Sei sulla pagina 1di 4

I Dialoghi

I Dialoghi (Dialogorum libri) sono una raccolta di 10 scritti filosofico-morali che la tradizione manoscritta distribuisce in 12 libri. Ognuno
si rivolge esplicitamente a personaggi ben precisi, ma il tono è piuttosto quello della diatriba stoica, non senza importanti "aperture"
verso l'epicureismo, che sono una costante della riflessione di Seneca.
L’autore parla in prima persona.
La struttura dialogica è più letteraria che drammatica: spesso è un monologo in cui interviene, per vivacizzare l'esposizione, un
interlocutore fittizio (presentato anche impersonalmente si quis dicat) presente il destinatario stesso cui sono affidate obiezioni già
pronte per essere superate.
La data di composizione dei dialoghi è incerta.
TEMI
- Filosofia come strumento terapeutico contro gli affectus (affezioni dell’animo: paure,desideri,speranze,passioni) attraverso
l’admonitio
- Il filosofo deve dare una forma razionale alla qualità della vita dell’uomo perché l’uomo si sente in balia della sorte e ha una paura
immotivata della morte. La felicità va ricercata nella virtù intesa come ricerca intellettuale e progresso morale.
- La medicina per gli uomini è la cura della propria interiorità attraverso la meditatio che consente l’autarkeia. Una volta raggiunta
la libertà interiore sarà in grado di agire in aiuto degli altri (prodesse/iuvare)
- Egli ha coscienza di non essere un sapiens ma uno dei proficientes.
-
Dialoghi di impianto consolatorio
Consolatio ad Marciam: è dedicato a Marcia, figlia dello storico Cremuzio Cordo, per consolarla della morte del figlio Metilio; sono
già presenti temi caratteristici, come quello della labilità delle cose e della precarietà della vita. E’ una consolazione filosoficadove
Seneca si impegna a dimostrare che la morte non è un male seguendo la tesi della morte come fine di tutto e come passaggio ad una
vita migliore. C’e’ un elogio a Metilio e la sua apoteosi (immagina il nonno che lo accoglie come nel Somnium Scipionis) Opera retorica
con stile elaborato.
Consolatio ad Helviam: è dedicato alla madre Elvia, per consolarla del dolore che le ha provocato l'esilio del figlio in Corsica. Seneca
sostiene che l’esilio è solo un mutamento di luogo che non può togliere all’uomo l’unico vero bene che è la virtù; il saggio ha come
patria il mondo intero. Il tono improntato ad affettuosa intimità e a nobile dignità.
Consolatio ad Polibium: scritto in Corsica, è dedicato a Polibio, potente liberto di Claudio, per consolarlo della morte di un fratello.
Le numerose adulazioni presenti mirano a ottenere il richiamo dall'esilio. Evoca personaggi della casa giulio-claudia che avevano
saputo far fronte a gravi lutti famigliari con forza d’animo. E’ una consolatio mortis con tono adulatorio dove vengono riportati i temi
dell’ineluttabilità del destino e della morte che non è un male. L’atteggiamento adulatorio ha messo in dubbio la sua attribuzione.

