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LUCIO ANNEO SENECA

Vita
Seneca, figlio di una ricca famiglia provinciale di rango equestre, nacque presumibilmente
a Cordova (in Spagna) nel 4 a.C.
Fu ben presto condotto a Roma per svolgere la sua istruzione retorica e filosofica;
nonostante egli avesse scelto di intraprendere la vita contemplativa, fu costretto ad
abbandonarla per accontentare il volere del padre, intraprendendo, dunque, una brillante
carriera politica.
Per lui non fu molto facile interfacciarsi con gli imperatori di quel tempo (Caligola e Claudio) -
l’ultimo, in modo particolare, lo accusò di adulterio, condannandolo all’esilio in Corsica fino al
49, quando fu richiamato a Roma per investire la carica di precettore del figlio di Nerone.
Una volta che Claudio morì, gli successe Nerone e Seneca si trovò a dover essere il suo
consigliere imperiale. La svolta autoritaria dell’imperatore lo indusse a ritirarsi a vita privata
per dedicarsi unicamente ai suoi studi.
Fu poi costretto a suicidarsi nel 65 a.C. poiché implicato nella congiura pisoniana.
Il suicidio di Seneca
1. Ordinò di farsi recidere le vene ma il suo corpo vecchio ed indebolito non consentiva
al sangue di defluire velocemente;
2. Ingoiò del veleno (cicuta) ma il suo corpo, ormai freddo, risultava essere refrattario
alla sua azione;
3. Accelerò la morte, immergendosi in una vasca di acqua calda.
Dialogi
I Dialogi sono un gruppo di dieci opere di argomento filosofico:
- 9 in un solo libro;
- 1 (De ira) in tre libri.
In quest’opera egli si rivolge ad un dedicatario e si avvale del confronto tra opinioni, del
susseguirsi di tesi e confutazioni con lo scopo di persuadere il malato (dedicatario in
questione) a mutare sistema e liberarsi dalle affezioni dell’animo per poter giungere
all’autàrkeia (libertà da ogni condizionamento esteriore)

Dialoghi di genere consolatorio


CONSOLATIO AD MARCIAM: rivolta ad un’aristocratica di nome Marcia per consolarla della
perdita del giovane figlio; Seneca mette in evidenza che la morte non è un male poiché
costituisce il passaggio ad una vita migliore;
CONSOLATIO AD HELVIAM MATREM: rivolta a sua madre per confortarla della sventura
dell’esilio che gli è capitata; Seneca mette in evidenza che l’esilio è un semplice
mutamento di luogo che non può togliere all’uomo l’unico vero bene (la virtù);
CONSOLATIO AD POLYBIUM: rivolta ad un potente liberto dell’imperatore Claudio per
consolarlo della perdita del fratello; trattandosi di una “consolatio mortis”, ricalca i tratti
della letteratura consolatoria e, dunque, risulta essere piuttosto simile alla prima.
Dialoghi-trattati
DE IRA: egli si propone di combattere l’ira, affermando che essa non sia nè accettabile nè
utile poiché prodotta da un impulso che offusca la ragione ed ha manifestazioni simili a
quelle della follia;
DE BREVITATE VITAE: Seneca dice che la vita non è breve ma viene resa tale dalla
nostra incapacità di adoperare il tempo; egli infatti se la prende con i cosiddetti “occupati”,
coloro che sprecano la loro vita in attività futili, a differenza del “sapiente” che utilizza
ciascun giorno che gli viene messo a disposizione per ricreare qualcosa di utile;
La riflessione sul valore del tempo e l’individuazione dei modi migliori per impiegarlo
occupano una posizione centrale negli scritti di Seneca ed in particolare nel De brevitate
vitae di cui abbiamo analizzato alcuni testi:
La vita è davvero breve? (pag. 774)
Seneca si rivolge al suo amico Paolino, un funzionario imperiale, a cui egli dedica l’intera
opera. Gli uomini, e addirittura coloro più illustri, si lamentano del fatto che la vita messa a
disposizione dalla natura sia di breve durata; Seneca, invece, dimostra che la vità non è
affatto breve ma siamo noi a sprecarla. Conclude dicendo che il valore dell’esistenza
umana non dipende dalla quantità di tempo messo a disposizione ma dalla sua
qualità, ovvero dalla capacità di coloro che lo sanno impiegare in attività oggettivamente
utili.
La galleria degli occupati (pag. 780)
Ancora una volta riprende il tema del tempo e volge l’attenzione nei riguardi di coloro
che lo sprecano in attività futili:
➢ coloro che si dedicano completamente al proprio lavoro, i collezionisti di vasi, coloro
che frequentano assiduamente la palestra, coloro che si lambiccano il cervello in
studi letterari,coloro che fanno rosolare il proprio corpo al sole ecc.
In questi atteggiamenti è facile vedere rispecchiate diverse cattive abitudini dei giorni nostri:
➢ coloro che fanno un uso sfrenato del cellulare oppure i cosiddetti “workaholic”,
tossicodipendenti dal lavoro che pur avendo diritto a qualche giorno di ferie durante
l’anno, decidono di non farne uso (ad esempio in Giappone).
Il valore del passato (classroom)
Seneca mette in evidenza le tre parti in cui tradizionalmente viene suddiviso il tempo:
passato, presente e futuro; risulta evidente come il presente sia sfuggente, come il futuro sia
imprevedibile e come, invece, il passato sia l’unica cosa che non può essere cambiata e di
cui abbiamo pienamente certezza.
Chi ha vissuto di più? (classroom)
Un giovane (caduto nel fiore dei suoi anni) che è sempre stato fedele ai doveri del
buon cittadino, buon figlio e buon amico - esisterà anche dopo la sua morte;
Un uomo (caduto ad 80 anni) che ha vissuto la sua vita nell’inerzia - è morto prima
della sua morte effettiva.

