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VITA La filosofia di Socrate coincide interamente con la sua esistenza, tanto da non trovare espressione in

opere scritte, né in un sistema teorico compiuto o in una tecnica o professione da insegnare. L’indagine
filosofica per Socrate si risolve in uno stile di vita basato sulla ricerca del sapere perché proprio in questo
risiede l’unico autentico significato della vita umana. Considerando il discorso di Cicerone, Socrate
allontana la filosofia dalle questioni riguardanti l’ordine immutabile della natura e del cosmo, e la rivolge
all’esistenza concreta dei cittadini nella polis e ai problemi che essa solleva.

Socrate nasce ad Atene circa nel 470 a.C. da madre ostetrica e padre artigiano che scolpiva la pietra. È
proprio grazie al mestiere dei suoi genitori che Socrate ricondurrà le proprie capacità più peculiari: l’arte di
aiutare a partorire le idee e l’arte di scolpire le idee mediante la ragione.
Pur non appartenendo a un ambiente aristocratico riceve l’educazione riservata agli ateniesi benestanti. Ed
è proprio grazie a questa educazione che si avvicinò al pensiero di Anassagora che però abbandonerà ben
presto preferendo mettere al centro della sua ricerca non la natura ma l’essere umano. La tradizione ha
sottolineato con forza questa conversione dalla filosofia naturalistica a un’indagine sull’essere umano,
scorgendovi l’atto di nascita dell’umanesimo occidentale.

L’ESPERIENZA COME SOLDATO


Nel 431 scoppia la guerra del Peloponneso, Sparta contro Atene. La 1 guerra quella di Potidea nel 432
Socrate combatté valorosamente come oplita e salva la vita ad Alcibiade. Platone narra un’esperienza di
Socrate a Potidea, durante un combattimento, per un intero giorno e un intera notte era rimasto immobile
e in piedi, in una sorta di trance, per meditare su un problema di cui non trovava la soluzione.
2 Alla morte di Pericle succede Cleone, che continua le mire imperialistiche e tutti gli uomini in grado di
combattere sono chiamati alle armi. Lo stesso Socrate, più che quarantenne, combatterà nella sfortunata
battaglia di Delio nel 424.
3 L’ultima battaglia fu quella di Anfipoli nel 422, l’anno successivo Sparta e Atene stipulano una tregua; così
Socrate torna ad Atene dalla quale non si allontanerà mai più.

Rientrato in patria inizia a frequentare molto le piazze i mercati e posti affollati per discutere con le
persone. In questi anni sposa Santippe dalla quale avrà 3 figli. La scena politica è occupata da Alcibiade: nel
406 Atene ottiene un’importante vittoria sugli spartani presso le isole Arginuse, ma una tempesta
impedisce di portare in salvo i naufraghi sopravvissuti al conflitto. L’Assemblea popolare accusa
ingiustamente e condanna a morte gli otto strateghi a capo della flotta. L’unico a opporsi è Socrate, che
invano cerca di ricondurre i concittadini alla ragione e all’applicazione delle regole. Egli sceglie sempre di
stare dalla parte della legge e della giustizia, anche quando ciò significa contrapporsi ai più, assumendo una
posizione scomoda o pericolosa. Lo strappo con la città di Atene e con i suoi organi di governo sembra
ormai inevitabile (questo strappo avverrà anche con Platone).

PROCESSO E CONDANNA
Nel 404 la guerra del Peloponneso termina con la sconfitta di Atene, Sparta impone ad Atene un governo
oligarchico i cosiddetti 30 tiranni. Poco più tardi alcuni democratici guidati da Trasibulo e Anito rientrano in
città riportando il partito democratico. La restaurata democrazia mostra una forte avversione nei
confronti di Socrate. Nel 399 a.C. Meleto insieme ad Anito deliberano la sua condanna a morte. La legge
ateniese prevedeva che il condannato potesse scegliere di andare in esilio oppure proporre una pena
alternativa, ma Socrate non si avvalse di tale diritto, anzi disse di meritare il Pritaneo. Di fronte questa
ennesima sfida pare inevitabile la pena di morte da portare a compimento somministrando un veleno a
base di cicuta. Quando viene pronunciata la condanna rifiuta l’evasione proposta da Critone preferendo
morire rispettando le leggi. Anche gli ultimi momenti di vita sono diventati per lui un momento per
discutere e ricercare, dicendo che avrebbe avuto l’opportunità di parlare con i grandi del passato.