Dialoghi Trattati
De ira: è un trattato in 3 libri, dedicato al fratello Novato; pubblicato dopo la morte di Caligola, tratta della genesi delle passioni, in
particolare dell'ira, e del modo di dominarle. Seneca afferma (con posizioni stoiche) che l’ira non è mai accettabile ne utile in quanto
è prodotta da un impulso che offusca la ragione. Si chiude con una invettiva contro Caligola su cui l’autore sfoga il suo odio portando
prove della sua ira furiosa.
De brevitate vitae: è dedicato a Paolino, prefetto dell'annona; tratta della vita, che è apparentemente breve per chi non sa utilizzarla
con saggezza. Il filosofo sostiene che gli uomini hanno torto a lamentarsi della brevtà del tempo perché sprecano la vita in occupazioni
frivole e vane, solo il saggio conosce il giusto uso del tempo che è la ricerca della verità e della saggezza on l’obbiettivo di raggiungere
l’Auterkeia (pace e serenità)
De vita beata: è dedicato al fratello Novato, che aveva assunto il nome di Gallione dal padre adottivo; tratta della felicità e della
ricchezza ed è una risposta a coloro che lo accusavano di incoerenza fra ciò che sosteneva nei suoi scritti e il suo comportamento, che
gli aveva procurato un immenso patrimonio. L’opera è divisa in due parti: la prima tratta della dottrina morale stoica che consiste nella
vita secondo natura quindi secondo ragione, la seconda è polemica contro la critica contro i filosofi dove lui contestava che i soldi
permettono al filosofo di disporre di un campo più vasto per esercitare la virtù.
De tranquillitate animi: dedicato a Anneo Sereno, svolge il tema della serenità e della coerenza del sapiente e rimporta alcuni
rimedi che aiutano a raggiungere la tranquillità dell’animo come l’impegno nella vita attiva per il bene comune, l’amicizia dei buoni, la
parsimonia e la frugalità, la serena accettazione delle avversità e della morte.
De otio: dedicato a Anneo Sereno, è una giustificazione del suo ritiro dalla vita pubblica e un'esaltazione della vita appartata. Il filosofo
sostiene la scelta dell’otium perché è impossibile trovare uno Stato in cui il filosofo possa agire coerentemente con i suoi principi.
De constantia sapientis: è dedicato a Anneo Sereno e tratta dell'imperturbabilità del sapiente, per il quale non esiste né ingiuria
né offesa perché l’unico bene per lui è la virtù che nessuno gli può togliere.
De providentia: è dedicato a Lucilio e tratta della provvidenza secondo la dottrina stoica e del male inflitto ai buoni per fortificare la
loro virtù. Il male sonoprove a cui gli Dei sottopongono i buoni per temprarli e per aiutarli a perfezionarsi moralmente.
Il De clementia (La clemenza) è un trattato politico-filosofico in 3 libri, dedicato a Nerone e scritto nel primo anno del suo
principato; dell'opera sono rimasti il primo libro e 7 capitoli del secondo.
Seneca esalta la monarchia illuminata ed elogia Nerone perché da prova di possedere la virtù di un grande sovrano.
Traccia il programma politico per il giovane imperatore, fondato sul valore della clemenza e della moderazione come caratteristiche
del principe ideale.
Seneca legittima la costituzione del principato come uno Stato monarchico assoluto che è più corrispondente alla concezione stoica;
in un tale regime, però, l'importante è avere un buon sovrano, un re saggio, e dunque si rivela fondamentale la filosofia come base
della direzione dello Stato. La figura di Nerone è idealizzata ma rispecchia una visione utopistica perché lo identifica con il saggio
stoico.

Il De beneficiis (I benefici) è un trattato in 7 libri dedicato a Ebuzio Liberale, composto negli ultimi anni della vita. L'opera affronta
la casistica legata all'atto del beneficio, sia di chi lo elargisce sia di chi lo riceve, e ne sottolinea l'importanza sociale.
Preoccupazione costante di Seneca è svincolare il beneficio dai legami della materialità, dell'interesse e di elevarlo da prassi a valore.

Le Naturales quaestiones, composte dopo il suo ritiro dalla vita politica, sono dedicate all'amico e discepolo Lucilio (cui è anche
indirizzato l'epistolario), magistrato di ordine equestre e procuratore in Sicilia nel 63-64 d.C. Si tratta di un trattato sui fenomeni
atmosferici e naturali per liberare gli uomini da timori superstiziosi.
Dopo una prefazione in cui dichiara il proposito di giungere alla conoscenza di Dio, immanente nel mondo attraverso le sue
manifestazioni, Seneca articola il discorso in 7 libri di argomento meteorologico: nel I i fuochi celesti; nel II lampi, tuoni e fulmini; nel
III delle acque terrestri; nel IV delle piene del Nlo e della pioggia della grandine e della neve; nel V dei venti ; nel VI dei terremoti; nel
VII delle comete.
Ogni argomento si conclude con riflessioni di natura morale: la degenerazione delle epoche umane, la meditazione sulla morte, i cicli
cosmici che segnano la storia dell'umanità, la polemica contro il commercio, le guerre, la stasi della ricerca filosofica.
Le Naturales quaestiones sono la testimonianza della versatilità di Seneca e del suo interesse verso le scienze, anche se l'aspetto etico
prevale su quello scientifico.