Per quanto concerne il De ira abbiamo analizzato i seguenti testi:


Tenere a freno le pulsioni passionali (classroom)
Seneca ci propone un esercizio spirituale che consiste nel perfezionamento di noi stessi e
nel renderci padroni delle nostre stesse pulsioni passionali.
La passione non è governabile (classroom)
Seneca mette in evidenza come le passioni siano incontrollabili e che l’unico modo per
poterle dominare è impedire alla ragione di dare l’assenso affinché esse si scatenino e si
ripercuotano sul nostro animo. Egli ribadisce il concetto, esemplificandolo attraverso l’utilizzo
del modello analogico:
➢ il cavaliere che, per evitare che il proprio cavallo imbizzarrito fugga, tiene ben salde
le redini;
➢ la caduta dei gravi, fenomeno fisico che avviene quando un corpo supera il limite di
caduta e viene meno il baricentro.
Le Epistulae ad Lucilium
Opera filosofica più importante che risale agli ultimi anni di vita dell’autore.
Si tratta di una raccolta di 124 lettere, distribuite in 20 libri, che Seneca indirizza all’amico
Lucilio, esortandolo a lasciare le occupazioni politiche e i doveri sociali per dedicarsi
unicamente allo studio e al raggiungimento del perfezionamento morale che egli stesso
ammette di non possedere ancora.
I temi centrali sono dunque l’otium, il tempo e la morte.
➢ Egli mette ancora una volta in evidenza come non sia importante quanto si vive ma
come si vive, sostituendo una visione quantitativa del tempo con una prettamente
qualitativa;
➢ Afferma che coloro che hanno realizzato il vero scopo della propria esistenza sono
pronti a morire in qualsiasi momento, senza rimpianti né timori; definisce, invece,
“stolto” colui che teme la morte poiché, oltre ad essere una necessità naturale,
costituisce il passaggio ad una vita migliore.
Confronto tra Seneca e Orazio
Secondo la concezione di Orazio la vita è breve quindi è bene assaporare e cogliere ogni
attimo del poco tempo a nostra disposizione, mentre secondo Seneca la vità non è affatto
breve ma siamo noi a renderla tale, sprecandola in occupazioni futili.

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