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SENECA

I regni di Tiberio e Claudio erano caratterizzati da una scarsa attenzione alla cultura, la
situazione cambiò con Nerone che si fece promotore della cultura e si dedicò lui
personalmente all’attività poetica e artistica.
Lucio Anneo Seneca nacque a Cordova tra il 4 e l’1 a.C., imparò la retorica e fu educato alla
filosofia stoica da importanti maestri.
Come retore ebbe tanto successo che si attirò l’invidia dell’imperatore Caligola che nel 39
a.C. stava per condannarlo a morte ma fu fermato dalla sua amante.
Con l’avvento di Claudio, Seneca venne esiliato in Corsica poiché fu accusato di adulterio da
Messalina con una sorella Caligola.
Dopo l’uccisione di Messalina, Agrippina fece richiamare il filosofo e gli affidò l’educazione di
Nerone, così Seneca diventò il consigliere privato del principe e cercò di conciliare la
necessità dell’agire politico con i principi della filosofia stoica, si impegnò a guidare il
giovane allievo verso un esercizio illuminato del potere, facendosi ispiratori di una politica di
rispetto per le prerogative del senato.
Con l’uccisione di Agrippina da parte del figlio Nerone, l’influenza di Seneca si ridusse
gradualmente, dopo l’incendio di Roma, il filosofo cominciò a frequentare meno il palazzo
imperiale, questo progressivo distacco fece apparire Seneca come un oppositore.
Quando Pisone ordinò una congiura contro Nerone anche Seneca ne fu informato, pure
senza partecipare direttamente. In seguitò alla scoperta del complotto fu ordinato a Seneca,
così come a molti altri di uccidersi.

DE PROVIDENTIA

Secondo la dottrina stoica l’universo è governato da un’intelligenza superiore, Seneca si


chiede, se esiste un Dio, perché esiste il male, e perché le sventure non risparmiano le
persone buone? La risposta che si dà è che le avversità esistono per mettere alla prova la
virtus del saggio, che vede nella lotta contro le avversità non solo un’occasione per
rafforzarsi, ma offre anche al Dio uno spettacolo e all’umanità per salvarsi. Il dialogo si
conclude con l’esaltazione del suicidio, visto come una possibilità, concessa all’uomo dalla
provvidenza per sottrarsi alle estreme conseguenze del male.

DE CONSTANTIA SAPIENTIS

Inizia con un paradosso: Il saggio non può subire né danni ne offese, presenta l’esempio di
Stilpone di Megare, che dopo aver perso i figli e i beni nell’assedio della sua città affermò di
non aver ricevuto alcun danno, perché tutto quello che gli apparteneva era dentro di lui, ciò
significa che il vero bene, è quello dentro di noi. Il saggio grazie al suo animus è invulerabile
a qualsiasi fattore esterno e quindi autonomo.
DE CLEMENTIA

Affronta il modo in cui il saggio deve aiutare l’uomo politico a prendere decisioni giuste,
l’uomo politico deve lasciarsi guidare da rettitudine e clemenza, non deve lascarsi trascinare
dalle passioni troppo violente, deve sapersi relazionare con i propri avversari, con i propri
nemici e con i propri sudditi, quindi, deve avere in sé tutte quelle qualità che sono proprie
del saggio storico, affinché non si trasformi in un tiranno.
Fa tutto questo discorso sulla clemenza perché avrebbe voluto insegnare al giovane Nerone
come doveva agire e comportarsi un buon sovrano nei confronti dei suoi sudditi.
Il suo intento era di placare le tensioni tra Nerone e il senato, che era incline al complotto,
usando l’esercizio della clemenza come fece Cesare.
La monarchia è la forma più naturale di governo perché imita la sovranità divina sul mondo.

DE VITA BEATA

Seneca si interroga su in che cosa consiste la felicità, da dove deriva la felicità interiore?
Seneca risponde che la felicità interiore deriva da un equilibrio che si raggiunge attraverso la
conquista della virtus (rettitudine morale), per cui dobbiamo concentrarci su quelli che sono
i beni davvero importanti, che non sono i beni terreni ma beni morali e spirituali.
Critica le ricchezze ma lui viene accusato di ipocrisia perché aveva accumulato tantissime
ricchezze, aliter loqueris, aliter vivis.

DE OTIO

Parla dell’importanza dell’otium, esaltazione della vita contemplativa (otium) in opposizione


alla vita attiva (negotium), cioè il disimpegno anche politico, viene scritto quando si
allontanò dalla vita politica.
In contrasto allo stoicismo romano secondo cui il saggio doveva essere vincolato a
impegnarsi in politica e nella vita attiva, Seneca riconosce che il saggio non è più in grado di
seguire i suoi insegnamenti deve ritirarsi alla vita privata e dedicarsi alla filosofia e all’otium
letterario.
Forse lo scrisse quando decise di ritirarsi dalla politica dopo aver compreso che non poteva
più esercitare la sua condizione di consigliere con Nerone.

EPISTULAE AD LUCILIUM

Sono 124 lettere che lui avrebbe scritto a Lucilio, questo funzionario imperiale a distanza in
Sicilia. Non sappiamo se sono lettere vere o è una finzione letteraria.
I temi trattati sono gli stessi delle altre opere, il tema del tempo, del rifuggire le paure e i
turbamenti che affliggono l’animo umano, l’equilibrio interiore, il tema della folla, invita a
fuggire dalla folla.

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