UN FASCINO PARTICOLARE Secondo le testimonianze Socrate aveva qualcosa di strano e affascinante. La


sua apparenza fisica urtava contro l’ideale ellenico ovvero anima saggia in un corpo bello ed armonioso.
Socrate assomigliava infatti ad un sileno e ciò era in contrasto con il suo carattere morale e con la
padronanza di sé. Socrate seminava il dubbio e il turbamento nell’animo di coloro che incontrava e per
questo viene paragonato ad un tafano o alla torpedine di mare.
Eppure quest’uomo che per la filosofia morì non scrisse nulla perché ritenne che la ricerca filosofica non
poteva essere continuata dopo di lui da uno scritto. Per Socrate nessun testo scritto poteva suscitare e
dirigere il filosofare, uno scritto poteva forse comunicare una dottrina ma non stimolare la ricerca. Nello
scritto non si può essere sé stessi, ci si deve ridimensionare.

LE TESTIMONIANZE SULLA VITA E SUL PENSIERO Il fatto che Socrate non abbia scritto nulla genera grosse
difficoltà per la ricostruzione del suo pensiero. 1) LE NUVOLE DI ARISTOFANE: Aristofane lo presentava
come un propinatore di insegnamenti corruttori ai giovani per bene. 2) POLICRATE: Policrate lo accusa di
avere disprezzato le procedure della democrazia. Policrate si trova d’accordo anche con quello diceva
Aristofane, cioè di aver corrotto i giovani. 3) SENOFONTE: Senofonte lo presenta come un moralista e
predicatore. 4) PLATONE: Platone ci fornisce una descrizione più suggestiva, completa e amorosa di
Socrate e lo schematizza come lo scopritore del concetto e il teorico della virtù come scienza.

Il rapporto di Socrate con i sofisti


Socrate è legato alla sofistica fondamentalmente dai seguenti aspetti:
 L’attenzione per l'essere umano e il disinteresse per le indagini intorno al cosmo;
 Tende a cercare nell'essere umano, e non al di fuori di esso, i criteri del pensiero e dell'azione;
 Mette tutto in discussione e non accetta nulla che non abbia superato il vaglio critico della ragione
e il confronto dialogico;
 L’inclinazione verso la dialettica e il paradosso.
Gli elementi che invece allontanano Socrate dai sofisti - oltre al comportamento e alla volontà di non fare
della cultura una "professione"- sono invece:
 Un più sofferto amore della verità e il rifiuto di ridurre la filosofia a vuota retorica, o a
esibizionismo verbale fine a sé stesso (eristica);
 Il tentativo di andare oltre lo sterile relativismo conoscitivo e morale in cui si era avviluppata la
sofistica, e in particolare quella successiva a Protagora. In Socrate vi è infatti l'esigenza di far
"partorire" agli uomini alcune "verità comuni" che, al di là dei punti di vista soggettivi, possano
avvicinarli intellettualmente tra loro. Egli diceva che c’era una verità ma tanti punti di vista e
bisognava confrontali e conoscerli attraverso il dialogo.
Tutto questo vuol dire che Socrate è indissolubilmente figlio e avversario della sofistica.

LA FILOSOFIA COME RICERCA SULL’ESSERE UMANO Socrate in un primo momento si è avvicinato alla
filosofia naturalistica per poi distaccarsi poiché si convince alla mente umana sfuggono inevitabilmente i
perché ultimi delle cose e a essa non è dato di conoscere con certezza l’essere e i principi del mondo. È
perciò inutile speculare per conoscere il cosmo e le leggi che lo regolano, ciò che è importante è
conoscere sé stessi e la comunità in cui viviamo, l’essere umano in tutte le sue forme.
Socrate comincia quindi a intendere la filosofia come un'indagine in cui l'essere umano, facendosi
problema a sé medesimo, tenta con la ragione di chiarire sé a sé stesso, rintracciando il significato
profondo del proprio essere uomo. Per questo motivo Socrate fa proprio il motto dell'oracolo delfico,
«Conosci te stesso», vedendo in esso la motivazione ultima del filosofare e la missione stessa del filosofo.
Secondo Socrate, non si è uomini se non tra uomini, in quanto ciò che costituisce la nostra essenza
profonda di esseri umani e proprio il rapporto con gli altri, la sua filosofia assume i caratteri di un dialogo
interpersonale. Una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta.

