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SENECA

Nasce a Cordova circa nel 4 a.C. da una nobile famiglia equestre, per volere del padre, inizia il cursus honorum, ma
viene ostacolato da: Caligola, che lo voleva far morire, Claudio nel 41 d.C. lo esilia e Agrippina gli affida l’educazione
del figlio Nerone, che poi nel 54 diventa imperatore. Seneca è sempre stato in buoni rapporti con il princeps, ma dal
62 si ritira a vita privata ed inizia la sua indagine filosofica legata allo stoicismo, dove i temi affrontati sono per lo più
morali: i conflitti tra l’imperatore e l’aristocrazia senatoria, il rapporto tra otium e negotium, la ricerca della sapientia e
della virtù, il dominio sulle passioni, la libertà dai condizionamenti, la valutazione del tempo vissuto, la morte. Seneca
intende infatti la filosofia come arte di vivere e non come speculazione astratta ed è concepita come uno strumento
terapeutico capace di migliorare la vita degli uomini liberandoli dai mali dell'animo e guidandoli verso la virtù e la
serenità. Inizia poi la sua attività letteraria, dove: lo stile è caratterizzato da una prosa che concentra il massimo
significato nel minimo di parole (sententia). Troviamo poi la paratassi, spesso combinata con l'asindeto e la tendenza a
sostituire i connettivi logici con nessi di tipo fonico-semantico, come l'anafora, l'epifora o altre figure di ripetizione.
Delle tragedie ne abbiamo 10 (solo 8 sicuramente autentiche), scritte forse per dare consigli a Nerone, soprattutto nel
testo “De clementia”, composto dopo che Nerone diventa imperatore, erano destinate probabilmente alle
recitationes e animate da un intento pedagogico e morale. Al centro delle vicende vi è sempre lo scatenarsi di passioni
che provocano effetti rovinosi e rispetto ai modelli greci, si notano un'accentuazione degli elementi più macabri,
un'intensificazione del páthos e un maggiore interesse per la parola a scapito dell'azione drammatica. Insieme a
Cicerone, Seneca, è l’esponente più illustre della prosa filosofica romana e l’unico poeta tragico latino, di cui abbiamo
tutte le opere. Nel 65 è accusato di essere complice nella congiura pisoniana e così si suicida, il suicidio viene
raccontato da Tacito negli “Annales” e spiega che Seneca passa le sue ultime ore con coraggio e serenità, affiancato
dalla moglie Paolina, la quale vuole morire con lui, ma viene fermata dai pretoriani di Nerone. Seneca ha suscitato sia
ammirazione sia biasimo dall'antichità ad oggi ed in tanti si sono interessati alla sua storia personale ed ai suoi scritti.
Oggi Seneca è considerato soprattutto un osservatore privilegiato della natura umana, tanto dei suoi vizi quanto delle
virtù.

OPERE
- I Dialogi= è una raccolta di 10 opere filosofiche, non si tratta di dialoghi veri e propri, in quanto l'autore parla sempre
in prima persona, rivolgendosi al destinatario e introducendo interlocutori fittizi, ai quali attribuisce domande e
obiezioni. Nella raccolta, 3 opere si inseriscono nel filone delle consolationes e affrontano i temi della morte e
dell'esilio, mentre le altre trattano questioni di filosofia morale;
- I trattati= sono 3 opere che la tradizione non ha incluso nella raccolta dei Dialogi, dai quali non si differenziano
nell'impostazione formale e sono: De clementia, che è un trattato rivolto a Nerone, da poco divenuto imperatore ed in
questo scritto, Seneca indica nella clemenza la principale virtù del buon sovrano e giustifica da un punto di vista
teorico il principato. Seneca descrive le cause della clemenza e suggerisce la terapia in un altro scritto (in 3 libri),
ovvero il De ira: se vogliamo avere la meglio sull'ira, non deve essere lei ad avere la meglio su di noi; De beneficiis
tratta del modo di fare e ricevere benefici, intesi come fondamento della convivenza civile; Naturales questiones
affrontano argomenti di scienze naturali con uno scopo essenzialmente morale: liberare gli uomini dai timori che
nascono dall'ignoranza dei fenomeni naturali e insegnare loro il corretto uso dei beni offerti dalla natura;
- Le Epistulae ad Lucilium= sono una raccolta di 124 epistole, composte da Seneca negli ultimi anni di vita e indirizzate
all'amico Lucilio per avviarlo e ammaestrarlo alla filosofia: sono dunque lettere reali, ma composte in vista della
pubblicazione. La successione degli argomenti non segue un criterio sistematico, l'autore trae spesso gli spunti di
riflessione da episodi di vita quotidiana e adotta i modi della conversazione informale;
- L'Apokolokyntosis= è un'operetta appartenente al genere della satira menippea, caratterizzata dalla mescolanza di
poesia e prosa, di contenuti seri e comici. Il titolo significa forse "divinizzazione della zucca", ovvero dell'imperatore
Claudio, fu scritta in occasione della morte di quest'ultimo, di cui si narrano le ridicole disgrazie ultraterrene in termini
umoristici e sarcastici;

