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Seneca nacque a Cordova, in Spagna da ricca famiglia equestre (figlio di Seneca

il vecchio). A Roma ebbe un’educazione retorica e filosofica, e ottenne un


successo cospicuo nella carriera politica se è vero che Caligola geloso della sua
fama oratoria ne decretò la condanna a morte, da cui lo salvò un’amante
dell’imperatore. In seguito però fu esiliato da Claudio con l’accusa di
coinvolgimento nell’adulterio di Giulia Livilla. Tornò nel ’49 grazie ad Agrippina
che lo volle come educatore del futuro imperatore Nerone: è il celebre buon
periodo del giovanissimo Nerone che progressivamente andrà a deteriorare
questo rapporto costringendo il filosofo a gravi compromessi.
Seneca decise, qualche anno dopo il matricidio, di dedicarsi alla vita privata, e
coinvolto nella “congiura di Pisone” di cui FORSE era solo al corrente senza
esserne partecipe, fu condannato a morte nella repressione che la seguì e si
suicidò.

I DIALOGI
Seneca fu molto vicino al genere della consolatio, che si costituisce attorno a
un repertorio di temi morali (fugacità tempo, precarietà vita, morte
ineluttabile etc).
Fra queste abbiamo la Consolatio ad Marciam, indirizzata alla figlia dello
storico Cremuzio Cordo per consolarla della perdita del figlio; ad Helviam
matrem in cui cerca di tranquillizzare la madre sulla condizione del figlio esule
esaltando gli aspetti positivi dell’isolamento e dell’otium contemplativo; ad
Polybium, un potente liberto di Claudio, per consolarlo della perdita di un
fratello, ma si rivela in realtà un tentativo di adulare indirettamente
l’imperatore per tornare a Roma (opera costata a Seneca l’accusa di
opportunismo).

Tre libri del DE IRA, una sorta di fenomenologia delle passioni umane: si
analizzano i meccanismi di origine e i modi per inibirle e dominarle. Opera
dedicata al fratello Novato, così come il DE VITA BEATA che affronta il
problema della felicità e del ruolo che nel perseguimento di essa possono
svolgere le ricchezze. Seneca sembra voler frenare le accuse che sappiamo gli
venivamo mosse, di incoerenza fra i principii professati e la concreta condotta
di vita che lo aveva portato ad accumulare un patrimonio sterminato. Seneca
legittima l’uso della ricchezza SOLO SE funzionale alla ricerca della virtù: chi
aspira alla sapientia dovrà saper sopportare gli agi e il benessere, senza
lasciarsene invischiare (NON FARTI POSSEDERE DA ESSE).
Tre opere dedicate all’amico Sereno DE CONSTANTIA SAPIENTIS
(imperturbabilità saggio stoico), DE OTIO (impossibilitato a giovare agli altri a
causa della compromessa situazione politica, cerca rifugio nella solitudine
contemplativa e ne esalta i pregi), DE TRANQUILLITATE ANIMI (cerca
mediazione fra i due estremi dell’otium contemplativo e dell’impegno proprio
del civis romano, suggerendo un comportamento flessibile in base alla
situazione politica).
Importanti anche il DE BREVITATAE VITATE (dedicato a Paolino, parente della
moglie, che tratta della fugacità del tempo e della brevità di un aiuta che ci
sembra fugace ma che in realtà è da noi sprecata in futili occupazioni) ed il DE
PROVIDENTIA (problema della contraddizione fra il progetto provvidenziale
della dottrina stoica e la sconcertante constatazione di una sorte che spesso
sembra premiare i malvagi e punire gli onesti. Secondo Seneca le avversità
quando colpiscono i buoni sono segno di una volontà divina che mette alla
prova i buoni e ne esercita le virtù)