IL NON SAPERE Per Socrate la prima condizione della ricerca è la coscienza del non sapere, cioè la
coscienza della propria ignoranza. Secondo Socrate il vero sapiente è colui che sa di non sapere e con
questo detto egli fa anche una critica ai filosofi naturalisti: il filosofo autentico è soltanto colui che ha
compreso che intorno alle cause e ai meccanismi del Tutto nulla si può dire con sicurezza. Soltanto chi sa
di non sapere cerca di sapere, mentre chi pensa di essere già in possesso della verità non sente il bisogno di
cercarla. Possiamo fare una differenza con i sofisti perché loro si dichiaravano sapienti tanto da
insegnare, invece Socrate si dichiara filosofo quindi amante della sapienza, in cerca di sapere. L’autentica
sapienza viene così a identificarsi con il desiderio del sapere, cioè qualcosa di cui si avverte la mancanza,
come un vuoto da colmare.

IL DIALOGO: MOMENTI E OBIETTIVI


Il metodo dell’indagine filosofica usato da Socrate è il dialogo, ovvero lo scambio e il confronto con l’altro
attraverso la parola. Il dialogo Socratico presenta una struttura ben precisa che si articola in 2 momenti:
l’ironia e la maieutica.
L’IRONIA: gioco di parole attraverso il quale riesce a mettere a nudo le coscienze di coloro che gli stanno di
fronte, facendoli rendere conto della propria ignoranza, gettandoli nel dubbio e nell’inquietudine e
stimolandoli così alla ricerca. Inizialmente Socrate adula le conoscenze del maestro che vuole interrogare,
poi usando il dubbio e la confutazione smonta le deboli e avventate risposte ottenute. L’interrogato prova
vergogna e stizza poiché si rende conto di non avere opinioni solide sull’oggetto della discussione. Il
momento ironico è stato definito “dialettico-zenoniano”, in virtù delle sue analogie con il metodo per
assurdo di Zenone.
LA MAIEUTICA: Socrate vuole stimolare l'ascoltatore a ricercare dentro sé stesso una sua personale verità.
Dopo aver fatto il vuoto nella mente dell’interrogato, Socrate non vuole riempirla con le sue idee, come se
il suo scopo fosse una sorta di lavaggio del cervello.
La maieutica è l'arte di far partorire di cui parla Platone, dicendo che Socrate aveva ereditato dalla madre
la professione di ostetrico. Come la mamma aiutava le donne a partorire i bambini, così Socrate, ostetrico
di anime, aiutava gli intelletti a partorire il loro genuino punto di vista sulle cose.

LA RICERCA DELLA DEFINIZIONE


L’elemento principale attraverso cui Socrate faceva partorire le idee ai suoi interlocutori era la richiesta di
una definizione precisa di ciò di cui si sta parlando, il “che cos’è”. Quando egli chiedeva “che cos’è la
virtù?” gli rispondevano con elenchi di esempi, ma ciò che realmente gli interessava era la definizione della
virtù in sé stessa. È per questo che Socrate usava le brachilogie (battute corte e veloci, discorsi brevi) nei
suoi dialoghi: per obbligare l’avversario a dare risposte precise e non superficiali o vaghe.
La domanda che cos’è rivela 2 volti:
 Quello negativo: cioè mettere in crisi le persone facendogli rifiutare le risposte frettolose;
 Quello positivo: condurre la persona verso una definizione soddisfacente su cui possa esserci un
accordo linguistico e concettuale.

INDUZIONE, CONCETTI, VERITA’


Aristotele attribuì a Socrate la scoperta dell’induzione e del concetto.
INDUZIONE: un tipo di ragionamento che dall’esame di un certo numero di casi o di affermazioni
particolari, risale ad un’affermazione generale. Ed è questa la definizione cercata attraverso il dialogo: ciò
che esprime il concetto di una certa cosa. Dopo aver fatto gli esempi particolari di cosa è giusto si può
risalire al concetto generale di giustizia.
Socrate sente il bisogno di portare un po' d'ordine nel discorso interpersonale, prospettando la necessità
di una precisazione anche linguistica dei concetti, che permetta agli uomini di intendersi meglio e di
trovare un punto d'accordo. Per lui le definizioni e il concetto rimangono a uno stato esigenziale,
ponendosi non tanto come obiettivi raggiungibili, quanto come "esigenze" o "direzioni" della ricerca.