TESTI LETTI IN CLASSE


- Filosofia e politica pag. 94= parla del rapporto tra uomo e potere, durante le guerre civili del 1⁰ secolo, si crede che il
principato è l’unica forma di governo che può portare la pace, ma andando avanti col tempo, si capisce che non si può
arrivare alla libertas ed infatti il principato e la libertà, insieme, sono un progetto impossibile;
- Gli schiavi pag. 104= Seneca capisce che il suo amico Lucilio tratta i suoi schiavi con familiarità e poi fa delle
considerazioni su essi: tutti gli uomini usano la ragione e quindi sono uguali, perciò anche gli schiavi hanno la stessa
dignità degli uomini. Purtroppo però sono trattati dai loro padroni come bestie, ad esempio al momento del pasto
sono obbligati a guardare gli eccessi del padrone in piedi ed in silenzio. Perciò Seneca crede che ogni relazione si deve
basare sul rispetto reciproco, non sulla paura e si dovrebbe seguire una regola: comportarsi con le persone a noi
sottoposte come vorremmo che i nostri superiori si comportassero con noi;
- Il terremoto di Pompei pag. 109= nelle Naturales questiones, Seneca parla dei terremoti, che iniziarono con
l’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. e la scossa più violenta è stata il 5 febbraio del 62 d.C. a Pompei ed Ercolano,
Seneca prende spunto da questo accaduto e nel testo si pone delle domande su uno dei fenomeni naturali che
spaventa l’uomo, ovvero il terremoto, che ha una potenza distruttiva senza una possibilità di riparo, ad esempio si
chiede: “Come può l’uomo sentirsi sicuro se l’unica cosa che dovrebbe esere fissa e immobile inizia a vacillare?”;
- Le placche tettoniche pag. 111= la tettonica a placche è la teoria con cui oggi si piegano i fenomeni sismici e
vulcanici: la litosfera, ovvero la parte più superficiale della Terra, è formata da placche o zolle che si muovono
nell’astenosfera e sbattono tra di loro, provocando appunto terremoti. Questa teoria deriva dalle indagini negli abissi
oceanici, dallo studio della conformazione dei continenti e dal rinvenimento dei fossili; secondo gli antichi invece i
sismi derivano dai movimenti dei 4 elementi, ovvero aria, acqua, terra e fuoco; secondo Aristotele esiste la teoria
“pneumatica” dove troviamo 2 movimenti: verso l’interno della Terra come vento e verso l’esterno della Terra come
“soffio”, quando quest’ultimo è ostacolato nel suo movimento sotterraneo, avvengono i terremoti (tesi sostenuta
anche da Seneca); secondo Lucrezio invece i terremoti avvengono a causa di crolli di parti interne della Terra, o a
causa di acque sotterranee o per il passare del tempo;
- Il cuoco Apicio= Il “De re coquinaria” di Apicio è un documento sulla società e sui costumi dei romani e si tratta
proprio del più importante libro di cucina latino, dove troviamo un elenco di ricette ed ingredienti del popolo. Apicio
era il soprannome dato ad un ghiottone vissuto nell’età di Cicerone e poi passa ad un buongustaio dell’età tiberiana,
ovvero Marco Gavio. Apicio è descritto da: Seneca, il quale lo descrive come colui che si è sacrificato all’arte dei
fornelli; Plinio il Vecchio dice che Apicio era pronto a partire in nave verso la Libia per pescare pesci pregiati. I romani
mangiavano molto la carne di maiale e la selvaggina, non quella bovina, ma preferivano il pesce, a volte
accompagnato da una salsa indocinese e seguivano addirittura una dieta di proteine e derivati di animali come latte e
uova escludendo appunto le carni. Inoltre era uso comune allevare nelle proprie case, in vasche di vetro, molluschi e
pesci (soprattutto murene), per poi sceglierle al momento, prima di mangiarle e questo viene descritto da Seneca
come disgustoso. Alla fine Apicio diventa povero e si suicida.
- Le ricette per il cinghiale= un altro testo di Apicio, descrive la preparazione del cinghiale, contenuto sempre
nell’opera “De re coquinaria”. Le carni sono il piatto forte delle mense dei ricchi romani e quella che usa Apicio è una
cucina creativa, che può quindi variare da cuoco a cuoco, in base al gusto dei padroni. Secondo Apicio, il cinghiale si
prepara: lavarlo con la spugna, cospargerlo con sale e comino (insieme di spezie) per ottenere un contrasto tra salato e
dolce, un altro giorno si mette in forno e quando sarà pronto si cosparge con pepe tritato, condimento per il cinghiale
(salsa), miele, brodo, vino cotto e vino passito;
- Il trattato sull’agricoltura di Columella= Lucio Columella, ricco proprietario terriero, scrive il “De re rustica” che è un
trattato sull’agricoltura di 12 libri: coltivazione (1-2), arboricoltura (3-5), allevamento e api (6-9), orti e giardini (10),
doveri del fattore/vilicus e della fattoressa/vilica (11) e le ricette della fattoressa (12). In quanto proprietario terrerio,
Columella, fa un riferimento anche a come, secondo lui, i campi dei latifondisti possono migliorare e pensa che la
manodopera sia la scelta migliore, ovvero far lavorare gli schiavi;
- Celso e la medicina= Cornelio Celso scrive il “De medicina” che è un’opera formata da 8 libri e usa fonti greche, in
quanto secondo lui la medicina più avanzata è usata e fondata proprio dai greci, ma usa anche fonti romane, in
quanto usa osservazioni a metà tra esperienza e filosofia. Dunque secondo Celso, la malattia non era più un evento
fatale, ma un nemico da sconfiggere con l’intelligenza. Per i romani esisteva il dio della medicina, Ascelpio e le
divinità guaritrici, come la dea Minerva Medica, per guarire dalle malattie, il popolo usava dei riti, come ad esempio
l’incubatio: dormire una notte nel recinto sacro del tempio per avere la visione di una divinità, che avrebbe dato la
cura. Se fosse avvenuta la guarigione, le divinità venivano ringraziate con ex voto: rappresentare con oro, argento,
avorio, terracotta o pietra, la parte guarita e poi seppellita intorno al tempio.

