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opere scritte, né in un sistema teorico compiuto o in una tecnica o professione da insegnare. L’indagine
filosofica per Socrate si risolve in uno stile di vita basato sulla ricerca del sapere perché proprio in questo
risiede l’unico autentico significato della vita umana. Considerando il discorso di Cicerone, Socrate
allontana la filosofia dalle questioni riguardanti l’ordine immutabile della natura e del cosmo, e la rivolge
all’esistenza concreta dei cittadini nella polis e ai problemi che essa solleva.
Socrate nasce ad Atene circa nel 470 a.C. da madre ostetrica e padre artigiano che scolpiva la pietra. È
proprio grazie al mestiere dei suoi genitori che Socrate ricondurrà le proprie capacità più peculiari: l’arte di
aiutare a partorire le idee e l’arte di scolpire le idee mediante la ragione.
Pur non appartenendo a un ambiente aristocratico riceve l’educazione riservata agli ateniesi benestanti. Ed
è proprio grazie a questa educazione che si avvicinò al pensiero di Anassagora che però abbandonerà ben
presto preferendo mettere al centro della sua ricerca non la natura ma l’essere umano. La tradizione ha
sottolineato con forza questa conversione dalla filosofia naturalistica a un’indagine sull’essere umano,
scorgendovi l’atto di nascita dell’umanesimo occidentale.
Rientrato in patria inizia a frequentare molto le piazze i mercati e posti affollati per discutere con le
persone. In questi anni sposa Santippe dalla quale avrà 3 figli. La scena politica è occupata da Alcibiade: nel
406 Atene ottiene un’importante vittoria sugli spartani presso le isole Arginuse, ma una tempesta
impedisce di portare in salvo i naufraghi sopravvissuti al conflitto. L’Assemblea popolare accusa
ingiustamente e condanna a morte gli otto strateghi a capo della flotta. L’unico a opporsi è Socrate, che
invano cerca di ricondurre i concittadini alla ragione e all’applicazione delle regole. Egli sceglie sempre di
stare dalla parte della legge e della giustizia, anche quando ciò significa contrapporsi ai più, assumendo una
posizione scomoda o pericolosa. Lo strappo con la città di Atene e con i suoi organi di governo sembra
ormai inevitabile (questo strappo avverrà anche con Platone).
PROCESSO E CONDANNA
Nel 404 la guerra del Peloponneso termina con la sconfitta di Atene, Sparta impone ad Atene un governo
oligarchico i cosiddetti 30 tiranni. Poco più tardi alcuni democratici guidati da Trasibulo e Anito rientrano in
città riportando il partito democratico. La restaurata democrazia mostra una forte avversione nei
confronti di Socrate. Nel 399 a.C. Meleto insieme ad Anito deliberano la sua condanna a morte. La legge
ateniese prevedeva che il condannato potesse scegliere di andare in esilio oppure proporre una pena
alternativa, ma Socrate non si avvalse di tale diritto, anzi disse di meritare il Pritaneo. Di fronte questa
ennesima sfida pare inevitabile la pena di morte da portare a compimento somministrando un veleno a
base di cicuta. Quando viene pronunciata la condanna rifiuta l’evasione proposta da Critone preferendo
morire rispettando le leggi. Anche gli ultimi momenti di vita sono diventati per lui un momento per
discutere e ricercare, dicendo che avrebbe avuto l’opportunità di parlare con i grandi del passato.
LE TESTIMONIANZE SULLA VITA E SUL PENSIERO Il fatto che Socrate non abbia scritto nulla genera grosse
difficoltà per la ricostruzione del suo pensiero. 1) LE NUVOLE DI ARISTOFANE: Aristofane lo presentava
come un propinatore di insegnamenti corruttori ai giovani per bene. 2) POLICRATE: Policrate lo accusa di
avere disprezzato le procedure della democrazia. Policrate si trova d’accordo anche con quello diceva
Aristofane, cioè di aver corrotto i giovani. 3) SENOFONTE: Senofonte lo presenta come un moralista e
predicatore. 4) PLATONE: Platone ci fornisce una descrizione più suggestiva, completa e amorosa di
Socrate e lo schematizza come lo scopritore del concetto e il teorico della virtù come scienza.
LA FILOSOFIA COME RICERCA SULL’ESSERE UMANO Socrate in un primo momento si è avvicinato alla
filosofia naturalistica per poi distaccarsi poiché si convince alla mente umana sfuggono inevitabilmente i
perché ultimi delle cose e a essa non è dato di conoscere con certezza l’essere e i principi del mondo. È
perciò inutile speculare per conoscere il cosmo e le leggi che lo regolano, ciò che è importante è
conoscere sé stessi e la comunità in cui viviamo, l’essere umano in tutte le sue forme.