OMOLOGHIA: Socrate condivide con i sofisti l’idea che la verità non sia qualcosa di assoluto, ma supera
questa teoria proponendo la verità come omologhia, cioè come il discorso comune o ragione condivisa a
cui si perviene ragionando o dialogando insieme. Del resto, il vero dialogo mette alla prova le diverse
ipotesi per poi scartare quelle considerate inutili e conservare quelle migliori.
Socrate ammette l’esistenza di un punto fermo che chiunque deve riconoscere come tale, e questo è il
proprio dialogo, perché anche per rifiutarsi di dialogare si deve usare il dialogo stesso. Quindi il dialogo è
un principio indubitabile perché la sua negazione lo riafferma. Il dialogo non può essere annullato, è
presente in tutte le situazioni. Nel dialogare consiste il sommo bene che rende la vita umana degna di
essere vissuta e che conserva la sua validità anche in un’eventuale vita ultraterrena.

L’ETICA

Il punto chiave della morale di Socrate è la sua concezione della virtù. I greci la intendevano in generale il
modo ottimale di essere qualcosa (esempio: la velocità è la virtù del ghepardo), riferito all’uomo indicava il
modo ottimale di essere uomini (coraggio in battaglia, vigoria fisica, onore). Tradizionalmente la virtù
veniva considerata come qualcosa di dato dalla nascita dagli dei. I sofisti sostenevano che la virtù non si
possedeva per divina elargizione, ma era un valore che si guadagnava con l’educazione e la cultura. Anche
Socrate afferma che la virtù è una faticosa conquista e sostiene che la virtù è scienza, cioè una forma di
sapere o un prodotto della mente.

Egli è convinto che, per essere uomini nel modo migliore, sia indispensabile riflettere, cercare e ragionare:
sia indispensabile, cioè, fare filosofia nel senso più vasto del termine, ossia riflettere criticamente
sull'esistenza.
Il sapere di cui parla Socrate è sapere quando è bene fare questa o quella azione, che diviene buona in
quanto so che, ora, è bene farla. Per Socrate il bene e la giustizia non sono entità metafisiche, ma umane
e relative, poiché variano a seconda della situazione e l’unico modo per individuarle è attraverso il dialogo
e il ragionamento.
Questa concezione della virtù come scienza (cioè come ricerca intellettuale) e della vita come avventura
disciplinata dalla ragione rappresenta il senso profondo dell'etica socratica, che per questo motivo è stata
riconosciuta come una forma di razionalismo morale.
Dato che la virtù è scienza e razionalità, può essere insegnata e comunicata a tutti. Secondo Socrate
bisogna che ciascuno impari bene anche il mestiere del vivere (ossia la scienza del bene e del male),
l’atteggiamento umano oltre che il proprio mestiere vero e proprio.

VIRTU’, FELICITA’ E POLITICA


La virtù è unica, poiché le virtù sono modi di essere al plurale di quell’unica virtù che è la scienza del bene,
prescindendo dalla quale le virtù particolari cesserebbero di esistere, poiché comportarsi da giusti e da
coraggiosi significa sapere quando e come è bene esserlo.
Socrate tende a far coincidere i valori dell’interiorità e della ragione con quelli della virtù. I valori veri non
sono quelli legati al corpo come la bellezza o la salute, ma quelli legati all’anima che formano la
conoscenza.
Socrate non voleva tuttavia proporre un messaggio ascetico o moralista, la sua virtù è un modo di essere
che mira all’utilità e alla felicità poiché vede nel conseguimento della felicità lo scopo ultimo e il movente
di ogni azione umana (eudemonismo). Socrate voleva ottimizzare la vita con l’uso della ragione e della
virtù. Per Socrate la virtù è un calcolo intelligente finalizzato a rendere migliore e più felice la nostra vita.
Il giusto vive una vita felice, mentre il non virtuoso vive una vita infelice e abbandonata agli istinti.

Di fronte al caos degli istinti, Socrate ha voluto proporre l’ordine della ragione, senza abolire i valori vitali
del benessere, del vigore ecc., ma semplicemente sottoponendoli alla disciplina della ragione, convinto
che questi beni se diretti dall’ignoranza si rivelano mali maggiori dei loro contrari, perché più capaci di
servire a una cattiva direzione; se, invece, sono governati dal giudizio e dalla scienza (o conoscenza) sono
beni maggiori.
Inoltre la virtù è anche l’arte del saper vivere con gli altri, non come una politica intesa nell’assoggettare
e dominare il prossimo come fecero gli ultimi sofisti, ma che consiste nel ragionare insieme per un bene
comune.