Epistulae morales ad Lucilium


Le Epistole morali a Lucilio sono il capolavoro di Seneca, la sua opera più ricca di vita interiore. Lo scrittore le compose negli anni del
ritiro a vita privata e le indirizzò a Lucilio. Probabilmente non sono pervenute tutte; Aulo Gellio testimonia la presenza di un XXII libro.
Sono 124 lettere, divise in 20 libri, che espongono la riflessione filosofico-morale di Seneca su temi fondamentali quali l'immortalità
dell'anima, il sommo bene, la funzione della filosofia, la divina provvidenza, le passioni, l'amicizia, il problema del tempo e della
morte, la schiavitù, la ricerca dell’essenza della divinità che è il logos; non mancano anche osservazioni sulla vita quotidiana
dell'epoca, commenti su avvenimenti di particolare interesse, critiche riguardanti la letteratura.
Formalmente esse rispettano, almeno in parte, i canoni del genere epistolare; non sono però lettere private, non danno e non
chiedono notizie, ma piuttosto sollecitano la meditazione e un dialogo a distanza, che non prevede l'obbligo formale della risposta
scritta.
Il tono è colloquiale e assimila il sermo con una successione degli argomenti asistematica; l’unico filo sconduttore sono i progressi di
Lucilio verso la conoscenza e il perfezionamento morale “otium”. Seneca è alla ricerca del vero bene cioè la virtù.
Le Epistole morali costituiscono la summa del pensiero filosofico di Seneca, concepito più come indagine su se stesso ed esortazione
all'amico che come sistema organizzato.
Esse non trattano mai di politica né di fatti politici e per questo non assumono l'importanza documentaria dell'epistolario di Cicerone.
In questo epistolario, redatto seguendo lo stoicismo, è possibile trovare delle sentenze epicuree o della scuola di Epicuro, sovente
apposte come sigillo al testo. Lo scrittore mette in secondo piano i contrasti tra le due filosofie, per trovarne i punti in comune,
specialmente nell'etica, a vantaggio di una verità che la compresenza di voci diverse non confonde.
Non vi si parla mai di Claudio, né di Nerone, ma sempre di Seneca, di un Seneca che si ritiene dolorosamente abilitato a parlare di tutti
e per tutti.

STILE DELLA PROSA

Il tono e il linguaggio sono colloquiali. Nelle Epistole a differenza dai dialoghi e i trattati ci sono movenze intime e confidenziali.
Parlando in prima persona e rivolgendosi sempre ad un dedicatario l’autore mantiene un dialogo vivace e appassionato con l’intento
di coinvolgere emotivamente il lettore a fini persuasivi. A differenza di Cicerone che voleva docere e delectare, Seneca vuole
raggiungere il massimo effetto persuasivo ed emozionale ( dialogo incentrato sulla sententia) . Prevalgono la paratassi e l’asindeto e
sono frequenti figure della ripetizione ( anafora, epifora,..) Sono presenti le figure proprie della Concinnitas ( antitesi,parallelismo,
omeoteleuto, anafora, figura etimologica, poliptoto,..) con l’obbiettivo di scrivere nel numero minimo di parole il massimo significato.
TRAGEDIE

Le tragedie attribuite con certezza a Seneca sono nove (più una praetexta) , anche se per l'Hercules Oetaeus esiste ancora qualche
dubbio di autenticità.
Sono tutte di soggetto mitologico e non si hanno sicure date di composizione, per cui fa fede l'ordine in cui sono state tramandate
secondo il codice etrusco-laurenziano. Si tratta di teatro di esortazione non di opposizione perché erano state composte per mettere
dinnanzi al giovane principe gli effetti deleteri del potere dispotico e delle passioni sregolate.
In considerazione degli aspetti filosofico-morali, della difficoltà di mettere in scena certi episodi e sulla base di alcune peculiarità
stilistiche, gli studiosi ritengono che quelle di Seneca fossero tragedie destinate soprattutto alle recitazioni pubbliche o alla lettura
privata.
Al centro di tutte le tragedie c’e’ lo scontro tra ragione (personaggi minori) e passione, furor che è rappresentata come pazzia in quanto
sconvolge l’animo umano.

Caratteristiche salienti sono la frammentazione dialogica, l'enfasi declamatoria nelle sentenze, nelle massime e nei dialoghi stessi, le
tinte fosche e macabre, il gusto per i sortilegi e la magia, l'esasperazione della tensione drammatica, ottenuta mediante lunghe
digressioni, vere e proprie scene autonome rispetto al contesto drammatico.

Il forte pathos e il gusto dell’orrido sono funzionali all’ammaestramento morale. Anche i personaggi sono portatori di determinati temi
in base alla tradizione mitico- letteraria.

Alle tragedie di argomento greco si aggiunge una praetexta, un dramma cioè di ambientazione romana, l'Octavia, che vede come
protagonista Ottavia, la prima moglie ripudiata e fatta uccidere da Nerone, che si era innamorato di Poppea. Seneca ne fu senz'altro
l'ispiratore, ma non l'autore, perché in essa vengono narrati, con l'artificio della profezia, particolari della morte di Nerone, avvenuta
nel 68 d. C., troppo corrispondenti alla realtà, che Seneca, morto tre anni prima, non poteva ovviamente conoscere. Inoltre lo stesso
filosofo figura tra i personaggi.

