nell’aria, nell’acqua, nel suolo, quale forma assumano in questi tre comparti e come possano causare effetti
nocivi agli organismi viventi.
Oggi, il nostro interesse è rivolto ad un particolare fenomeno ambientale, di grave importanza e riscontrato
già da diversi anni, che viene definito con il termine di “biomagnificazione”.
La biomagnificazione è la tendenza di alcune sostanze di accumularsi negli esseri viventi man mano che si
sale al livello trofico successivo, ovvero procedendo dal basso verso l’alto nella piramide alimentare,
all’interno della cosiddettarete trofica (chi mangia chi).
Tali sostanze resistono nelle acque o nel terreno senza subire degradazione e possono essere inglobate dai
livelli più bassi della rete trofica, ad esempio un insetto o un’alga, dove permangono all’interno di tessuti e
cellule.
Negli oceani il mercurio è presente in basse concentrazioni, ma viene assorbito dalle alghe che sono
all’inizio della catena alimentare. Queste vengono poi mangiate dal plancton e dagli altri organismi più in
alto nella catena alimentare.
Salendo nella rete trofica troviamo i pesci che purtroppo assorbono efficacemente il mercurio mentre lo
espellono molto lentamente.
Il mercurio tende ad accumularsi soprattutto nei visceri, ma anche nei muscoli. Ciò comporta la
bioaccumulazione del mercurio, soprattutto nel tessuto adiposo.
Più grandi e vecchi diventano i pesci, più mercurio possono aver assorbito durante la vita. Ecco perché i
pesci predatori, i mammiferi marini e gli uccelli hanno concentrazioni più elevate di mercurio rispetto alle
creature direttamente esposte all’inquinante (processo di biomagnificazione).
Le specie ai vertici della catena alimentare possono accumulare concentrazioni di mercurio fino a dieci volte
superiori alle loro prede.