Socrate comincia quindi a intendere la filosofia come un'indagine in cui l'essere umano, facendosi
problema a sé medesimo, tenta con la ragione di chiarire sé a sé stesso, rintracciando il significato
profondo del proprio essere uomo. Per questo motivo Socrate fa proprio il motto dell'oracolo delfico,
«Conosci te stesso», vedendo in esso la motivazione ultima del filosofare e la missione stessa del filosofo.
Secondo Socrate, non si è uomini se non tra uomini, in quanto ciò che costituisce la nostra essenza
profonda di esseri umani e proprio il rapporto con gli altri, la sua filosofia assume i caratteri di un dialogo
interpersonale. Una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta.
IL NON SAPERE Per Socrate la prima condizione della ricerca è la coscienza del non sapere, cioè la
coscienza della propria ignoranza. Secondo Socrate il vero sapiente è colui che sa di non sapere e con
questo detto egli fa anche una critica ai filosofi naturalisti: il filosofo autentico è soltanto colui che ha
compreso che intorno alle cause e ai meccanismi del Tutto nulla si può dire con sicurezza. Soltanto chi sa
di non sapere cerca di sapere, mentre chi pensa di essere già in possesso della verità non sente il bisogno di
cercarla. Possiamo fare una differenza con i sofisti perché loro si dichiaravano sapienti tanto da
insegnare, invece Socrate si dichiara filosofo quindi amante della sapienza, in cerca di sapere. L’autentica
sapienza viene così a identificarsi con il desiderio del sapere, cioè qualcosa di cui si avverte la mancanza,
come un vuoto da colmare.
OMOLOGHIA: Socrate condivide con i sofisti l’idea che la verità non sia qualcosa di assoluto, ma supera
questa teoria proponendo la verità come omologhia, cioè come il discorso comune o ragione condivisa a
cui si perviene ragionando o dialogando insieme. Del resto, il vero dialogo mette alla prova le diverse
ipotesi per poi scartare quelle considerate inutili e conservare quelle migliori.
Socrate ammette l’esistenza di un punto fermo che chiunque deve riconoscere come tale, e questo è il
proprio dialogo, perché anche per rifiutarsi di dialogare si deve usare il dialogo stesso. Quindi il dialogo è
un principio indubitabile perché la sua negazione lo riafferma. Il dialogo non può essere annullato, è
presente in tutte le situazioni. Nel dialogare consiste il sommo bene che rende la vita umana degna di
essere vissuta e che conserva la sua validità anche in un’eventuale vita ultraterrena.
L’ETICA
Il punto chiave della morale di Socrate è la sua concezione della virtù. I greci la intendevano in generale il
modo ottimale di essere qualcosa (esempio: la velocità è la virtù del ghepardo), riferito all’uomo indicava il
modo ottimale di essere uomini (coraggio in battaglia, vigoria fisica, onore). Tradizionalmente la virtù
veniva considerata come qualcosa di dato dalla nascita dagli dei. I sofisti sostenevano che la virtù non si
possedeva per divina elargizione, ma era un valore che si guadagnava con l’educazione e la cultura. Anche
Socrate afferma che la virtù è una faticosa conquista e sostiene che la virtù è scienza, cioè una forma di
sapere o un prodotto della mente.
Egli è convinto che, per essere uomini nel modo migliore, sia indispensabile riflettere, cercare e ragionare:
sia indispensabile, cioè, fare filosofia nel senso più vasto del termine, ossia riflettere criticamente
sull'esistenza.
Il sapere di cui parla Socrate è sapere quando è bene fare questa o quella azione, che diviene buona in
quanto so che, ora, è bene farla. Per Socrate il bene e la giustizia non sono entità metafisiche, ma umane
e relative, poiché variano a seconda della situazione e l’unico modo per individuarle è attraverso il dialogo
e il ragionamento.
Questa concezione della virtù come scienza (cioè come ricerca intellettuale) e della vita come avventura
disciplinata dalla ragione rappresenta il senso profondo dell'etica socratica, che per questo motivo è stata
riconosciuta come una forma di razionalismo morale.
Dato che la virtù è scienza e razionalità, può essere insegnata e comunicata a tutti. Secondo Socrate
bisogna che ciascuno impari bene anche il mestiere del vivere (ossia la scienza del bene e del male),
l’atteggiamento umano oltre che il proprio mestiere vero e proprio.
Di fronte al caos degli istinti, Socrate ha voluto proporre l’ordine della ragione, senza abolire i valori vitali
del benessere, del vigore ecc., ma semplicemente sottoponendoli alla disciplina della ragione, convinto
che questi beni se diretti dall’ignoranza si rivelano mali maggiori dei loro contrari, perché più capaci di
servire a una cattiva direzione; se, invece, sono governati dal giudizio e dalla scienza (o conoscenza) sono
beni maggiori.
Inoltre la virtù è anche l’arte del saper vivere con gli altri, non come una politica intesa nell’assoggettare
e dominare il prossimo come fecero gli ultimi sofisti, ma che consiste nel ragionare insieme per un bene
comune.