I PARADOSSI DELL’ETICA SOCRATICA


Dalla concezione socratica della virtù come scienza derivano 2 paradossi:
 Il primo è l’idea secondo cui nessuno pecca volontariamente perché chi fa del male lo fa per
ignoranza del bene. Socrate vuole dire che nessuno compie il male consapevolmente poiché chi
opera il male è soltanto un individuo che ignora il vero bene e che quando si agisce si fa sempre ciò
che si ritiene essere per noi un bene. Nessuno fa il male, sono le circostanze che ci inducono a
farlo (sembra l’Encomio di Elena di Gorgia).
Egli sembrerebbe ignorare quel dato di esperienza per cui talvolta si sa lucidamente quale sia il bene, ma
poi si agisce male: per questo si parla di intellettualismo etico, poiché, non distinguendo tra intelletto e
volontà o non dando importanza ai fattori emotivi, Socrate avrebbe esagerato la potenza della ragione.
 Il secondo dice che è preferibile subire il male che commetterlo, principio basato sulla convinzione
che soltanto la virtù e la giustizia rendono felici, mentre l’immoralità e l’ingiustizia portano alla
lunga a brutture e infelicità, anche se nell’immediato sembrano piacevoli.

IL DEMONE, L’ANIMA E LA RELIGIONE


Socrate tende a dare alla propria opera un carattere religioso. Egli considera il filosofare come una
missione affidatagli dalla divinità. A questo proposito egli parla di un demone che lo consiglia in tutti i
momenti decisivi della vita, invitandolo a non fare certe cose. Questo demone è stato interpretato come
la voce della coscienza e della morale, ma è in realtà la guida trascendente e divina della condotta
umana. Il demone è dunque un concetto religioso, non semplicemente morale.
Il demone può essere visto anche come la personificazione dell’anima individuale. Nella concezione
socratica dell'anima ci sono due visioni:
 la dottrina orfica dell'anima prigioniera del corpo, nel quale sarebbe decaduta a causa di una colpa
originaria;
 la concezione, più scientifica che filosofica, dell'anima come sede della vita intellettuale.
L’anima è quindi immortale.
Socrate presta agli dei della religione popolare un ossequio formale, perché ai suoi occhi ciò rientra negli
obblighi del buon cittadino. Il fatto che parli di "dèi" significa che egli non è estraneo al politeismo del suo
tempo; tuttavia ammette gli dei soltanto perché ammette una divinità superiore, della quale gli dei sono
manifestazioni. Di questa mente divina universale Socrate individua un'attuazione particolare nella mente
umana, Socrate ammette una divinità superiore che è una mente ordinatrice e che è custode del destino
degli uomini e che governa l’intero universo.

PROCESSO E LA MORTE DI SOCRATE


I 3 democratici (Meleto, Aneto, Licone) denunciarono Socrate perché non riconosceva gli dei che la città
riconosceva e perché corrompeva i giovani.
Socrate poteva scegliere di tentare di scagionarsi oppure lasciare Atene, sceglie di rimanere e di
affrontare il processo: vuole dimostrare di essere fedele a ciò che insegnava, il suo processo ebbe anche
uno scopo educativo. Il discorso non convinse i giudici e fu riconosciuto colpevole.
A questo punto poteva scegliere tra l’esilio e la proposta di una pena ma dichiarò di sentirsi meritevole di
venire mantenuto a spese pubbliche e così venne condannato a morte.
CAUSE storiche e politiche del processo Dopo la sconfitta nella guerra del Peloponneso nel 404 ad Atene si
era affermato il regime oligarchico dei 30 Tiranni ma questi decadde e si riaffermò il governo democratico.
Egli fu processato proprio da questo governo, poiché la rinata democrazia assunse una fisionomia
conservatrice: si guardava con nostalgia al passato glorioso ateniese e si tendeva a chiudersi alle novità e
a fare dell’antica religione un baluardo di coesione sociale e religiosa. Un personaggio spregiudicato e
indipendente come Socrate appariva quindi come una mina vagante pericolosa e imprevedibile.
Alcuni studiosi ritengono che l’accusa a Socrate sia un pretesto giuridico dietro cui si nascondeva l’ostilità
dei democratici verso Socrate, dato che questi aveva molte amicizie nella gioventù ultra-aristocratica.
LE SCUOLE SOCRATICHE
Abbiamo 4 scuole fondate dai discepoli di Socrate:
 scuola MEGARICA, fondata da Euclide di Megara sottolinea l’unicità e l’università del bene
 scuola CINICA, fondata da Antistene esalta il concetto di virtù
 scuola CIRENAICA fondata da Aristoppo identificò il bene nel piacere
 scuola ERETRIACA fondata da Fedone ma della quale non conosciamo nulla.

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