IL VALORE DEL TEMPO


Seneca ne parla nel “De brevitate vitae” (il 10º dei Dialoghi), opera dedicata a Paolino, il quale viene esortato a
lasciare il suo lavoro da funzionario e dedicarsi al sapere. Il tempo è un dono della natura e l’uomo se ne può servire
liberamente, perciò non bisogna sprecarlo in occupazioni inutili. Importante è riflettere sulle azioni passate, per
capirne il significato ed eventualmente perfezionare ciò che si è svolto, lo stesso Seneca riflette sul suo passato,
capisce di aver sprecato il suo tempo ed infatti nelle “Epistulae ad Lucilium” si rimprovera, così come ha fatto con
Paolino ed invita Lucilio di lasciare la vita politica e di affari. La galleria degli occupati è un testo del “De brevitate
vitae”, in cui Seneca parla degli occupati: faccendieri, collezionisti, fanatici dello sport e delle canzonette, maniaci delle
feste etc. ed esprime in episodi di vita romana, l’alienazione umana. Testi letti in classe:
- Il collezionista, l’appassionato di sport, il vanitoso pag. 71= qui parla di coloro che sprecano il loro tempo, al posto
di cercare la verità e la saggezza, dunque gli occupati che gettano la loro vita in occupazioni inutili, come quelli che si
impiegano nella politica per avere successo e prestigio, negli affari per avere denaro e negli svaghi e divertimenti
superficiali che non puntano alla virtù. Il tema del gioco lo troviamo nel testo “Il rammollito e l’erudito” pag. 74, che
spiega il gioco dei soldati, simile alla dama o agli scacchi di oggi;
- La visita di un podere suburbano pag. 83= fa parte delle “Epistulae ad Lucilium”, che sono 20 libri ed è la 1ª lettera di
124, dove ancora una volta parla dello scorrere e dell’uso corretto del tempo, che conduce alla vecchiaia e alla morte.
In questa lettera Seneca visita una sua villa suburbana, che è antica, pericolante e ha la stessa età del filosofo, tutto ciò
lo rende consapevole di essere ormai vecchio e lo accetta, poiché la vecchiaia per Seneca è un’esperienza da vivere,
purché se ne faccia buon uso e che dona piaceri e gioie.

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