STILE
Il tono è magniloquente e declamatorio con eccessi barocchi con un profondo scavo dell’animo umano, intensa tensione patetica con
pregnanti e incisive sententiae.
Lo stile è concentrato con sticomitie ( battute corrispondenti ad un verso) e emisticomitie (battute corrispondenti alla metà di un
verso) e talvolta anche battute ancora più brevi ( battute ad effetto).

Agamennon (Agamennone): al ritorno da Troia Agamennone viene ucciso dalla moglie Clitennestra e dall'amante di lei, Egisto. La figlia
Elettra salva il fratello Oreste affinché possa vendicare il padre.
Herculens furens (La follia di Ercole): per volontà di Giunone, Ercole è colto da follia e uccide la moglie e i figli, rinsavito vorrebbe
uccidersi, ma cambia idea e va ad Atene per purificarsi.
Medea: narra la vicenda di Medea che, abbandonata da Giasone, in procinto di sposare Creusa, provoca la morte di quest'ultima e per
vendetta uccide i figli avuti dall'eroe.
Oedipus (Edipo): l'indovino Tiresia rivela che il colpevole della morte del re Laio è Edipo, il suo stesso figlio che ha poi sposato, senza
saperlo, la madre Giocasta. Edipo, scoperta la verità, si acceca e Giocasta si uccide.
Phaedra: Fedra, moglie di Teseo, si innamora del figliastro Ippolito, ma è da lui respinta; la regina allora lo fa accusare presso il padre
di aver tentato di sedurla. Nettuno, invocato da Teseo, provoca la morte di Ippolito; Fedra confessa la sua colpa e si uccide.
Phoenissae (Le Fenicie): è incompleta e non ha più, o non ha mai avuto, i cori e si compone soltanto di due lunghe scene; nella prima
Antigone dissuade il padre Edipo, cieco ed esule, dal suicidio, nella seconda Giocasta cerca di impedire lo scontro fra i suoi figli,
Eteocle e Polinice.
Thyestes (Tieste): tratta della vendetta di Atreo che, per punire il fratello Tieste che gli aveva sedotta la moglie, lo inganna con una
falsa riconciliazione e, invitatolo a un banchetto, gli imbandisce le carni dei figli.
Troades (Le Troiane): sono evocate la morte di Astianatte, figlio di Ettore, e di Polissena, la schiavitù di Andromaca e di Ecuba, la
dispersione delle donne troiane catturate e deportate dai greci.
Hercules Oetaeus (Ercole sull'Eta): Deianira, per riconquistare Ercole, innamoratosi di Iole, gli manda la tunica intrisa del sangue del
centauro Nesso, credendo che abbia un potere magico; ma la tunica è avvelenata ed Ercole muore; viene assunto tra gli dei e Deianira
si uccide.
ApoKoloKyntosis : Ludus de morte Claudii
Incaricato di pronunciare l'orazione funebre ufficiale in onore di Claudio davanti al Senato, Seneca enfatizzò intenzionalmente i toni
celebrativi fino al punto di suscitare le risa dell'uditorio e il defunto imperatore divenne oggetto di derisione in un breve componimento
(pamphlet ironico), Ludus de morte Claudii, (Satira sulla morte di Claudio), più comunemente nota come ApoKoloKyntosis divi Claudii
(Zucchificazione del divo Claudio), che alterna prosa e versi come la satira menippea. Il titolo grecizzante di Apocolocyntosis è di solito
interpretato come parodia di "apoteosi" e assume il significato, degradante rispetto a divinizzazione, di "zucchificazione" o
"inzuccamento".
Claudio vorrebbe essere accolto nell'Olimpo come un dio; invece è deriso e insultato dagli altri dei e sottoposto a un processo, in cui
il pubblico ministero, spietato nell'accusarlo, è Augusto in persona. Claudio finirà nell'Averno trascinato da Mercurio, condannato a
umili mansioni di schiavo-segretario, simili a quelle dei liberti, ai quali aveva affidato in vita tanto potere.
La satira è una bizzarra e gustosa invenzione letteraria, permeata di feroce sarcasmo, in uno stile brioso e vivace, che unisce espressioni
auliche ad altre volgari e popolari.

Potrebbero piacerti anche