il loro lavoro per godere pienamente del riposo
domenicale. Nella 2^parte, Leopardi allude appena alla triste realtà, ovvero che l'attesa della festa è molto più
gradevole e bella della festa stessa e dona gioia e speranza. Allo stesso modo, l'adolescenza, piena di sogni per il
futuro è l'unica età felice dell'uomo;
S
I
M
I
L
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▪ LA SERA DEL DÌ DI FESTA, è notte e il poeta contempla il paesaggio illuminato dalla luna. All'incanto della pace
notturna fa contrasto l'angoscia del poeta consapevole che la sua donna dorme tranquillamente. II poeta medita sul
fatto che ogni esperienza umana svanisce col passare del tempo. Abbiamo lo scontro tra la gioia del giorno festivo e la
delusione del ritorno alla vita lavorativa;
▪ CANTO NOTTURNO DI UN PASTORE ERRANTE DELL’ASIA, in un colloquio notturno e solitario con la luna, il pastore
formula varie ipotesi di senso, giungendo infine a una rappresentazione desolata e pessimistica della vita. Il desiderio
di risposte dalla natura (la luna) e lo slancio comunicativo verso di essa si scontrano con l'indifferenza assoluta
dell'universo. Nel Canto, Leopardi distingue tra la luna, l'uomo e le bestie. La luna sa rispondere alle domande di
senso, le pecore evitano di porsele e per questo il pastore ipotizza che siano felici. Gli uomini in generale si fanno
domande ma non trovano risposte, possono al massimo formulare ipotesi, ma alla fine la strofa conclusiva elimina la
possibilità di forme di vita felici;
▪ LA POETICA DEL VQDO E DELL’INDEFINITO, LA RIMEMBRANZA, l'uomo aspira a raggiungere un piacere infinito che va
a scontrarsi con i limiti della realtà. Questo piacere è irraggiungibile proprio per questo motivo l'uomo utilizza
l'immaginazione. Ciò che stimola l'immaginazione è questa realtà parallela dove l'uomo trova l'illusorio appagamento
al suo bisogno di infinito.
▪ A SILVIA, è composta a Pisa il 19 e 20 aprile 1828, pochi giorni dopo la poesia “Il risorgimento”. L’opera di Leopardi è
una canzone libera di 6 strofe di endecasillabi e settenari, con rime alternate e baciate. Il componimento può essere
diviso in 5 parti:
vv. 1-14 rievocazione di Silvia= il poeta si rivolge a Silvia chiedendole se ricorda ancora il passato, quando è bella e
giovane. Silvia viene vista nella spensieratezza adolescenziale, intenta ai lavori quotidiani, al telaio, mentre canta e
pensa all’indefinito e desiderato futuro. È maggio, il mese delle speranze, come nella fanciullezza;
vv 15-27 rievocazione di se stesso=, anche il poeta è intento ai suoi studi, ma sente il canto di lei e si affaccia dal
balcone per guardare in strada e sentire meglio la voce familiare ed il rumore del telaio. Il poeta guarda verso il mare e
i monti, che gli chiudono l’orizzonte, fisicamente e spiritualmente. Il paesaggio è fatto solo di canto e di luce, di
speranza e di letizia: nessuna lingua potrebbe esprimere quello che dentro di sé;
vv. 28-39 la Natura: vita come sventura e inganno= al poeta e a Silvia, il destino è lontano, ma fiducioso e felice. Il
passato è visto come angoscia, mentre il presente è come sventura, che a sua volta è come il grido contro la Natura:
“Così mantieni le promesse che fai nella fanciullezza? La vita si regge su un inganno di fondo, contro il quale l’uomo
resta comunque impotente e l’inganno crea il contrasto tra le promesse fatte nella fanciullezza e la mancata
realizzazione della stesse nella maturità.”
contrasto ‐ tra la Natura e l’uomo
contrasto ‐ tra passato e presente (tra la “cotanta speme” del passato e l’acerbo e sconsolato sentire del presente);
vv. 40-48 la morte come fine= “prima che l’inverno inaridisse, i fiori e l’erba nati nella primavera” sarebbe “prima che
la maturità inaridisse, le dolci speranze della fanciullezza”. Silvia si ammala, muore e non vede realizzarsi le speranze
promesse dalla natura, non riceve i complimenti per la sua bellezza e non ha potuto parlare d’amore con le compagne,
proprio perché il destino, “ha spezzato la sua vita prima dell’arrivo della gioventù, del fiore degli anni.”
contrasto ‐ tra la realtà (combattuta e vinta da chiuso morbo) e il sogno (il fior degli anni, la dolce lode, gli sguardi
innamorati e schivi);
vv. 49-63 l’apparir del vero= anche il poeta ha perso le speranze di vivere una spensierata adolescenza, dopo i 7 anni
di studio matto e disperatissimo e gli resta solo la dura vita e capisce che l’unica vera meta vera di ciascun uomo è la
morte e con essa finiscono il mondo meraviglioso e sperato, la gioia e l’amore, insieme alle opere gloriose.
contrasto ‐ tra le speranze e l’apparir del vero

I critici, commentando questo canto, parlano di Teresa Fattorini, figlia del cocchiere di casa Leopardi, nata nel 1797 e
morta di tisi a 21 anni, il 30 settembre 1818, ricordata da Leopardi con questa nota: “Storia di Teresa Fattorini, da me
poco conosciuta, e interesse ch’io ne prendeva, come di tutti i morti giovani in quel mio aspettare la morte per me”.
Molti pensano che all’origine di questa poesia ci sia Teresa ʺpoco conosciutaʺ, ma in realtà nella storia è molto
diversa. Silvia è il simbolo della giovinezza perduta nella morte, della fine delle illusioni giovanili, dello spezzarsi delle
speranze e che svaniscono miserabilmente. Il personaggio di Silvia rappresenta il contrasto dell’esistenza di Leopardi,
vista come sventura e quindi tra la Natura madre, che ispira nei cuori giovanili la speranza della realizzazione dei sogni
e poi la realtà, svelata dalla Natura matrigna, in modo spesso tragico, con la morte.

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