2) FILOSOFIA E POTERE
Dedicati a Lucilio sono i 7 libri del NATURALIUM QUESTIONUM, unica opera di
Seneca a carattere scientifico pervenutaci. Si trattano i fenomeni atmosferici e
celesti, dai temporali ai terremoti alle comete.
7 libri del DE BENEFICIIS, dedicata all’amico Ebuzio Liberale: tratta della natura
e delle varie forme degli atti di beneficenza, del legame che istituiscono fra
benefattore e beneficato, dei doveri di gratitudine che li regolano e delle
conseguenze morali che colpiscono gli ingrati. L’opera trasferisce sul piano
della morale individuale il progetto utopistico di un mondo fondato
sull’equilibrio dato da una monarchia illuminata.
L’opera in cui espone la sua concezione del potere è il DE CLEMENTIA
(dedicato a un giovane Nerone) in cui si dimostra favorevole al potere unico,
conforme alla concezione stoica di un ordine cosmico governato dal logos,
UNA ragione universale. Il problema piuttosto è quello di avere un buon
sovrano in quanto in un regime di potere assoluto l’unico freno sul sovrano
sarà la sua stessa coscienza, che lo dovrà trattenere dal governare in modo
tirannico. La clemenza è la virtù che dovrà informare i suoi rapporti coi sudditi:
con essa potrà ottenere il loro consenso e la loro dedizione, necessari alla
stabilità di uno stato. Evidente è l’importanza che acquista l’educazione del
princeps e più in generale la funzione della filosofia come garante della
direzione politica dello stato. Seneca coltiva un ambizioso progetto di
distribuzione del potere fra un sovrano moderato ed un senato salvaguardato
nei suoi diritti di libertà e dignità aristocratica. Alla filosofia spetta un ruolo di
importanza primaria, ma la degenerazione del governo neroniano mette a
nudo i limiti di quel disegno, e la filosofia senecana deve ridefinire i suoi
compiti, allentando i legami con la civitas e accentuando l’impegno ad agire
sulle coscienze dei singoli.

5. Le tragedie
Un posto importante nella produzione letteraria di Seneca è occupato dalle
tragedie: sono 9 quelle ritenute autentiche, tutte di soggetto mitologico greco.
Molto poco sappiamo su di esse in ogni caso.
Hercules Furens tratta il tema della follia di Ercole, che, provocata da Giunone,
induce l’eroe a uccidere moglie e figli: una volta rinsavito, e determinato a
suicidarsi, egli si lascia distogliere dal proposito e si reca ad Atene per
purificarsi. Oedipus il mito di Edipo che inconsapevole uccisore del padre sposa
la madre, e venutone a conoscenza si acceca; Medea la storia della principessa
abbandonata da Giasone che per vendetta uccide i figli avuti da lui.

6. L’Apokolokyntosis
Opera davvero singolare, Ludus de morte Claudii. Si tratterebbe di una parodia
della divinizzazione di Claudio decretata dal senato alla sua morte. Il fatto che
nel testo senecano non ci sia accenno ad una zucca, e che l’apoteosi di fatto
non abbia luogo, ha fatto sorgere dubbi sull’identificazione dell’opera
menzionata da Dione con i l Ludus: il curioso termine andrò inteso come
“deificazione di uno zuccone” e non come “apoteosi in una zucca”.
Il componimento narra la morte di Claudio e la sua ascesa all’Olimpo nella
vana pretesa di essere assunto fra gli dei, i quali lo condannano invece a
discendere agli inferi dove finisce schiavo al liberto Menandro: contrappasso
per chi aveva fama di essere vissuto in mano dei suoi potenti liberti.

7. Gli epigrammi
Sotto il nome di Seneca anche alcune decine di epigrammi: sono anonimi, ma
siccome tre di essi sono attribuiti a Seneca, pure per gli altri è stata proposta
l’attribuzione a lui, anche se la paternità senecana è in molti casi difficilmente
sostenibile. Il livello è decoroso, ed alcuni di essi accennano all’esperienza
dell’esilio del filosofo in Corsica.

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